Sinteticità e chiarezza degli atti di parte: la sfida al rinnovamento del linguaggio giudiziario
21 Giugno 2023
Con l'ultima riforma processuale, la sinteticità e la concisione degli atti del processo sembra essere divenuto obiettivo di sistema. L'art. 121 c.p.c., nel testo originario, ante riforma, era titolato alla “libertà di forme”: “gli atti del processo, per i quali la legge non richiede forme determinate, possono essere compiuti nella forma più idonea al raggiungimento del suo scopo”. La previsione era stata autorevolmente criticata da parte di chi riteneva che il principio della libertà della forma degli atti processuali ivi enunciato fosse “enunciazione più solenne che sostanziosa” (Satta, 479), evidenziandosi pure che “il valore pratico effettivo della disposizione fosse pressochè nullo” (Redenti, 225). La novella del 2022 nella parte conclusiva del testo dell'art. 121 ha aggiunto una frase: “tutti gli atti del processo sono redatti in modo chiaro e sintetico”. Il principio di concisione degli atti è stato introdotto dando attuazione ad un preciso criterio di delega (art. 17, lett. d), in funzione “acceleratoria, ma anche tenuto conto dello sviluppo e del consolidamento del processo civile telematico che impone nuove e più agili modalità di consultazione e gestione degli atti processuali da leggere tramite video, tanto per le parti quanto per i giudici” (come precisa la Relazione Illustrativa. Analogamente si esprime la Relazione c.d. Commissione Luiso, che richiama “l'obiettivo di rendere più celere ed efficiente lo svolgimento dell'attività processuale”). Sempre in questa direzione si erano orientate pure le conclusioni del Gruppo di lavoro sulla sinteticità degli atti processuali istituito presso il Ministero della Giustizia nel biennio 2017/2018. Il riformatore delegato ha oggi codificato il principio di sinteticità nell'intento di “evitare un eccessivo allungamento dei tempi del processo e per facilitare lo studio delle carte processuali da parte del giudice” (Gradi, 52). La previsione codicistica in tema di sinteticità degli atti di parte si completa con la disposizione di attuazione: “il Ministro della giustizia, sentiti il Consiglio superiore della magistratura e il Consiglio nazionale forense, definisce con decreto gli schemi informatici degli atti giudiziari con la strutturazione dei campi necessari per l'inserimento delle informazioni nei registri del processo. Con il medesimo decreto sono stabiliti i limiti degli atti processuali, tenendo conto della tipologia, del valore, della complessità della controversia, del numero delle parti e della natura degli interessi coinvolti. Nella determinazione dei limiti non si tiene conto dell'intestazione e delle altre indicazioni formali dell'atto, fra le quali si intendono compresi un indice e una breve sintesi del contenuto dell'atto stesso. Il decreto è aggiornato con cadenza almeno biennale (art. 46, comma 5, att. c.p,c., novellato). Di recente il d.m., che ha previsto precisi “limiti dimensionali degli atti di parte” (art. 3), è stato predisposto dal Ministro della Giustizia, per entrare in vigore dal 30 giugno 2023. Dispone il penultimo comma della disposizione di attuazione: “il mancato rispetto delle specifiche tecniche sulla forma e sullo schema informatico e dei criteri e limiti di redazione dell'atto non comporta invalidità, ma può essere valutato dal giudice ai fini della decisione sulle spese del processo“. Molteplici e continui sono i riferimenti presenti nelle disposizioni di nuovo conio ad un'esposizione narrativa declinata in termini di chiarezza, concisione e sobrietà espositiva; in particolare, ci si riferisce ad un'esposizione negli atti di parte “chiara e specifica” (artt. 163, n. 4, 167, e 281-undecies c.p.c.), ovvero, “chiara e sintetica” (artt. 473-bis 12 e 473-bis 16 c.p.c.) e, ancora, “chiara, sintetica e specifica, a pena di inammissibilità” (art. 342 c.p.c.), ovvero, ancora, “chiara e sintetica, a pena di inammissibilità” (art. 366, n. 4, c.p.c.). Per le impugnazioni, il legislatore ha disposto una specifica sanzione, l'inammissibilità dell'impugnazione, diversa da quella dettata in termini generali in tema di spese processuali per il processo di primo grado, a tenore del disposto di cui all'art. 46, comma 5, disp. att. c.p.c. La riforma processuale civile (con i novellati testi degli artt. 121 c.p.c. e 46 att. c.p.c., come pure il decreto ministeriale attuativo di quest'ultima previsione attuativa) ha completato un percorso interpretativo, oltrechè giurisprudenziale intrapreso nel corso del tempo, oggi pervenendo ad un approdo di concretezza difficilmente contestabile, col dettare regole certe, specifiche e determinate sulla dimensione e sull'estensione degli atti difensivi di parte. La scaturigine del progressivo maturare nella giurisdizione e negli interpreti del principio di sinteticità ed una cultura della concisione e della sobrietà si rinviene nell''art. 3 codice del processo amministrativo (d.lgs. n. 104/2010): “il giudice e le parti redigono gli atti in maniera chiara e sintetica, secondo quanto disposto dalle norme di attuazione”. Una formulazione che sarebbe stata ripresa, quasi letteralmente dall'art. 121 c.p.c., novellato. In attuazione al principio di sinteticità degli atti di parte nel processo amministrativo, l'art. 13-ter att. c.p.a. dispone: “... le parti redigono il ricorso e gli atti difensivi secondo i criteri e nei limiti dimensionali stabiliti con decreto del presidente del Consiglio di Stato”. Al principio è stata data attuazione grazie al decreto del Presidente del Consiglio di Stato 22 dicembre 2016, n. 167. A suggello del principio e quale sanzione in caso mancato rispetto di tali limiti dimensionali, l'ultimo comma della norma di attuazione del processo amministrativo dispone: “il giudice è tenuto ad esaminare tutte le questioni trattate nelle pagine rientranti nei suddetti limiti“. Mentre, “l'omesso esame delle questioni contenute nelle pagine successive al limite massimo non è motivo di impugnazione”. Il legislatore del c.p.a. ha introdotto la forte sanzione di inutilizzabilità delle pagine successive, laddove gli scritti defensionali risultino esuberanti il limite dimensionale fissato. Di talchè il giudice amministrativo non è tenuto a leggere ed esaminare le pagine eccedenti il limite predetto (per “l'inutilizzabilità delle difese sovrabbondanti”, C.d.S. 13 aprile 2021, n. 3006). Viceversa, nel processo civile riformato, tale severa sanzione non è stata ripetuta, dato che il mancato rispetto del limite massimo di redazione “non comporta invalidità”, potendo il giudice, discrezionalmente, limitarsi a “valutarlo ai fini della decisione sulle spese del processo” (art. 46, penultimo comma, att. c.p.c.). Una conclusione cui era pervenuta la prevalente dottrina, che aveva individuato in essa “il punto di equilibrio tra le esigenze di efficienza e di tutela effettiva” (Luongo). La violazione del canone della concisione dell'atto di citazione (che pure deve essere formulato mediante una “esposizione chiara e specifica dei fatti e degli elementi di diritto”; art. 163, n. 4, c.p.c., novellato) non determina nullità (v. art. 164, comma 4, c.p.c., che sanziona con la nullità l'atto introduttivo unicamente quando “manchi l'esposizione dei fatti di cui al n. 4 dello stesso articolo” 163), potendo la stessa essere valutata solo nella determinazione del carico delle spese finali (artt. 91 e 92 c.p.c.). Il novellato dettato positivo ex art. 121 c.p.c. tende a superare le criticità evidenziate da un orientamento cassazionale. Lo stesso riteneva di desumere il dovere di chiarezza e sinteticità degli atti processuali, qualificato “principio generale del diritto processuale destinato ad operare anche nel processo civile”, dalla disciplina testè richiamata, dettata dal codice del processo amministrativo (v., ad es., Cass. civ. 20 ottobre 2016, n. 21297; Cass. civ. 21 marzo 2009, n. 8009. Contra, condivisibilmente, nel senso dell'inapplicabilità del principio di sinteticità al ricorso per cassazione,“in difetto- allo stato- di un'espressa previsione di legge primaria”: Cass. civ. 25 novembre 2019, n. 30685). In ogni caso, altra interpretazione riteneva che il principio di sinteticità degli atti fosse desumibile dal sistema ordinamentale/costituzionale, in particolare affamando che un atto di parte eccessivamente prolisso ed esteso potesse esporre il ricorrente per cassazione “al rischio di una declaratoria di inammissibilità dell'impugnazione” (Cass. civ. 6 agosto 2014, n. 17698); tuttavia, “non già per l'irragionevole estensione del ricorso (la quale non è normativa sanzionata), ma in quanto rischia di pregiudicare l'intelligibilità delle questioni, rendendo oscura l'esposizione dei fatti di causa e confuse le censure mosse alla sentenza gravata, ridondando nella violazione delle prescrizioni di cui ai nn. 3 e 4 dell'art. 366 c.p.c., assistite - queste sì - da una sanzione testuale di inammissibilità” (Cass. civ. 20 ottobre 2016, cit.; Cass. civ. 21 marzo 2019, cit.). In tal modo, “ponendosi in contrasto con l'obiettivo del processo, volto ad assicurare un'effettiva tutela del diritto di difesa, nel rispetto dei principi costituzionali e convenzionali del giusto processo” (Cass. civ. 30 aprile 2020, n. 8425; Cass. civ. 16 marzo 2023, n. 7600). Gli ordinamenti stranieri
Con la novellata disciplina normativa dettata in tema di sinteticità degli atti (precetto contenuto nell'art. 121 c.p.c. e nel d.m. Giustizia; e sanzione nell'art. 46, sesto comma, att. c.p.c.), il nostro ordinamento si adegua a similari previsioni ordinamentali riscontrabili nelle legislazioni straniere, dalle quali emerge che la novellata disciplina processuale non costituisce un unicum, in quantosi inserisce armonicamentenel panorama di legislazioni omogenee alla nostra. In particolare, va richiamato l'art. 132 c.p.c. svizzero, che recita: “atti viziati da carenze formali o da condotta processuale querulomane o altrimenti abusiva. 1. Carenze formali quali la mancata sottoscrizione dell'atto o la mancanza della procura vanno sanate entro il termine fissato dal giudice. Altrimenti, l'atto si considera non presentato. 2. Lo stesso vale per gli atti illeggibili, sconvenienti, incomprensibili o prolissi. 3. Gli atti scritti dovuti a condotta processuale querulomane o altrimenti abusiva sono rinviati al mittente senz'altra formalità.". A sua volta, la Rule 33 of the Supreme Court of the United Statesindica il limite di parole e di pagine utilizzabile per ogni tipologia di atto processuale a tale Corte rivolto. Il Regolamento di procedura della Corte di giustizia dell'Unione europea permette di fissare il limite quantitativo degli atti di parte:"Lunghezza degli atti processuali. Salvo quanto disposto da norme specifiche del presente regolamento, la Corte, mediante decisione, può stabilire la lunghezza massima delle memorie o delle osservazioni depositate dinanzi ad essa. Tale decisione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea" (art. 58). Critiche della processualistica
Il principio di sinteticità è stato criticato da parte della processualistica. Si è autorevolmente evidenziato che il principio sarebbe caratterizzato da “un grado elevatissimo di vaghezza” (Taruffo, 436) e che il problema neppure si risolverebbe ponendo delle precise indicazioni quantitative agli atti di parte, per via della “irriducibile arbitrarietà di queste indicazioni” (464). D'altro canto, sarebbe questa un'operazione ritenuta “difficile se non quasi impossibile” (Luiso, 393). Secondo altri (Scarselli, 64-65), l'art. 46 att. c.p.c. presenterebbe profili di incostituzionalità per eccesso di delega ed in quanto non rispettoso degli artt. 24, 101 e 110 Cost. Dato che, da quest'ultimo punto di vista, al ministro della giustizia (cui spetta approvare il d.m. attuativo delle disposizione regolamentare) competerebbe unicamente “l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia”, tra i quali non rientrerebbero “le modalità di stesura degli atti processuali”. Viceversa, il decreto ministeriale in parola inciderebbe sull'esercizio della giurisdizione e sul diritto di azione (artt. 24 e 101 Cost.). Una stimolante sfida per il rinnovamento del linguaggio giudiziario
L'acclarata abnorme crescita dimensionale e l'estensione degli atti di parte, la loro frequente ipertrofica logorrea arreca danno al sistema giudiziario. La stessa è conseguenziale non solo all'avvenuto abbandono dell'obbligo di bollatura delle facciate degli scritti difensivi (che quindi possono avere estensione indefinita, senza alcuna remora da parte del compilatore del memoriale), ma anche alle potenzialità insite nello strumento telematico (posto che oggi il deposito di tutti gli atti del processo deve avvenire “esclusivamente con modalità telematiche”; art. 196-quater att. c.p.c.), come pure ad una certa deteriore cultura secondo la quale gli atti si pagano a peso, in relazione al numero di pagine. D'altro canto, il mezzo informatico permette, con pochi mirati accorgimenti, di gonfiare a dismisura il contenuto della memoria o della citazione, tramite agili operazioni di “copia incolla”, di atti e documenti, ovvero, di citazioni giurisprudenziali. Porre un limite a simili storture, che la pratica ha da tempo evidenziato, appare scelta saggia e condivisibile di un legislatore attento e preoccupato a garantire la tenuta del sistema giustizia, in ottica di rispetto del principio costituzionale di ragionevole durata del processo. E' trasparente che, se il tempo del giudice è poco e prezioso, la lettura di atti ipertrofici, lo distoglie da ulteriori incombenti, di lavoro e di studio, da attività di istituto, dovendo lo stesso dedicare le proprie energie intellettive ed il proprio tempo a compulsare atti di dimensioni talvolta abnormi. In tal modo si rallenta l'esercizio della giurisdizione e si incide negativamente sulla produttività del magistrato. La concisione degli atti impone ai difensori una nuova stimolante sfida sul versante del linguaggio, che nel nuovo millennio va interamente rinnovato e rifondato, anche in ottica europea, la cui legislazione si evolve verso un sempre più marcato utilizzo di schemi e formulari omogenei, in funzione della tempestiva circolazione di atti e provvedimenti in ambito transnazionale (si pensi, ad es., alla richiesta di pronunzia di decreto ingiuntivo europeo, che viene redatta dal difensore utilizzando un modulo standard da compilare, di cui al Reg. Ce n. 1896/2006). Il programma del legislatore della riforma si orienta così verso la creazione di un nuovo modo di esercitare la professione e di difendere il cliente; verso la costruzione di un nuovo linguaggio giudiziario, più sobrio, conciso, meditato, rifinito, inducendo all'abbandono delle tradizionali modalità di confezione degli atti, fatta di argomenti ad colorandum, di polemiche sulle parole presenti negli scritti difensivi avversari ritenute “sconvenienti od offensive” e perciò da cancellare (art. 89 c.p.c.), di querulomania, di eccesso di litigiosità e di polemismo, di trascrizione integrale di massime giurisprudenziali non sempre attinenti, azzeccate e meditate. Su impulso della novella, dovrebbe progressivamente prendere vita ed affermarsi un nuovo stile narrativo, stringato e sintetico, di redazione degli atti giudiziari, dato che l'evoluzione del linguaggio non può non portare ad atti più chiari, sobri, sintetici e qualitativamente efficaci, oltrechè convincenti: “il tempo delle comparse scritte con penna d'oca e diligentemente rilegate appartiene alla storia” (Biavati, Argomenti, 236 e 237, il quale evidenzia, ancora, che: “scrivere un atto processuale può supporre, talvolta, un sapiente esercizio non soltanto di cultura giuridica, ma anche di tecnica argomentativa” per convincere l'interlocutore, oltrechè il giudice). Nella nuova cultura processuale, al principio di ragionevole durata del processo si affianca quello di ragionevole estensione degli atti giudiziari. E, come appare trasparente, l'un principio influenza ed incide sull'altro e viceversa, reciprocamente, secondo un'ottica rivolta a garantire l'efficienza ed il buon funzionamento del processo e della giurisdizione. Il portato della riforma processuale sul punto va valutato positivamente; non tanto una minaccia da temere, ma per la classe forense un'opportunità da cogliere e valorizzare al meglio (BIAVATI). Ci piace concludere queste considerazioni richiamando l'insuperata saggezza e l'arguta sobrietà dell'Elogio dei giudici del maestro fiorentino: “la brevità delle difese scritte ed orali è forse il mezzo più sicuro di vincere le cause: perchè il giudice, non costretto a stancarsi nella lettura di grossi memoriali o nell'assistere sbadigliando a interminabili arringhe, presta attenzione a mente fresca a quel poco che legge ed accolta, non ha bisogno di fare complicati riepiloghi per comprenderlo, e la gratitudine verso il difensore, che ha ridotto al minimo la sua fatica, lo induce a dargli ragion anche se ha torto. La brevità e la chiarezza, quando riescono a stare insieme, sono i mezzi sicuri per corrompere onestamente il giudice” (Piero Calamandrei). Riferimenti
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