Equo compenso: prime valutazioni dopo l'approvazione della legge

Redazione scientifica
25 Maggio 2023

La Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, con approfondimento del 16 maggio 2023, condivide le prime valutazioni in merito alla regolamentazione dell'equo compenso grazie alla l. n. 49/2023, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 104 del 5 maggio 2023.

Il concetto di equo compenso (art. 1 l. n. 49/2023) specifica che per essere considerato “equo” il compenso deve essere proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto e al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, nonché conforme ai parametri stabiliti per la determinazione dei compensi.

Come si legge nell'Approfondimento della Fondazione Studi, datato 16 maggio 2023, alla base della nuova normativa c'è il principio secondo cui la fissazione di tariffe minime o massime nello svolgimento delle libere professioni può essere ammessa solo nella misura in cui le stesse siano fondate su un motivo di interesse generale nel rispetto dei principi di non discriminazione e proporzionalità.

Tra i motivi di interesse generale può esservi quello di impedire che le prestazioni siano offerte a prezzi insufficienti per garantire la qualità delle stesse, ossia che si realizzi una concorrenza che si traduca nell'offerta di prestazioni al ribasso con il rischio di un peggioramento della qualità dei servizi forniti.

Da quando decorre la nuova normativa

La nuova normativa, seguendo una regola generale, non ha effetto retroattivo.

Scendiamo nel dettaglio: come interviene il legislatore?

Il legislatore, sul presupposto che le c.d. prestazioni al ribasso possano comportare un peggioramento della qualità del prodotto professionale offerto, reintroduce un concetto di compenso minimo professionale, ancorando il limite della sufficienza del compenso ai parametri fissati dai Ministeri vigilanti.

Conseguentemente, si dispone l'abrogazione:

  • dell'art. 13-bis l. n. 247/2012;
  • dell'art. 19-quaterdecies d.l. n. 148/2017 conv. in l. n. 172/2017;
  • dell'art. 2, c. 1 lett. a), d.l. n. 223/2006 conv. in l. n. 248/2006, nel quale era genericamente prevista l'abrogazione delle norme che prevedono l'obbligatorietà di tariffe fisse o minime con riferimento alle attività libero-professionali e intellettuali.

In merito all'ultima abrogazione, va precisato che l'art. 9 d.l. n. 1/2012, a conclusione del progetto legislativo di liberalizzazione della determinazione dei compensi professionali, stabiliva che:

  • le tariffe delle professioni regolamentate nel sistema ordinistico venivano abrogate (comma 1);
  • ferma restando l'abrogazione di cui al comma 1, nel caso di liquidazione da parte di un organo giurisdizionale, il compenso del professionista veniva determinato con riferimento a parametri stabiliti con decreto del Ministro vigilante (comma 2).

Obbligatorietà dei parametri ministeriali: la vera novità

L'obbligatorietà dei parametri ministeriali, in virtù della nuova normativa, si realizza quando i rapporti professionali, “aventi a oggetto la prestazione d'opera intellettuale di cui all'art. 2230 del Codice civile, regolati da convenzioni aventi a oggetto lo svolgimento, anche in forma associata o societaria, delle attività professionali svolte in favore di imprese bancarie e assicurative nonché delle loro società controllate, delle loro mandatarie e delle imprese che nell'anno precedente al conferimento dell'incarico hanno occupato alle proprie dipendenze più di cinquanta lavoratori o hanno presentato ricavi annui superiori a 10 milioni di euro”.

La menzionata obbligatorietà trova applicazione anche in relazione alle prestazioni rese dai professionisti in favore:

  • della pubblica amministrazione;
  • delle società disciplinate dal testo unico in materia di società a partecipazione pubblica.

N.B. La nuova normativa non si applica, in ogni caso, alle prestazioni rese dai professionisti in favore di società veicolo di cartolarizzazione né a quelle rese in favore degli agenti della riscossione.

L'effettività della norma è garantita dalla nullità delle clausole che non prevedono un compenso equo e proporzionato all'opera prestata, in considerazione anche dei costi sostenuti dal prestatore d'opera, nonché dalla nullità delle pattuizioni di un compenso inferiore agli importi stabiliti dai parametri.

Inoltre, sono nulle le pattuizioni che vietino al professionista di pretendere acconti nel corso della prestazione o che impongano l'anticipazione di spese o che, comunque, attribuiscano al committente vantaggi sproporzionati rispetto alla quantità e alla qualità del lavoro svolto o del servizio reso.

Come può agire in giudizio il professionista?

Il professionista può proporre azione giudiziaria dinanzi al Tribunale competente al fine di impugnare la convenzione lesiva dei diritti derivanti dalla nuova normativa.

Al riguardo, il Giudice potrà chiedere, se necessario, al professionista di acquisire dall'Ordine o dal collegio a cui è iscritto il parere sulla congruità del compenso o degli onorari, che costituisce elemento di prova sulle caratteristiche, sull'urgenza e sul pregio dell'attività prestata, sull'importanza, sulla natura, sulla difficoltà e sul valore dell'affare, sulle condizioni soggettive del cliente, sui risultati conseguiti, sul numero e sulla complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate.

In tale procedimento il Giudice può avvalersi della consulenza tecnica, ove sia indispensabile ai fini del giudizio.

N.B. Occorre sottolineare il ruolo di garanzia dell'Ordine professionale, che realizza il soddisfacimento della fede pubblica in un contesto di piena realizzazione del principio di sussidiarietà.

La legge, inoltre, rafforza ulteriormente la posizione processuale del professionista: si stabilisce che gli accordi preparatori o definitivi conclusi tra i professionisti e le imprese si presumono unilateralmente predisposti dalle imprese stesse, salva prova contraria.

Le imprese, soggette agli obblighi previsti dalla legge sull'equo compenso, hanno la facoltà di adottare modelli standard di convenzione, concordati con i Consigli nazionali degli Ordini o collegi professionali. Ne deriva che i compensi pattuiti nei modelli standard si presumono nel rispetto dell'equità fino a prova contraria.

Il ruolo degli ordini: il parere di congruità

Il parere di congruità emesso dall'Ordine o dal collegio professionale sul compenso o sugli onorari richiesti dal professionista costituisce titolo esecutivo, anche per tutte le spese sostenute e documentate, se:

  • rilasciato nel rispetto della procedura;
  • il debitore non propone opposizione innanzi all'autorità giudiziaria, entro 40 giorni dalla notificazione del parere stesso a cura del professionista.

Il legislatore introduce un nuovo titolo esecutivo stragiudiziale di natura amministrativa avente ad oggetto la liquidazione del compenso dei professionisti ordinistici: è un nuovo strumento, che si aggiunge agli altri già previsti dall'ordinamento processuale, dotato della autorevolezza dell'Ordine che garantisce a priori la validità della richiesta creditoria.

Il ruolo chiave dei Consigli Nazionali

Viene attribuito ai Consigli nazionali un interesse ad agire processualmente a tutela del rispetto della normativa sull'equo compenso, in un'ottica di garanzia della legalità, essendo tali Consigli espressione di enti di diritto pubblico.

Inoltre, il legislatore prevede che i parametri di riferimento delle prestazioni professionali siano aggiornati ogni due anni su proposta dei Consigli nazionali degli ordini o collegi professionali.

Infine, il legislatore richiede all'ordinamento professionale di regolare al proprio interno un sistema di controllo in merito al rispetto della normativa, che tutela non solo il professionista, ma anche il cittadino.

N.B. L'istituzione dell'Osservatorio Nazionale Equo Compenso sottolinea ulteriormente il ruolo centrale dei Consigli Nazionali degli Ordini Professionali.

Una riflessione sull'abrogazione dell'obbligatorietà delle tariffe professionali

Il concetto di tariffe professionali è oggi sostituito dal concetto di parametro professionale, la cui operatività non è più limitata alle sole controversie giudiziarie tra professionista e cliente, ma si esplica obbligatoriamente nei rapporti professionali aventi a oggetto la prestazione d'opera intellettuale con le imprese individuate dalla nuova normativa.

Alla luce di ciò, atteso il riconoscimento legislativo dei c.d. parametri, nulla esclude che questi ultimi possano essere utilizzati anche nelle convenzioni professionali tra i professionisti e le imprese non ricomprese nell'ambito di obbligatorietà della legge sull'equo compenso.

In buona sostanza, si ritiene che l'operatività dei parametri, individuati nella nuova legge sull'equo compenso, possa trovare esplicazione anche al di fuori del perimetro applicativo di tale legge.

(Fonte: quotidianopiu.it)