Immobile con barriere architettoniche: chi deve risarcire il disabile?
22 Giugno 2023
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 17138, depositata il 15 giugno 2023. Il caso. La vicenda da cui origina la questione sottoposta all'esame della Suprema Corte riguarda il ricorso presentato da un disabile, invalido civile al 100%, avverso il Comune, che aveva posto nei suoi confronti «atti e comportamenti gravemente discriminatori», avendogli precluso di fruire, a causa dell'illecita presenza di barriere architettoniche, dell'accesso presso l'immobile acquistato nel 2000 dalla sorella con cui viveva stabilmente: nello specifico, il Comune aveva rilasciato una sanatoria e un permesso di agibilità sull'immobile, senza poi accertarsi di verificare la messa a norma dell'edificio. La decisione della Corte. Il ricorso offre l'occasione alla Corte per analizzare le tre tipologie di discriminazione previste dall'art. 2 l. n. 67/2006: a) la c.d. "discriminazione diretta", quando una persona disabile viene trattata in modo diverso, in diritto o in fatto, rispetto a un soggetto abile; b) la c.d. "discriminazione indiretta", quando «una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento, apparentemente neutri, mettono una persona con disabilità in una posizione di svantaggio rispetto ai soggetti abili»; c) le molestie, ovvero i «comportamenti indesiderati, posti in essere per motivi connessi alla disabilità, che creino un clima di intimidazione, umiliazione, offesa o ostilità nei confronti della persona disabile». Ciò posto, il Collegio condivide l'interpretazione dei giudici d'appello, secondo i quali il Comune avrebbe posto in essere una discriminazione indiretta nei confronti del disabile, per aver rilasciato la concessione edilizia in sanatoria, prima, e il permesso di agibilità, poi, malgrado l'edificio realizzato non fosse conforme alle prescrizioni di cui alla legge n. 13/1989. Tuttavia, secondo i Giudici l'illecito non risulta compiuto anche dal Comune che ha rilasciato la concessione edilizia in sanatoria e il permesso di agibilità (quest'ultimo poi annullato dal TAR): gli atti amministrativi, infatti, sono intervenuti in epoca successiva, e non risulta evidenziato lo svantaggio patito dal disabile per lo specifico comportamento dell'amministrazione. La condotta discriminatoria, dunque, ricade unicamente a carico del costruttore e dell'amministratore di condominio, venuti meno ai loro doveri: l'ente locale avrebbe solo consentito il protrarsi dell'illecito, che si sarebbe in ogni caso consumato anche senza il suo intervento. Pertanto, niente condanna per il Comune al risarcimento del danno in favore dell'invalido.
Fonte: dirittoegiustizia.it
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