La motivazione della sentenza tra processo civile e processo tributario
06 Luglio 2023
La vicenda riguardava l'impugnazione di un avviso di accertamento per IRPEF, IVA e IRAP emesso nei confronti della contribuente, esercente la professione di notaio, a seguito di ripresa a tassazione di maggiori compensi derivanti dall'attività professionale per l'anno 2009.
In primo grado, la CTP di Bari aveva rigettato il ricorso della contribuente. In appello, la Commissione tributaria regionale della Puglia aveva riformato la sentenza di primo grado, ritenendo l'avviso di accertamento illegittimo sotto diversi profili.
L'Agenzia delle Entrate aveva quindi proposto ricorso per cassazione contro la sentenza della CTR, denunciandone, per quanto di interesse, la nullità, per motivazione apparente, in quanto essa si limitava a trascrivere alcune parti dell'atto di appello, senza spiegare le ragioni della decisione.
La Cassazione ha tuttavia rilevato che la motivazione della sentenza impugnata, nonostante la trascrizione di parti dell'atto d'appello, non rientra nei paradigmi invalidanti indicati dalla giurisprudenza della Corte, atteso che le sue argomentazioni risultano comunque idonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento. Si richiama sul punto il principio per cui «nel processo civile ed in quello tributario, la sentenza la cui motivazione si limiti a riprodurre il contenuto di un atto di parte (o di altri atti processuali o provvedimenti giudiziari), senza niente aggiungervi, non è nulla qualora le ragioni della decisione siano, in ogni caso, attribuibili all'organo giudicante e risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo, atteso che, in base alle disposizioni costituzionali e processuali, tale tecnica di redazione non può ritenersi, di per sé, sintomatica di un difetto d'imparzialità del giudice, al quale non è imposta l'originalità né dei contenuti né delle modalità espositive, tanto più che la validità degli atti processuali si pone su un piano diverso rispetto alla valutazione professionale o disciplinare del magistrato» (Cass. civ., sez. un., 16 gennaio 2015, n. 642).
Nel caso di specie la CTR aveva correttamente assolto il proprio obbligo motivazionale, in quanto non si era limitata ad accogliere i motivi di appello, riguardanti l'incompetenza territoriale dell'Ufficio che ha emesso l'avviso, la decadenza dal potere accertativo per tardiva notificazione dell'atto, la carenza di potere del soggetto che aveva sottoscritto l'avviso di accertamento e il mancato rispetto del termine dilatorio, ma aveva esaminato la pretesa anche nel merito, ritenendola infondata. |