CSDD, arriva il parere del Parlamento Europeo
06 Giugno 2023
Disciplina unitaria in materia di Due Diligence La proposta di Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità (Corporate Sustainability Due Diligence directive, CSDD) è stata oggetto di discussione da parte del Parlamento europeo nella seduta plenaria dello scorso 1° giugno. La normativa ha lo scopo di contribuire allo sviluppo sostenibile e alla transizione economica e sociale intervenendo sul rispetto dei diritti umani e la tutela dell'ambiente da parte delle imprese nelle attività che svolgono, nelle attività svolte dalle loro controllate e lungo tutta la catena di fornitura cui partecipano. L'obiettivo della normativa è quello di «garantire il rispetto degli standard applicabili in materia di diritti umani e ambiente al fine di promuovere un'economia globale più equa e sostenibile, nonché un governo societario responsabile imponendo alle imprese, a pena di sanzioni significative, un monitoraggio rigoroso degli impatti sociali e ambientali delle loro azioni lungo l'intera catena di approvvigionamento andando così ben oltre le legislazioni attualmente vigenti a livello nazionale». Destinatari della normativa La normativa è indirizzata alle grandi imprese dell'Unione, a condizione che raggiungano determinate soglie dimensionali, di dipendenti e di fatturato. Nello specifico, le nuove norme si applicheranno alle imprese con oltre 500 dipendenti e un fatturato netto superiore a 150 milioni di euro a livello mondiale. A queste si affianca una seconda categoria di imprese caratterizzate da dimensioni più ridotte (un numero di dipendenti superiore a 250 e un fatturato netto superiore a 40 milioni di euro a livello mondiale), che operano però in settori per i quali è stato riconosciuto un rischio significativo in ordine a possibili violazioni dei diritti umani o danni all'ambiente, come l'agricoltura, il tessile o il minerario. Le regole si applicherebbero anche alle imprese extra-UE con un fatturato superiore a 150 milioni di euro di cui almeno 40 milioni generati in UE. La proposta prevede un sostegno specifico destinato alle PMI, ad esempio sotto forma di orientamenti e altri strumenti che le aiutino a integrare gradualmente aspetti di sostenibilità nelle loro attività commerciali. La Commissione Affari Legali, inoltre, ha esteso l'applicazione delle nuove regole sino ad includere le società con sede nell'UE con più di 250 dipendenti e un fatturato mondiale superiore a 40 milioni di euro, nonché le società madri con oltre 500 dipendenti e un fatturato mondiale superiore a 150 milioni di euro. Obblighi cui sono chiamate le imprese La Direttiva indica i requisiti obbligatori di Due Diligence che le aziende devono attuare per identificare, prevenire e mitigare gli impatti negativi dell'attività d'azienda sui diritti umani (ad esempio, lavoro minorile, sfruttamento della manodopera, salute e sicurezza sul lavoro) e sull'ambiente (per esempio, inquinamento, distruzione della biodiversità e degli ecosistemi). Nello specifico, le aziende dovranno implementare un piano di transizione verde per mantenere l'aumento della temperatura globale entro 1,5°C. Per le grandi aziende sopra i 1.000 dipendenti, il raggiungimento degli obiettivi del piano avrà effetti sulla remunerazione variabile degli amministratori. L'obiettivo è quello di migliorare le pratiche di governance aziendale per integrare meglio i processi di gestione e la mitigazione dei rischi e degli impatti sui diritti umani e sull'ambiente armonizzando le discipline nazionali, al fine di «garantire un perimetro condiviso di certezza del diritto per le imprese e le parti interessate». Sanzioni A salvaguardia del corretto adeguamento a quanto richiesto dalla Direttiva è posto un apparato sanzionatorio articolato: è infatti prevista la responsabilità per le aziende che non si adegueranno alla direttiva con sanzioni pari ad almeno il 5% del fatturato annuale. La responsabilità formale di sovraintendere il processo di due diligence è posta in capo ai consiglieri di amministrazione. Nello specifico, gli amministratori saranno tenuti a integrare il dovere di diligenza nella strategia aziendale, istituire i relativi processi e controllare che siano attuati in una prospettiva di sviluppo sostenibile. Quando agiscono nell'interesse dell'impresa, saranno inoltre chiamati a tenere conto delle conseguenze delle loro decisioni in termini di diritti umani, clima e ambiente e dei probabili effetti a lungo termine di qualsiasi decisione. Gli amministratori delle aziende con più di 1000 dipendenti saranno direttamente responsabili di questo passaggio, che a sua volta inciderà sulle parti variabili della loro retribuzione, come i bonus. Le imprese dovranno, inoltre, monitorare periodicamente l'efficacia degli interventi di individuazione, prevenzione, mitigazione, interruzione e minimizzazione degli impatti negativi sui diritti umani e ambientali delle loro azioni. La valutazione dovrà basarsi su indicatori qualitativi e quantitativi ed essere effettuata con una periodicità almeno annuale e, comunque, ogniqualvolta vi siano fondati motivi di ritenere che possano presentarsi nuovi rischi rilevanti di manifestazione di tali effetti negativi. Le aziende non UE che non rispettano le regole saranno escluse dagli appalti pubblici dell'UE. Entrata in vigore Le nuove disposizioni della direttiva entreranno in vigore dopo 3 o 4 anni, a seconda delle dimensioni delle imprese. Le imprese più piccole potranno ritardare di un ulteriore anno l'attuazione delle nuove norme. |