Potere del giudice di rilevare, in sede di verifiche preliminari, la mancanza di una condizione di procedibilità
26 Giugno 2023
Massima
Il giudice può già in sede di verifiche preliminari nell'ambito della previsione dell'art. 171-bis c.p.c. rilevare l'esistenza o meno di una condizione di procedibilità, nella specie, mancato esperimento della negoziazione assistita ed adottare i provvedimenti conseguenti senza imporre alle parti il deposito delle memorie integrative ex art. 171-ter c.p.c. Il caso
Con atto di citazione ritualmente notificato, una Associazione dilettantistica aveva convenuto in giudizio il Presidente dell'Associazione medesima assumendo che si fosse appropriato di somme dell'associazione, chiedendone la restituzione, oltre al risarcimento di tutti i danni causati dal suo comportamento. Costituendosi il convenuto, in via preliminare aveva eccepito l'improcedibilità della domanda, per difetto dell'obbligatorio esperimento della procedura di negoziazione assistita. Con il decreto che si annota, il Tribunale, in sede di verifiche preliminari ex art. 171-bis c.p.c., ha esaminato la condizioni di procedibilità della domanda come eccepita dal convenuto adottando i provvedimenti conseguenti. La questione
Il giudice può, laddove, in sede di verifiche preliminari, rilevi che una delle condizioni di procedibilità della domanda, in particolare con riguardo alla negoziazione assistita, non sia stata adempiuta, già in sede preliminare, ordinare alle parti di adempiere alla condizione di procedibilità non adempiuta, senza che queste ultime debbano necessariamente trattare la questione nelle memorie integrative? Le soluzioni giuridiche
Con il provvedimento che si annota il Tribunale ha esaminato e risolto la questione della possibilità, già in sede di verifiche preliminari ex art. 171-bis c.p.c., di statuire sulla eccezione relativa alla mancata integrazione di una condizione di procedibilità dell'azione – nella specie si trattava di mancato esperimento della negoziazione assistita – senza assegnare alle parti il termine per le memorie integrative ex art. 171-ter c.p.c.. Nella specie, peraltro, al di là della riconosciuta teorica possibilità di rilevare e statuire su una condizione di procedibilità, il Tribunale ha escluso che la materia oggetto del contendere rientrasse nel novero di quelle soggette alla negoziazione assistita ed ha differito la prima udienza per impegni dell'istruttore. Il Tribunale, nel provvedimento in esame, ha precisato che il tenore del decreto ex art. 171-bis c.p.c. non sembra rivestire contenuto rigido e tassativo, imponendo al giudice unicamente la pronunzia dei provvedimenti elencati nel primo comma della norma. Da una lettura sistematica dei principi processuali, sembra emergere che il giudice sia dotato di ulteriori poteri in sede di verifiche preliminari, non circoscritti a quelli indicati nel primo comma della disposizione. La conclusione sembra discendere naturalmente dall'istituzionale ruolo esplicato dal g.i., al centro del processo di cognizione, volto alla “direzione del procedimento“, ed al quale sono conferiti “tutti i poteri intesi al più sollecito e leale svolgimento del procedimento” (art. 175, comma 1, c.p.c.); Tali tradizionali poteri (già previsti dal testo originario del codice) di “direzione del processo” si saldano armonicamente con quanto dispone la legge delega (l. n. 206/2021), nell'ottica di dare attuazione al P.N.R.R.; ovvero, tramite la riforma processuale, di garantire “obiettivi di semplificazione, speditezza e razionalizzazione del processo civile” (art. 1, comma, l. delega). Pertanto, tenuto conto delle estese facoltà conferite al g.i. di “direzione del processo” in ottica ed in funzione di velocizzazione del medesimo, oltreché di concentrazione degli adempimenti sempre con l'obiettivo di garantire speditezza e ragionevole durata del medesimo (in conseguenza della riduzione del numero di udienze e di semplificazione degli adempimenti procedurali, come dispone la novella processuale), non può non essere valutata positivamente la possibilità in capo al giudicante già in sede di verifiche preliminari (ed anche in una fase antecedente), di ordinare alle parti, che non vi abbiano proceduto, di instaurare la procedura di negoziazione assistita (art. 3 d.l. n. 132/2014); piuttosto che disporla in sede di prima udienza di comparizione delle parti, a seguito del deposito di ben tre memorie integrative per parte (che difficilmente potrebbero favorire alcun componimento compositivo, ed anzi piuttosto sedimentando e cristallizzando la materia contenziosa), con differimento della prima udienza di almeno 45 giorni (v. art. 3 d.l. n. 132 del 2014). La soluzione si fa apprezzare in ottica di riduzione della durata del processo e di sua efficienza. Neppure va sottaciuto che la facoltà di rilevare la mancanza della condizione di procedibilità già in fase processuale antecedente alla nuova prima udienza nel c.d. rito Cartabia trova supporto nel disposto affidato all'art. 3 d.l. n. 132/2014 cit., laddove ammette il giudice ad esperire l'officioso rilievo “non oltre la prima udienza”; con ciò, implicitamente, consentendo il rilievo anche in momento antecedente ad essa. Tuttavia, nel caso esaminato nel provvedimento de qua, il giudice ha ritenuto che, tenuto conto delle conclusioni articolate dall'attore in citazione, aventi ad oggetto restituzione della somma di 9978,50, “nonché il risarcimento di tutti i danni causati”, la causa assume valore indeterminabile (pena altrimenti incompetenza per valore del giudice adito: art. 7 c.p.c.); e, come tale, non soggiace alla condizione di procedibilità ex art. 3 d.l. n. 132/2014; di talchè l'eccezione del convenuto non è parsa essere dotata di idoneo ondamento, e quindi nessun ordine alle parti è stato impartito. Osservazioni
Il decreto che si annota adotta una soluzione giuridicamente e logicamente conforme non solo alla ratio del nuovo rito c.d. Cartabia, ma anche ai principi generali del nostro sistema processuale, il cui architrave è appunto rappresentato dall'indefettibile potere del giudice di direzione del processo. La previsione dell'art. 171-bis c.p.c., come introdotta dall'art. 3, comma 12, lett. i), del d.lgs. n. 149/2022, aveva infatti posto dubbi nei primi commentatori in ordine alla necessità che su qualsiasi questione rilevata o rilevabile d'ufficio, specie per alcune condizioni di procedibilità, fosse o meno necessario in sede di c.d. verifiche preliminari imporre alle parti di contraddire su di esse assegnando i termini di cui all'art. 171-ter per il deposito di ben tre memorie integrative. La soluzione adottata è logica, giuridicamente conforme ai principi generali del processo ed alla ratio della riforma c.d. Cartabia e potrà sicuramente in futuro essere declinata per altre ipotesi simili, valorizzando la centralità del ruolo del giudice istruttore ed il suo sapiente impiego dei poteri di direzione del processo che gli sono propri. L'architrave del provvedimento è rappresentato dall'interpretazione sistemica offerta del nuovo art. 171-bis c.p.c. nell'ambito del quale peculiare è la funzione che assume proprio il decreto adottato all'esito delle verifiche preliminari ed il suo contenuto che non si configura in modo rigido, tassativo e predeterminato, o limitato unicamente alla pronunzia dei soli provvedimenti indicati nel primo comma della citata disposizione. Come ipotizzato dai primi commentatori (Masoni), con tale provvedimento il g.i. può, non solo valutare la sussistenza della condizione di procedibilità, in carenza invitando le parti in mediazione o ad esperire la negoziazione assistita, come nel caso che si annota, ma anche rilevare l'utilità ovvero la superfluità del tentativo di componimento con comparizione personale delle parti in udienza, in tal ultimo caso potendo disporne la cartolarizzazione della prima udienza ex art. 127-ter c.p.c., nonché optare per la fissazione di un'udienza per esperire il tentativo di conciliazione e l'interrogatorio libero delle parti antecedentemente l'udienza di cui all'art. 183, che in tal caso andrebbe contestualmente differita (in applicazione degli artt. 117 e 185 c.p.c., tuttora vigenti, che ne ammettono l'esperimento, quale «facoltà del giudice», «in qualunque stato e grado del processo»). Il decreto in esame, quindi, diventa un poliedrico strumento di direzione del processo, che consente al giudice istruttore di adattare il procedimento alle esigenze del caso concreto, coniugando il suo potere di direzione (art. 175 c.p.c.) con le esigenze di celerità che il nuovo rito Cartabia ha impresso al processo conformemente al raggiungimento degli obiettivi fissati dal PNRR, in una più generale rinnovata efficienza del processo e della risposta giudiziaria. Resta da considerare che, per quanto il nuovo processo abbia accelerato le fasi processuali, esse dipenderanno pur sempre dal carico di lavoro del singolo giudice istruttore, che continuerà ad avere un numero più o meno elevato di procedimenti introdotti ante riforma. Riferimenti
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