Il possesso su bene indiviso non rileva ai fini della costituzione della servitù per usucapione in caso di successiva divisione
17 Maggio 2023
Per godere degli effetti del possesso ad usucapionem di una servitù a carico di un fondo di proprietà comune occorre, infatti, che lo stesso sia esercitato a vantaggio di altro fondo di proprietà esclusiva di uno dei comproprietari del primo, ovvero che l'utilità tratta dalle nuove opere sia diversa da quella normalmente derivante dalla destinazione impressa al fondo comune fruita da tutti i compossessori, in quanto ove tale utilità (nella specie, il passaggio e la collocazione di condutture) derivi unicamente dalla natura e dalla pregressa destinazione del fondo in comproprietà, non è configurabile l'esercizio di una servitù a carico di detto bene. Con la pronuncia del 9 maggio 2023, n. 12381, il S.C. interviene in materia di servitù prediali, affermando il principio – già evidenziato in precedenti arresti – in forza del quale non è possibile, per un contraente pro quota all'esito di un contratto di divisione del fondo, richiedere la servitù per usucapione sulla quota di altro contraente, unendo il possesso pre e post divisione; ciò in quanto la servitù presuppone la diversità dei fondi e, quindi, una diversa utilità rispetto a quella rinvenibile dalla destinazione del fondo indiviso.
Il caso. La complessa vicenda decisa dalla Cassazione con la pronuncia in commento – di rimessione, peraltro, alla Corte di appello di Brescia – ha origine dalla richiesta di costituzione di una serie di servitù (di passaggio e di collocazione di condutture) su alcuni fondi e dalla contestuale contestazione di tali servitù. In particolare, per quanto di rilievo in questa sede, la controversia riguardava la possibilità o meno se, successivamente alla stipula di un contratto di divisione, uno dei compartecipi e già proprietario pro indiviso, possa vantare l'acquisto per usucapione di una servitù in favore della porzione a lui assegnata ed a carico della porzione assegnata ad altri, invocando anche il precedente compossesso spettantegli quale condividente ai sensi dell'art. 1146, comma 2, c.c. L'esito controverso nei due gradi di merito – con pronunce dai contrastanti esiti – ha indotto uno dei soggetti che contestavano il formarsi della servitù nei termini poc'anzi ricordati, a ricorrere per Cassazione.
Servitù per destinazione del padre di famiglia: la costituzione. Secondo la previsione dell'art. 1062 c.c., la costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia ha come presupposto che due fondi o due parti del medesimo fondo, appartenenti in origine ad un proprietario unico o a più proprietari in comunione, siano stati posti da lui stesso o da loro stessi in una situazione oggettiva di subordinazione o di servizio l'uno rispetto all'altro; a ciò si deve aggiungere il fatto che tali fondi risultino aver mantenuto inalterata detta situazione nel cessare di appartenere allo stesso soggetto. Fino a quando, però, i due fondi o le due parti del fondo, posti appunto in una situazione oggettiva di subordinazione o di servizio corrispondente "de facto" al contenuto proprio di una servitù, continuano ad appartenere allo stesso proprietario o a più proprietari in comunione, la servitù non può sorgere, ostandovi il principio “nemini res sua servit”.
Servitù e fondo comune. Specificazione del principio testé esposto è che la costituzione di una servitù a carico di un fondo di proprietà comune ed a favore di un fondo, di proprietà esclusiva di uno dei partecipanti la comunione, è possibile solo quando l'utilità della servitù sia diversa da quella normalmente impressa al fondo comune e fruita da tutti i partecipanti.
Servitù per destinazione del padre di famiglia: unico o più proprietari? Se è pacifico il fatto che non può sorgere – come affermato dalla Cassazione – una servitù se non tra due fondi separati, più discusso è il riferimento al proprietario nella previsione di cui all'art. 1062 c.c. Si può infatti affermare, in tema di costituzione di servitù per destinazione del padre di famiglia, che il riferimento allo stesso proprietario, che abbia posseduto i fondi attualmente divisi, va riferito tanto all'ipotesi di proprietario singolo quanto a quella di più proprietari in comunione fra loro, dato che sia nell'uno che nell'altro caso, si configura l'estremo essenziale dell'unicità del diritto dominicale sui fondi collegati dal rapporto di fatto di subordinazione che dà luogo, con la separazione giuridica dei fondi stessi, alla costituzione della servitù.
Servitù e clausola di stile. La necessità di un'effettiva utilità tra i fondi esclude, peraltro, che per la costituzione convenzionale di una servitù prediale sia sufficiente una clausola di stile secondo cui la "vendita comprende i connessi diritti, accessori e pertinenze", essendo indispensabile l'estrinsecazione della precisa volontà del proprietario del fondo servente diretta a costituire la servitù e la specifica determinazione nel titolo di tutti gli elementi atti ad individuarla (fondo dominante, fondo servente, natura del peso imposto su quest'ultimo, estensione).
Servitù, possesso ed usucapione. Le considerazioni svolte in precedenza sono, peraltro, alla base del principio in epigrafe, con il quale si ribadisce che il titolare di un fondo, successivamente diviso, possa rivendicare per usucapione una servitù su una parte di fondo oggetto di divisione, considerando anche il possesso del periodo nel quale il bene era indiviso. Del resto, in senso analogo, la servitù costituita a favore di un determinato fondo, ove ad esso ne venga unito un altro, non si estende a favore di questo, dovendo i due fondi originari, costituenti ormai un insieme, rimanere distinti ai fini della servitù, senza, tuttavia, che al "dominus" del nuovo più esteso fondo, come tale legittimato a muoversi in ogni parte del medesimo, ne possa essere imposta la divisione allo scopo di salvaguardare il fondo servente.
Fonte: dirittoegiustizia.it |