Impugnazione della statuizione di inammissibilità dell'istanza di correzione dell'errore materiale
27 Giugno 2023
La Corte di cassazione, con la pronuncia del 21 giugno 2023, n. 17836, ha esaminato il ricorso proposto dal ricorrente contro la statuizione di inammissibilità di un'istanza di correzione di errore materiale pronunciata dalla Corte d'appello di Catanzaro.
Nel ricorso si evidenziava che una prima istanza di correzione dell'errore materiale, fondata sul fatto che le spese erano state poste a carico del soccombente (ed in favore dell'attuale ricorrente) in motivazione, ma non liquidate nel dispositivo, era stata rigettata, trattandosi di vizio di omessa pronuncia denunciabile solo a mezzo di gravame.
Con il ricorso, il ricorrente lamentava quindi che la Corte d'appello aveva errato nel dichiarare inammissibile l'istanza di correzione sul rilievo che si era spogliata della potestas iudicandi pronunciando sulla pregressa istanza di correzione, atteso che tale principio è applicabile solo quando la pronuncia entri nel merito.
I giudici della terza sezione della Corte di Cassazione hanno tuttavia dichiarato inammissibile il ricorso, in quanto il provvedimento impugnato, al di là della sua motivazione, costituisce comunque il diniego di un'istanza funzionale alla correzione di un allegato errore materiale, come tale inimpugnabile perché funzionale ad emendare errori di redazione del documento cartaceo che non intaccano il contenuto decisionale assunto (Cass. n. 5733/2019).
Per completare il quadro ricostruttivo è stato da ultimo precisato che: a) se dalla motivazione del provvedimento emerge la statuizione sulle spese, omessa in dispositivo, si potrà procedere alla correzione dell'errore materiale; b) se nulla dice anche la motivazione, bisognerà censurare la decisione per omessa pronuncia; c) in alcun caso il rigetto dell'istanza di correzione di errore materiale può costituire l'esercizio di un nuovo potere giurisdizionale in ordine ai diritti oggetto di lite; d) l'istanza di correzione di errore materiale è reiterabile non sussistendo l'esercizio, né dunque la consumazione, di una 'potestas iudicandi'. |