Rilevabilità d'ufficio della rinuncia alla prescrizione e della interruzione della prescrizione

27 Giugno 2023

Il codice di rito non è così chiaro nel fondare il principio generale della rilevabilità d'ufficio delle eccezioni salvo che sia prevista la necessarietà dell'istanza di parte; ciò si desume dal complesso dell'impianto normativo processuale dal quale si evince che ove sia necessaria l'istanza di parte questa è espressamente richiesta dalla norma.
Massima

La “controeccezione” di rinuncia alla prescrizione, al pari dell'eccezione di interruzione della prescrizione, può essere presa in esame dal giudice anche d'ufficio, purché i fatti sui quali la eccezione si fonda, siano stati ritualmente acquisiti al processo, con la precisazione che la rinuncia tacita alla prescrizione ai sensi dell'art. 2937, comma 3, c.c., quale atto di natura negoziale, ricorre ove vi sia un'incompatibilità assoluta tra il comportamento del debitore e la volontà del medesimo di avvalersi della causa estintiva del diritto altrui. Pertanto la sola ammissione da parte del debitore che l'obbligazione non è stata estinta non costituisce rinuncia alla prescrizione e motivo di rigetto dell'eccezione di prescrizione presuntiva se è avvenuta fuori dal giudizio. In questo caso essa, infatti, può valere soltanto a interrompere il corso della prescrizione ai sensi dell'art. 2944 c.c. ove ciò sia ancora possibile, ovvero ove la prescrizione non sia già maturata.

Il caso

La vicenda origina da un decreto ingiuntivo richiesto dalla ditta G… S.c.r.l. nei confronti del Comune di F…, ove si richiedeva il pagamento di crediti derivanti dal servizio di trasporto svolto a favore dell'ente locale.

All'ingiunzione di pagamento seguiva rituale opposizione a decreto ingiuntivo.

La ditta opposta G… S.c.r.l. richiedeva la chiamata in causa dell'arch. F. A. e dell'arch. C. F., nella loro rispettiva qualifica di dirigente comunale ai LL.PP., l'uno, e Ambiente, Mobilità e Manutenzioni, l'altro.

L'approfondita ed analitica motivazione tocca diversi punti di interesse quali la responsabilità dirigenziale negli impegni di spesa, la rinuncia alla domanda, in tutto o, come nel caso di specie, in parte e la eccezione (rectius controeccezione, processualmente parlando) di interruzione della prescrizione unitamente alla rinuncia alla prescrizione.

Quanto alla responsabilità dirigenziale la sentenza ripercorre analiticamente la normativa amministrativa relativa alla posizione dei dirigenti terzi chiamati ritenendo la responsabilità di uno di essi con diritto di manleva a carico del Comune di F.

Sulla rinuncia alla domanda afferma il principio, oramai pacifico, della mancanza della necessità che essa venga espressa in forma sacramentale e che, soprattutto, venga accettata dalla controparte, differenziandosi dalla rinuncia agli atti del giudizio che, invece, richiede accettazione delle parti in causa (art. 306 c.p.c.).

Di particolare interesse si profila, invece, l'affermazione della rilevabilità d'ufficio della eccezione di interruzione della prescrizione da parte del creditore e della rinuncia alla prescrizione da parte del debitore.

La questione

La questione che desta maggiore interesse è quella, come accennato nel paragrafo che precede, della rilevabilità d'ufficio della eccezione di interruzione della prescrizione da parte del creditore e della rinuncia alla prescrizione da parte del debitore.

Per ripercorrere l'argomentazione svolta in motivazione è bene spendere qualche cenno sul regime delle eccezioni in ambito processual-civilistico.

Iniziamo con l'affermare che nel nostro ordinamento si ritiene che viga la regola generale della rilevabilità d'ufficio delle eccezioni, salvo quelle per le quali sia necessaria l'istanza di parte: queste ultime si indicano come eccezioni in senso stretto.

La rilevazione ad opera della sola parte discende o da una espressa indicazione normativa (vedi ad esempio l'art. 2938 c.c. in materia di prescrizione ove si afferma che il giudice non può rilevare d'ufficio la prescrizione non opposta, fattispecie diversa da quelle qui in commento - Cass. civ., sez. un., 17 luglio 2005, n. 15661) oppure ove la manifestazione della volontà della parte sia strutturalmente prevista quale elemento integrante e sostanziale della fattispecie difensiva.

Le norme di riferimento si sogliono indicare negli artt. 112 c.p.c. (ove il giudice non può pronunciare d'ufficio su eccezioni che possono essere proposte soltanto dalle parti, come ad esempio l'eccezione di prescrizione vista sopra, art. 2938 c.c. o l'eccezione di decadenza di cui all'art. 2969 c.c. ove si tratti di materia non sottratta alla disponibilità delle parti), nell'art. 167 c.p.c. e nell'art. 183 c.p.c., nella versione anteriore alla modifica Cartabia, e 171-ter c.p.c. come introdotto dalla novella Cartabia, ove si fa riferimento alle eccezioni non rilevabili d'ufficio.

In realtà il codice di rito non è così chiaro nel fondare il principio generale della rilevabilità d'ufficio delle eccezioni salvo che sia prevista la necessarietà dell'istanza di parte; ciò si desume, in realtà, dal complesso dell'impianto normativo processuale dal quale si evince che ove sia necessaria l'istanza di parte questa è espressamente richiesta dalla norma.

Tuttavia, il vero principio generale cui bisognerebbe attenersi è quello della natura dell'eccezione, come accennato sopra: l'eccezione di parte, allora, sarà richiesta ovela manifestazione della volontà della parte sia strutturalmente prevista quale elemento integrante e sostanziale della fattispecie difensiva e si rivolga ad una materia disponibile dalla parte e prevista per lo più a sua tutela e non sia di ordine pubblico.

Così, ad esempio, costituiscono eccezioni in senso stretto, ove necessita l'istanza di parte, quelle che corrispondono all'esercizio di azioni costitutive, come l'eccezione di annullamento (art. 1442, ult. comma, c.c.) che può essere fatte valere anche in caso di prescrizione dell'azione o di rescissione del contratto (art. 1449, comma 2, c.c.) fino a che l'azione non sia prescritta; l'eccezione di compensazione (art. 1242 c.c. ove al primo comma si dispone che il giudice non possa rilevarla d'ufficio); l'eccezione di inadempimento (art. 1460, comma 1, c.c.) Cass. civ., sez. II, 14 ottobre 2021, n. 28070; l'eccezione di escussione preventiva del debitore da parte del fideiussore (art. 1944, comma 2, c.c., ove già nella Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941, si legge che “ … le parti possano rendere sussidiaria l'obbligazione del fideiussore, convenendo il patto di preventiva escussione, in modo che, sostanzialmente l'innovazione non aggrava sempre la posizione del fideiussore. Per il caso in cui esiste il patto suddetto si prescrive, come già faceva il codice civile (articoli 1908 e 1909) e dichiarava il progetto del 1936 (articoli 710 e 711), che il fideiussore debba proporre l'eccezione di escussione preventiva nei primi atti della causa, indicando i beni del debitore da sottoporre ad esecuzione.”); l'eccezione di decadenza (art. 2969 c.c. il quale prevede espressamente che la decadenza non possa essere rilevata d'ufficio dal giudice). Ciò in quanto norme poste a tutela di un interesse particolare della parte.

Al contrario, si ritiene che siano rilevabili d'ufficio le eccezioni di avvenuto pagamento, di novazione, di rimessione del debito, di rinuncia al diritto, di inesigibilità per l'apposizione di un termine o di una condizione, di concorso del fatto colposo del creditore ex art. 1227, comma 1, c.c. (a esclusione dell'eccezione di aggravamento del danno per fatto colposo del creditore, ex art. 1227, comma 2, c.c. - Cass. civ. n. 1213/2006; Cass. civ. n. 14853/2007; Cass. civ. n. 20324/2004, richiamate pure da Trib. Treviso n. 675/2017, sotto riportato), di giudicato e di simulazione nell'ipotesi di simulazione assoluta in cui è ravvisabile un motivo di nullità del contratto per mancanza di causa (in tal senso, Cass., n. 32/1985, richiamata sempre da Trib. Treviso n. 675/2017).

L'importanza della differenziazione fra eccezioni rilevabili d'ufficio ed eccezioni rilevabili su istanza di parte è di tutta evidenza dato che quelle rilevabili d'ufficio sono, appunto, rilevabili in ogni stato e grado del processo e non devono sottostare alle preclusioni che regolamentano il processo civile nel suo complesso.

Interessante, al riguardo, la motivazione della citata sentenza del Trib. Treviso, 23 marzo 2017, n. 675: “… è sufficiente ricordare come al termine eccezione si attribuiscano generalmente tre significati: 1) la contestazione dei fatti costitutivi della domanda. Si tratta delle c.d. "mere difese" ovvero di quelle contestazioni che si risolvono in una sollecitazione rivolta al giudice di accertare, com'è suo dovere, la fondatezza o l'infondatezza dei fatti costitutivi della domanda avversaria; 2) l'eccezione c.d. in senso lato, ovvero quella contestazione che consiste nella deduzione di fatti estintivi, modificativi, impeditivi della domanda rilevabili d'ufficio; 3) l'eccezione in senso stretto, quella cioè relativa ai fatti estintivi, modificativi, impeditivi la cui deduzione è riservata all'iniziativa della parte. La distinzione tra eccezioni in senso lato ed eccezioni in senso stretto poggia dunque sulla rilevabilità d'ufficio o meno delle medesime. La norma processuale fondamentale in materia è il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all'art. 112, c.p.c., in virtù del quale il giudice "non può pronunciare d'ufficio su eccezioni che possono essere proposte soltanto dalle parti". Da tale norma, se ne trae, argomentando a contrario, la regola generale della rilevabilità d'ufficio delle eccezioni, ad esclusione di quelle in ordine alle quali è necessaria la proposizione di parte. L'art. 112 c.p.c. opera dunque un rinvio per relationem ai singoli casi nei quali la legge specificamente riserva la deduzione dell'eccezione all'iniziativa della parte interessata, precludendone il rilievo ufficioso. Richiedono, altresì, l'impulso di parte quelle eccezioni che corrispondono all'esercizio di azioni costitutive, come l'eccezione di annullamento (art. 1442, ult. comma, c.c.) o di rescissione del contratto (art. 1449,2 comma, c.c.), che possono essere fatte valere anche in caso di prescrizione delle rispettive azioni, per l'ovvia considerazione che la fattispecie estintiva, modificativa o impeditiva, essendo diretta a tutelare un interesse particolare della parte, richiede comunque una espressa manifestazione di volontà dell'interessato affinché il giudice determini gli effetti della fattispecie costitutiva medesima, non diversamente da quanto accadrebbe qualora la parte, invece di sollevare la questione in via d'eccezione, avesse proposto la relativa azione. Le eccezioni di annullabilità e rescindibilità del contratto sono dunque, per loro essenza, eccezioni in senso stretto, non rilevabili d'ufficio. Oltre a queste, sono pacificamente qualificate come eccezioni in senso stretto le seguenti ipotesi: l'eccezione di compensazione (art. 1242 c.c.); l'eccezione di inadempimento (art. 1460 c.c., primo comma); l'eccezione di garanzia per vizi, anche se è prescritta l'azione (art. art. 1495 c.c., terzo comma e, in materia di appalto tra privati, art. 1667 c.c., terzo comma); l'eccezione di escussione da parte del fideiussore (art. 1944 c.c., secondo comma), l'eccezione di prescrizione (art. 2938 c.c.); l'eccezione di decadenza (art. 2969 c.c.). Sono invece rilevabili d'ufficio il pagamento, la novazione, la rimessione del debito, la rinuncia al diritto, l'inesigibilità per l'apposizione di un termine o di una condizione, il concorso del fatto colposo del creditore ex art. 1227, primo comma, c.c. (ma non l'eccezione di aggravamento del danno per fatto colposo del creditore, ex art. 1227, secondo comma, c.c. cfr. Cass. civ. 23 gennaio 2006, n. 1213; Cass. civ. 15 ottobre 2004, n. 20324; Cass. civ. 27 giugno 2007, n. 14853), l'eccezione di giudicato. Quanto all'eccezione di simulazione, è prevalente l'orientamento che postula la rilevabilità d'ufficio, ricorrendo, peraltro, quanto meno nell'ipotesi della simulazione assoluta, un motivo di nullità del contratto per mancanza di causa (in tal senso, Cass. Civ. 14.1.1985, n. 32). L'art. 167, comma 2, c.p.c. nel testo vigente assoggetta a decadenza le "eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio", se non proposte nella comparsa di risposta tempestivamente depositata. Il convenuto (al quale deve essere equiparato, per la prevalenza della posizione sostanziale, l'opponente a decreto ingiuntivo) ha l'onere di proporre le eccezioni in senso stretto, a pena di decadenza, in sede di tempestiva costituzione in giudizio (per l'opponente, con l'atto di citazione in opposizione all'ingiunzione) allegando specificamente sia il fatto estintivo, modificativo o impeditivo e invocando l'applicazione del relativo effetto alla situazione giuridica sottoposta al giudizio. Le eccezioni non riservate all'iniziativa di parte possono essere sollevate o rilevate anche oltre le barriere preclusive. Tuttavia, la Suprema Corte di Cassazione ha da tempo sottolineato che il potere d'ufficio del giudice attiene solo al riconoscimento degli effetti giuridici di fatti che siano pur sempre allegati dalla parte, sicché il potere di allegazione rimane riservato esclusivamente alla parte anche rispetto ai fatti costitutivi di eccezioni rilevabili d'ufficio. Detto in altri termini, il giudice può surrogare la parte nella affermazione degli effetti giuridici dei fatti allegati, ma non può sostituirsi nell'onere di allegazione, che, risolvendosi nella formulazione delle ipotesi di ricostruzione dei fatti funzionali alle pretese da far valere in giudizio, non può non essere riservato in via esclusiva a chi di quel diritto assume di essere titolare. Quindi, anche per le eccezioni rilevabili d'ufficio è indispensabile che i relativi fatti costitutivi siano stati tempestivamente allegati dalla parte nel giudizio, entro il termine di preclusione dell'art. 183, c.p.c. (Cfr. Cass. civ., sez. I, 10/10/2003, n. 15142 in Societa, 2004, 41). In linea di massima, quindi, una volta chiusa la fase della trattazione in senso stretto, ulteriori allegazioni, domande ed eccezioni non sarebbero ammissibili. La regola, di portata assolutamente generale, soffre tuttavia deroga, ad avviso della miglior dottrina processualistica, nelle ipotesi di sopravvenienze in fatto o in diritto. Al riguardo, questo giudice conviene con l'affermazione di una autorevolissima voce della dottrina italiana secondo la quale ove, a termini di preclusione spirati, sopravvenga un fatto rilevante per la decisione della causa, non pare dubbio che esso possa essere allegato in causa, essendo, al contrario inopportuno far retrocedere la preclusione del dedotto e del deducibile dall'udienza di precisazione delle conclusioni alla scadenza dei termini per le memorie ex art. 183 c.p.c. così dando la stura ad una moltiplicazione dei processi e negando rilevanza decisoria a fatti che, se non ammessi nella causa pendente, dovrebbero e potrebbero essere posti a fondamento di un'altra domanda che, invece, ben avrebbe potuto essere recepita in un processo ancora nello stadio della trattazione, ferma ovviamente la necessità di assicurare il corretto sviluppo dialettico del contraddittorio. Non solo, il non riconoscere rilevanza alle sopravvenienze occorse durante il processo determinerebbe un significativo vuoto di tutela rispetto all'iniziativa esecutiva su titolo provvisorio, derivante dalla rigorosa applicazione del granitico principio per il quale, in materia di opposizione all'esecuzione, non possono essere dedotti come motivi di opposizione fatti estintivi o impeditivi anteriori alla definitività del titolo esecutivo di formazione giudiziale, che la parte debitrice avrebbe potuto far valere nel giudizio in cui il titolo si è formato, ovvero come motivo di impugnazione. Anche le eccezioni in senso stretto, tuttavia correlate al verificarsi di sopravvenienze, possono dunque utilmente essere fatte valere in giudizio nonostante lo spirare dei termini di preclusione istruttoria e ciò, si badi, senza scomodare, come insistentemente ha fatto il patrocinio di parte opponente, l'istituto della rimessione in termini, il quale si fonda su ben altri presupposti (la decadenza oggettivamente incolpevole rispetto ad attività processuali che la parte avrebbe potuto e dovuto porre in essere tempestivamente). Tirando le fila del discorso, si deve concludere nel senso che, in materia di opposizione ad ingiunzione: - le mere difese non soffrono termini di preclusione, al pari delle eccezioni in senso lato, fermo, quanto a queste ultime, l'onere di tempestiva allegazione; - è sempre consentito al giudice il rilievo di fatti impeditivi o estintivi della domanda (monitoria) risultanti ex actis, come di ogni ipotesi di nullità negoziale; - le eccezioni in senso stretto devono essere espressamente sollevate con l'atto di opposizione, salvo che dipendono dal verificarsi di sopravvenienze in fatto e in diritto.”

Bisogna, comunque, precisare che anche per le eccezioni rilevabili d'ufficio sarà necessario allegare, in senso processuale, i fatti dai quali tale eccezione risulti, cioè l'esistenza di una eccezione rilevabile d'ufficio dovrà risultare in seno al processo e non potrà essere attinta altrove; è questo è proprio quanto afferma in motivazione la sentenza in commento.

Il giudice, in tali ipotesi, infatti, non può sostituirsi alla parte nell'assolvimento dell'obbligo di allegazione; obbligo, questo, che anche per le eccezioni rilevabili d'ufficio, deve essere assolto tempestivamente, entro il termine di preclusione di cui all'art. 183 c.p.c., ante riforma, ora 171-ter c.p.c. (Cass. civ., n.15142/2003, richiamata da Tribunale Treviso sopra citato).

In altre parole, ferme le preclusioni dettate per le allegazioni processuali, la loro rilevanza in ordine ad una eccezione rilevabile d'ufficio, potrà essere valutata in ogni stato e grado del procedimento.

Le soluzioni giuridiche

La soluzione che adotta, quindi, il giudice di Frosinone, secondo quanto sopra riportato, è chiaramente esposta in motivazione, ove si afferma che:

“3.1.1.Orbene, deve sul punto e in rito osservarsi preliminarmente che la controeccezione di rinuncia alla prescrizione - alla pari dell'eccezione di interruzione della prescrizione - si situa nel medesimo perimetro difensivo delle eccezioni in senso lato, posto, da un lato, che tanto la necessità della istanza di parte, quanto la correlata non rilevabilità ex officio non è prevista espressamente da alcuna norma di legge, dall'altro che la riserva alla parte di tale controeccezione non è desumibile dalla disciplina di diritto sostanziale del rapporto obbligatorio dedotto in giudizio, non ravvisandosi nella indicata controeccezione alcun esercizio di diritto potestativo o di impugnazione negoziale diretta alla produzione di effetti costitutivi di una diversa situazione giuridica, rispetto al rapporto obbligatorio controverso (così Cass. civ., sez. III, 15 novembre 2019, n. 29714); pertanto, può essere presa in esame dal giudice anche d'ufficio, senza una apposita iniziativa della parte interessata, purché i fatti sui quali la eccezione si fonda, anche se non allegati dalle parti, siano stati ritualmente acquisiti al processo (Cass. civ., sez. II, 10 febbraio 2020, n.3057). “

Ritualmente acquisiti al processo vuole dire che le allegazioni siano state prodotte rispettando le preclusioni processuali pur se non sia stata sollevata l'eccezione che ne poteva discendere.

Ed ancora, nel definire la fattispecie di rinuncia alla prescrizione, che può avvenire anche in modo tacito, afferma che:

“3.1.2.Ulteriormente, prima di esaminare l'eccezione con riferimento a ciascuna fattura, deve preliminarmente osservarsi che, perché sussista una rinuncia tacita alla prescrizione (art. 2937, comma 3, c.c.), occorre un'incompatibilità assoluta tra il comportamento del debitore e la volontà del medesimo di avvalersi della causa estintiva del diritto altrui. Cioè che nel comportamento del debitore sia necessariamente insita, senza possibilità di una diversa interpretazione, l'inequivocabile volontà di rinunciare alla prescrizione già maturata e, quindi, di considerare come tuttora esistente e azionabile quel diritto che si era invece estinto (Cass. civ., sez. III, 22 ottobre 2002, n. 14909).

Sul punto la giurisprudenza è consolidata nel ritenere che l'ammissione da parte del debitore che l'obbligazione non è stata estinta non costituisce motivo di rigetto dell'eccezione di prescrizione presuntiva se è avvenuta fuori dal giudizio. In questo caso essa infatti può valere soltanto ad interrompere il corso della prescrizione ai sensi dell'art. 2944 c.c. ove ciò sia ancora possibile (Cass. civ., sez. lav., sent., 12 giugno 2012, n. 9509; Cass. civ., sez. II, 24 aprile 2023, n. 6514; Cass. civ., sez. II, 12 settembre 2002, n. 13307). Ed alla data del 11.10.2012 la prescrizione (presuntiva) era già abbondantemente maturata per le fatture nn. 42/2000, 53/2000 e 50/2002, non potendo pertanto essere interrotta.

Senonché, deve aversi riguardo alla portata e al valore della certificazione dei crediti prot. n. 43029 del 12.09.2011, che reca la certificazione di una creditoria della GEAF a tale data di € 751.365,50.

Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, v'è differenza di natura ed effetti tra la dichiarazione con cui si riconosce l'altrui diritto e la rinuncia alla prescrizione: infatti, il soggetto che riconosca l'altrui diritto compie una dichiarazione di scienza, dagli effetti esclusivamente interruttivi della prescrizione, per avere ad oggetto il diritto della controparte, diversamente dall'istituto della rinuncia alla prescrizione, che è caratterizzato dalla manifestazione di una volontà negoziale con effetto definitivamente dismissioni, avente ad oggetto il proprio diritto alla liberazione dall'obbligo di adempimento (Cass. civ. n. 18425 del 2013).”

La motivazione continua nell'esaminare approfonditamente le risultanze processuali e se dalle stesse possa risultare una rinuncia ad avvalersi della prescrizione o un fatto interruttivo della stessa affermando, con buona pace, che quanto alla interruzione della prescrizione questa possa avere effetto solo se la prescrizione non sia già maturata e che un tale atto o fatto interruttivo non equivalga ad una rinunzia ad avvalersi della prescrizione, di per sé atto negoziale che necessità, appunto, della sussistenza della volontà in quel senso.

Bisogna, quindi, osservare che la motivazione, come rilevato in apertura, assai approfondita e per certi aspetti eccessivamente capziosa in alcuni punti, risulti concisa e condivisibile proprio nella parte relativa alla rilevabilità d'ufficio delle eccezioni di rinunzia alla prescrizione e di interruzione della prescrizione.

Non è sufficiente, infatti, riportarsi all'opinione comune della regola generale della rilevabilità d'ufficio delle eccezioni se non sia altrimenti disposto in quanto, e soprattutto in mancanza di una disposizione espressa dalle norme, questa regola generale si fonda sul presupposto stesso della natura dell'eccezione, come anticipato sopra.

Ed infatti il percorso argomentativo, che si può condividere, mette in risalto che, mentre l'eccezione di prescrizione è posta a tutela del debitore che decide se esercitarla o meno, l'eccezione di interruzione della prescrizione è insita proprio nella struttura del diritto la quale, ove la prescrizione non sia matura in quanto interrotta, incide proprio sulla esistenza stessa del diritto; allo stesso modo la rinuncia ad avvalersi della maturata prescrizione ove si intenda, come deve essere, un atto di natura negoziale e come tale fondante la reviviscenza del diritto di credito azionabile.

È questo, pertanto, il presupposto della rilevabilità d'ufficio che correttamente il giudicante rileva, soprattutto in assenza di una specifica norma che richieda l'eccezione di parte.

Osservazioni

Si può apprezzare l'analitica ed approfondita disamina del caso concreto, sia nell'analisi della normativa in materia di impegno di spesa per gli enti pubblici, nonché nella più concisa soluzione, condivisibile, della rilevabilità d'ufficio della interruzione della prescrizione e della rinunzia alla stessa, in quanto, si ripete, non è vero che la regola generale del rilievo d'ufficio delle eccezioni è espressamente indicata dal legislatore, ma essa si desume proprio dalla natura dell'eccezione stessa e dal diritto sotteso.

Riferimenti
  • Andrioli, Prova (dir. proc. civ.), in Nss. D.I., XIV, Torino, 1967, 260 ss.;
  • Cavallone, Oralità e disciplina delle prove nella riforma del processo civile, in Riv. dir. proc., 1984, 686 ss.;
  • Consolo - Luiso - Sassani, Commentario alla riforma del processo civile, Milano, 1996;
  • Fabbrini, Eccezione, in Enc. giur., XII, Roma, 1989;
  • Grasso, La pronuncia d'ufficio, Milano, 1967;
  • Picardi, Manuale del processo civile, Giuffrè, 2010, p. 144;
  • Verde, Domanda (principio della), I, in Enc. giur., XII, Roma, 1989;
  • Verde, Prova legale e formalismo, in Foro it. 1990, V, 465 ss.

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