Alcune riflessioni sul rendiconto condominiale: i documenti che lo compongono, il principio di cassa, la continuità della gestione

25 Maggio 2023

Con una recente pronuncia (l'ordinanza 11 ottobre 2022, n. 29618), la Cassazione affronta le questioni che si pongono nel caso di mancato inserimento nel rendiconto condominiale del credito di un condomino nei confronti del condominio. Per dare soluzione alle questioni sottoposte al suo esame la Corte prende in considerazione alcuni degli aspetti di fondo della contabilità del condominio. Passeremo brevemente in rassegna qui di seguito (alla luce degli argomenti esposti nella motivazione dell'ordinanza) alcuni degli aspetti della disciplina del rendiconto nel condominio.
Introduzione. Il quadro normativo

Con l'ordinanza 11 ottobre 2022, n. 29618, la Cassazione ha definito il giudizio promosso da un condomino per l'impugnazione della delibera dell'assemblea del condominio che aveva approvato il rendiconto delle spese nel quale si era omesso di indicare in favore di tale condomino il credito che questi vantava nei confronti del condominio.

La Corte, nel dare risposta al quesito che la causa pone, ha colto l'occasione per formulare una serie di osservazioni di carattere generale circa la funzione e le finalità del rendiconto condominiale sulle quali formuleremo qui di seguito alcune riflessioni.

Pare opportuno innanzitutto seguire i passaggi argomentativi attraverso i quali si è snodato il ragionamento della pronuncia menzionata.

Il percorso argomentativo dell'ordinanza della Cassazione n. 29618/2022

L'iter seguito dalla Cassazione ha preso le mosse dall'affermazione che “la delibera dell'assemblea condominiale che approva il rendiconto annuale dell'amministratore può essere impugnata dai condòmini assenti e dissenzienti nel termine stabilito dall'art. 1137, comma 2, c.c. non per ragioni di merito, ma solo per ragioni di mera legittimità, non essendo consentito al singolo condomino rimettere in discussione i provvedimenti adottati dalla maggioranza se non nella forma dell'impugnazione della delibera”.

È stato sottolineato poi che “dall'approvazione del rendiconto annuale dell'amministratore […] per effetto della vincolatività tipica dell'atto collegiale stabilita dall'art. 1137, comma 1, c.c. […] discende l'insorgenza e quindi anche la prova dell'obbligazione in base alla quale ciascuno dei condòmini è tenuto a contribuire alle spese ordinarie per la conservazione e la manutenzione delle parti comuni dell'edificio”. Dal che deriva anche che “una volta […] che il bilancio consuntivo sia stato approvato con la maggioranza prescritta dalla legge, l'amministratore, per ottenere il pagamento delle somme risultanti dal bilancio stesso, non è tenuto a sottoporre all'esame dei singoli condòmini i documenti giustificativi, dovendo gli stessi essere controllati prima dell'approvazione del bilancio, senza che sia ammissibile la possibilità di attribuire ad alcuni condòmini la facoltà postuma di contestare i conti rimettendo così in discussione i provvedimenti adottati dalla maggioranza” (da sottolineare che i medesimi passaggi argomentativi sono stati seguiti da una successiva pronuncia della Corte intervenuta a breve distanza di tempo da quella che stiamo esaminando: v. Cass. civ., sez. VI/II, 18 gennaio 2023, n. 1370).

A questo punto, la Cassazione ha menzionato le regole fissate dall'art. 1130-bis c.c. relativamente al rendiconto dell'amministratore per l'esercizio condominiale: è stato ricordato che in base a tale norma “il rendiconto condominiale deve contenere le “voci di entrata e uscita” e quindi gli incassi e i pagamenti eseguiti, in rapporto alle relative manifestazioni finanziarie nonché “ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio”, con indicazione nella nota sintetica esplicativa della gestione “anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti”, avendo qui riguardo al risultato economico dell'esercizio annuale”.

“Secondo il c.d. “principio di cassa” - è stato aggiunto - i crediti vantati dal condominio verso un singolo condomino vanno inseriti nel consuntivo relativo all'esercizio in pendenza del quale sia avvenuto il loro accertamento” con la conseguenza che “una volta inseriti nel rendiconto di un determinato esercizio i nominativi dei condòmini morosi nel pagamento delle quote condominiali e gli importi da ciascuno dovuti, tali pregresse morosità, ove rimaste insolute, devono essere riportate […] nei successivi anni di gestione, costituendo esse non solo un saldo contabile dello stato patrimoniale attivo, ma anche una permanente posta di debito di quei partecipanti nei confronti del condominio”.

Anche alla luce di queste osservazioni, la Corte ha messo a fuoco il principio della “continuità” della contabilità condominiale: “il rendiconto condominiale, in forza di un principio di continuità - è stato precisato - deve […] partire dai dati di chiusura del consuntivo dell'anno precedente, a meno che l'esattezza e la legittimità di questi ultimi non siano state negate con sentenza passata in giudicato” (situazione questa che imporrebbe “all'amministratore di apporre al rendiconto impugnato le variazioni imposte dal giudice e quindi di modificare […] i dati di partenza del bilancio successivo”).

Il principio della continuità si collega a quello della “dimensione annuale della gestione condominiale” la quale “vale ad impedire […] la validità della deliberazione condominiale che nell'assenza di un'unanime determinazione vincoli il patrimonio dei singoli condòmini a una previsione pluriennale di spesa”.

La Cassazione - giunta al termine del suo ragionamento - ha infine sintetizzato come segue l'esito del percorso argomentativo seguito: “il rendiconto consuntivo per successivi periodi di gestione che, nel prospetto dei conti individuali per singolo condomino, riporti tutte le somme dovute al condominio, comprensive delle morosità relative alle annualità precedenti, una volta approvato dall'assemblea, può essere impugnato ai sensi dell'art. 1137 c.c., costituendo altrimenti esso stesso titolo idoneo del credito complessivo nei confronti di quel singolo partecipante, pur non costituendo “un nuovo fatto costitutivo del credito”.”

L'ordinanza, della quale abbiamo seguito l'iter argomentativo, contiene numerosi passaggi utili ai fini della corretta soluzione di molte delle questioni di carattere generale che concernono la contabilità condominiale.

Prenderemo qui di seguito in considerazione tali passaggi.

Gli effetti dell'approvazione del rendiconto da parte dell'assemblea

Un primo aspetto della materia che è stato esaminato dall'ordinanza è quello degli effetti dell'approvazione da parte dell'assemblea del rendiconto delle spese.

Al proposito, è stato sottolineato che una volta che l'assemblea abbia approvato il rendiconto questo può essere messo in discussione solo attraverso l'impugnazione ex art. 1137 c.c. e, dunque, solo nei termini e per le ragioni indicate da questa norma. La delibera adottata - ove non impugnata - è destinata a fare stato tra i condòmini: si realizza così - ha precisato l'ordinanza - la “vincolatività tipica dell'atto collegiale stabilita dall'art. 1137, comma 1, c.c.”.

A parte la possibilità di fare ricorso all'impugnazione anzidetta - è stato sottolineato - non è consentito ai condòmini rimettere in discussione il rendiconto approvato dall'assemblea che fissa la situazione debitoria dei condòmini nei confronti del condominio: sulla base di esso l'amministratore può pretendere dai condòmini - agendo eventualmente nei loro confronti anche in sede giudiziale - il pagamento delle somme che risultano dovute in base al rendiconto (da ricordare, infatti, che, secondo quanto dispone il comma 1 dell'art. 63 disp. att. c.c., l'amministratore può ottenere il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo nei confronti dei condomini per il pagamento dei contributi sulla base dello stato di ripartizione dei contributi approvato dall'assemblea).

Queste sono, dunque, le affermazioni formulate dalla pronuncia ricordata: vi sono però almeno due precisazioni che devono farsi in argomento.

a) In primo luogo, va sottolineato che in materia non deve essere fatta confusione tra il rendiconto ed il riparto tra i condomini dei contributi derivanti dello stesso.

I due documenti (il rendiconto ed il riparto) sono distinti l'uno dall'altro (anche se il secondo presuppone l'approvazione del primo ed anche se entrambi devono essere approvati dall'assemblea).

Il rendiconto, infatti, indica le uscite e le entrate della gestione del condominio ed è lo strumento attraverso il quale l'amministratore quale mandatario riferisce ai condòmini, che sono i suoi mandanti, del proprio operato. Appunto in questa prospettiva il rendiconto deve essere predisposto dall'amministratore e deve essere da lui presentato all'assemblea dei condòmini per la sua approvazione.

Il riparto delle spese è, invece, lo strumento attraverso il quale i condòmini si ripartiscono gli oneri condominiali che derivano dal rendiconto approvato disponendo l'attribuzione ad ogni singolo condomino della parte degli oneri di sua competenza: si tratta dunque di uno strumento che - ancorché nella prassi sia di solito predisposto dall'amministratore - è di competenza dell'assemblea ed è il risultato delle decisioni dell'assemblea.

Da notare - a conferma della distinzione tra i due strumenti che stiamo considerando - che tra gli obblighi che sono posti a carico dell'amministratore dall'art. 1130 c.c. vi è solo quello della presentazione del rendiconto (che è l'oggetto della previsione del n. 1 dell'art. 1130 c.c.), mentre la norma anzidetta non fa alcun cenno alla presentazione del riparto.

b) La seconda precisazione che deve farsi concerne l'affermazione - formulata dalla pronuncia che abbiamo ricordato - della definitività ed intangibilità del rendiconto approvato dall'assemblea.

Perché possa essere compresa pienamente la portata di tale affermazione devono essere considerate le regole che disciplinano le due distinte ipotesi di invalidità delle delibere dell'assemblea condominiale: l'ipotesi della nullità e quella della annullabilità (ipotesi per la cui descrizione e definizione sono intervenute anche recentemente le Sezioni Unite della Cassazione: in argomento, v. Cass. civ., sez. un., 14 aprile 2021, n. 9839; v. anche Cass. civ., sez. un., 7 marzo 2005, n. 4806). Come noto, per fare valere l'annullabilità della delibera assembleare deve osservarsi il termine decadenziale fissato dall'art. 1137 c.c. (e devono rispettarsi le altre condizioni stabilite da questa norma), mentre per fare valere la nullità della delibera non devono essere rispettati tali termini e tali condizioni: chiunque vi abbia interesse (compreso anche il condomino che abbia dato favorevole alla delibera: v. Cass. civ., sez. II, 19 marzo 2010, n. 6714) può invocare la nullità della delibera dell'assemblea condominiale in ogni momento.

Ne deriva che la delibera assembleare che approva il rendiconto ed il riparto delle spese che siano affetti da vizio che determini la nullità della delibera potrà essere rimessa in discussione anche a distanza di tempo. Si pensi, per fare un esempio che è stato recentemente preso in considerazione dalla giurisprudenza, al caso della delibera che attribuisca le spese per la difesa del condominio in una vertenza con un condomino anche al condomino che sia la controparte del condominio: si tratta di ipotesi che dà luogo alla nullità della delibera atteso che “si considera nulla per impossibilità dell'oggetto la deliberazione dell'assemblea che, con riferimento ad un giudizio che veda, appunto, contrapposti il condominio ed un singolo condomino, ponga anche a carico di quest'ultimo, pro quota, l'obbligo di contribuire alle spese sostenute dallo stesso condominio per il compenso del difensore o del consulente tecnico di parte nominati in tale processo” (così Cass. civ., sez. II, 2 febbraio 2023, n. 3192).

È certo che in questi casi le risultanze del rendiconto approvato dall'assemblea potranno essere rimesse in discussione e modificate anche dopo la scadenza del termine di cui all'art. 1137 c.c., potendosi in qualunque momento contestarsi i conti e rimettersi “così in discussione - per usare le parole della sentenza - i provvedimenti adottati dalla maggioranza”.

L'affermazione circa la “intangibilità” delle risultanze del rendiconto deve tenere conto - dunque - degli aspetti che abbiamo ora visto.

I documenti che compongono il rendiconto

Un ulteriore aspetto della contabilità condominiale che viene in rilievo alla luce di quanto è stato affermato dalla pronuncia della Cassazione che abbiamo ricordato concerne i documenti che compongono il rendiconto secondo quanto prevede l'art. 1130-bis c.c.

Al proposito, la Suprema Corte, con il provvedimento ricordato, ha affermato - facendo chiarezza nella materia alla luce delle disposizioni introdotte dalla l. n. 220/2012 di riforma della disciplina del condominio – che, a norma dell'art. 1130-bis c.c., il rendiconto condominiale deve contenere le “voci di entrata e uscita”, e quindi gli incassi e i pagamenti eseguiti, in rapporto alle relative manifestazioni finanziarie nonché “ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio”, con indicazione nella nota sintetica esplicativa della gestione “anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti”, avendo qui riguardo al risultato economico dell'esercizio annuale”.

E' stato così sottolineato che - come emerge del resto con chiarezza dal testo dell'art. 1130-bis c.c. - il rendiconto si compone dei seguenti tre documenti:

- “un registro di contabilità”, documento che contiene le “voci di entrata e uscita”;

- “un riepilogo finanziario”;

- “una nota sintetica esplicativa della gestione con l'indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti”.

Tutti i documenti ora indicati costituiscono componenti essenziali del rendiconto.

Da ricordare che, in relazione a ciò che prevede l'art. 1130-bis c.c., è stato affermato che “il registro di contabilità, il riepilogo finanziario e la nota sintetica esplicativa della gestione, che compongono il rendiconto, perseguono certamente lo scopo di soddisfare l'interesse del condomino ad una conoscenza concreta dei reali elementi contabili recati dal bilancio, in modo da dissipare le insufficienze, le incertezze e le carenze di chiarezza in ordine ai dati del conto, e consentire in assemblea l'espressione di un voto cosciente e meditato” e che - sulla base di queste premesse - deve ritenersi che “allorché il rendiconto non sia composto da registro, riepilogo e nota, parti inscindibili di esso, ed i condòmini non risultino perciò informati sulla reale situazione patrimoniale del condominio quanto ad entrate, spese e fondi disponibili, può discenderne- indipendentemente dal possibile esercizio del concorrente diritto spettante ai partecipanti di prendere visione ed estrarre copia dei documenti giustificativi di spesa - l'annullabilità della deliberazione assembleare di approvazione” (così Cass. civ., sez. II, 20 dicembre 2018, n. 33038).

Il registro di contabilità

I cenni contenuti nella pronuncia ricordata consentono anche di meglio comprendere quale debba essere il ruolo del registro di contabilità.

Come noto, questo è costituito - in base a ciò che prevede la disposizione di cui al n. 7) dell'art. 1130 c.c. - dal registro nel quale “sono annotati in ordine cronologico, entro trenta giorni da quello dell'effettuazione, i singoli movimenti in entrata ed in uscita”. Da ricordare che la disposizione in parola prevede anche che “tale registro può tenersi anche con modalità informatizzate”.

Dal momento che il contenuto del registro di contabilità dovrà essere costituito dall'indicazione di tutte le entrate e tutte le uscite che avranno luogo relativamente alla cassa condominiale, pare evidente che tale contenuto dovrà corrispondere nella sostanza alle risultanze dell'estratto del conto corrente bancario del condominio, conto che deve essere obbligatoriamente costituito in ogni condominio e nel quale devono transitare tutte le somme in entrata e in uscita alla e dalla cassa condominiale (da ricordare che la mancata accensione ed il mancato utilizzo del conto corrente del condominio costituisce - con riguardo alla condotta dell'amministratore - grave irregolarità tale da giustificarne la revoca secondo quanto prevede il n. 3 del comma 12 dell'art. 1129 c.c.).

Un quesito che si pone a proposito del registro di contabilità è se l'amministratore debba trasmettere ai condòmini prima dell'assemblea fissata per l'approvazione del rendiconto il registro di contabilità.

Pare che la risposta al quesito derivi necessariamente dalla risposta al più generale quesito se l'amministratore debba fare avere ai condòmini prima dell'assemblea il rendiconto che dovrà essere oggetto di esame, di discussione e di approvazione in sede di assemblea.

Dal momento che il registro costituisce una componente del rendiconto, è chiaro che, ove si ritenesse che ai condòmini dovesse essere trasmesso prima dell'assemblea il rendiconto, ad essi dovrebbe essere necessariamente trasmesso anche il registro di contabilità.

Per dare risposta al quesito, va notato che - ancorché non vi sia una precisa disposizione che imponga l'invio ai condòmini prima dell'assemblea del rendiconto - tale invio appare strettamente coerente con il raggiungimento dell'obiettivo di rendere possibile in sede di assemblea lo svolgimento di una seria, approfondita ed informata discussione circa il rendiconto per la decisione circa la sua approvazione. Pare chiaro che perché i condòmini possano discutere in modo serio ed utile del rendiconto essi debbano averlo potuto esaminare preventivamente.

E' chiaro che essi potranno richiedere all'amministratore di prendere visione prima dell'assemblea - ed eventualmente anche nel corso dell'assemblea - dei “documenti giustificativi” delle spese ma il rendiconto - inteso quale insieme dei documenti che sintetizzano la gestione finanziaria e economica del condominio e consentono di conoscerne le risultanze - pare logico che debba essere trasmesso ai condòmini prima dell'assemblea.

Le considerazioni ora svolte varranno certamente per la relazione sintetica esplicativa della gestione e per il documento che dia l'indicazione circa la situazione finanziaria: ma per le medesime ragioni dovrà valere necessariamente anche per l'altro documento che costituisce - come si è detto - componente essenziale del rendiconto esattamente con lo stesso ruolo e con la stessa funzione degli altri due elementi che ora si sono ricordati.

Vi è, però, da dire che in giurisprudenza l'opinione che qui si è prospettata non è accolta senza difficoltà. Da segnalare, infatti, che in argomento è stato affermato - riguardo al significato della discussione in assemblea circa il consuntivo ed il preventivo delle spese - che se l'obbligo di preventiva informazione dei condòmini in ordine al contenuto degli argomenti posti all'ordine del giorno dell'assemblea risponde alle finalità di fare conoscere ai convocati, sia pure in termini non analitici e minuziosi, l'oggetto essenziale dei temi da esaminare in modo da consentire loro di partecipare consapevolmente alla relativa deliberazione, deve comunque opinarsi che “in considerazione della ratio dell'avviso di convocazione, al fine di soddisfare adeguatamente il diritto di informazione dei condòmini circa l'oggetto della delibera” non sia “necessario - non emergendo un tale specifico obbligo nemmeno dall'esplicito testo dell'art. 66, comma 3, disp. att. c.c. - allegare all'avviso anche i singoli importi dei preventivi e dei consuntivi dei bilanci, posto che per assolvere agli oneri di specificità e chiarezza dell'ordine del giorno e soddisfare il diritto di informazione dei condòmini è sufficiente l'indicazione della materia su cui deve vertere la discussione e la votazione, mentre è onere del condomino interessato, ove intenda avere a disposizione i dati specifici e la documentazione relativa alla materia su cui decidere, attivarsi per visionarla presso l'amministratore stesso ed eventualmente farsene rilasciare copia a proprie spese” (così Cass. civ., sez. II, 15 ottobre 2018, n. 25693).

Nello stesso senso, altra decisione (in questo caso di un giudice di merito) ha sottolineato che la necessità della presenza della documentazione contabile deve riconoscersi sia presente solo nell'assemblea convocata per l'approvazione del rendiconto: si è al proposito affermato che “la mancata disponibilità della documentazione contabile in sede di approvazione del consuntivo da parte dell'assemblea dei condòmini comporta la violazione, da parte dell'amministratore, dell'obbligo di rendiconto e la conseguente invalidità della relativa eventuale delibera positiva” (così Trib. Roma 26 aprile 2019).

Pare corretto, però, ritenere che le considerazioni formulate dalla giurisprudenza che abbiamo ora menzionato debbano riguardare i documenti di spesa (che possono essere esaminati su richiesta degli interessati) ma non possano valere per il rendiconto, del quale - per le ragioni che abbiamo segnalato supra - pare necessaria la trasmissione ai condomini in via preventiva rispetto all'assemblea, con l'avviso di convocazione dell'assemblea.

Il principio di cassa

L'ordinanza che abbiamo ricordato supra della Cassazione contiene poi un cenno al “principio di cassa”. Viene affermato che “secondo il c.d. “principio di cassa” i crediti vantati dal condominio verso un singolo condomino vanno inseriti nel consuntivo relativo all'esercizio in pendenza del quale sia avvenuto il loro accertamento”.

Notato che il riferimento al momento in cui avvenga l'“accertamento” del credito pare debba essere inteso come riferimento al momento dell'insorgenza del credito che nel caso considerato avrebbe dovuto appunto identificarsi nel momento dell'accertamento, ciò che è importante segnalare è che dunque viene affermato che il criterio in base al quale deve essere tenuta la contabilità condominiale è quello di cassa (e non di competenza).

Per inquadrare correttamente la questione, va ricordato che la distinzione tra le due ipotesi di impostazione della contabilità (ipotesi che corrispondono appunto al criterio di cassa ed al criterio di competenza) con riguardo agli aspetti concreti relativi alla realtà condominiale è stata messa a fuoco dalla dottrina che ha osservato come “applicare il criterio di cassa significa tenere conto soltanto delle entrate e delle uscite effettivamente avvenute nel periodo dell'esercizio contabile […] e non già delle somme che si riferiscono a tale periodo ma che sono, rispettivamente, ancora da corrispondere o ancora da incassare. Diversamente, applicare il principio di “competenza”, vuol dire inserire nel rendiconto tutte le voci di entrata e di uscita che si riferiscono all'esercizio contabile a prescindere, rispettivamente, dall'avvenuto incasso o pagamento”.

Peraltro, è stato osservato - sempre in dottrina - che con l'adozione del principio di cassa si verifica l'inconveniente per cui nel caso di trasferimento di un'unità immobiliare il nuovo proprietario viene chiamato a contribuire a oneri che riguardano il periodo antecedente il suo acquisto. Il che ha condotto parte della dottrina a ritenere che, proprio per evitare l'inconveniente ora segnalato, sarebbe “preferibile adottare, nella redazione del rendiconto, il principio di “competenza”, ma predisponendo al tempo stesso anche un documento in cui fossero evidenziati le giacenze di cassa, i debiti da estinguere e i crediti da incassare, così da consentire ai condòmini di avere una visione chiara ed esaustiva della situazione complessiva dello stato patrimoniale del condominio”.

Vi è da dire, però, che - ancorché le norme in tema di condominio antecedentemente all'entrata in vigore della legge di riforma della disciplina del condominio di cui alla l. n. 220/2012 non precisassero in modo chiaro quale delle due ipotesi dovesse trovare applicazione - già prima della riforma anzidetta la Cassazione aveva affermato - facendo proprie precedenti affermazioni della giurisprudenza di merito (Trib. Milano 20 giugno 1991) - che la contabilità condominiale dovesse essere redatta secondo il criterio di cassa e non, invece, secondo il criterio di competenza (v. Cass. civ., sez. II, 9 maggio 2011, n. 10153).

Nell'anno 2013 - com'è noto - è entrata in vigore la riforma di cui alla l. n. 220/2012: peraltro, nemmeno le nuove norme introdotte in materia dalla riforma hanno precisato in modo espresso quale tra i due criteri di redazione della contabilità condominiale dovesse essere seguito.

Nel silenzio delle norme sulla questione, la giurisprudenza della Corte di legittimità ha ribadito la precedente affermazione della necessità dell'utilizzazione del criterio di cassa. Si è, infatti, affermato in argomento che - ancorché in materia condominiale non debbano trovare applicazione le norme prescritte per i bilanci delle società - il rendiconto condominiale deve essere accompagnato dalla documentazione che giustifichi le spese sostenute e deve consentire ai condòmini di potere controllare le voci di entrata e di spesa anche con riferimento alla specificità delle partite, atteso che tale ultimo requisito costituisce il presupposto fondamentale perché possano essere contestate le singole partite (v., in questo senso, Cass. civ., sez. II, 30 ottobre 2018, n. 27639).

Attraverso il rendiconto - si è ulteriormente sottolineato - vengono giustificate le spese addebitate ai condòmini, ragione per cui il conto consuntivo della gestione condominiale non deve essere strutturato in base al principio della competenza bensì a quello di cassa: l'inserimento della spesa va annotato in base alla data dell'effettivo pagamento, così come l'inserimento dell'entrata va annotato in base alla data dell'effettiva corresponsione.

Se ne è tratta la conclusione - che coincide con quanto afferma la pronuncia che abbiamo esaminato - che la mancata applicazione del criterio di cassa non consente l'intellegibilità del bilancio ed esclude la possibilità del riscontro delle voci di entrata e di spesa e delle quote spettanti a ciascun condomino.

Resta da segnalare in argomento che anche in dottrina si è prospettata l'opinione che con la riforma del 2012 il legislatore avrebbe adottato una soluzione che - pur presentando anche alcuni elementi propri nella sostanza di una soluzione di compromesso, considerato che viene prevista la redazione di “un documento volto a fornire ai condomini un'indicazione chiara e completa della gestione condominiale e della situazione patrimoniale del condominio” - appare presentare comunque quanto meno in via prevalente i caratteri propri dell'impostazione secondo il criterio di cassa.

Al proposito, è stato osservato che il fatto “che il legislatore si sia orientato verso l'applicazione del principio di cassa si potrebbe desumere non solo dagli elementi che deve contenere il rendiconto condominiale, ma anche dalla circostanza che il nuovo rendiconto dovrà essere coerente con i dati presenti su altri due documenti: a) il c.d. registro di contabilità, in cui sono annotati in ordine cronologico entro trenta giorni da quello dell'effettuazione, i singoli movimenti in entrata ed in uscita; e b) il conto corrente condominiale in cui l'amministratore è obbligato a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condòmini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate dal condominio”.

La dimensione annuale della contabilità e la continuità della gestione condominiale

Nell'ordinanza 11 ottobre 2022, n. 29618, è stato ricordato che il rendiconto viene redatto “avendo riguardo al risultato economico dell'esercizio annuale”.

Il concetto della annualità della gestione si lega all'aspetto della continuità della gestione del condominio ed al rapporto ed al collegamento tra gli esercizi annuali che si succedono. A questo proposito, va segnalato come nell'ordinanza si precisi che “una volta inseriti nel rendiconto di un determinato esercizio i nominativi dei condòmini morosi nel pagamento delle quote condominiali e gli importi da ciascuno dovuti, tali pregresse morosità, ove rimaste insolute, devono essere riportate altresì nei successivi anni di gestione, costituendo esse non solo un saldo contabile dello stato patrimoniale attivo, ma anche una permanente posta di debito di quei partecipanti nei confronti del condominio”.

Osservazioni queste che consentono di mettere a fuoco il principio della continuità della contabilità condominiale: “il rendiconto condominiale, in forza di un principio di continuità, deve […] partire dai dati di chiusura del consuntivo dell'anno precedente, a meno che l'esattezza e la legittimità di questi ultimi non siano state negate con sentenza passata in giudicato, ciò soltanto imponendo all'amministratore di apporre al rendiconto impugnato le variazioni imposte dal giudice e quindi di modificare di conseguenza i dati di partenza del bilancio successivo”.

In conclusione

Viene così esattamente colto il senso dello scorrere della contabilità e - più ampiamente - della gestione del condominio, rispetto a cui i diversi momenti e le diverse operazioni traggono il loro significato anche dal loro rapporto con i momenti e le operazioni precedenti e successivi.

Da segnalare, peraltro, che l'affermazione del principio sopra indicato non vuole dire che in via assoluta la mancata approvazione del consuntivo di una gestione impedisca l'approvazione del consuntivo della gestione successiva. In argomento, si è infatti affermato che “nessuna norma codicistica detta, in tema di approvazione dei bilanci consuntivi del condominio, il principio dell'osservanza di una rigorosa sequenza temporale nell'esame dei vari rendiconti presentati dall'amministratore e relativi ai singoli periodi di esercizio in essi considerati, cosicché va ritenuta legittima la delibera assembleare che (in assenza di un esplicito divieto pattiziamente convenuto al momento della formazione del regolamento contrattuale) approvi il bilancio consuntivo senza prendere in esame la situazione finanziaria relativa al periodo precedente, atteso che i criteri di semplicità e snellezza che presidiano alle vicende dell'amministrazione condominiale consentono, senza concreti pregiudizi per la collettività dei comproprietari, finanche la possibilità di regolarizzazione successiva delle eventuali omissioni nell'approvazione dei rendiconti” (così Cass. civ., sez. II, 31 marzo 2017, n. 8521).

Riferimenti

Celeste, Il condomino ha interesse ad impugnare il rendiconto che non riporta un suo credito accertato in sede giudiziaria, in IUS Condominio e locazione in Ius.giuffrefl.it, 16 febbraio 2023;

Petrelli, L'amministratore di condominio e le novità introdotte dalla legge di riforma sul condominio n. 220 dell'11 dicembre 2012, in Giur. it., 2013, 1709;

Petrelli, Rendiconto condominiale, in Corr. merito, 2013, fasc. 2, 54.

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