Le misure cautelari nella composizione negoziata: strumentalità ai fini delle trattative

27 Giugno 2023

Il Tribunale di Modena motiva il rigetto di una richiesta di applicazione di misura cautelare – consistente nel divieto per i fornitori di interrompere le forniture – argomentando sulla base della mancanza del periculum in mora e della non funzionalità della misura stessa alla tutela delle trattative.
Massime

Non può essere accolta l'istanza di concessione delle misure cautelari ove queste non siano funzionali alle trattative della composizione negoziata e prospettino un risultato ulteriore e più ampio rispetto a quello rinvenibile all'esito del merito, da individuare come uno dei provvedimenti di ristrutturazione previsti dal codice della crisi.

Qualora il test pratico riveli una situazione più vicina all'insolvenza che alla crisi, il sacrificio dei creditori dovrà essere contenuto con un termine breve e con una verifica più rigorosa delle concrete prospettive di risanamento, focalizzando l'impatto della continuità sul patrimonio, la disponibilità di nuove risorse e il valore del compendio aziendale.

Il caso

Una società attiva nel settore della ceramica deposita un ricorso ex artt. 18, 19 CCII per la conferma e/o la modifica delle misure protettive e – laddove non si ritenga che tra gli effetti delle misure protettive rientri anche il fatto che i fornitori di gas ed energia elettrica debbano continuare ad adempiere ai contratti pendenti – l'applicazione di una apposita misura cautelare consistente nel divieto per i fornitori di interrompere le forniture, in modo da assicurare la continuità dell'impresa.

Il piano in bozza prevede la diluizione a medio-lungo termine del debito a breve e la dismissione di alcuni asset non funzionali alla continuità.

L'esperto e l'ausiliario individuano diverse criticità con riferimento alla situazione patrimoniale e finanziaria della società, al piano di tesoreria, nonché, in generale, al piano di risanamento.

Nel parere, tuttavia, l'esperto ritiene non inopportune le misure richieste, precisando che lo spettro di queste non copre i comportamenti di cui al comma 5 dell'art. 18 CCII (tra cui il rifiuto unilaterale da parte dei creditori di adempiere i contratti pendenti).

L'Ausiliario, in ordine alla richiesta di misure cautelari, ne ha segnalato l'estrema “problematicità e criticità”, sottolineandone l'assenza di funzionalità in ordine alle trattative, posta l'insussistenza del requisito del periculum, considerato il fatto che “la società potrebbe beneficiare di un regime di salvaguardia che non comporterebbe l'interruzione delle forniture”. Il riferimento è alla delibera – segnalata anche nella memoria costitutiva di un creditore – con la quale l'Autorità di Regolazione reti e ambiente ha dettato disposizioni urgenti in materia di servizi di default trasporti i cui contratti, a determinate condizioni, possono essere prorogati fino al 31 marzo 2023.

Il Tribunale richiama l'indirizzo che àncora la concessione delle misure alle probabilità di risanamento e alla possibilità concreta di intavolare serie trattative: secondo il giudicante, in tal modo si attuerebbe un corretto bilanciamento di interessi tra la tutela dei creditori e il diritto del debitore di risanarsi.

Pertanto, argomenta il giudice, se il contesto del risanamento è di particolare incertezza, le misure protettive possono essere concesse solo per un periodo limitato, con una vigilanza qualificata dell'esperto al quale vengono attribuiti compiti di controllo sull'evoluzione del piano assai vicini a quelli del commissario.

Le misure cautelari relative all'ordine di continuità sulla fornitura di energia e gas sono invece rigettate, poiché prive della necessaria strumentalità, posto che, nella tesi del Tribunale, l'invocata cautela determinerebbe in tal modo effetti più ampi che in un procedimento di cognizione di merito.



La questione giuridica e la relativa soluzione

L'arresto in commento pone due profili di indagine: l'uno attinente alla funzionalità delle misure cautelari alla tutela delle trattative; l'altro relativo al vaglio demandato al Tribunale per la concessione delle misure protettive e alla durata delle stesse.

Il tribunale motiva il rigetto della richiesta di congelamento delle forniture di gas ed energia sulla base di due motivi.

Anzitutto, difetta il presupposto del periculum in quanto esiste il servizio di default, che permette di assicurare continuità a prezzi leggermente superiori all'erogazione di energia in caso di interruzione del servizio di fornitura per il mancato pagamento. Ne consegue che il paventato rischio di interruzione della fornitura non poteva essere nemmeno prospettato.

Inoltre, il termine di scadenza del contratto con l'attuale operatore era prossimo alla scadenza: l'eventuale accoglimento della richiesta cautelare (erroneamente formulata come protettiva) avrebbe avuto l'effetto di differire il termine contrattuale e dunque di sostituirsi alla volontà dei contraenti, imponendo un facere infungibile con l'obbligo di erogare nuove prestazioni. Una simile prospettiva, argomenta il tribunale, non può essere ammissibile per le misure cautelari. La necessaria strumentalità impone infatti di inibire effetti che non si potrebbero ottenere con il provvedimento di merito, quali appunto il differimento di scadenza naturale del contratto.

Il secondo tema riguarda il perimetro di valutazione che compete al Giudice al fine della conferma delle misure protettive, nonché alla correlazione tra la gravità della crisi attestata dal test pratico, le probabilità di successo del tentativo di risanamento e la durata delle misure.

Il Tribunale argomenta ricordando che le misure protettive devono essere funzionali al risanamento dell'impresa e al buon esito delle trattative e non devono essere sproporzionate rispetto al pregiudizio arrecato ai creditori istanti, dovendo in tal caso essere prontamente revocate (art. 19, comma 5, CCII).

Il Giudice deve contemperare l'interesse del debitore alla soluzione negoziale della crisi, e quello dei creditori a non subire un pregiudizio irreparabile dall'applicazione delle misure.

È dunque necessario che il giudice operi un controllo nel merito del progetto di piano e della sua probabilità di successo, verificando, nel solco del decreto dirigenziale del 28 settembre 2021 (i) l'eventualità che la continuità aziendale polverizzi risorse, (ii) la disponibilità dell'imprenditore a immettere nuove risorse, (iii) il valore del compendio aziendale, nonché l'esito del test pratico.

Nel caso di specie, l'incertezza nel risultato del test pratico, che oscillava con un risultato compreso tra 4 e 20, e le criticità notate dall'ausiliario e dall'esperto – che peraltro non aveva ancora sciolto la riserva – inpongono al Tribunale di circoscrivere la concessione delle misure protettive ad un periodo di tempo limitato, “funzionale a consentire all'esperto di vagliare la bontà del progetto di risanamento e ai creditori di intavolare un serio percorso di trattative”.

Il Tribunale ha ritenuto di richiedere all'esperto di segnalare la sopravvenuta inutilità delle misure a soddisfare l'obiettivo di assicurare il buon esito delle trattative o l'eventuale sproporzione del pregiudizio arrecato ai creditori.



Osservazioni

La strumentalità delle misure protettive e cautelari è strettamente connessa al risanamento perseguito dalla composizione negoziata.

Mentre, infatti, l'art. 54, comma 1, CCII prevede che su istanza di parte il tribunale possa emettere provvedimenti cautelari per assicurare in via provvisoria gli effetti dello strumento di regolazione della crisi, l'art. 19, comma 1, CCII stabilisce che le misure cautelari devono essere funzionali non a un provvedimento giudiziale, ma alla conclusione delle trattative.

Pertanto, seppur definite “cautelari”, le misure della composizione negoziata si caratterizzano per una strumentalità affatto peculiare, poiché non accede alla tutela di un diritto da accertare in un giudizio nel merito, come le misure cautelari previste dall'art. 54 CCII, bensì ad una aspettativa negoziale come strumento di risoluzione della crisi.

Dunque, il fumus boni iuris verte non sulla parvenza di un diritto bensì sulla probabilità di risanamento attraverso trattative private.

Per tali ragioni la delibera dell'Autorità di Regolazione reti e ambiente che assicura il servizio di default, segnalato dal creditore costituito e richiamato dal tribunale, assicura la continuità nella fornitura e non consente di delineare uno scenario in grado di compromettere la continuità per il tempo delle negoziazioni.

In quest'ottica, e contrariamente alle argomentazioni del tribunale, sarebbe possibile supporre uno scenario in cui il provvedimento atipico cautelare superi l'estensione del petitum del provvedimento di merito, poiché la cautela non è vincolata a tale perimetro ma al buon esito delle trattative: pertanto può avere un contenuto diverso e più ampio.

Quanto invece alla durata delle misure, il tribunale considera il rapporto tra lo stato di crisi o insolvenza e la durata inversamente proporzionale: quanto più profonda è l'insolvenza tanto minore sarà il loro termine di durata.

In questa prospettiva va letto il periculum in mora, il bilanciamento di interessi che deve operare il tribunale: se l'insolvenza è irreversibile, perché imporre ai creditori un sacrificio privo di qualsiasi contropartita?

I rilievi dell'esperto e dell'ausiliario avevano evidenziato carenze capaci di rendere assai sfidante la conclusione del piano concludendo pertanto per la concessione di un termine breve.

L'orientamento del tribunale non pare sempre condivisibile.

Il tempo intercorrente tra la predisposizione del “progetto” di piano all'accesso alla procedura e l'udienza per la conferma delle misure è troppo breve per riuscire ad elaborare un progetto definito ed esente da critiche: l'esperto ben può migliorare l'elaborato rendendolo meno “sfidante”.

Anche il decreto ministeriale del 28 settembre 2021 (Sezione II) in tema di check-list specifica che il piano non deve essere immediatamente esaustivo perché prevede che possa essere redatto (e dunque anche perfezionato) anche nel corso della procedura.

La composizione deve essere considerata un “percorso”: dunque un atto di successive approssimazioni intrapreso volontariamente dall'imprenditore che deve essere valutato in un'ottica di forward looking.

Il vaglio giudiziale sulla strumentalità e sulla durata in sede di conferma delle misure dovrà tenere conto (i) dei tempi ristretti, che incidono sulla completezza del piano, (ii) delle trattative e (iii) del valore dell'azienda e delle ripercussioni che il dissesto avrebbe sull'imprenditore e gli stakeholder.

Inoltre il bilanciamento di interessi per la concessione delle misure deve essere interpretato alla luce della Direttiva Insolvency e della relazione illustrativa al D.L. 118/2021.

La volontà del legislatore europeo di scongiurare l'insolvenza attraverso l'accesso a quadri di ristrutturazione preventiva si concretizza nella possibilità per l'imprenditore di negoziare con i creditori beneficiando dell'ombrello protettivo.

E dunque quanto più la situazione è complessa e prossima all'insolvenza le soluzioni sono due. Un'alternativa è non concedere affatto un termine, perché se l'insolvenza è irreversibile non ci sono speranze. Oppure occorre prendere atto dell'estrema difficoltà e della sfida di un risanamento difficilmente attuabile. Se il termine per le protettive deve essere concesso in questo contesto, sarà necessario dilatarlo il più possibile e non comprimerlo per consentire di elaborare un piano di maggiore complessità rispetto a quello di una impresa in semplice stato di precrisi.



Conclusioni

La lettura delle nuove disposizioni e dei nuovi principi ispiratori del codice della crisi mi pare sia ancora condizionata dai principi ispiratori della precedente esperienza concorsuale, come è naturale. Occorrerebbe a mio avviso attribuire più fiducia all'imprenditore anche a scapito dei creditori se il progetto di piano non è adeguato, perché il poco tempo a disposizione non può seriamente consentire di definire una proposta compiuta e affidabile già all'udienza della convalida delle protettive. Le critiche al progetto di piano devono essere pertanto considerate fisiologiche e non patologiche, se non si vuole pensare che gli advisor si dedichino al piano per un periodo di almeno sei mesi prima del deposito. In questa fase di avvio della composizione, almeno, sarà impossibile perché l'accesso al procedimento avverrà più probabilmente in una fase non precoce ma avanzata della crisi, magari sotto la spinta di una istanza di liquidazione giudiziale di un creditore.



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