Procedure concorsuali: l'approvazione dello stato passivo ha efficacia di giudicato?

La Redazione
04 Luglio 2023

La Suprema Corte ha reso una decisione con la quale è stata rilevata la violazione del giudicato endofallimentare formatosi con l'approvazione dello stato passivo, in un caso nel quale tale giudicato viene messo in discussione dai Commissari nel conto di gestione e nel piano di riparto

Il creditore concorsuale può denunciare la violazione in sede di riparto del giudicato endofallimentare che si assume essersi formato con l'approvazione dello stato passivo. La natura stessa del giudicato, propria del decreto di approvazione dello stato passivo, ne comporta l'assimilabilità agli elementi normativi della fattispecie ed esclude la possibilità di ricorrere ai criteri ermeneutici dettati per le manifestazioni di volontà negoziale, trovando applicazione i principi dettati dall'art. 12 e ss. disp. prel. c.c.

A stabilirlo è una pronuncia della Corte di Cassazione a seguito di una complessa vicenda giudiziaria nata in seno ad una procedura fallimentare successivamente convertita in amministrazione straordinaria.

Con ricorso ex art. 213 l. fall., l'istante contestava il conto di gestione ed il piano di riparto. Secondo la memoria del ricorrente, il calcolo del credito chirografario, in relazione agli interessi maturati, era stato eseguito in maniera scorretta perché nel progetto di riparto finale erano stati quantificati in euro 470.633,39 anziché in euro 741.874,00. Tali interessi, sempre secondo il ricorrente, si sarebbero dovuti calcolare nell'importo fisso di vecchie lire 216.002 prodie, come previsto dalla comunicazione dell'ammissione al passivo inviata dai liquidatori al creditore sulla quale sarebbe maturato il giudicato endofallimentare, immodificabile dal Tribunale, e non in misura variabile, come invece fatto dai commissari.

Il ricorso veniva rigettato in entrambi i gradi di giudizio e il ricorrente si vedeva costretto a far valere le proprie ragioni dinnanzi al Giudice di Legittimità.

La censura mossa dall'istante è quella secondo cui, tanto i commissari in sede di predisposizione del piano di riparto, quanto i giudici di merito hanno trascurato la forza del giudicato formatosi sullo stato passivo.

La Corte accoglie il ricorso. Con un'approfondita disamina dei precedenti in materia, il Collegio osserva come nel «procedimento fallimentare l'ammissione di un credito, sancita dalla definitività dello stato passivo, acquisisce all'interno della procedura concorsuale un grado di stabilità assimilabile al giudicato, con efficacia preclusiva di ogni questione che riguardi il credito, comprese le eventuali cause di prelazione che lo assistono» (Cass. civ., sez. I, 27 ottobre 2017 n. 25640, Cass. civ., sez. I, 3 dicembre 2020, n. 27709). Tale principio, ormai consolidato, sarebbe applicabile anche al caso di specie.

La Corte spiega inoltre come eventuali contestazioni concernenti l'esistenza, entità e qualità dei crediti ammessi, tanto in una procedura fallimentare quanto in una procedura di liquidazione coatta amministrativa, sono proponibili soltanto con l'impugnazione dello stato passivo, ai sensi dell'art. 100 l. fall., che l'art. 209 della stessa legge richiama, ma non con il reclamo avverso il piano di riparto ai sensi dell'art. 110 l. fall. o dell'art. 213 l. fall., nei cui confronti le contestazioni ammissibili sono limitate all'ordine di distribuzione delle somme. (Cass. civ., sentenza n. 5769/2001).

Nel caso di specie, la contestazione del piano di riparto è ammissibile: viene denunciata dal creditore concorsuale la violazione in sede di riparto del giudicato endofallimentare, che si assume essersi formato con l'approvazione dello stato passivo. Ciò in quanto «in sede di ripartizione dell'attivo fallimentare non è possibile rimettere in discussione l'importo dei crediti ammessi e le cause di prelazione riconosciute o escluse in sede di verificazione del passivo, attesa l'efficacia preclusiva, nell'ambito della procedura concorsuale, del decreto di approvazione dello stato passivo, né sono ammesse contestazioni attinenti ad altre fasi della procedura» (Cass. civ., sez. I, 24 settembre 2010, n. 20180; Cass. civ., sez. I, 21 ottobre 2020, n. 22954). Tale principio vincola al rispetto giudicato anche il curatore fallimentare ed i commissari.

In conclusione, dunque, la Corte cassa con rinvio l'ordinanza impugnata, rimettendo la questione alla Corte d' Appello in diversa composizione.

Fonte: www.dirittoegiustizia.it

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