La natura dell'autorizzazione alle indagini bancarie: da provvedimento amministrativo ad atto meramente organizzativo

08 Giugno 2023

In ragione della necessità di contemperare le esigenze di riservatezza con l'interesse alla circolazione delle notizie economiche, anche al fine di reprimere gli illeciti penali, tributari e fiscali, il segreto bancario è stato oggetto di numerose deroghe.
Dal segreto bancario all'accesso alle informazioni del contribuente

La crisi del segreto bancario trova probabilmente la sua ratio nella considerazione che i valori sottesi al diritto alla riservatezza e al dovere di riserbo sui dati bancari sono recessivi di fronte a quelli riferibili al dovere inderogabile imposto ad ogni contribuente di concorrere alle spese dello Stato, art. 53 Cost. (D. Mendola, Il procedimento amministrativo tributario tra diritti del contribuente e poteri dell'amministrazione, in Temi dell'impresa e della Pubblica Amministrazione, Scritti di diritto privato e Diritto Amministrativo, Padova-Milano, 2021).

È con la l. n. 825/1971 che iniziano a manifestarsi delle timide aperture al controllo bancario, in deroga al segreto bancario, che si concretizzano con la l. n. 463/1982 che supera il dogma del segreto, concedendo all'amministrazione finanziaria il potere di indagare ed acquisire la documentazione bancaria del contribuente.

Si è passati da una situazione in cui il potere di accesso agli uffici risultava vincolato a specifiche ipotesi (cd. numero chiuso) a quella in cui la richiesta di informazioni agli istituti di credito era ammessa a prescindere dall' esistenza di specifici presupposti di fatto, con limitazioni solo in riferimento alla procedura da attivare o all' oggetto delle informazioni acquisibili(F. Pirolozzi, Negli accertamenti finanziari ricade sul contribuente la “probatio diabolica”, in I contratti, 2009, 3, 244).

È proprio sulla scorta di tali argomentazioni che, la l. n. 413/1991 ha definitivamente abolito il segreto bancario, riconoscendo all'Ufficio ed alla Guardia di Finanza il potere di svolgere indagini senza il limite del segreto bancario, giungendo ad una fase di trasparenza di dati e informazioni (M. Dellapina, Accertamenti bancari: gli orientamenti della giurisprudenza, in Il Quotidiano Giuridico, 4 aprile 2022).

A seguito di tali interventi legislativi, tra i mezzi istruttori riconosciuti all'amministrazione finanziaria per accertare il reddito dei contribuenti in fase di verifica, sono da annoverarsi, pertanto, anche le cd. indagini bancarie. L'Ufficio può richiedere alle banche, alle società Poste Italiane Spa per le attività finanziarie e creditizie, agli intermediari finanziari, alle imprese di investimento, agli organismi di investimento collettivo del risparmio, alle società di gestione del risparmio e alle società fiduciarie, dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati, con i loro clienti, nonché alle garanzie prestate da terzi, i cui poteri risultano subordinati all'autorizzazione del Direttore Centrale dell'accertamento dell'Agenzia delle Entrate e del Direttore regionale della stessa, relativamente alla Guardia di Finanza, del Comandante Regionale. Gli Uffici possono correlare le loro richieste a tutti i rapporti quali aperture, variazioni e chiusure di conti, libretti, depositi e altro purché siano rilevanti agli effetti dell'indagine fiscale.

L'accertamento dei redditi mediante le indagini bancarie

Le indagini bancarie sono collocate all'art. 32, d.P.R. n. 600/72, che enuncia i poteri degli uffici riconoscendo a questi ultimi la possibilità di rideterminare il quantum debeatur sulla base delle movimentazioni bancarie effettuate sui conti correnti (F. Randazzo, La prova “prima facie” nell'accertamento induttivo, in Dir. e prat. Trib., 2023, 1, 17; G. Palumbo, Indagini finanziarie e onere probatorio Diritto & Giustizia, 2018, 117, 14).

L'indagine bancaria comporta una compressione del diritto alla riservatezza dei soggetti che subiscono l'ingerenza nella propria sfera giuridica, circostanza che rende necessario un aumento della soglia di protezione del soggetto sottoposto a controllo.

Prima di procedere all'espletamento dell'indagine bancaria con conseguente, eventuale emissione di un provvedimento di accertamento, l'organo adibito al controllo deve seguire un procedimento che si compone di diverse fasi ed atti a natura endoprocedimentale, che garantiscono un esercizio dell'azione amministrativa improntato ai principi della buona fede e della correttezza.

La presunzione su cui si fonda l'accertamento bancario è che le movimentazioni finanziarie poste in essere equivalgano a ricavi o compensi. Non vi è, tuttavia, per espressa previsione della giurisprudenza alcun diritto del contribuente a fornire la prova contraria alle presunzioni dell'Ufficio. L'Amministrazione finanziaria, nella fase di accertamento delle imposte sui redditi, non ha alcun obbligo di instaurare un contraddittorio endoprocedimentale, neanche nel caso in cui, oggetto di verifica, siano le operazioni bancarie, in particolare, i movimenti dei conti correnti in disponibilità del contribuente (Cass. civ., Sez. V, 26 gennaio 2023, n. 2398; in dottrina si rinvia a M. Dellapina, Il contraddittorio endoprocedimentale non si applica alle “indagini a tavolino”, in Il Quotidiano Giuridico, 19 febbraio 2021; R. Miceli, Il quadro della Suprema Corte in tema di indagini finanziarie. Nessuna apertura ma un richiamo ai valori generali del processo, in Iltributario, 29 settembre 2020; C. Borgia, La lotta per il diritto al contraddittorio in materia tributaria: una via interpretativa per giungere al riconoscimento del principio del giusto procedimento, in Dir. prat. trib., 2020, 3, 845).

La circostanza che il contribuente sia partecipe fin dall'inizio dell'accertamento è un aspetto rilevante che comporterebbe anche una semplificazione delle procedure, il contribuente potrebbe modificare il percorso investigativo seguito dall'amministrazione finanziaria indirizzandola verso la miglior decisione.

Successivamente, l'atto impositivo emanato dovrà contenere le ragioni di fatto e di diritto idonee a superare le giustificazioni che il contribuente ha fornito in sede di contraddittorio in merito alle movimentazioni bancarie, postali e quelle che abbia posto in essere tramite gli enti di intermediazione finanziaria e creditizia, in assenza di una adeguata motivazione l'esercizio del potere impositivo potrà essere censurato.

Molto si è discusso circa la natura tipica o atipica dell'atto finale del procedimento di accertamento bancario, considerata l'assenza di una norma che disciplini il cd. accertamento bancario. Per lo più, l'ordinamento giuridico non tipizza l'accertamento bancario che viene recepito come modalità di controllo ex art. 32, d.P.R. n. 600/73, che disciplina le indagini bancarie; si parte, dunque, dal potere di indagine come presupposto per l'emanazione di un provvedimento di accertamento per giungere ad un riconoscimento legale del provvedimento finale.

L'autorizzazione alle indagini bancarie come presupposto di procedibilità

Preliminarmente, l'organo controllore deve farsi rilasciare apposita autorizzazione alle indagini bancarie funzionalmente idonea a consentire l'esame di legittimità e di merito della richiesta, nonché atto legittimamente gli accertamenti bancari (U. Fava, M. Mancini, L'autorizzazione all' acquisizione della documentazione bancaria, in Riv. Guard. Fin., 1997, 2117 ss).

In passato si riteneva che l'autorizzazione avesse una natura di atto amministrativo idoneo a rimuovere un limite all' esercizio di un diritto previsto ex lege.

Tale orientamento qualificava l'autorizzazione in termini di atto discrezionale e presupposto da cui il contribuente potesse desumere le ragioni del controllo e verificare che l'azione amministrativa fosse esercitata in modo legittimo.

Sotto il profilo funzionale, allora, l'autorizzazione risultava idonea alla rimozione di un limite legale all'esercizio di un diritto, e dunque, quale atto legittimante l'azione degli ispettori. Strutturalmente, invece, l'autorizzazione doveva indicare i requisiti di legittimità e di merito, nonché la rilevanza della richiesta, trattandosi di un atto discrezionale che rimuove l'ostacolo all' esecuzione degli accertamenti bancari, purché sussistano i presupposti che legittimano il procedimento di accertamento bancario.

Ne derivava la considerazione dell'autorizzazione come legittimazione all'esercizio delle indagini bancarie e presupposto imprescindibile per il corretto esercizio dei poteri istruttori.

La natura giuridica di provvedimento amministrativo legittimante l'azione dell'Amministrazione Finanziaria determinava l'obbligo di motivazione, in relazione anche alla scelta dei poteri istruttori da esercitare e dei mezzi utilizzabili al proposito e consentire al contribuente di verificare la legittimità dell'azione amministrativa (L. Rapetti, La motivazione dell'autorizzazione all'accertamento cd. bancario in Dir. e Prat. Trib., 2010, 2, 266).

In assenza di autorizzazione il provvedimento di accertamento sarà illegittimo per violazione dell'art. 3 l. n. 241/1990 che prescrive l'obbligo di motivazione con conseguente inutilizzabilità degli elementi acquisiti(G. Falsitta, Manuale di diritto tributario. Parte generale, Padova, 2008, 478).

Il richiamo all'autorizzazione in termini di motivazione opera nel rispetto dell'art. 7, l. 212/2000, che disciplina la cd. motivazione per relationem che consente di motivare un atto in relazione ad un altro atto, purché l'atto richiamato sia conosciuto, notificato o allegato all'atto di imposizione. L'Ufficio può anche riprodurre il contenuto essenziale dell'atto richiamato, laddove, per contenuto essenziale deve intendersi l'oggetto e il destinatario dell'atto o del documento necessari e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato.

La funzione organizzativa dell'autorizzazione alle indagini bancarie

Sulla natura dell'autorizzazione si sono susseguite una serie di teorie volte ad attribuire talvolta la natura di atto sostanzialmente amministrativo come indicato in precedenza, con conseguente obbligo di motivazione, e, talaltra, una funzione meramente organizzativa che non comporta, dunque, alcun obbligo di motivazione a carico dell'Ufficio.

In tale ultima ottica si colloca la giurisprudenza della Cass. civ., Sez. V (Ordinanza, 26/01/2023, n. 2398) a tenore della quale “l'autorizzazione prescritta ai fini dell'espletamento delle indagini bancarie esplica una funzione organizzativa, incidente nei rapporti tra uffici, e non richiede alcuna motivazione, sicché la sua mancata allegazione ed esibizione all'interessato non comporta l'illegittimità dell'avviso di accertamento fondato sulle risultanze delle movimentazioni bancarie acquisite, che può derivare solo dalla sua materiale assenza e sempre che ne sia derivato un concreto pregiudizio per il contribuente” (Quotidiano Giuridico, 2023).

Nello stesso senso si è posta anche la Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 13/10/2022, n. 30001 a tenore della quale “in materia di indagini bancarie la mancanza di autorizzazione, prevista dal d.P.R. n. 600/1973, art. 32, comma 1, n. 7, per l'accertamento delle imposte dirette, e dal d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51, comma 2, n. 7, in materia di imposta sul valore aggiunto, ai fini della richiesta di acquisizione dagli istituti di credito di copia delle movimentazioni dei conti correnti e di qualsiasi rapporto intrattenuto presso banche o operatori finanziari non implica l'inutilizzabilità dei dati acquisiti, salvo previsioni specifiche e salvo che ne sia derivato un concreto pregiudizio al contribuente; inoltre, esplicando una funzione organizzativa, incidente nei rapporti tra gli uffici, non richiede alcuna motivazione e la sua mancata allegazione ed esibizione all'interessato non comporta l'illegittimità dell'avviso d'accertamento fondato sulle risultanze delle movimentazioni bancarie acquisite”.

Ancora sul punto Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 21/06/2022, n. 19957 secondo la quale al di là del nomen iuris adottato, l'autorizzazione necessaria agli Uffici per l'espletamento d'indagini bancarie è da considerarsi atto meramente preparatorio, avente funzione organizzativa e incidente soltanto nei rapporti tra uffici, sì da non potersi qualificare come provvedimento o atto impositivo.

La stessa assenza di tale autorizzazione non determina in sé, alcuna illegittimità delle indagini bancarie compiute quando non si sia tradotta in un concreto pregiudizio per il contribuente, in conformità alla concezione sostanzialistica dell'interesse del privato alla legittimità del provvedimento amministrativo, espressa, in via generale, dalla L. n. 241/1990, art. 21-octies dovendo trovare applicazione il principio secondo cui, in materia tributaria, non qualsiasi irritualità nell'acquisizione di elementi rilevanti ai fini dell'accertamento comporta, di per sé, l'inutilizzabilità degli stessi, in mancanza di una specifica previsione in tal senso, esclusi i casi in cui viene in discussione la tutela di diritti fondamentali di rango costituzionale, come l'inviolabilità della libertà personale o del domicilio. Ne deriva, dunque, che l'Ufficio non è tenuto neppure all'allegazione dell'autorizzazione, in quanto atto interno e non produttivo di effetti giuridici nel corso del procedimento amministrativo.

In conclusione

Gli ultimi orientamenti giurisprudenziali riconducono l'autorizzazione alle indagini bancarie nell'alveo degli atti meramente organizzativi.

Si tratta di atti funzionalizzati al perseguimento dell'efficienza ed efficacia amministrativa (art. 97 Cost.) ed, in quanto tali, atti interni produttivi di effetti giuridici solo nei confronti degli Uffici.

Il diverso inquadramento determina anche una diversa disciplina, ad esempio, non sarà obbligatoria la motivazione e l'assenza dell'autorizzazione non avrà quale conseguenza l'illegittimità dell'avviso di accertamento. In tal senso l'autorizzazione deve essere considerata come atto istruttorio che si inserisce in una sequenza procedimentale con funzione meramente interna.

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