Piano di concordato (anche minore) ultraquinquennale: inammissibile salvo puntuale motivazione

La Redazione
21 Giugno 2023

Il Tribunale di Roma dichiara inammissibile un piano di concordato minore in ragione della sua eccessiva durata, nonché della mancata giustificazione della capacità, per la ricorrente, di mantenere per tale durata le entrate reddituali sulle quali si fonda lo stesso piano proposto ai creditori.

Una professionista depositava un ricorso ex art. 74 e ss. CCII con il quale chiedeva al Tribunale di Roma l'omologa di un piano di concordato minore fondantesi sulla vendita di un immobile e la messa a disposizione dei creditori, per 17 anni, di € 4.000 mensili, a fronte di un reddito netto derivante dalla attività professionale, di € 4.800,00.

Il Tribunale in composizione monocratica, investito della decisione, dichiarava la proposta inammissibile sulla base di due motivi, entrambi attinenti alla considerevole durata del piano.

In primo luogo, la proposta sarebbe inammissibile in ragione della nullità della causa della proposta concordatariadovuta, appunto, alla durata del piano e alla correlata tempistica dei pagamenti.

Pur non indicando l'art. 74 CCII una durata massima del piano concordatario minore e pur non rinvenendosi limiti in tal senso neppure per il concordato preventivo ordinario (né nella legge fallimentare, né nel CCII), il Giudice romano rileva come autorevole – pur se ormai risalente – giurisprudenza (Cass. SU, 23 gennaio 2013, n. 1521) ha statuito come condizione minima di fattibilità del concordato, che il soddisfacimento dei creditori avvenga, oltre che in misura non irrisoria, anche in “tempi di realizzazione ragionevolmente contenuti”. Sul punto, conclude il Giudice monocratico con la seguente affermazione: “Quale che sia il termine che si voglia individuare, è fuor di dubbio che una durata di 17 anni (che costringa quindi il creditore ad attendere 17 anni per un soddisfacimento frazionario del credito) sia del tutto irragionevole e tale da privare la proposta di concordato della sua causa tipica, che resta – anche nel codice della crisi – quella di offrire un soddisfacimento non solo apprezzabile nel quantum ma anche destinato ad avere luogo in tempi ragionevoli”.

In secondo luogo, gli effetti della eccessiva durata del piano di concordato minore proposto si riverberano altresì sulla idoneità – o, meglio, inidoneità – del piano a raggiungere i suoi obiettivi.

Come detto, infatti, il piano si fonda in gran parte sulla messa a disposizione a favore dei creditori di € 4000,00 mensili, per 17 anni, a fronte di un reddito netto medio di poco superiore.

Il Giudice ritiene che la proiezione su un arco temporale così lungo della capacità della ricorrente di mantenere il reddito netto indicato “è tale da privare il piano di per sé (ossia in relazione al mero dato dell'arco temporale proposto) di quella credibilità minima che possa renderlo sottoponibile ai creditori”.

Il Giudice – richiamati due documenti rilasciati dal CNDCEC: uno, del 26 maggio 2022, denominato “Principi per la redazione dei piani di risanamento”; l'altro, del 7 gennaio 2021, denominato “Principi di attestazione dei piani di risanamento” – afferma quanto segue:

“Una durata di un piano concordatario - anche se proposto da un professionista e non da una impresa - non può quindi essere, perché possa ritenersi razionalmente fattibile nell'arco di tempo considerato, di massima, ultraquinquennale; tale limite può essere superato in forza di specifica motivazione dell'attestatore (in questa procedura, ove l'attestazione è facoltativa, dell'OCC nella relazione) che giustifichi in modo puntuale e sulla base di ragioni oggettive come e perché possa apprezzarsi come verosimile un certo risultato anche in un arco temporale più ampio”.

Nel caso di specie, nella relazione dell'OCC non sarebbe stato dedotto alcun elemento utile al giustificare la capacità della ricorrente di mantenere per 17 anni – fino al 2040, data in cui la ricorrente avrà più di 80 anni di età – la capacità di avere un reddito netto mensile (sia quello da lavoro dipendente, sia quello professionale) di € 4.800,00.

Per tale duplice ordine di motivi, il Giudice dichiara inammissibile il ricorso per l'omologazione del piano di concordato minore.

Si veda, per affinità di tematica, la pronuncia del Tribunale di Roma del 24 aprile 2023, pubblicata su questo portale in data 9 maggio 2023.

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