No alla ristrutturazione dei debiti del consumatore derivanti dalla cessata attività d’impresa

La Redazione
17 Maggio 2023

Con questa pronuncia, in tema di ammissibilità di una proposta di ristrutturazione di debiti derivanti dalla cessata attività di impresa dell'attuale consumatore, il Tribunale di Ivrea aderisce all'orientamento più restrittivo, volto a negare tale ammissibilità.

La pronuncia viene resa dal Tribunale di Ivrea a seguito della presentazione, da parte dell'OCC, di una proposta di piano di ristrutturazione dei debiti ai sensi degli artt. 67 e ss. CCII.

Decisiva, ai fini della decisione, è la circostanza che – come dedotto dallo stesso ricorrente – lo stato di sovraindebitamento derivi essenzialmente dalla pregressa attività di impresa ormai conclusa.

Il Giudice, in sede di primo vaglio della proposta ex art. 70, comma 1 CCII, ha ritenuto che questa non potesse essere ritenuta ammissibile sulla base di alcune considerazioni che di seguito si espongono.

La questione, si legge nella pronuncia, interessa il più ampio tema della ammissibilità di una proposta di ristrutturazione di dei debiti derivanti dalla cessata attività di impresa che il consumatore istante ha svolto in passato. Il Tribunale rileva come sul tema si registrino contrapposti orientamenti.

In particolare, esiste un orientamento estensivo (si veda Trib. Reggio Emilia, 2 febbraio 2023, pubblicato nella rubrica “Casi e Sentenze” di questo Portale) secondo il quale sarebbe da ritenere ammissibile la presentazione di un piano di ristrutturazione del debito da parte del soggetto non più imprenditore, e attualmente consumatore. Tale tesi poggia sul dato letterale dell'art. 2, lett. e) CCII, che definisce “consumatore” colui che “agisce” (nel presente) in tale qualità.

Secondo l'orientamento più restrittivo (si veda Trib. Bologna, 21 febbraio 2023) che ammette il debitore alla formulazione di un piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore solo laddove tutti i debiti abbiano origine consumeristica (negandogli, pertanto, questa via nel caso in cui i debiti abbiano quale fonte l'attività d'impresa).

Il Giudice del Tribunale di Ivrea aderisce, con questa pronuncia, al secondo di questi orientamenti:

  • in primo luogo procedendo a confutare l'argomentazione sulla quale poggia l'orientamento più estensivo: “la definizione contenuta nell'art. 2 lett. e) del CCII costituisce la riproduzione, nel contesto del Codice della Crisi, della definizione contenuta nel Codice del Consumo, ed ha appunto una valenza meramente definitoria e descrittiva, senza che possa predicarsi che dalla dimensione temporale della definizione (che si esprime al “presente”: “è consumatore colui che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale….”) possa derivare un superamento del contenuto sostanziale della definizione stessa, che appunto richiede che i debiti sia estranei all'attività di impresa. Del resto, il debito è per sua natura un fatto pregresso, trattandosi di inadempimento ad una obbligazione pecuniaria, mentre la ristrutturazione del debito è un percorso che il debitore successivamente intraprende con il fine di fuoriuscire dalla situazione di sovraindebitamento (c.d. fresh start). Ne consegue che, quando viene intrapresa la strada della ristrutturazione concorsuale del debito da parte del sovra-indebitato, non è mai predicabile la valutazione al “presente” dei debiti, poiché essi, necessariamente e fisiologicamente, afferiscono al passato. Pertanto, non può che ritenersi che la espressione contenuta nell'art. 2 lett. e) CCII abbia una natura meramente definitoria, richiedendo che il debitore, per essere abilitato a percorrere uno degli istituti riservati al consumatore, quale il piano di ristrutturazione ex art. 67 CCII, debba documentare debiti, tutti, di natura consumeristica, essendogli, al contrario, preclusa tale via - tenuto conto della specialità dell'istituto, che prevede un percorso, anche procedurale, notevolmente agevolato – allorché i debiti abbiano natura diversa”;
  • e, in secondo luogo, richiamando la disciplina dettata dal CCII all'art. 66 per le procedure familiari: “Una indiretta conferma di quanto sopra, si rinviene, nello stesso codice della crisi, nell'art. 66 ccii, relativo alle procedure familiari, che prevede che, quando uno dei debitori che compongono il nucleo familiare, non sia consumatore, al progetto unitario di ristrutturazione, si applicano le disposizioni del concordato minore (art. 74 e ss. CCII). Irragionevole dunque sarebbe consentire al debitore, che vanti debiti extra-consumeristici, la via della ristrutturazione ex art. 67 CCII, solo perché intrapresa in modo solitario, quando la stessa via sarebbe preclusa, ove l'esposizione debitoria riguardasse un intero nucleo familiare”.

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