I sindaci quali soggetti attivi dei reati di bancarotta

02 Giugno 2023

I Giudici di legittimità esaminano la tematica della posizione del sindaco quale soggetto attivo dei reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale, nello specifico caso in cui non vi sia stato il concorso dell'amministratore ovvero di alcuno degli altri soggetti indicati dall'art. 223 l. fall.
Massima

I componenti del collegio sindacale di una società fallita, che abbiano posto in essere una delle condotte incriminate dall'art. 216 l. fall., rispondono in proprio del delitto di bancarotta anche quando non vi sia stato il concorso dell'amministratore ovvero di alcuno degli altri soggetti indicati dall'art. 223 l. fall. (fattispecie relativa alla distrazione perpetrata dal presidente del collegio sindacale, al quale in più occasioni l'amministratore della fallita aveva consegnato somme di denaro destinate al pagamento dei tributi).



Il caso e la questione

La vicenda giudiziaria sottoposta all'attenzione della suprema Corte origina dal ricorso presentato da due imputati avverso una sentenza della Corte di Appello di Torino che ne aveva affermato la responsabilità - l'uno quale presidente del collegio sindacale di una società a responsabilità limitata fallita nonché di socio maggioritario di una diversa società che si occupava della tenuta della contabilità della prima, e l'altro quale socio minoritario della seconda - per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale di cui agli artt. 216, comma 1, n. 1) e 223, comma 1, l. fall. (ora artt. 322, comma 1, lett. a) e 329, comma 1 D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza) per avere distratto le rimesse che gli amministratori avevano loro affidato al fine di provvedere al pagamento delle imposte della società poi fallita.

Le censure mosse alla sentenza di appello ne investivano l'intero impianto argomentativo, ma merita evidenziare soprattutto, per ciò che qui interessa, il motivo di ricorso costituito dalla richiesta di derubricazione delle condotte contestate nel meno grave reato di appropriazione indebita di cui all'art. 646 c.p. in ragione dell'asserito difetto da parte degli imputati della qualifica di soggetti attivi del reato di bancarotta.

Le argomentazioni difensive, così in sintesi riassunte, sono state ritenute infondate dalla Corte di Cassazione, la quale sul punto ha rigettato i ricorsi.

Il tema in causa concerne dunque, in ragione dei motivi dedotti dai ricorrenti, l'analisi del soggetto attivo del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale con particolare riferimento ai sindaci.



La soluzione della Corte

Nella sentenza qui annotata la Suprema Corte muove dalla ricognizione della disciplina normativa che individua i soggetti attivi del reato di bancarotta fraudolenta impropria, in particolare riportando espressamente il testo dell'art. 223, comma 1 l. fall. che così dispone: “si applicano le pene stabilite nell'art. 216 agli amministratori, ai direttori generali, ai sindaci e ai liquidatori di società dichiarate fallite, i quali hanno commesso alcuno dei fatti preveduti nel suddetto articolo”.

A fronte di tale dato normativo, la Corte continua osservando come esso, in riferimento ai sindaci di una società fallita, non consenta letture alternative: costoro sono inclusi come tali nel novero di coloro che debbono rispondere, in proprio, delle condotte illecite descritte nell'art. 216 l. fall. In altri termini, i componenti del collegio sindacale, pur non avendo poteri di gestione diretta del patrimonio della società, possono essere agenti del reato proprio di bancarotta patrimoniale, documentale o preferenziale senza che vi sia necessità che essi debbano concorrere con gli altri soggetti contemplati nell'art. 223, comma 1, l. fall.

La Corte esclude poi che le condotte contestate ai ricorrenti, per concretare il reato proprio loro attribuito, dovessero rientrare nelle funzioni proprie del collegio sindacale di una società, posto che, altrimenti, l'inserimento di costoro nel novero dei soggetti qualificati ai sensi dell'art. 223, comma 1, l. fall. non avrebbe oggetto alcuno, giacché in dette funzioni non rientrano né la gestione dei beni sociali (e non potrebbero quindi i sindaci rispondere dei reati di bancarotta patrimoniale o preferenziale), né la tenuta della contabilità (dovendosi così escludere la loro responsabilità autonoma per il reato di bancarotta documentale).

Ad avviso della Corte neppure può giungersi a conclusioni diverse in ragione del parallelismo, prospettato dalle difese sempre al fine di eccettuare la responsabilità per fatto proprio del sindaco che non abbia agito in concorso con l'organo attivo della società, con il delitto di peculato di cui all'art. 314 c.p., nel quale la sanzione prevista per il pubblico ufficiale o per l'incaricato di pubblico servizio è ancorata all'appropriazione del denaro o di altra cosa mobile altrui di cui questi abbia il possesso o la disponibilità in ragione del suo ufficio o servizio. A tacer della mancanza nell'art. 223 l. fall. della previsione di un simile collegamento tra il possesso del bene distratto e le funzioni ricoperte, la Corte ricorda come in relazione al delitto di peculato si sia affermato che il possesso qualificato dalla ragione dell'ufficio o del servizio non è solo quello che rientra nella competenza funzionale specifica del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio, ma anche quello che si basa su prassi e consuetudini invalse in un ufficio determinato, che consentono al soggetto di avere di fatto la disponibilità della cosa mobile della P.A. (cfr. Cass. pen. 12 marzo 2013, n. 34490 e Cass. pen. 31 gennaio 2013, n. 34489), così valorizzando anche una situazione di mero fatto che abbia consentito all'agente di avere la disponibilità del bene di cui era venuto in possesso non in diretta ragione del proprio ufficio.

Non si ravvisano dunque ragioni ostative a ritenere che il sindaco ricopra ex se, a mente della lettera dell'art. 223, comma 1, l. fall., ed ora dell'art. 329, comma 1, D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, la qualifica di soggetto attivo dei reati di bancarotta anche qualora non abbia agito in concorso con l'organo attivo della società.

D'altra parte, conclude la Corte, la ratio dell'art. 223, comma 1, l. fall. trova fondamento pur sempre nei poteri e nei doveri, in tema di conservazione del patrimonio della società, che alle figure qui contemplate competono, e più in particolare, quanto ai sindaci, nel dovere di vigilanza e controllo dell'operato degli amministratori ed anche nei più ampi compiti loro affidati dall'art. 2403, comma 1, c.c., secondo cui “Il collegio sindacale vigila sull'osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei princìpi di corretta amministrazione ed in particolare sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento”.



Osservazioni

Lo studio della posizione del sindaco quale soggetto attivo dei reati di bancarotta costituisce, in riferimento alle ipotesi in cui questi non abbia agito in concorso con l'organo attivo della società, fattispecie interpretativa di interesse particolarmente significativo, anche per la sua scarsa incidenza statistica.

E' noto come soggetti attivi dei delitti di bancarotta, che indubbiamente si qualificano come reati propri, possano essere l'imprenditore commerciale dichiarato fallito o il socio illimitatamente responsabile delle società in nome collettivo e in accomandita semplice fallite (artt. 216 e 222 l.fall.), nel qual caso la bancarotta è definita “propria” in ragione del fatto che le norme in argomento sono contenute nel Capo I del Titolo VI l. fall. rubricato “Reati commessi dal fallito”, ovvero gli amministratori, i direttori generali, i sindaci, i liquidatori della società fallita ed ancora, nei limiti della gestione affidatagli, l'institore dell'imprenditore fallito (artt. 223, 224 e 227 l.fall.)., nel qual caso la bancarotta è definita “impropria” in ragione del fatto che le norme in argomento sono contenute nel Capo II del medesimo Titolo VI rubricato “Reati commessi da persone diverse dal fallito”.

Nulla è cambiato con l'entrata in vigore del codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza di cui al D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, il quale riporta il contenuto delle norme appena indicate agli artt. 322, 328, 329, 330 e 333 posti nei Capi I e II del Titolo IX e rubricati “Reati commessi dall'imprenditore in liquidazione giudiziale” e “Reati commessi da persone diverse dall'imprenditore in liquidazione giudiziale”.

Per quanto riguarda i sindaci, in realtà, la responsabilità a loro carico si ravvisa di regola a titolo di concorso omissivo improprio secondo i principi di cui all'art. 40, comma 2, c.p., e cioè sotto il profilo della violazione dell'obbligo giuridico di controllo che, ordinariamente, inerisce alla loro funzione. E' noto infatti come il collegio sindacale sia tipico organo di controllo chiamato a vigilare sull'amministrazione della società col compito di garantire l'osservanza della legge ed il rispetto dell'atto costitutivo, nonché di accertare che la contabilità sia tenuta in modo regolare. L'obbligo di vigilanza non è poi limitato al mero controllo contabile, ma deve anche estendersi al contenuto della gestione, cosicché il controllo sindacale, se non investe in forma diretta le scelte imprenditoriali, non si risolve in una mera verifica contabile limitata alla documentazione messa a disposizione dagli
amministratori, ma comprende anche un minimo di riscontro tra la realtà effettiva
e la sua rappresentazione contabile.

L'indicazione del sindaco negli artt. 223, comma 1, l. fall. e 329, comma 1, D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, quale autonomo soggetto attivo dei reati di bancarotta impropria consente tuttavia di ritenere perfezionati tali reati anche in riferimento alle eventuali condotte delittuose che assumano carattere di tipicità poste in essere da questi anche senza avere concorso, per azione od omissione, con l'organo attivo della società.

Si tratta evidentemente di ipotesi residuali, in quanto i sindaci non hanno poteri di gestione diretta del patrimonio della società né obblighi di tenuta della contabilità, ma ciò non toglie che la lettera delle norme da ultimo citate, come condivisibilmente sostiene la Cassazione nella sentenza qui annotata, non consenta letture alternative rispetto all'interpretazione secondo cui il sindaco è autonomo soggetto attivo dei reati di bancarotta impropria, anche in ragione dei sottesi obblighi di conservazione del patrimonio sociale posti a suo carico.

Né deve dimenticarsi, peraltro, come detto principio della mancanza da parte del sindaco di poteri di gestione diretta del patrimonio sociale presenti delle eccezioni, ed in effetti l'art. 2386, comma 5, c.c. dispone che “Se vengono a cessare l'amministratore unico o tutti gli amministratori, l'assemblea per la nomina dell'amministratore o dell'intero consiglio deve essere convocata d'urgenza dal collegio sindacale, il quale può compiere nel frattempo gli atti di ordinaria amministrazione”.

Questo non appare tuttavia inficiare la tesi della Corte, secondo cui appare improprio circoscrivere la responsabilità del sindaco alle sole condotte poste in essere nell'ambito delle proprie funzioni, in quanto - a tacer del fatto che ciò condurrebbe ad una interpretatio abrogans degli artt. 223, comma 1, l. fall. e 329, comma 1, D.Lgs. 14/2019 nella parte in cui includono espressamente il sindaco nel novero dei soggetti attivi del reato - la posizione di questi non può essere equiparata a quella del semplice estraneo.

Ove così fosse, invero, l'eventuale azione distrattiva del sindaco, posta in essere al di fuori dell'esercizio delle proprie funzioni, potrebbe integrare, al pari dell'ipotesi in cui ad agire fosse un qualsiasi terzo, il reato di appropriazione indebita di cui all'art. 646 c.p., come sostenuto peraltro dalle difese dei ricorrenti nel caso al vaglio. Il terzo tuttavia non ha alcun obbligo di conservazione del patrimonio sociale, mentre, come osserva giustamente la Corte nella sentenza in commento, la ratio dell'individuazione dei soggetti attivi di cui all'art. 223, comma 1, l. fall. risiede nei poteri e doveri in tema di conservazione del patrimonio sociale che competono alle figure nella norma indicate, evidentemente sindaci compresi.

Si è detto infatti come il collegio sindacale sia l'organo di controllo chiamato a vigilare sull'amministrazione della società, nell'interesse dei soci e dei creditori sociali, con il compito di garantire l'osservanza della legge ed il rispetto dell'atto costitutivo nonché di accertare che la contabilità sia tenuta in modo regolare, obblighi questi che certo non appartengono al vero estraneo. Tali obblighi valgono dunque a qualificare la diversa posizione del sindaco quale soggetto attivo del reato rispetto ai terzi privi di qualifica e come tali realmente estranei, con i quali, di conseguenza, non può essere operata alcuna parificazione.

La questione della diretta responsabilità dei sindaci si risolve dunque nella selezione di concrete condotte, autonomamente da costoro poste in essere, che possano assumere carattere di tipicità rispetto alle fattispecie delittuose disciplinate dagli artt. 216 e 217 l. fall. e 322 e 323 D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, come potrebbe accadere nell'ipotesi disciplinata dal citato art. 2386, comma 5, c.c. ed in tutti casi ove l'azione delittuosa sia comunque direttamente riconducibile al sindaco, come peraltro effettivamente accaduto nel caso al vaglio, in cui il presidente del collegio sindacale della società poi fallita non aveva impiegato come dovuto, distraendole, le somme di denaro che gli erano state affidate dagli amministratori per far fronte al pagamento dei tributi gravanti sulla medesima società.

Quanto, infine, alla posizione del secondo ricorrente, questi non poteva essere considerato soggetto attivo del reato di bancarotta impropria contestatogli, poiché egli non rivestiva la qualità di sindaco della società fallita, con la conseguenza che la sua responsabilità poteva giustificarsi soltanto per avere questi concorso, questa volta davvero in qualità di extraneus, col presidente del collegio sindacale nella distrazione delle somme loro affidate.



Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.