I limiti stabiliti dal regolamento alle proprietà devono essere precisi per essere validi

Redazione scientifica
06 Giugno 2023

Il regolamento di condominio può stabilire dei limiti all'utilizzo delle proprietà private. Questi limiti, che sono delle servitù prediali che la proprietà sopporta in favore del condominio, per essere validi ed efficaci devono essere espressi in modo preciso e non possono essere ricavati in via interpretativa dal giudice.

Il caso. Il proprietario di un immobile sito in un condominio agiva avverso una delibera condominiale che, presa a maggioranza, stabiliva l'impossibilità per la stessa di utilizzare la propria proprietà come asilo nido, in quanto tale attività sarebbe stata vietata dal regolamento condominiale. A tale impugnazione si associava, con intervento adesivo, la società che aveva intenzione di aprire l'asilo, lamentando l'assenza di tale limite sul regolamento condominiale. Resisteva in giudizio il Condominio, affermando come il regolamento, seppure non vietasse espressamente l'attività di asilo nido, prevedeva una serie di limiti alle attività commerciali (ad esempio studio medico, scuola di canto e ballo), che rappresentavano impliciti limiti alla gestione delle proprietà con attività che comportassero l'afflusso di persone o lo sviluppo di rumore. Il regolamento, letteralmente, vietava di «destinare gli appartamenti e gli altri enti dello stabile ad uso diverso da quello figurante nel rogito di acquisto», e aggiungeva che «è vietato destinare gli alloggi ad uso sanitario, gabinetti di cura, ambulatorio per malattie infettive e contagiose, scuole di musica, di canto, di ballo e pensioni».

I giudici, tanto di primo quanto di secondo grado, accoglievano le difese del Condominio. In buona sostanza, secondo gli stessi, sebbene il regolamento non vietasse esplicitamente l'attività di asilo nido, le previsioni regolamentari succitate comportavano da un lato un limite per il proprietario costituito dall'utilizzo previsto nel suo stesso rogito, e dall'altro prevedeva una serie di attività vietate che lasciavano comprendere come il Condominio non tollerasse attività che comportavano l'utilizzo degli spazi da molteplici persone e con grande rumore. Stante il fatto, affermava la Corte d'Appello, che gli asili hanno notoriamente attività rumorose e con molteplici persone, allora tale attività doveva essere vietata per previsione regolamentare.

La Cassazione rigetta l'interpretazione della Corte d'Appello. La citata interpretazione fornita dalla Corte d'Appello viene sconfessata dalla Seconda Sezione della Cassazione. La vicenda veniva posta all'attenzione della Cassazione a seguito di ricorso depositato dalla conduttrice, nell'acquiescenza della proprietaria. Nel ricorso, in buona sostanza, la conduttrice contestava la decisione d'appello per avere questa superato la questione dell'assenza di esplicito divieto di svolgere l'attività di asilo nel regolamento in via del tutto analogica. Secondo la ricorrente, infatti, non vi sarebbe alcun divieto esplicito nel regolamento e il testo letterale avrebbe dovuto essere interpretato in via autentica, senza procedere a interpretazioni estensive dei divieti basate sulla presenza di persone e rumori come tratto comune delle attività vietate. La ricorrente, inoltre, contestava il ragionamento della Corte d'Appello nella misura in cui questa aveva decisamente indicato l'attività di asilo come una di quelle che, automaticamente, sarebbe stata rumorosa e fonte di disturbo per il condominio.

Con la decisione in commento, come anticipato, la Cassazione accoglie il ricorso e precisa alcuni importanti principi di diritto condominiale.

In primo luogo, la Cassazione specifica come, stante la legittimazione passiva della conduttrice nella decisione di merito sulla possibilità o meno di svolgere l'attività di asilo, allora la stessa conduttrice avrebbe ben potuto impugnare autonomamente la decisione che la vedeva soccombente. Tale legittimazione ad impugnare, tuttavia, avrebbe trovato un espresso limite, non potendo la conduttrice promuovere autonomamente profili in fatto e diritto riservati alla proprietaria. Di regola, infatti, il conduttore non può impugnare una delibera assembleare (eccezion fatta per le ipotesi regolate dall'art. 10 comma 1, legge 27 luglio 1978, n. 392, si veda Cass. n. 27162/2018), ma esso può ben agire in giudizio in caso la delibera assembleare arrechi molestie all'esercizio dei propri diritti di locatario.

Nel decidere il caso, quindi, la Cassazione rigettava i motivi di ricorso inerenti ai rapporti esclusivi della proprietaria e si limitava all'analisi delle censure alla questione dell'opponibilità alla conduttrice ricorrente delle previsioni limitative contenute nel regolamento di condominio. Una volta determinato quanto sopra, la Cassazione analizzava quanto deciso dalla Corte d'Appello. In accoglimento del ricorso, quindi, i Giudici statuivano l'errore nella decisione della Corte d'Appello nella misura in cui essa aveva valutato come applicabili in via estensiva i divieti contenuti nel regolamento condominiale anche all'attività di asilo, pur non essendo questa esplicitamente prevista tra le attività vietate.

I limiti previsti nel regolamento, trattandosi di veri e propri pesi imposti sulla proprietà, devono essere precisi e non possono essere definiti in via interpretativa. Secondo la Cassazione, infatti, «occorre preservare il significato lessicale delle espressioni adoperate nel testo negoziale, avendo riguardo alle limitazioni enunciate nel regolamento in modo chiaro ed esplicito, e cioè alla elencazione delle attività vietate risultanti dall'atto scritto, non potendosene desumere ulteriori e diverse in ragione delle possibili finalità pratiche perseguite dai condomini contraenti in rapporto ai pregiudizi che si aveva intenzione di evitare (quale, ad esempio, evitare tutte le attività parimenti “rumorose”)».

In conclusione, quindi, la Corte cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte d'Appello per una nuova valutazione nel merito.

Fonte: dirittoegiustizia.it

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