Non dovute le sanzioni sull'omesso versamento dell'imposta sulle concessioni dei beni del demanio

Francesco Brandi
22 Maggio 2023

Non sono dovute, per obiettiva incertezza normativa, le sanzioni per l'omesso versamento dell'imposta regionale sulle concessioni dei beni del demanio e del patrimonio indisponibile dello Stato in relazione ad una concessione rilasciata da un'Autorità portuale. Lo ha stabilito la Cassazione con sentenza 13289 del 15 maggio 2023, con cui ha accolto il motivo di ricorso di una contribuente.

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Secondo la giurisprudenza di legittimità, l'incertezza normativa oggettiva che ai sensi dell'art. 8 d.lgs. n. 546/1992, art. 6, comma 2, d.lgs. n. 472/1997 e art. 10, comma 3, l. n. 212/2000, costituisce causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, richiede una condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull'oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ovverosia l'insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso il procedimento d'interpretazione normativa, riferibile non già ad un generico contribuente, o a quei contribuenti che per la loro perizia professionale siano capaci di interpretazione normativa qualificata (studiosi, professionisti legali, operatori giuridici di elevato livello professionale), e tanto meno all'Ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell'ordinamento cui è attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione (cfr. Cass. n. 24670/2007, Cass. n. 2192/2012, da ultimo Cass. n. 3277/2019).

Secondo la sentenza n. 8825/2012 l'essenza del fenomeno ''incertezza normativa oggettiva” si può rilevare attraverso una serie di fatti indice, che spetta al giudice accertare e valutare nel loro valore indicativo (devono essere allegati dalla parte che invoca l'esimente data la non rilevabilità ex officio), e che sono stati individuati a titolo di esempio e, quindi, non esaustivamente:

  1. nella difficoltà d'individuazione delle disposizioni normative, dovuta magari al diletto di esplicite previsioni di legge;
  2. nella difficoltà di confezione della formula dichiarativa della norma giuridica;
  3. nella difficoltà di determinazione del significato della formula dichiarativa individuata;
  4. nella mancanza di informazioni amministrative o nella loro contraddittorietà;
  5. nella mancanza di una prassi amministrativa o nell'adozione di prassi amministrative contrastanti;
  6. nella mancanza di precedenti giurisprudenziali;
  7. nella formazione di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, magari accompagnati dalla sollecitazione, da parte dei Giudici comuni, di un intervento chiarificatore della Corte costituzionale;
  8. nel contrasto tra prassi amministrativa e orientamento giurisprudenziale;
  9. nel contrasto tra opinioni dottrinali.

L'importanza della richiamata sentenza risiede nel fatto che essa vuol rappresentare una “summa” di tutti i principi espressi sul punto dalla giurisprudenza di legittimità (ex multis Cass., sentenza n. 24670/2007; di identico tenore le sentenze n. 7765/2008 e n. 19638/2009), individuando, a titolo esemplificativo e non esaustivo, quelle fattispecie sintomatiche della situazione di “obiettiva incertezza normativa” che, se debitamente provate, determinerebbero la disapplicazione delle sanzioni irrogate.

Sulla specifica questione si richiamano altre due significative sentenze dei giudici di legittimità: la n. 4031 del 14 marzo 2012, e la n. 5324 del 3 aprile 2012 che hanno ribadito due interessanti principi.

La prima è relativa al riparto dell'onere della prova ed all'impossibilità, per il giudice, di annullare ex officio le sanzioni irrogate dall'ente impositore; spetta, infatti, al contribuente provare che le disposizioni siano effettivamente equivoche e che l'ambiguità normativa derivi da elementi positivi di confusione.

Con la seconda si è escluso che la repentina successione di norme nel tempo possa giustificare l'inapplicabilità delle sanzioni amministrative perché non determina un obiettivo stato di incertezza normativa.

Caso concreto. La vicenda riguarda l'impugnazione di avviso di accertamento e contestuale irrogazione di sanzione amministrativa per l'omesso versamento dell'imposta regionale sulle concessioni dei beni del demanio e del patrimonio indisponibile dello Stato per l'anno 2009, in relazione ad una concessione rilasciata dall'Autorità portuale di Marina di Carrara.

Il giudice di appello ha confermato la decisione di prime cure sul presupposto che l'imposta regionale sulle concessioni dei beni del demanio e del patrimonio indisponibile dello Stato si applicasse a tutte le concessioni relative a beni ubicati nel territorio regionale, a prescindere dall'ente concedente.

La Cassazione ha ribaltato il verdetto in relazione alla debenza delle sanzioni, riconoscendo l'esimente dell'obiettiva incertezza normativa di cui all'art. 6 d.lgs. n. 472/1997, sulla portata applicativa dell'art. 2 l. n. 281/1970, dell'art. 1 della legge reg. Toscana 30 dicembre 1971, n. 2, sulla scorta delle indicazioni risultanti da una serie di documenti di prassi emessi da più amministrazioni.

Nel caso di specie ricorrono almeno tre convergenti evenienze che giustificano l'eliminazione degli accessori per sanzioni amministrative ed interessi moratori ai sensi del richiamato art. 10 della legge 31 dicembre 2000, n. 212.

Queste evenienze vanno così individuate (Cass., 3 maggio 2023, n. 11518, 11536 e 11550):

  • l'effettiva emanazione negli anni di circolari e risoluzioni evidenzianti il dubbio interpretativo ed apparentemente legittimanti il mancato pagamento del tributo regionale qualora ricollegato a canoni concessori stabiliti in via contrattuale e non sulla base dei criteri di legge generali ed astratti, come nel caso delle concessioni in oggetto;
  • il dato oggettivo della mancata richiesta di pagamento dell'imposta, da parte della Regione Toscana, per moltissimi anni (fino al 2011) dalla sua introduzione con la legge reg. Toscana 30 dicembre 1971, n. 2;
  • la particolare situazione (certamente rilevante perché incidente sulla base imponibile del tributo e sulla sua esigibilità) nella quale venne a trovarsi la ricorrente nella annualità in questione, allorquando la concessione non era stata ancora rilasciata, protraendosi per anni in regime provvisorio e senza la determinazione dell'esatto canone dovuto fino a compimento di quella annualità, oltre che per le annualità successive.

Dovuto invece il tributo: l'attribuzione alle Regioni, su delega da parte dello Stato, di funzioni in materia di rilascio delle concessioni e la devoluzione ad esse dei relativi canoni, non è di per sé idonea a far venire meno il presupposto dell'imposta in esame, individuato dal combinato disposto degli artt. 2 della legge 16 maggio 1970, n. 281, e 1 della legge regionale Toscana n. 2/1971, «nella titolarità di una concessione statale su un bene, per l'occupazione e l'uso di beni del demanio e del patrimonio indisponibile dello Stato», ciò perché tale presupposto va individuato non nell'esistenza di una concessione rilasciata dallo Stato, bensì nel fatto oggettivo dell'occupazione e dell'uso assentiti dei beni demaniali o del patrimonio indisponibile, indipendentemente dall'Autorità cui competa per legge il rilascio della relativa concessione.

Risultano nella specie realizzati tutti i presupposti impositivi di cui alla l. n. 281/1970, e cioè la titolarità da parte dello Stato dei beni oggetto di concessione, la collocazione degli stessi nell'ambito della Regione (nel caso, Toscana) e la corresponsione di un canone concessorio (che, tra l'altro, è determinato, in osservanza del principio di riserva relativa di legge di cui all'art. 23 Cost., in base alla legge primaria ed in applicazione di atti di normazione secondaria). In ogni caso, l'art. 11 della legge regionale Toscana n. 77/2012 deve ritenersi aver confermato la debenza del tributo per l'anno 2009, avendolo eleminato solo per anni successivi.

Fonte: Diritto e Giustizia

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