La fallibilità della società in house: spunti critici sulla recente pronuncia della Cassazione

Francesco Vignoli
03 Luglio 2023

Con questa pronuncia, i Giudici della Corte di cassazione, accogliendo la tesi c.d. “privatistica”, hanno concluso per la assoggettabilità alle norme che disciplinano il fallimento della società in house. L'Autore sottopone a vaglio critico tale decisione, suggerendo una soluzione alternativa che tenga conto della natura della società in house quale mera articolazione nell'ambito dell'ente pubblico.
La massima

Va confermata l'assoggettabilità delle società in house alla disciplina fallimentare l'art. 1 l. fall., nell'escludere dall'area della concorsualità gli enti pubblici ma non le società pubbliche, esprime la scelta del legislatore di consentire l'esercizio di determinate attività a società di capitali per perseguire l'interesse pubblico, ma ciò comporta che le stesse assumano i rischi connessi alla loro insolvenza.



Il caso

Il Tribunale di Roma, in esito a un procedimento innestato da una domanda di concordato preventivo con riserva, su istanza della debitrice e con l'adesione del pubblico ministero dichiarava il fallimento di una società interamente partecipata dall'ente pubblico Enit.

Avverso la pronuncia, il Ministero dello Sviluppo Economico proponeva reclamo fondato sulla natura di società in house della debitrice che, secondo il reclamante, ne avrebbe escluso la fallibilità.

Il ricorso veniva respinto dalla Corte d'appello di Roma sulla base dello ius superveniens dell'art. 14 del d.lgs. n. 175/2016, che assoggetta le società pubbliche alle norme dettate in tema di concordato preventivo e fallimento.

La Corte di cassazione veniva adita, con ricorso contro la pronuncia della Corte d'Appello romana, da parte del Ministero dello Sviluppo Economico.



La soluzione della Corte e alcune osservazioni

Il ricorso per Cassazione veniva interposto sulla base di un duplice motivo: da un lato, la violazione dell'art. 11 disp. prel. c.c.; dall'altro, la natura in house della società in esame.

La Corte respinge il primo motivo “per carenza di interesse ad agire” e il secondo invocando il dato normativo dell'art. 14 del d.lgs. n. 175/2016 (testo unico in materia di società a partecipazione pubblica), in quanto “l'identità dell'azionista non assume alcun rilievo quanto alle vicende della società”.

La pronuncia si presta a qualche spunto critico.

Innanzitutto, sostenere che la censura di irretroattività dell'art. 14 sia inammissibile perché “ininfluente” lascia margine ad alcune perplessità.

La contestazione della difesa della ricorrente sarebbe risultata più agevolmente superabile non invocando la carenza dell'interesse ad agire (che francamente sembrerebbe, invece, sussistere), ma segnalando che l'intervento del legislatore, con l'approvazione del d.lgs. n. 175/2016, ha inteso dirimere un contrasto interpretativo e che la novella non ha portata innovativa o comunque l'interpretazione della fallibilità della società in house era già ricavabile dall'ordinamento.

Prima dell'introduzione del testo unico delle società pubbliche, in assenza di riferimenti espliciti, si contrapponeva una tesi “privatistica” ed una tesi “pubblicistica”, secondo cui la società in house consisteva in una forma di autoproduzione dell'Amministrazione, una sorta di longa manus della parte pubblica di appartenenza, escludendo così che la società potesse fallire.

La Cassazione, nella pronuncia in commento, aderisce alla opzione “privatistica”, assumendo che “il d.lgs. n. 175/16, art. 14 esplicita da un lato la riconduzione delle società a partecipazione pubblica all'ordinario regime civilistico, e dall'altro che le società in house sono regolate dalla medesima disciplina che governa, in generale, le società partecipate (tra varie, Cass., sez. un., 1° dicembre 2016, n. 24591), e che comprende l'assoggettabilità al fallimento: tutte le società pubbliche che svolgano attività commerciale…quali che siano la composizione del loro capitale sociale, le attività in concreto esercitate, oppure le forme di controllo cui risultano effettivamente sottoposte, restano assoggettate al fallimento, al pari di ogni altro sodalizio nei cui confronti debbano trovare applicazione le norme codicistiche (Cass. civ., sez. I, 7 febbraio 2017, n. 3196 e 2 luglio 2018, n. 17279)”.

La pronuncia in esame sostiene che “l'ordinario regime privatistico si riverbera sulla fallibilità” e che una diversa soluzione “minerebbe le regole della concorrenza, che impongono parità di trattamento tra quanti operano all'interno di uno stesso mercato con identiche forme e medesime modalità”.

L'interpretazione adottata dalla S.C. è quella più aderente al dato letterale dell'art. 14 sopra citato e probabilmente, ai fini di una soluzione che assicuri la certezza dei rapporti è quella più garantista, ma desta non pochi profili critici alla luce della natura sostanziale dell'in house, anche in relazione ai recenti interventi del legislatore.

L'abuso della lingua inglese, percepibile ormai in ogni settore, anche in campo giuridico, rischia di fuorviare, introducendo una dicotomia, nell'ambito dei tipi societari, difficilmente comprensibile.

È opportuno affidarsi all'italiano e ricorrere all'espressione “delegazione interorganica” come se fosse una sorta di traduzione dell'in house providing, per evidenziare come, a dispetto della veste imprenditoriale, la società in house non è altro che una forma di auto-organizzazione dell'ente, una mera articolazione nell'ambito di un ente pubblico.

Perché sussista la società in house, rectius una delegazione interorganica, non è sufficiente l'integrale partecipazione pubblica, essendo altresì necessario che l'amministrazione partecipante eserciti un “controllo analogo” a quello esercitato sui propri servizi e vi sia la “destinazione prevalente dell'attività”, ossia il soggetto partecipato svolga la maggior parte della propria attività in favore dell'ente pubblico di appartenenza (cfr. fra le decisioni più significative Corte Giust. UE 18 novembre 1999 Teckal e Cass., sez. un., 25 novembre 2013 n. 26283).

È vero che le più recenti riforme ammettono anche una partecipazione privata, ma tale opzione è rimasta finora sostanzialmente inattuata e comunque l'apporto del privato non dovrebbe condizionare il controllo pubblico.

A fronte di requisiti propri e distinti dell'in house rispetto alle altre società in mano pubblica, ritenere che l'art. 14 citato, nel prevedere che “le società a partecipazione pubblica sono soggette alle disposizioni sul fallimento” comprenda l'in house, rischia di introdurre un elemento distonico non solo in relazione alla natura sostanziale dell'in house, ma anche con riferimento al quadro d'insieme dell'ordinamento.

Innanzitutto, giova considerare l'art. 12 dello stesso testo unico delle società pubbliche laddove si dispone che “i componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società partecipate sono soggetti alle azioni civili di responsabilità previste dalla disciplina ordinaria delle società di capitali, salva la giurisdizione della Corte dei conti per il danno erariale causato dagli amministratori e dai dipendenti delle società in house”.

Tale distinzione è volta proprio ad evidenziare l'alterità formale ma non sostanziale dell'in house rispetto all'Amministrazione di riferimento.

È significativo che il nuovo Codice degli appalti pubblici, approvato con d.lgs. n. 36/2023, le cui disposizioni hanno efficacia dal 1° luglio 2023, nell'affermare ex art. 7 il “principio di auto-organizzazione amministrativa” distingue fra autoproduzione, esternalizzazione e cooperazione intese come forme autonome e alternative.

Non vi è dubbio che l'in house rientri fra le ipotesi di autoproduzione ed altresì emerge come il nuovo Codice (cfr. il II comma dell'art. 7 citato) abbia un'impostazione meno rigorosa in relazione alla disciplina dell'in house prevedendo, a monte della scelta della “delegazione interorganica”, una motivazione meno stringente rispetto a quella dell'art. 192 del previgente Codice degli appalti n. 50/2016.

Anche in tema di servizi locali di interesse economico generale, il recente intervento del legislatore, con l'approvazione del d.lgs. n. 201/2022, delinea una disciplina specifica per l'in house che tende a rimarcare la natura di longa manus rispetto all'Amministrazione di appartenenza, al fine di non sacrificare il mercato.



Conclusioni

In definitiva, la soluzione “privatistica” che ammette il fallimento risulta sì quella più aderente al dato letterale dell'art. 14 sopra citato, che non fa distinzione a seconda del tipo di compagine societaria in mano pubblica, ma rischia di non essere pienamente rispettosa del più ampio contesto normativo, anche alla luce delle novità intercorse.

In un quadro attinto dalle indicazioni del diritto eurounitario in tema di concorrenza, sembra utile una riflessione che tenga conto della non alterità della società in house rispetto all'ente per il quale la prima svolge funzioni ancillari.

La società domestica non è un'entità posta al di fuori dell'ente pubblico, atteso che quest'ultimo ne dispone come di una propria articolazione interna.

Non è congruo configurare un rapporto di alterità: la distinzione fra patrimonio dell'ente e quello della società si può porre in termini di separazione patrimoniale, ma non di distinta titolarità.

Prevale, nel contesto giuridico unionale, una nozione sostanzialista di ente pubblico che accoglie nel suo seno anche soggetti aventi una veste privatistica ma che svolgono attività di pubblico interesse. È una nozione mobile di Pubblica Amministrazione, elaborata ambito per ambito. Si tratta di una opzione abdicativa rispetto a soluzioni generali e omnicomprensive, ma diretta a dilatare o diminuire il concetto di soggetto pubblico a seconda dell'interesse dell'ordinamento.

Se l'approccio ermeneutico deve essere sostanziale, secondo le indicazioni del diritto eurounitario, non può che riconoscersi una nozione mobile di pubblica amministrazione che prescinda dalla veste formale per tenere conto della pubblicità sostanziale che, per l'in house, è davvero innegabile.



Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.