Esonero dal lavoro notturno: non è necessaria la dichiarazione di gravità dello stato di handicap del familiare a carico del lavoratore

25 Maggio 2023

La tutela del disabile deve essere piena e non può essere ristretta richiedendo, ai fini dell'esonero dal lavoro notturno, la gravità della condizione di disabilità dell'assistito.

L'art. 11 del d.lgs. n. 66/2003 può essere interpretato richiedendo al lavoratore, al fine di poter godere dell'esonero dal lavoro notturno, l'attestata gravità della disabilità che affligge il soggetto disabile dallo stesso assistito?

L'art. 11, co. 2, lett. c) del d.lgs. n. 66/2003, in merito alle limitazioni al lavoro notturno previste per particolari esigenze familiari e assistenziali, prevede che non è obbligato a prestare lavoro notturno il lavoratore che abbia “a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni”. In base all''art. 3, co.1, della l. n. 104/1992, deve ritenersi in condizione di disabilità la persona che “presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva…”. Il medesimo articolo aggiunge successivamente che “qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità”.

Dalle disposizioni normative sopra citate emerge testualmente che per fruire dell'esonero dall'obbligo di prestare lavoro notturno occorre che si sia in presenza di “un soggetto disabile ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni”, e che si trova in condizione di disabilità già chi presenta le menomazioni descritte dal comma 1 dell'art. 3 di detta Legge.

La connotazione di gravità, pertanto, configura un carattere ulteriore e aggiuntivo, non richiesto espressamente dall'art. 11 prefato, sicché la richiesta, ai fini dell'esonero, del connotato della gravità non si presenterebbe conforme al dato legislativo, dovendosi osservare anche che nei casi in sui il Legislatore ha inteso subordinare la concessione di un beneficio alla circostanza che sussistesse una situazione di handicap con connotato di gravità, lo ha esplicitamente richiesto (art. 33 l. n. 104/1992).

A ciò si aggiunge anche una valutazione teleologica che, tenuto conto che una tutela piena dei soggetti deboli richiede, oltre alle necessarie prestazioni sanitarie e di riabilitazione, anche la cura, l'inserimento sociale e, soprattutto, la continuità delle relazioni costitutive della personalità umana (Corte Cost., n. 203/2013), ha condotto la giurisprudenza a valorizzare l'esigenza di tutela del disabile al di là di ogni condizionamento derivante dal mancato accertamento di uno status o da preclusioni collegate all'inesistenza di un provvedimento formale che confermi la ricorrenza della situazione di fatto che conferisce fondamento al diritto del familiare che presta assistenza (Cass. n. 29009/2020).

Alla luce di quanto sopra, interpretare l'art. 11 in termini tali da richiedere un requisito aggiuntivo, quale la gravità della situazione di handicap, si tradurrebbe in una indebita interpolazione ermeneutica del testo, tanto più ingiustificata in un ambito, quale quello dei diritti dei disabili, insuscettibile di limitazioni di tutela al di fuori di una chiara ed espressa previsione legislativa.

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