Imposta di registro sul decreto di omologa del concordato fallimentare con terzo assuntore commisurata esclusivamente all'attivo trasferito
26 Giugno 2023
Il caso Una società si opponeva al silenzio-rifiuto serbato dall'Agenzia delle Entrate in relazione ad un'istanza di rimborso presentata per l'imposta di registro che riteneva di aver versato in eccesso rispetto alla somma effettivamente dovuta per la registrazione di un decreto di omologa del concordato fallimentare di altra società con trasferimento dei beni al terzo assuntore. La società ricorrente aveva assunto il ruolo di “terzo assuntore” nella procedura di concordato fallimentare di altra società in liquidazione, poi cancellata. Il terzo assuntore, dopo aver pagato l'avviso di liquidazione, aveva presentato istanza di rimborso non avendo ritenuta corretta la liquidazione effettuata dall'Ufficio in quanto non rispettosa della previsione dell'art. 21, comma 3, del Testo Unico del Registro nella misura in cui dispone che "non sono soggetti ad imposta gli accolli di debiti ed oneri collegati e contestuali ad altre disposizioni".
La posizione dell'Amministrazione Secondo l'Ufficio, la suddetta disposizione va applicata agli accolli con "funzione di mera clausola di un più ampio contratto". Il concordato fallimentare con terzo assuntore sarebbe, invece, da intendersi come uno schema negoziale in cui si contrappongono, in un vincolo di derivazione necessaria, un negozio di accollo del fabbisogno concordatario ed un atto di cessione dei beni del concordato, che acquistano efficacia con il decreto di omologa, che ne determina l'immediato effetto traslativo. Pertanto, nel caso di specie, secondo la tesi erariale, l'accollo non doveva considerarsi quale mera clausola di un più ampio contratto. L'accollo dei debiti, infatti, svolgeva una funzione imprescindibile ovvero non era altro che la contropartita rispetto al trasferimento dell'attivo fallimentare. L'imposta, pertanto, non poteva essere commisurata all'attivo trasferito. In sostanza, l'accollo delle obbligazioni scaturenti dal concordato da parte del terzo assuntore, costituisce una disposizione intrinsecamente connessa a quella relativa al trasferimento dell'attivo fallimentare, essendo entrambe finalizzate a una vicenda giuridica unitaria ed inscindibile, con la conseguenza che la connessione oggettiva tra l'accollo delle obbligazioni concordatarie e il trasferimento dell'attivo fallimentare risulta tale da non consentire di ritenere ciascuna di esse espressione di un'autonoma capacità contributiva. Per questi motivi, secondo l'Amministrazione finanziaria, doveva applicarsi l'art. 21, comma 2, TUR relativo agli atti con più disposizioni che derivano le une dalle altre: «Se le disposizioni contenute nell'atto derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, l'imposta si applica come se l'atto contenesse la sola disposizione che dà luogo alla imposizione più onerosa».
L'inquadramento dell'istituto Il concordato con assuntore comporta la cessione delle attività dell'impresa ad un terzo, il quale assume l'obbligo di adempiere il concordato, in via esclusiva, in caso di accollo liberatorio, o solidalmente con il debitore principale, in caso di accollo cumulativo e, quindi, quale garante. Il terzo assuntore acquista i beni fallimentari già con l'omologa del concordato, essendo gli eventuali successivi provvedimenti del giudice delegato atti meramente esecutivi. Il concordato fallimentare (R.D. n. 267/1942, art. 124) non ha natura contrattuale, considerato che i relativi effetti, anche traslativi, non derivano dalla convenzione delle parti ma dalla legge, che attribuisce alla omologazione l'effetto di sovrapporsi agli accordi tra le parti, che ne costituiscono soltanto il presupposto e che in essa sono trasfusi e rimangono assorbiti.
L'indirizzo di nomofilachia Sul tema, i giudici di legittimità si sono così pronunciati:
L'adeguamento dei giudici di merito I giudici tributari ambrosiani, di primo e secondo grado, in relazione alla fattispecie esaminata, hanno concluso che la norma applicabile, in tema di imposta di registro, fosse l'art. 21, comma 3, TUR e non il comma 2, come sostenuto invece dall'Agenzia delle Entrate. La tassazione, cioè, doveva essere commisurata esclusivamente all'attivo trasferito in quanto l'accollo, nella fattispecie del concordato con terzo assuntore, altro non è che il pagamento del "corrispettivo" di tale trasferimento, assorbito dall'eccezione dell'art. 21, c. 3, TUR, tanto secondo una interpretazione letterale, così come analizzando la ratio della norma e, da ultimo, anche seguendo una interpretazione costituzionalmente orientata. |