Negoziazione assistita in generale
24 Maggio 2023
Inquadramento
La negoziazione assistita è stata introdotta con le «misure urgenti di degiurisdizionalizzazione» di cui al d.l. 12 settembre 2014, n. 132, convertito nella l. 10 novembre 2014, n. 162. Tale istituto, recentemente novellato dal d.lgs. 149/2022, c.d. riforma Cartabia, si ispira alla prassi del c.d. diritto collaborativo nord-americano, da cui ha tratto origine poi la disciplina francese dettata dalla l. 2010/1609 del 22 dicembre 2010 (c.d. loi Beteille). In proposito è subito da dire che la riforma non prevede più una «Convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati», ma una «Convenzione di negoziazione assistita da avvocati». Si distingue, anzitutto, una negoziazione assistita facoltativa, rimessa alla libera iniziativa delle parti, ed una negoziazione assistita congegnata come condizione di procedibilità, ed in tal senso obbligatoria, delle domande: i) di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti; ii) di pagamento somma non eccedente 50.000 euro, salvo che essa non si fondi su uno dei rapporti per i quali è prevista la mediazione obbligatoria, o le procedure conciliative elencate dall'art. 5, comma 1-bis, d.lgs. 28/2010); iii) relative ai contratti di trasporto o sub-trasporto, eccezion fatta per l'attivazione dell'azione diretta di cui all'art. 7-ter del decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 286 (art. 1, comma 249, l. 23 dicembre 2014, n. 190). Al contrario, ai sensi dell'art. 3, comma 1, d.l. 132/2014, tra i giudizi che esulano dall'ambito di applicazione della negoziazione assistita obbligatoria vi sono le controversie concernenti obbligazioni contrattuali derivanti da contratti conclusi tra professionisti e consumatori. Il settimo comma dell'art. 3 sottrae alla negoziazione assistita le cause in cui la parte può stare in giudizio personalmente. La negoziazione assistita può essere utilizzata, al pari degli altri strumenti alternativi di risoluzione delle controversie, soltanto in materia di diritti disponibili. Il procedimento ha inizio con l'invito rivolto all'altra parte a stipulare una «convenzione», che è un «accordo mediante il quale le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia tramite l'assistenza di avvocati iscritti all'albo». In giurisprudenza si è affermato che l'invito alla negoziazione assistita in corso di causa deve essere comunicato al difensore costituito della parte convenuta (Trib. Roma 27 giugno 2022, n. 10294). Viceversa l'adesione all'invito alla negoziazione assistita non richiede forme particolari (Trib. Modena 13 dicembre 2022, n. 1540). Per la verità, il d.l. 132/2014 si occupa dell'invito all'art. 3 nel disciplinare la negoziazione assistita «obbligatoria», prevista, cioè, a pena di improcedibilità. Tuttavia, non v'è dubbio che anche nel caso di negoziazione «volontaria» il procedimento di negoziazione assistita possa essere introdotto mediante l'invito rivolto dall'una all'altra parte. Anche in tal caso il procedimento è nel suo complesso ancorato ad un momento iniziale, quello dell'invito appunto, dal quale vanno calcolati i tempi della sua durata ed in relazione al quale si producono taluni effetti, in particolare quelli di interruzione-sospensione della prescrizione e dell'impedimento alla decadenza. Tuttavia, proprio con riguardo alla prescrizione e alla decadenza, l'art. 8 stabilisce che: «Dal momento della comunicazione dell'invito a concludere una convenzione di negoziazione assistita ovvero della sottoscrizione della convenzione si producono sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale». Sembrerebbe, dunque, che la disposizione, laddove fa decorrere l'effetto interruttivo dalla «sottoscrizione della convenzione», intenda contemplare l'ipotesi che la sua stipulazione non sia proceduta dalla sequenza invito-accettazione dell'invito: e, in altre parole, che, al di fuori della negoziazione assistita «obbligatoria», nulla impedisca che le parti si incontrino direttamente, verosimilmente presso lo studio di uno degli avvocati, per stipulare la convenzione. L'invito, in altri termini, mentre pare presentarsi come requisito formale del procedimento nel caso di negoziazione «obbligatoria» («Chi intende esercitare in giudizio un'azione … deve, tramite il suo avvocato, invitare»), non lo è per la negoziazione «facoltativa». L'invito è rivolto dalla parte «tramite il suo avvocato», un avvocato abilitato, successivamente, a prestare assistenza alla stipulazione della convenzione di negoziazione, secondo quanto stabilisce l'art. 2, comma 1, d.l. 132/2014, ossia di un avvocato iscritto all'albo. Deve escludersi che per l'inoltro dell'invito, occorra il rilascio di una procura in calce o a margine: l'invito è pur sempre un atto che si colloca al di fuori del processo e, dunque, non può in proposito trovare applicazione il principio sancito dall'art. 83 c.p.c., che si riferisce per l'appunto al giudizio. Alla base dell'invito rivolto da una parte all'altra tramite l'avvocato, dunque, vi è quel contratto di prestazione d'opera professionale noto come «contratto di patrocinio», che, in linea di principio, non è sottoposto ad alcun requisito formale. Ai sensi dell'art. 4 d.l. 132/2014 l'invito a stipulare la convenzione «deve indicare l'oggetto della controversia». La norma sembra riferirsi all'invito alla negoziazione assistita sia «obbligatoria» che «facoltativa». La necessità dell'indicazione dell'«oggetto della controversia» è intuitiva, dal momento che in mancanza di essa non è pensabile che possano intavolarsi trattative o negoziazioni di alcun genere. Tuttavia tale requisito non va confuso con la «determinazione della cosa oggetto della domanda» e tantomeno con «l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con le relative conclusioni», di cui all'art. 163, comma 3, nn. 3 e 4 c.p.c.: si tratta di una formula ben più elastica ed atecnica, volta ad evidenziare il concreto contrasto tra le parti. Per altro verso, l'elasticità nell'indicazione dell'oggetto della controversia va problematicamente esaminato con riguardo agli effetti dell'invito (così come della successiva convenzione) sulla prescrizione e sulla decadenza. L'art. 8 d.l. 132/2014 stabilisce che: «Dal momento della comunicazione dell'invito a concludere una convenzione di negoziazione assistita ovvero della sottoscrizione della convenzione si producono sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale». Ebbene, l'art. 2943 c.c. stabilisce che la prescrizione è interrotta dalla notificazione dell'atto con il quale si inizia un giudizio e, inoltre, «da ogni atto che valga a costituire in mora il debitore». Ma nell'atto di citazione vi sono specifici contenuti che valgono a identificare il diritto nei cui confronti l'interruzione della prescrizione opera, sicché l'interruzione non si verifica al di fuori di quel circoscritto campo. Sembra allora da credere che, ferme le conclusioni in precedenza illustrate in ordine alle elasticità dell'indicazione dell'oggetto della controversia nell'invito alla negoziazione assistita, l'avvocato che inoltra l'invito debba volta per volta interrogarsi se il diritto controverso è sottoposto ad un rischio prescrizione, comportandosi diversamente, nella definizione dell'oggetto, quando un tale rischio effettivamente sussista.
Altri contenuti
Per quanto riguarda l'avvertimento «che la mancata risposta all'invito entro trenta giorni dalla ricezione o il suo rifiuto può essere valutato dal giudice ai fini delle spese del giudizio e di quanto previsto dagli artt. 96 e 642, comma 1, c.p.c.», l'avvocato mittente non dovrà fare altro che riprodurre detta formula di legge, senza che occorrano ulteriori aggiunte o chiarimenti. Non è però agevole intendere il richiamo all'art. 642, comma 1, c.p.c. Tale disposizione stabilisce che il giudice autorizza la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo, al momento della sua emissione, «se il credito è fondato su cambiale, assegno bancario, assegno circolare, certificato di liquidazione di borsa, o su altro atto ricevuto da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato». Il senso della norma è dunque chiaro: l'esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo è concessa se il credito fatto valere in via monitoria è supportato da una prova scritta particolarmente forte; non è dunque agevole comprendere come il rifiuto dell'invito alla negoziazione (si immagini il preteso debitore che rifiuti l'invito negando in radice l'esistenza del credito), o anche il silenzio, possano possedere un rilievo probatorio equivalente a quello dei documenti elencati dalla norma, i quali, come si è detto, denotano una speciale attendibilità della pretesa creditoria spiegata. L'unica spiegazione sensata è che il legislatore abbia erroneamente richiamato detto comma in luogo del secondo. Nell'ipotesi in cui la negoziazione assistita costituisca condizione di procedibilità, è da credere, pur dubitativamente, che la mancanza dell'avvertimento non determini l'improcedibilità, ma solo il limitato effetto di impedire il trattamento sanzionatorio richiamato.
Il d.l. 132/2014 non stabilisce come l'invito debba essere portato a conoscenza della controparte. Nel solo art. 8, primo comma, già citato, si fa riferimento ad una «comunicazione dell'invito». Non v'è dubbio, tuttavia, che occorra un mezzo idoneo a documentare la ricezione dell'atto, in funzione delle conseguenze che da essa discendono. Sul piano del procedimento, con la comunicazione dell'invito prende avvio l'iter diretto alla stipulazione della convenzione di negoziazione assistita, con la decorrenza dei termini minimo e massimo per detta stipulazione e, conseguentemente, per il venire ad esistenza della condizione di procedibilità, nel caso di negoziazione assistita «obbligatoria». Con l'invito sorgono altresì gli obblighi di lealtà e riservatezza previsti dall'art. 9. L'art. 8 dispone, ancora, che «dalla stessa data è impedita, per una sola volta, la decadenza, ma se l'invito è rifiutato o non è accettato nel termine di cui all'art. 4, primo comma, la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza decorrente dal rifiuto, dalla mancata accettazione nel termine ovvero dalla dichiarazione di mancato accordo certificata dagli avvocati». La disposizione riproduce quella dettata per la mediazione ai sensi dell'art. 5, comma 6, d.lgs. 28/2010. Sembra da ritenere che l'effetto sulla decadenza riguardi sia la decadenza legale che quella convenzionale stabilita dalle parti in un contratto. Si è già detto quando la negoziazione assistita costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Ma, secondo l'art. 3 la condizione di procedibilità non ricorre: a) «nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l'opposizione»; b) «nei procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, di cui all'art. 696-bis del codice di procedura civile»; c) «nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all'esecuzione forzata»; d) «nei procedimenti in camera di consiglio»; e) «nell'azione civile esercitata nel processo penale». Qui vale aggiungere che nella giurisprudenza di merito si tende ad affermare, come avviene pure nel campo della mediazione, che l'incontro finalizzato alla mediazione deve essere effettivo, sicché non si avvera la condizione di procedibilità in caso di condotta elusiva della parte (Trib. Parma 31 luglio 2021, n. 1079). In tal senso si è affermato:
Con particolare riguardo alle controversie sugli incidenti stradali, esse erano in precedenza sottoposte alla condizione di procedibilità della mediazione ai sensi dell'art. 5, comma 1, d.lgs. 28/2010, ma nel 2012 la Corte costituzionale ha dichiarato l'incostituzionalità della norma per eccesso di delega. Nel 2013 il legislatore ha ripristinato la condizione di procedibilità in materia di mediazione, sostituendo il primo comma (che non c'è più) con il primo comma bis, che ha riprodotto in buona sostanza la disposizione precedente, escludendo però le cause in materia di incidenti stradali, confluite nella negoziazione assistita, dal numero di quelle sottoposte alla mediazione «obbligatoria». Nella materia va in primo luogo ricordato l'importante punto di vista della giurisprudenza di merito che segue:
Sussiste una controversie in materia di «circolazione di veicoli e natanti» quando la circolazione si pone in rapporto di causalità e non di mera occasionalità con il danno. Rientrano nella previsione legale: a) le controversie concernenti il risarcimento del danno proposte mediante azione diretta nei confronti del responsabile e del suo assicuratore (art. 144 cod. ass.); b) le controversie concernenti il risarcimento del danno proposte dall'danneggiato nei confronti del proprio assicuratore (art. 149 cod. ass.); c) le controversie introdotte nei confronti del Fondo di garanzia, del Commissario liquidatore, dell'Uci, nei casi previsti dalla legge. Il problema pratico più rilevante che discende dall'inclusione tra le cause sottoposte a negoziazione assistita obbligatoria e quelle in tema di risarcimento del danno derivante dalla circolazione dei veicoli consiste nel coordinamento della condizione di procedibilità con quella prevista dall'art. 145 cod. ass.. Sul che è stato detto che:
Deve difatti rammentarsi che l'art. 3, comma 5, d.l. 132/2014 stabilisce che: «Restano ferme le disposizioni che prevedono speciali procedimenti obbligatori di conciliazione e mediazione, comunque denominati. Il termine di cui ai commi 1 e 2, per materie soggette ad altri termini di procedibilità, decorre unitamente ai medesimi». Ciò vuol dire, per un verso, che l'assoggettamento alla negoziazione assistita non fa venir meno l'altra condizione di procedibilità e, per altro verso, che i termini da osservarsi nei riguardi dell'uno e dell'altro «filtro» decorrono, o , per meglio dire, possono decorrere simultaneamente. Sembra dunque da escludere che il danneggiato da sinistro stradale debba provare prima la strada dell'invio della raccomandata, attendendo secondo i casi 60 o 90 giorni, e poi la strada della negoziazione assistita (o viceversa), per introdurre il giudizio solo dopo aver separatamente realizzato le due distinte condizione di procedibilità. Naturalmente, nulla esclude che una simile soluzione venga adottata, se il danneggiato ritiene di poterne ricavare un qualche beneficio. Al contrario, è da credere che il danneggiato possa redigere un solo atto il quale abbia al tempo stesso il contenuto dell'invito alla negoziazione assistita ed il contenuto della raccomandata di cui all'art. 145 cod. ass., eventualmente indirizzato ai diversi soggetti che possano risultare coinvolti. Non può sul tema mancare di rammentarsi infine il responso del giudice delle leggi:
L'inosservanza della condizione di procedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice, quando rileva che la negoziazione assistita è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'art. 2, comma 3 (ossia dopo la scadenza del periodo di tempo determinato dalle parti, fermo restando il limite minimo di un mese e quello massimo di tre mesi, e lasciando alle parti il margine per la proroga ulteriore di 30 giorni). Allo stesso modo provvede quando la negoziazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la comunicazione dell'invito (v. comma 1 dell'art. 3).
La negoziazione assistita da avvocati ha dato risultati apprezzabili pressoché solo in materia di separazione e divorzio. Opportunamente dal 22 giugno 2022 la l. 206/2021 ha esteso l'applicazione dell'art. 6 d.l. 132/2014 alle controversie in materia di affidamento e mantenimento dei figli nati fuori dal matrimonio, modifica delle condizioni di separazione, divorzio, scioglimento delle unioni civili e affidamento e mantenimento di figli nati fuori dal matrimonio e alimenti. La disciplina della negoziazione assistita è stata poi modificata dal d.lgs. 149/2022 fondamentalmente sotto questi aspetti: i) estensione della sua applicabilità alle controversie di lavoro subordinato e parasubordinato; ii) previsione di un'attività di istruzione stragiudiziale; iii) ammissione al patrocinio a spese dello Stato quando la negoziazione assistita è condizione di procedibilità; iv) previsione della liquidazione dell'assegno divorzile in unica soluzione (art. 6, comma 3-bis, d.l. 132/2014); v) adozione di modelli di convenzione predisposti dal CNF (comma 7-bis dell'art. 2 d.l. 132/2014); vi) previsione della negoziazione assistita in modalità telematica (art. 2-bis d.l. 132/2014). Novità tutte operanti dal 28 febbraio 2023, ad eccezione di quella sul patrocinio a spese dello Stato, in vigore dal 30 giugno 2023.
La negoziazione assistita lavoristica
In attuazione della delega l'art. 2-ter d.l. 132/2014, modificato dalla riforma del 2022, stabilisce che, per le controversie di cui all'art. 409 c.p.c., fermo restando quanto disposto dall'art. 412-ter c.p.c. sulle procedure conciliative o arbitrali presso le sedi e con le modalità previste dai contratti collettivi, le parti possono ricorrere alla negoziazione assistita, senza che ciò costituisca condizione di procedibilità della domanda. Ciascuna parte è assistita da almeno un avvocato e può essere anche assistita da un consulente del lavoro. All'accordo raggiunto all'esito della procedura di negoziazione assistita si applica l'art. 2113, comma 4, c.c.: e cioè gli accordi conciliativi raggiunti in sede di negoziazione assistita hanno la stessa stabilità degli accordi stipulati con l'assistenza delle organizzazioni sindacali. L'accordo conciliativo in materia di controversie di lavoro raggiunto mediante negoziazione assistita da avvocati è trasmesso, a cura di una delle due parti ed entro dieci giorni, a uno degli organismi abilitati alla certificazione dei contratti di lavoro, di cui all'art. 76 d.lgs. 276/2003. Sarà da vedere se questa previsione, in sé di grande rilievo, prenderà effettivamente piede. Anche l'istruzione stragiudiziale, quando la convenzione di negoziazione assistita lo preveda, è novità di grande rilievo. L'attività di istruzione si realizza con l'acquisizione di dichiarazioni da parte di terzi su fatti rilevanti in relazione all'oggetto della controversia (art. 4-bis) e nella richiesta alla controparte di dichiarare per iscritto, ai fini di cui all'art. 2735 c.c., la verità di fatti ad essa sfavorevoli e favorevoli alla parte richiedente (art. 4-ter). Le norme menzionate, al cui testo si rinvia, prevedono dettagliati adempimenti formali, e contemplano l'utilizzabilità degli esiti dell'attività di istruzione stragiudiziale nel successivo giudizio avente ad oggetto l'accertamento degli stessi fatti e iniziato, riassunto o proseguito dopo l'insuccesso della procedura di negoziazione assistita, fatta salva la possibilità per il giudice di disporne la rinnovazione. Detta attività, se segue il giudizio, è inoltre compensata con una maggiorazione dell'importo previsto in sede di liquidazione ai sensi del d.m. 55/2014. Anche qui si tratterà però di vedere se gli avvocati, che hanno finora fatto scarso uso della negoziazione assistita al di fuori del campo della crisi familiare, apprezzeranno la novità, che offre opportunità meritevoli di essere colte. Il fatto è che i giudici di merito, sotto la pressione dell'osservanza del principio di ragionevole durata, tendono assai spesso a respingere le richieste di prove testimoniali, per il cui espletamento occorre la fissazione di almeno un'apposita udienza, e, quando ammettono la richiesta istruttoria, finiscono poi per effettuare verbalizzazioni estremamente sintetiche, tali da rivelarsi inutili. Spesso si discorre di un malvezzo cui accedevano un tempo i giudici, i quali consentivano agli avvocati di procedere essi stessi all'assunzione delle prove orali: ma il vero è che in quelle verbalizzazioni, solvente chilometriche, vi era spesso del superfluo, ma in genere vi era anche il necessario. Sicché gli avvocati dovrebbero impiegare lo strumento essendo consapevoli che quella prova da loro direttamente assunta potrebbe non avere affatto ingresso in sede giudiziale, o essere raccolta in modo approssimativo. Allo scopo, secondo l'art. 2, comma 2-bis, d.l. 132/2014, occorre che la convenzione di negoziazione assistita, redatta mediante utilizzo del modello elaborato dal CNF (comma 7-bis dello stesso art. 2), precisi: a) la possibilità di acquisire dichiarazioni di terzi su fatti rilevanti in relazione all'oggetto della controversia; b) la possibilità di acquisire dichiarazioni della controparte sulla verità di fatti ad essa sfavorevoli e favorevoli alla controparte. Il verbale delle dichiarazioni rese dall'informatore, sempre in presenza e non telematicamente, verbale che deve essere integralmente riletto, viene sottoscritto dall'informatore e dagli avvocati. Esso fa piena prova di quanto gli avvocati attestano essere avvenuto in loro presenza, e può essere prodotto in giudizio per essere valutato dal giudice quale argomento di prova, ai sensi dell'art. 116, comma 1, c.p.c., fermo restando che questi può sempre disporre che l'informatore sia escusso dinanzi a sé. Quanto alle dichiarazioni confessorie stragiudiziali, l'art. 4-ter d.l. 132/2014 introduce in buona sostanza di una sorta di interrogatorio formale fatto dagli avvocati e, visto che raramente le parti confessano dinanzi al giudice, non appare particolarmente probabile che si determinino a confessare dinanzi al giudice: il che consiglia di non indugiare ulteriormente sull'analisi della disposizione, la quale è da credere rimarrà largamente disapplicata, tanto più che non è prevista l'operatività del congegno della ficta confessio, di cui all'art. 232 c.p.c. Negoziazione assistita e crisi familiare
Come si diceva, la l. 206/2021, con disposizioni entrate in vigore il 22 giugno 2022, ha ampliato le controversie alle quali è applicabile la negoziazione assistita da avvocati di cui all'art. 6 d.l. 132/2014, che ora menziona «le soluzioni consensuali di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio, di affidamento e mantenimento dei figli nati fuori del matrimonio, e loro modifica, e di alimenti». Qui il mondo forense, che in effetti ha apprezzato lo strumento introdotto nel 2014, dovrà bene aver presente qual è l'alternativa derivante dall'applicazione del c.d. rito unico famiglia, che attribuisce poteri assai dilatati al giudice, che diventano enormi in presenza di minori: sicché il ricorso alla negoziazione assistita consente di affrancarsi dall'impiego di un modello processuale che pone gli avvocati in una posizione di soggezione, per la verità talora forse eccessiva, dinanzi al giudice. Gli accordi tra coniugi in sede di separazione o divorzio o di scioglimento dell'unione civile mediante negoziazione assistita da avvocati possono prevedere anche trasferimenti immobiliari, con efficacia obbligatoria, sicché il conseguimento dell'effetto traslativo richiede poi la stipulazione del definitivo, ovvero la domanda ex art. 2932 c.c.. In effetti la previsione di semplici promesse di trasferimenti immobiliari sembra per un verso collidere con la possibilità, riconosciuta dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione, di effettuare trasferimenti immobiliari in sede di accordo di divorzio a domanda congiunta o di separazione consensuale (Cass., Sez.Un., 29 luglio 2021, n. 21761); ma qui, forse, è la soluzione delle Sezioni Unite ad aver rappresentato una fuga in avanti, tenuto conto delle difficoltà degli adempimenti rimessi all'operato della cancelleria. Anche la S.C. ha del resto affermato che:
Al coniuge o al partner dell'unione civile sprovvisto di mezzi adeguati o che non possa procurarseli per ragioni oggettive, tenuto conto di tutti i parametri di cui al sesto comma dell'art. 5 della legge sul divorzio, può essere riconosciuto un assegno una tantum, la cui congruità è asseverata dagli avvocati, che assistono le parti e sottoscrivono l'accordo, rimanendo preclusa ogni successiva domanda di contenuto economico (art. 6, comma 3-bis, d.l. 132/2014). L'accordo è trasmesso con modalità telematiche, a cura degli avvocati che assistono le parti, al procuratore della Repubblica per il rilascio del nullaosta o per l'autorizzazione; il procuratore della Repubblica, quando appone il nullaosta o rilascia l'autorizzazione, trasmette l'accordo sottoscritto digitalmente agli avvocati di tutte le parti; quando ritiene che l'accordo non risponde all'interesse dei figli o che è opportuno procedere al loro ascolto, il procuratore della Repubblica lo trasmette, entro cinque giorni, al presidente del tribunale, che fissa, entro i successivi trenta giorni, la comparizione delle parti e provvede senza ritardo; sono previste sanzioni per l'avvocato che ometta o ritardi la trasmissione di copia dell'accordo munito di nullaosta o autorizzazione del PM e delle certificazioni di autografia delle sottoscrizioni e di conformità alle norme imperative rese dagli avvocati, all'ufficiale dello stato civile.
Patrocinio a spese dello Stato nella negoziazione assistita obbligatoria
È stata prevista l'estensione del patrocinio a spese dello Stato alle procedure, sia di mediazione sia di negoziazione assistita, nei casi nei quali il loro esperimento è condizione di procedibilità della domanda giudiziale ossia, per le procedure di negoziazione assistita, nelle controversie in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti, e per le domande di pagamento, a qualsiasi titolo, di somme non eccedenti cinquantamila euro, fuori dai casi di mediazione obbligatoria di cui al novellato art. 5, comma 1, d.lgs. 28/2010. Viceversa per la negoziazione assistita facoltativa resta fermo il responso secondo cui l'avvocato difensore della parte ammessa al gratuito patrocinio non ha diritto al compenso per l'attività svolta in sede di negoziazione assistita facoltativa (Cass. 9 febbraio 2023, n. 3888).
Riferimenti
Bolognesi, Il contratto sulla procedura di negoziazione assistita da uno o più avvocati, in judicium.it; Bona, La negoziazione assistita nei sinistri stradali, Santarcangelo di Romagna, 2015, 42; Dosi, La negoziazione assistita da avvocati, Torino, 2014, 61; Tedoldi, Le ADR nella riforma della giustizia civile, in Questione giustizia. |