Concordato semplificato: “ritualità” della proposta e attendibilità/ragionevolezza dell’attestazione
11 Maggio 2023
La vicenda origina da un tentativo di composizione negoziata della crisi, esperito da una società ai sensi degli artt. 12 e ss. CCII. In seguito all'esito negativo delle trattative dichiarato dall'esperto nominato, la società depositava proposta di concordato semplificato ai sensi dell'art. 25-sexies CCII.
Il Tribunale, effettuata una ricognizione del contenuto dello stesso art. 25-sexies CCII quanto alle scansioni procedimentali intercorrenti tra la presentazione del ricorso e l'omologazione, si concentra sul sindacato relativo alla ritualità della proposta, spettante al Giudice ai sensi del terzo comma dello stesso art. 25-sexies CCII. Sul tema, segnalano i Giudici monzesi come tra gli interpreti esistano due differenti indirizzi, l'uno secondo il quale il vaglio di “ritualità” non coincide con il vaglio di “ammissibilità” (“Il Tribunale, pertanto, dovrebbe limitarsi a verificare unicamente se l'esperto abbia formulato il proprio parere sullo svolgimento delle trattative secondo correttezza e buona fede nonché sull'impossibilità di percorrere le soluzioni individuate ai sensi dell'art. 23, commi 1 e 2 lett. b), senza poter tuttavia vagliare la veridicità o attendibilità nel merito di tale parere.”), l'altro, condiviso dalla giurisprudenza di merito, secondo il quale già in sede di effettuazione del vaglio di ritualità il Tribunale dovrebbe “riscontrare la sussistenza dei requisiti minimi di legge per l'accesso alla procedura, quali quantomeno la competenza, la tempestività della domanda e la sussistenza dei presupposti previsti dalla norma” (cfr. Trib. Bergamo del 21.9.2022). Il Tribunale Monzese aderisce al primo dei due orientamenti suesposti, fondando il proprio convincimento sul dettato dell'art. 47 CCII il quale, mentre con riferimento al concordato preventivo liquidatorio dispone che il Tribunale verifichi “l'ammissibilità della proposta”, con riferimento al concordato in continuità aziendale stabilisce, invece, che debba limitarsi alla verifica della “ritualità della proposta”, pur imponendo l'ulteriore sindacato sull'ammissibilità.” Da ciò, deducono i Giudici, si evince che i due concetti – ritualità e ammissibilità – non coincidano, rappresentando il vaglio sulla ritualità un quid minus rispetto a quello sull'ammissibilità.
Ciò detto, tuttavia, segnala il Tribunale come appaia riduttivo ritenere che il vaglio di ritualità si limiti alla semplice verifica della formale attestazione, da parte dell'esperto, della sussistenza dei presupposti richiesti dal primo comma dell'art. 25-sexies CCII. Appare preferibile, per i Gudici monzesi “ritenere che il vaglio sulla ritualità della proposta debba essere volto a verificare non solo la formale sussistenza delle attestazioni nella relazione dell'esperto, ma anche l'attendibilità e la ragionevolezza di tali attestazioni, con la conseguenza che nel caso in cui queste ultime risultino del tutto prive di motivazione, ovvero siano corredate da motivazioni che non trovino riscontro nella documentazione agli atti, la proposta dovrà considerarsi “irrituale””. Tale conclusione trova conforto, peraltro, nelle pronunce di merito sul tema (viene citata Trib. Bari, 23 gennaio 2023). Il Tribunale rileva come, nel caso di specie, l'attestazione dell'esperto sia carente su un duplice fronte:
Il Tribunale, in definitiva, giudica “irrituale” la proposta formulata in ragione della mancanza, nella relazione finale dell'esperto, di una compiuta attestazione sullo svolgimento delle trattative secondo correttezza e buona fede, nonché delle ragioni alla base della conclusione di impraticabilità delle soluzioni indicate all'art. 23, commi 1 e 2 lett. b) CCII, profilo quest'ultimo ritenuto di maggior rilevanza.
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