Rilevanti modifiche all'IVA nel disegno di legge delega

Saverio Capolupo
12 Giugno 2023

Con l'art. 7 del disegno di legge delega all'esame del Parlamento sono stati forniti al Governo rilevanti principi e criteri direttivi. Oltre alla revisione dei presupposti, i futuri interventi dovranno riguardare la disciplina delle operazioni esenti, il sistema delle detrazioni garantendo una più semplice e certa applicazione del principio del pro-rata, la revisione della disciplina del Gruppo IVA nonché la razionalizzazione della disciplina vigente per il terzo settore. Restano, tuttavia, alcune ombre che, in parte, potrebbero anche essere risolte in sede attuativa (sia pure con un'interpretazione estensiva della delega) mentre altre necessitano di un ulteriore affinamento ed integrazione del testo di disegno di legge delega attualmente all'esame del Parlamento.
Le esigenze della riforma

Le critiche avanzate dalla dottrina e dalla giurisprudenza in materia di IVA sono state numerose, spesso anche fondate, con riferimento sia al profilo strettamente sostanziale sia sotto quello dei procedimenti di accertamento del Tributo.

L'elevato tasso di evasione e il frequente scollamento tra normativa comunitaria e domestica hanno trovato solo parzialmente una soluzione nel pur apprezzabile lavoro della giurisprudenza. I vuoti normativi, i dubbi, le contraddizioni sono dovuti anche ad una legislazione farraginosa, mal coordinata tanto che le circolari dell'Agenzia delle entrate sono diventate una sorta di norma primaria posto che qualsiasi innovazione legislativa non ha mai trovato applicazione concreta prima dell'emanazione delle istruzioni da parte degli organi centrali.

La stessa giurisprudenza, di merito e di legittimità, ha assunto posizioni, non solo contraddittorie ma addirittura talvolta incomprensibili ove valutate nell'ottica dei principi generali dell'ordinamento. In questo quadro, è di tutta evidenza che la riforma dell'IVA, oltre a non essere ulteriormente procrastinabile, ha trovato il consenso pressoché unanime di tutti coloro che, per le differenti funzioni esercitate, hanno dovuto affrontare le tematiche in materia di IVA.

D'altra parte, il palese scollamento tra normativa interna e comunitaria e il contrasto della giurisprudenza domestica con quella della Corte di Giustizia hanno oggettivamente accelerato il processo di revisione che non sarà comunque attuato in tempi brevi.

Occorre premettere che la formulazione dell'art. 7, del disegno di legge delega in discussione in Parlamento è frutto anche di un effettivo confronto con le categorie professionali interessate, le componenti dell'Amministrazione finanziaria, i rappresentanti della magistratura e delle categorie economiche.

Eppure il risultato dell'indicato confronto, pur essendo frutto anche di suggerimenti e indicazioni, non può essere ritenuto certamente del tutto soddisfacente tenuto conto che l'iniziativa di riforma fa anche seguito ad analoga iniziativa assunta dal precedente Governo. D'altra parte, come accennato, la riforma fiscale si è resa necessaria per tutti i comparti impositivi atteso che la innovativa disciplina degli anni settanta, pur essendo integrata, modificata, innovata, ripetutamente risulta oggettivamente superata.

Va da sé che in questa sede è possibile soltanto avanzare considerazioni di carattere generale sia per la genericità della delega sotto molteplici profili sia per la necessità di avere un testo definitivo dal cui contenuto sia possibile desumere gli effettivi principi e criteri direttivi.

I presupposti

In ogni caso, la prima esigenza riguarda indubbiamente la necessità di incidere sui presupposti dell'imposta tenuto conto del palese disallineamento tra definizioni contenute nel d.P.R. n. 633/1972 e i contenuti dettati dalla direttiva 2006/112/CE, a loro volta conseguenza anche dei principi elaborati dalla Corte di Giustizia.

È questa certamente una parte rilevante della delega che, pur limitandosi ad una mera enunciazione di criteri e principi tende, evidentemente, ad eliminare soprattutto le incertezze in sede applicativa conseguenti alle interpretazioni del Giudice comunitario.

Sia pure sinteticamente, oltre alla revisione dei presupposti, i futuri interventi dovranno riguardare la disciplina delle operazioni esenti, il sistema delle detrazioni garantendo una più semplice e certa applicazione del principio del pro-rata, la revisione della disciplina del Gruppo IVA nonché la razionalizzazione della disciplina vigente per il terzo settore.

Relativamente ai presupposti, per la cessione di beni, recependo la normativa comunitaria, si dovrebbe valorizzare il concetto economico sostanziale rispetto a quello giuridico adottato, finora, dall'ordinamento domestico.

Senonché, occorre domandarsi se tale criterio, amplificato dalla relazione di accompagnamento del disegno di legge delega sia sufficiente e del tutto conforme alla disciplina comunitaria. Al riguardo, sembra doveroso avanzare più di qualche dubbio tenuto conto che l'esperienza maturata negli anni ha evidenziato le difficoltà da superare ai fini di una corretta perimetrazione della nozione di cessione di beni e prestazioni di servizi.

In altri termini, aderendo anche ad alcune indicazioni del mondo professionale, sarebbe necessario disciplinare le due categorie di operazioni in modo “subordinato” nel senso che la definizione di cessione di bene materiale sarebbe quella principale mentre alle prestazioni di servizio dovrebbe essere attribuito un carattere residuale.

Al riguardo la relazione di accompagnamento non risulta di particolare aiuto atteso che si limita a richiamare unicamente la disciplina delle cessioni di beni con trasporto e quelle senza trasposto senza operare alcun riferimento ad un istituto di ben più ampio spessore.

In particolare, sarà necessario, ad esempio affrontare il tema dell'appalto ove l'appaltatore utilizza materie prime del committente senza contare l'ampio e problematico tema delle cessioni di partecipazioni.

Altro tema – che in verità non riguarda soltanto l'IVA - interessa le operazioni di leasing nelle loro molteplici manifestazioni. In termini strettamente giuridici, allora, occorre domandarsi se, sotto tale profilo la delega sia completa e consenta, quindi, di affrontare e disciplinare la effettiva realtà economica.

Certo, il legislatore delegato potrebbe dare una risposta a questi e ad altri interrogativi, fermo restando la necessità di verificare la compatibilità di tale scelta con i principi e criteri direttivi e, quindi, la conformità del decreto delegato all'art. 76 della Costituzione.

Le operazioni esenti

L'art. 7, comma 1, lett. b) prevede la revisione delle disposizioni che disciplinano le operazioni esenti, anche individuando le operazioni per le quali i contribuenti possono optare per l'imponibilità, in linea con i criteri posti dalla normativa dell'Unione europea.

È indubbio che uno dei settori maggiormente interessati riguardi quello immobiliare ed è certamente rilevante l'attribuzione della facoltà al contribuente di optare per la imponibilità considerato il differente regime attualmente operante a seconda della natura dei beni e della loro destinazione.

Si tende, anche ad evitare, in tal modo, l'accumulo di crediti d'imposta elevati e, di conseguenza, le criticità a danno delle imprese. Sotto tale aspetto la vigente disciplina è effettivamente disarmonica rispetto alle indicazioni comunitarie che conoscono da tempo il principio dell'opzione soprattutto per alcuni settori quali, ad esempio, quello finanziario.

Senza richiamare gli esempi indicati dalla relazione – che, peraltro, sono molto limitati rispetto alla realtà - è indubbio che il principio in esame miri soprattutto a garantire l'assoluto rispetto del canone di neutralità dell'IVA, troppe volte violato dalla normativa interna.

In verità, il nostro ordinamento già conosce alcune ipotesi di opzione che, oltre ad alcune operazioni proprio del settore immobiliare aventi per oggetto la cessione di fabbricati e di terreni non edificabili da parte di privati, riguardano anche le cessioni finanziarie da investimento.

Revisione della disciplina della detrazione

E indubbio che uno degli istituti che ha alimentato il maggiore contenzioso in materia di IVA abbia riguardato il regime delle detrazioni, perno fondamentale ed inderogabile per garantire la corretta applicazione del tributo.

Non è certamente casuale che il citato art. 7 sullo specifico punto sia molto più puntuale rispetto agli altri criteri direttivi. Lo scopo principale, quindi, resta quello di rendere la detrazione maggiormente aderente all'effettivo utilizzo dei beni e dei servizi impegnati nell'effettuazione di operazioni soggette al tributo.

Il primo criterio direttivo riguarda la possibilità per il soggetto passivo di limitare l'applicazione della pro-rata di detraibilità ai soli beni e servizi ad uso promiscuo mentre negli altri casi la detrazione dovrebbe essere utilizzata secondo un criterio analitico.

Al riguardo va segnalata la rilevante modifica al criterio del pro-rata generale che, come avverte la relazione di accompagnamento, prevede che la indetraibilità si applica a tutti gli acquisti e alle importazioni effettuate da un soggetto passivo che svolge sistematicamente sia attività imponibili sia attività esenti.

In verità, la medesima relazione non manca di sottolineare che la vigente formulazione dell'art. 19 del decreto IVA risulta conforme sotto molti aspetti alla Direttiva IVA come riconosciuto anche dalla Corte di Giustizia nel 2016. In altri termini, agli Stati membri è accordata la possibilità di operare la detrazione secondo la regola della percentuale di detrazione relativamente a tutti i beni e i servizi acquistati.

In ogni caso, in base ai principi direttivi della delega non sarà più necessario applicare il criterio del pro-rata in via obbligatoria; ovviamente, resta pur sempre una facoltà del soggetto passivo. La previsione è stata accolta positivamente sia perché vengono superate le oggettive difficoltà applicative dell'istituto sia perché la disciplina interna sin discosta dal c.d. metodo standard.

Un'indicazione specifica, poi, riguarda la necessità di armonizzare i criteri di detraibilità dell'IVA relativa ai fabbricati con quelli previsti dalla disciplina comunitaria. In tal modo sarà superata la vigente legislazione che, com'è noto, non consente la detrazione dell'imposta dovuta sull'acquisto, sulla locazione, sulla gestione e sul recupero dei fabbricati abitativi per le imprese diverse da quelle che svolgono in via esclusiva o prevalente attività edilizia nel settore abitativo.

Va da sé che la necessità di armonizzare le discipline riguarda anche ulteriori profili, non affrontati dalla relazione, ma ampiamente noti come quelli relativi alle operazioni di trasporto di persone nonché alle spese di rappresentanza.

Gruppo IVA

In materia di IVA, nonostante l'introduzione di norme ad hoc per disciplinare e favorire il gruppo IVA la pratica applicazione della normativa di riferimento ha evidenziato alcune criticità ora in buona parte affrontate dall'art. 7, lett. f).

Come si ricorderà a suo tempo il legislatore nazionale ha recepito l'art. 11 della direttiva 2006/112/CE che attribuiva agli Stati membri la possibilità, dopo aver preventivamente consultato il Comitato IVA, di considerare come unico soggetto passivo le persone stabilite nel proprio territorio che siano giuridicamente indipendenti ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici e organizzativi.

Facendo riferimento alla normativa comunitaria, è stato recepito il c.d. criterio “all in, all out” nel senso che l'opzione per il gruppo IVA vincola tutti gli aderenti. Il disegno di legge delega consente ora di superare tale principio semplificando le procedure di accesso e di modifica nel perimetro soggettivo del Gruppo l'IVA.

Nella sostanza, è prevista la possibilità di costituire il Gruppo anche solo con l'adesione soltanto di una parte dei soggetti collegati dai citati vincoli. In sostanza, è stato accettato il rischio di possibili fenomeni elusivi a vantaggio della facilitazione delle modalità di accesso.

Sul punto, però, la delega risulta molto generica per cui in sede attuativa esiste lo spazio per andare ben oltre a quanto evidenziato nella stessa relazione ministeriale. Potrà essere affrontata, in particolare, la possibilità di consentire l'adesione anche a soggetti non stabiliti nel territorio nazionale purché, ovviamente, stabiliti in altro Stato membro. Critiche sono già state mosse relativamente al vincolo finanziario in quanto l'eventuale limitazione è ritenuta, sulla scia della giurisprudenza della Corte di Giustizia, in contrasto con la disciplina comunitaria.

Volendo, conclusivamente, formulare una valutazione di massima, occorre dare atto dello sforzo, sia pure parziale, sostenuto dagli estensori del provvedimento per avvicinare la normativa interna a quella comunitaria. Restano, tuttavia, alcune ombre che, in parte, potrebbero anche essere risolte in sede attuativa (sia pure con un'interpretazione estensiva della delega) mentre altre necessitano di un ulteriore affinamento ed integrazione del testo di disegno di legge delega attualmente all'esame del Parlamento.

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