Il beneficio dell'esdebitazione nel Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza

Luca Jeantet
05 Luglio 2023

L'articolo tratta dell'istituto dell'esdebitazione soffermandosi, in particolare, sui profili che attengono alla possibilità di applicare, a quei soggetti la cui insolvenza sia stata dichiarata secondo le norme della Legge fallimentare, la “nuova” disciplina esdebitativa contenuta nel Codice della Crisi d'impresa e dell'Insolvenza.
L'istituto dell'esdebitazione

L'istituto dell'esdebitazione costituisce una misura premiale che consiste nella liberazione del soggetto interessato da liquidazione giudiziale o liquidazione controllata dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti, al ricorrere di determinati presupposti e condizioni.

L'istituto trova applicazione nei confronti della persona fisica liquidata, con la conseguenza che possono accedere all'esdebitazione l'imprenditore individuale ed i soci illimitatamente responsabili, mentre ne restano escluse le società di capitali.



Il susseguirsi della normativa nel tempo: l'applicazione del CCII ai soggetti falliti ai sensi della Legge fallimentare

L'istituto dell'esdebitazione trova oggi la sua disciplina negli artt. 278 e seguenti del Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza (CCII) che regolano il procedimento esdebitativo nella liquidazione giudiziale e nella liquidazione controllata.

All'indomani della vigenza del CCII, vale a dire dal 15 luglio 2022, i Tribunali si sono interrogati su quale disciplina esdebitativa applicare ai soggetti la cui insolvenza fosse stata dichiarata ai sensi della precedente Legge Fallimentare.

L'art. 390 CCII rubricato “disciplina transitoria” non contiene alcun riferimento all'esdebitazione che, pur essendo necessariamente successiva alla procedura liquidatoria (o fallimentare), costituisce un autonomo istituto, con la conseguenza che trova la sua disciplina nella legge vigente al momento del deposito dell'istanza esdebitativa.

Così ragionando, pertanto, la giurisprudenza è giunta a ritenere applicabile la disciplina dell'esdebitazione prevista nel CCII anche a procedure chiuse ai sensi della previgente Legge Fallimentare, sulla base di una motivazione che fa leva, da un lato, sull'assenza di una regolazione del diritto transitorio con specifico riferimento all'istituto dell'esdebitazione e, dall'altro, sulle caratteristiche dell'istituto dell'esdebitazione (Trib. Verona, sez. II, 2 dicembre 2022 – rel. Lanni e Trib. Mantova, 9 febbraio 2023).

In questo senso, il Tribunale di Torino, con pronuncia del 9 marzo 2023, ha argomentato nei seguenti termini:

“L'art. 390 CCII, rubricato “disciplina transitoria”, stabilisce l'ultrattività della Legge Fallimentare e della L. n. 3/2012 (i) per i ricorsi, le proposte e le domande depositati prima del 15 luglio 2022 – data di entrata in vigore del CCII – (ii) per le procedure concorsuali pendenti a tale data, e (iii) per le procedure concorsuali aperte a seguito della definizione dei ricorsi e delle domande depositati anteriormente a tale data.

La norma in esame non contiene alcun riferimento espresso all'istituto dell'esdebitazione, né pare fare riferimento implicito a tale istituto, a meno che non si intenda qualificare l'esdebitazione come naturale propaggine di una procedura fallimentare chiusa antecedentemente alla data di entrata in vigore del CCII o pendente a tale data. Un'operazione ermeneutica di questo tipo non appare tuttavia corretta, considerato che l'istituto dell'esdebitazione risulta dotato di una propria autonomia rispetto alla procedura concorsuale a cui accede: sul piano procedimentale, il deposito di un ricorso per l'esdebitazione “ha una sua autonomia che la rende qualificabile come istituto a sé stante rispetto alla procedura concorsuale in senso stretto, regolando ciò che sopravvive ad essa” (Trib. Verona, cit.). Tale autonomia è ancora più evidente nella disciplina prevista dagli artt. 142 ss. l. fall. e 14-terdecies l. n. 3/2012, ove si prevedeva che l'effetto tipico dell'esdebitazione conseguente al fallimento o alla liquidazione giudiziale – e cioè “il beneficio della liberazione dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali” – conseguisse ad una pronuncia del giudice che poteva intervenire, su istanza di parte, non solo “con il decreto di chiusura” – e dunque con un atto tipico della procedura concorsuale – ma anche esaurita la procedura stessa, nell'ipotesi in cui il ricorso fosse presentato entro un anno dalla chiusura. D'altra parte, tanto nella vecchia disciplina che in quella attuale, non pare dubitabile che l'effetto tipico dell'esdebitazione, e cioè “l'inesigibilità dal debitore dei crediti rimasti insoddisfatti nell'ambito di una procedura di liquidazione giudiziale o di liquidazione controllata (art. 278 CCII), consegua ad una pronuncia costitutiva del Tribunale, avente efficacia ex nunc. A queste premesse consegue che “l'ultrattività prevista dall'art. 390 comma 2, CCII può essere riferita solo all'aspetto procedimentale dell'esdebitazione, ma non anche alla disciplina concernente i suoi presupposti di diritto sostanziale”, i quali “devono essere accertati sulla base della legge vigente al momento della pronuncia costitutiva del giudice, in forma dell'art. 11 preleggi c.c., e ciò anche nell'ipotesi in cui riguardi procedure chiuse prima dell'entrata in vigore della nuova normativa (per le quali il rapporto giuridico concernente l'esdebitazione non sia ancora esaurito per decorso del termine annuale previsto dall'art. 143 L.F.” (Trib. Verona, cit.)”.



I requisiti per l'esdebitazione

L'art. 280 CCII elenca le condizioni per l'esdebitazione, affermando che è ammesso al beneficio della liberazione dei debiti, colui che:

  1. non sia stato condannato con sentenza passata in giudicato per bancarotta fraudolenta o per i delitti contro l'economia pubblica, l'industria ed il commercio o altri delitti compiuti in connessione con l'esercizio dell'attività d'impresa, salva riabilitazione;
  2. non abbia distratto l'attivo o esposto passività insussistenti, cagionato o aggravato il dissesto rendendo gravemente difficoltosa la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari o fatto ricorso abusivo al credito;
  3. non abbia ostacolato o rallentato lo svolgimento della procedura e abbia fornito agli organi ad essa preposti tutte le informazioni utili ed i documenti necessari al suo buon andamento;
  4. non abbia beneficiato di altra esdebitazione nei cinque anni precedenti la scadenza del termine per l'esdebitazione;
  5. non abbia già beneficiato dell'esdebitazione per due volte.

Come anticipato, tra i requisiti dell'esdebitazione, non vi è menzione al soddisfacimento quantomeno parziale della massa dei creditori.

Il Legislatore ha, dunque, escluso dalla normativa del CCII il requisito espressamente previsto dal previgente art. 142 comma 2, l. fall. ove si affermava che “l'esdebitazione non può essere concessa qualora non siano stati soddisfatti neppure in parte i creditori concorsuali”.

La scelta del Legislatore, a ben vedere, recepisce la giurisprudenza antecedente all'entrata in vigore del CCII, che tendeva a concedere il beneficio dell'esdebitazione anche in presenza di pagamenti di crediti percentualmente molto bassi rispetto alla massa passiva complessiva (Cass. civ, sez. II, 20 aprile 2017, n. 9917, Cass. civ., sez. I, 27 marzo 2018, n. 7550 e Cass. civ., sez. VI, 30 luglio 2020, n. 16263).

La ratio è stata ricondotta alla necessità di contemperare il favor debitoris con l'esigenza di adottare una prospettiva dichiaratamente attenta al garantire un pari trattamento tra i debitori sottoposti a procedure concorsuali prima dell'entrata in vigore del CCII e quelli che lo sono stati dopo quel momento.

In questo senso, merita citare la Corte d'Appello di Bologna che, con la pronuncia del 18 febbraio 2022, ha affermato:

“in ragione della legge delega n. 155 del 2017 (“Delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza”), dell'approvazione del nuovo CCII (d.lgs. n. 14/2019), della direttiva n. 1023/2019 del Parlamento Europeo e del Consiglio e dell'art. 14quatredecies della legge n. 3 del 2012 (come modificato dalla legge n. 176 del 2020), il requisito oggettivo per l'esdebitazione deve considerarsi tacitamente abrogato, a meno di voler dar adito ad ingiustificate disparità di trattamento tra vecchi falliti e nuovi soggetti sottoposti alla liquidazione giudiziale o sovraindebitati, legittimati questi ultimi a chiedere la liberazione dei debiti pregressi in presenza dei soli requisiti soggettivi. Ne deriva che se anche dovesse essere ammessa la permanenza nell'ordinamento attuale del parametro oggettivo esso dovrebbe essere svalutato ed interpretato nel senso assolutamente favorevole al debitore”.



La tempistica dell'esdebitazione

Negli artt. 279 e 281 CCII è previsto che l'esdebitazione possa essere pronunciata in pendenza di liquidazione giudiziale su istanza del debitore, decorsi almeno tre anni dall'apertura, oppure alla chiusura della stessa, anche d'ufficio, ma non oltre.

Il Legislatore ha, dunque, introdotto la possibilità di scindere il momento esdebitativo dalla chiusura della procedura e dunque dall'esito delle operazioni di liquidazione; e ciò tanto in caso di liquidazione giudiziale, quanto in caso di liquidazione controllata dove l'effetto esdebitativo è ancor più incisivo in quanto “opera di diritto” (art. 282 CCII).

Nel caso in cui l'esdebitazione venga dichiarata prima della chiusura delle attività liquidatorie, queste ultime proseguono con riferimento ai soli beni costituenti massa attiva concorsuale e non su quelli che potranno pervenire al soggetto esdebitato nel periodo successivo (Trib. Verona, sez. II, 20 settembre 2022 – rel. Lanni e Trib. Bologna, 29 novembre 2022).



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