Danno da emotrasfusione: alcune note su prescrizione e liquidazione

14 Giugno 2023

Con l'ordinanza in esame, la Corte di Cassazione torna a occuparsi del danno da emotrasfusione e, applicando principi consolidati, fornisce alcune precisazioni con riferimento alla decorrenza del termine di prescrizione e ai criteri da utilizzare per la liquidazione.

Il caso. Nel 1992, in occasione di una operazione chirurgica, Tizio effettua una emotrasfusione e inconsapevolmente contrae l'epatite C che, nel 2001, ne determina la morte per cirrosi epatica.

A distanza di quattro anni, resi edotti della correlazione tra l'emotrasfusione e la contrazione della malattia, la moglie e i figli di Tizio convengono in giudizio il Ministero della Salute avanti al Tribunale di Lecce per sentirlo condannare al ristoro dei danni patiti iure hereditatis e iure proprio a seguito della morte del loro caro. Le domande risarcitorie vengono però rigettate: la prima per intervenuta prescrizione e la seconda per infondatezza, stante l'omessa prova del rapporto di convivenza dei famigliari con il defunto.

La Corte d'Appello di Lecce riforma parzialmente la sentenza e accoglie la domanda risarcitoria iure proprio, pur liquidando in via equitativa somme inferiori rispetto a quelle che sarebbero state dovute in applicazione delle Tabelle di Milano. Resta fermo però il rigetto per intervenuta prescrizione della domanda risarcitoria iure hereditatis: secondo la prospettazione dei giudici d'appello, Tizio aveva avuto consapevolezza della malattia e della sua correlazione eziologica con l'emotrasfusione del 1992 a far data da una certificazione medica del 1999.

Insoddisfatti del risultato ottenuto, i famigliari di Tizio propongono allora ricorso per Cassazione, formulando, per quanto di interesse, due censure:

(I) il dies a quo del termine di prescrizione per l'azione di risarcimento del danno iure hereditatis era stato erroneamente fatto coincidere con la certificazione medica del 1999, perché a quella data Tizio non aveva avuto né avrebbe potuto avere consapevolezza della riconducibilità causale dell'epatite C all'emotrasfusione del 1992;

(II) l'entità del risarcimento iure proprio era stata erroneamente determinata senza applicare le Tabelle di Milano (pur espressamente invocate dai famigliari di Tizio) e senza esplicitare gli altri eventuali criteri seguiti.

La posizione della Cassazione. Con l'ordinanza in esame, la Corte di Cassazione accoglie entrambe le censure e cassa la sentenza, rinviando la causa alla Corte d'Appello di Lecce in diversa composizione.

Per quanto concerne la prima censura, la Corte di Cassazione ribadisce che:

  • il termine quinquennale di prescrizione per l'esercizio del diritto al risarcimento del danno da emotrasfusione decorre, a norma degli artt. 2935 e 2947, comma 1, c.c., dal momento in cui la malattia è percepibile quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, usando l'ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche (v. Cass. 27 settembre 2019, n. 24164; Cass. 31 gennaio 2019, n. 2789; Cass. 31 maggio 2018, n. 13745; Cass. 22 settembre 2017, n. 22045; Cass. 18 novembre 2015, n. 23635; Cass. 30 luglio 2014, n. 17403; Cass., Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 580; Cass., Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 576);
  • se l'interessato presenta la domanda amministrativa volta alla corresponsione dell'indennizzo di cui alla l. n. 210/1992, il termine di prescrizione quinquennale per l'esercizio del diritto al risarcimento del danno da emotrasfusione può ragionevolmente farsi decorrere da tale momento, essendo allora maturata una sufficiente e adeguata percezione della malattia (v. Cass. 30 marzo 2022, n. 10190; Cass. 12 giugno 2020, n. 11298; Cass. 28 giugno 2019, n. 17421; Cass. 30 luglio 2014, n. 17403; Cass. 18 novembre 2015, n. 23635; Cass., Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 576);
  • se l'interessato non presenta la domanda amministrativa volta alla corresponsione dell'indennizzo di cui alla l. n. 210/1992, il giudice deve accertare il momento di decorrenza del termine di prescrizione quinquennale per l'esercizio del diritto al risarcimento del danno da emotrasfusione, tenendo conto della corretta distribuzione degli oneri probatori. Pertanto, è onere della parte che eccepisce la prescrizione allegare e provare il fatto temporale costitutivo dell'eccezione, ossia la prolungata inerzia nell'esercizio del diritto al risarcimento del danno, in quanto riconducibile al termine iniziale di oggettiva conoscibilità della etiopatogenesi (v. Cass. 7 maggio 2021, n. 12182);
  • in difetto di ogni informazione medica che espliciti anche la solo possibile eziologia della patologia, il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno può non iniziare a decorrere sino alla morte del paziente; in tal caso, il diritto al risarcimento del danno per l'illecito lungolatente della vittima si trasferisce agli eredi che sono legittimati ad azionarlo iure hereditatis.

Tenendo conto di tali presupposti, la Suprema Corte conclude che i giudici d'appello hanno sbagliato nell'individuare il principio da applicare per l'individuazione del decorso iniziale della prescrizione del danno iure hereditatis fatto valere dai famigliari di Tizio, omettendo altresì di motivare perché la certificazione medica del 1999, pur in mancanza di dati espliciti, sarebbe stata idonea ad attestare il nesso causale tra l'emotrasfusione e l'epatite C.

Per quanto concerne la seconda censura, la Corte di Cassazione ricorda che, nella liquidazione del danno non patrimoniale:

  • non è consentito, di regola, il ricorso a una liquidazione equitativa pura non fondata su criteri obiettivi, essendo questi ultimi i soli idonei a valorizzare le singole variabili del caso concreto e a consentire la verifica ex post del ragionamento seguito dal giudice in ordine all'apprezzamento della gravità del fatto, delle condizioni soggettive della persona, dell'entità della relativa sofferenza e del turbamento del suo stato d'animo (v. Cass. 18 maggio 2017, n. 12470; Cass. 15 ottobre 2015, n. 20985);
  • è ammissibile la liquidazione equitativa pura, ossia non conforme ai valori astrattamente previsti dalle tabelle in uso, solo quando ricorrono circostanze peculiari di cui sia fornita logica e congrua motivazione (v. Cass. 16 dicembre 2022, n. 37009; Cass. 13 dicembre 2022, n. 36297; Cass. 29 settembre 2021, n. 26300).

Di qui, i giudici di legittimità deducono l'erroneità della sentenza impugnata che ha quantificato il danno non patrimoniale patito iure proprio dei famigliari di Tizio secondo un ragionamento la cui logica non è né esplicitata né verificabile, liquidando un importo inferiore al limite minimo previsto dalle Tabelle di Milano applicabili al momento della decisione.

Le pretese risarcitorie dei famigliari di Tizio sono dunque ora di nuovo al vaglio della Corte d'Appello di Lecce che dovrà, da un lato, valutare l'esistenza dei presupposti per il riconoscimento del danno iure hereditatis e, dall'altro lato, liquidare il danno iure proprio sulla base dei criteri di cui alle nuove Tabelle di Milano, salva la possibilità di discostarsene motivatamente al ricorrere di circostanze eccezionali.

(Fonte: Diritto e Giustizia)

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