Obbligo di mediazione (e relativo onere adempitivo) in caso di domanda riconvenzionale

Redazione scientifica
20 Giugno 2023

Il Tribunale di Roma ha disposto il rinvio ex art. 363-bis c.p.c. alla Corte di cassazione in merito alla questione dell'obbligo di mediazione (e del relativo onere adempitivo) in caso di domanda riconvenzionale, in ipotesi in cui una mediazione sia stata già effettuata prima della proposizione della domanda riconvenzionale.

Nell'ambito di un giudizio instaurato dal ricorrente per ottenere la risoluzione di contratto di locazione, nel quale si era costituito il resistente, formulando domanda riconvenzionale, il giudice constatava l'avvenuto svolgimento della mediazione sulla domanda principale, ma non sulla domanda riconvenzionale.

Si poneva dunque la questione della declaratoria di improcedibilità del giudizio nel caso in cui sia stata effettuata la mediazione sulla domanda principale, ma non sulla domanda riconvenzionale, sulla quale il tribunale di Roma ha ritenuto necessario sollevare questione pregiudiziale interpretativa. Secondo il Tribunale, infatti, sussistono i presupposti richiesti dall'art. 363-bis c.p.c. per azionare lo strumento introdotto dalla riforma Cartabia, come di seguito esposti.

In primo luogo, la Corte di Cassazione non si è mai espressa sul tema. Infatti, la Cassazione si è occupata del diverso tema dell'onere di introduzione della mediazione in ipotesi di opposizione del decreto ingiuntivo (Cass. civ., sez. un., n. 19596/2020) e delle relative conseguenze sul decreto ingiuntivo stesso, nonché di problema analogo al presente, ma riferito al diverso istituto previsto dalla l. n. 203/1982, art. 46 in materia di controversie agrarie (Cass. civ. n. 15802/2005). La questione è inoltre di necessaria soluzione per lo stesso proseguimento e per le modalità di svolgimento del giudizio, sicché risulta verificatosi anche il requisito di cui all'art. 363-bis, n. 1, c.p.c.

Quanto alle gravi difficoltà interpretative, si osserva che sulla questione possono ipotizzarsi diverse opzioni ermeneutiche. Una prima ipotesi ermeneutica potrebbe indurre a ritenere la necessità che il giudice disponga nuovamente la mediazione (ante riforma, in tal senso, il Tribunale di Verona), non potendo escludersi che la circostanza sopravvenuta della domanda nuova da parte dei convenuti/resistenti possa indurre le parti a riconsiderare la possibilità di una definizione transattiva della controversia. In particolare, con una prima soluzione interpretativa potrebbe ritenersi che il relativo onere competa al ricorrente originario, nel senso di considerare che all'inadempimento dell'obbligo di instaurare la nuova procedura di mediazione consegua l'improcedibilità dell'intero giudizio, compresa quindi la domanda introduttiva dell'attore ricorrente. Una seconda ipotesi interpretativa potrebbe andare nella direzione di rendere obbligatoria anche la nuova mediazione ma delimitare l'effetto preclusivo della improcedibilità alla sola domanda riconvezionale. Di fatto, l'onere graverebbe sul convenuto resistente, senza aggravio, se non sotto il profilo temporale, per l'attore ricorrente. Secondo una terza opzione, ogni domanda proposta in giudizio – e dunque non solo la domanda introduttiva, ma anche quelle successive – se avente ad oggetto una delle materie di cui all'art. 5, comma 1-bis, d.lgs. n. 28/2010, è soggetta alla condizione di procedibilità ivi prevista. La conclusione dovrebbe essere che la domanda riconvenzionale deve essere considerata da subito improcedibile, in quanto la parte avrebbe potuto (e dovuto) introdurre la domanda riconvenzionale già in mediazione, essendo gravata di tale onere. Altra tesi, infine, porterebbe a ritenere assolto l'obbligo di esperire la mediazione già con la mediazione precedente la prima udienza avente ad oggetto la sola domanda principale. Potrebbe infatti ritenersi che l'obbligo di mediazione non si estende alle domande riconvenzionali sollevate dal convenuto o proposte da eventuali terzi intervenuti. A questi opposti orientamenti se ne potrebbe affiancare un ulteriore, ancorato al profilo teleologico proprio della procedura di mediazione. La mediazione è infatti uno strumento deflattivo utile alla risoluzione delle controversie, che offre alle parti in lite la possibilità di raggiungere un accordo senza dover ricorrere alla giustizia ordinaria, ma è un mezzo di risoluzione negoziale delle controversie nel quale risulta fondamentale avere riguardo ai bisogni ed agli interessi sottesi ai diritti fatti valere in giudizio. Tale considerazione potrebbe suggerire una via ermeneutica mediana. Potrebbe, in particolare ritenersi che non è necessario rinnovare il tentativo di mediazione qualora la domanda riconvenzionale proposta lasci invariati gli elementi soggettivi del processo, atteso che gli interessi ed i bisogni sottesi delle parti, restando invariate esse stesse, rimangono inalterati, anche in considerazione del fatto che se non si è raggiunto un accordo nel tentativo preventivo di mediazione, difficilmente questo potrà essere raggiunto in un tentativo successivo all'instaurazione del processo, producendo un'ingiustificata dilazione dei tempi processuali. Viceversa, nell'ipotesi in cui la domanda successiva avente ad oggetto le materie indicate dall'art. 5, comma 1, d.lgs. n. 28/2010, incida sulla struttura soggettiva, determinando un aumento delle parti del processo (ad es. a seguito di chiamata in causa, intervento volontario, litisconsorzio) sarebbe necessario esperire una nuova mediazione.

La definizione della questione è rilevante in numerosi futuri giudizi. Invero, trattasi di questione procedurale suscettibile di porsi in tutti i giudizi in materia locatizia (e non solo) in cui sia stata presentata domanda riconvenzionale, nei quali sia stata già presentata domanda riconvenzionale.

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