La “sofferenza menomazione-correlata” nella Tabella di Milano 2021: alcuni chiarimenti (in difetto di un espresso raccordo col quesito medico legale)

Giuseppe Chiriatti
10 Luglio 2023

Il quesito medico legale approvato nel 2021 dall'Osservatorio per la Giustizia Civile di Milano demanda direttamente al C.T.U. la valutazione della “sofferenza menomazione-correlata” nell'ambito del più generale accertamento del danno biologico: alla luce di ciò, è dunque possibile richiedere al giudice la separata liquidazione del “danno morale” (non suscettibile di accertamento medico legale) così come previsto dalla c.d. Ordinanza Decalogo? E in tal caso, come dev'essere impiegata la tabella per la liquidazione del danno non patrimoniale derivante dalla lesione del bene salute (anch'essa modificata nel 2021)?

Per rispondere alle domande poste dal lettore, occorre procedere con un breve excursus e indagare le ragioni che nel 2021 hanno determinato l'Osservatorio per la Giustizia Civile di Milano a modificare il quesito medico legale in uso dal 2013 (di seguito, per brevità, “il Quesito”).

Tra queste, la più rilevante risiedeva nel fatto che il vecchio quesito demandava al CTU la valutazione del grado di sofferenza psicofisica e, pertanto, non risultava allineato alle più recenti indicazioni della giurisprudenza di legittimità e, in particolare, ai punti 8 e 9) della c.d. Ordinanza Decalogo(Cass. 7513/2018) secondo cui “i pregiudizi che non hanno fondamento medico-legale, perché non aventi base organica ed estranei alla determinazione medico-legale del grado percentuale di invalidità permanente, rappresentati dalla sofferenza interiore (quali, ad esempio, il dolore dell'animo, la vergogna, la disistima di sé, la paura, la disperazione) devono formare oggetto di separata valutazione e liquidazione”.

Alla luce di ciò, l'Osservatorio (ai cui lavori, è bene ricordarlo, partecipano figure professionali differenti quali magistrati, avvocati e, appunto, medici legali) si è dunque interrogato circa l'opportunità di limitare l'ambito di indagine del C.T.U. ai soli pregiudizi suscettibili di accertamento medico legale (e cioè il danno biologico nonché la sofferenza fisica connessa alla lesione - altrimenti definita “dolore nocicettivo” - di cui il C.T.U. dovrebbe già tener conto nella graduazione dell'invalidità permanente e dell'inabilità temporanea).

D'altro canto, a distanza di pochi mesi dalla pubblicazione della c.d. Ordinanza Decalogo, autorevoli voci del mondo medico legale – pur condividendo in linea di massima il principio espresso dalla Cassazione (e cioè che la sofferenza interiore non è suscettibile di valutazione medico legale) – avevano nondimeno rivendicato di poter offrire uncontributo tecnico motivato all'accertamento e alla valutazione della sofferenza morale nei limiti in cui questa sia legata a lesioni/menomazioni psico-fisiche (cfr. documento approvato dalla Società Italiana di Medicina Legale e delle Assicurazioni - SIMLA in data 7 aprile 2018)

Alla luce di tale posizione, l'Osservatorio ha dunque ritenuto di modificare il Quesito nei termini che seguono:

  • da un lato ha escluso fermamente (cfr. Relazione illustrativa) che il C.T.U. medico legale possa pronunciarsi su pregiudizi che non hanno base organica e che consistono “nel dolore dell'animo, la vergogna, la disistima di sé, la paura, la disperazione" (così come appunto statuito nella già richiamata Ordinanza Decalogo);
  • dall'altro, ha però demandato al C.T.U. la valutazione della c.d. “sofferenza menomazione-correlata”, dovendosi intendere per tale la sofferenza interiore determinata dalla lesione del bene salute (“…dica in quale dei seguenti parametri possa essere valutata la c.d. “sofferenza menomazione-correlata” al danno biologico/dinamico-relazionale permanente: assente/lievissima, lieve, media, elevata, elevatissima …”)

In altri termini, la scelta dell'Osservatorio può essere così riassunta: l'accertamento della sofferenza interiore non può mai essere demandata al medico legale, salvo che non consegua alla lesione del bene salute (così come del resto affermato dalla SIMLA nel documento sopra richiamato e cioè che “tale componente di danno non è di competenza medico legale solo nel caso in cui sia indipendente da una lesione-menomazione psicofisica”.

Fatte tali premesse (e prima ancora di provare a fornire una risposta alle domande del nostro lettore), non possiamo esimerci dal rilevare come la scelta dell'Osservatorio si esponga, invero, ad alcune possibili critiche. Ma procediamo con ordine.

Non vi è dubbio alcuno che il medico legale possa offrire un contributo significativo, ove coadiuvato da uno psichiatra o da uno psicologo forense all'uopo nominato del Giudice, ogni qualvolta la sofferenza patita dal danneggiato assuma essa stessa i contorni di un vero e proprio danno biologico di natura psichica e, in quanto tale, sia suscettibile di accertamento obiettivo (cfr. Relazione illustrativa). E ancora, il medico legale potrebbe offrire un contributo altrettanto significativo nell'ipotesi “di scuola” esemplificata sempre dalla SIMLA (cfr. documento sopra richiamato), ovvero quella in cui il danneggiato versi in stato vegetativo persistente e, dunque, non possa avere “percezione di disagio/degrado/dolore”: è evidente che, in un simile caso, l'accertamento medico legale risulterebbe non solo utile, ma addirittura imprescindibile per prevenire il rischio che il Giudice proceda con l'indebita liquidazione di un danno (quello da sofferenza, appunto) che neppure potrebbe sussistere.

D'altro canto, al di fuori di tali specifici scenari (certamente peculiari), ben potrebbe obiettarsi – quantomeno sul piano sistematico - che la sofferenza soggettiva resta pur sempre un pregiudizio non obiettivabile e, in quanto tale, non suscettibile di accertamento medico legale tanto che derivi dalla lesione del bene salute quanto dalla lesione di altro diritto costituzionalmente protetto o comunque negli altri casi espressamente previsti dalla legge secondo l'insegnamento delle Sezioni Unite n. 26972, 26973, 26974 e 26975 dell'11 novembre 2008 (sul punto si legga su questa rivista SPERA D. Time out: il “decalogo” della Cassazione sul danno non patrimoniale e i recenti arresti della Medicina legale minano le sentenze di San Martino, 4 settembre 2018).

In altri termini, la scelta di compromesso effettuata dall'Osservatorio parrebbe mettere in discussione (o quantomeno inquinare) quella summa divisio tra pregiudizi afferenti alla sfera esteriore del soggetto (quale appunto il danno biologico suscettibile di accertamento obiettivo) e pregiudizi afferenti alla sfera interiore (quale, appunto, il danno da sofferenza non suscettibile di accertamento obiettivo) che è sintetizzata dai punti 8) e 9) della c.d. Ordinanza Decalogo e che, peraltro, ha ispirato la contestuale modifica – sempre nel 2021 - della Tabella per la liquidazione del danno non patrimoniale derivante da lesione alla integrità psicofisica (sul punto si legga SPERA D. Le novità normative e la recente giurisprudenza suggeriscono un ritocco della Tabella milanese del danno non patrimoniale da lesione del bene salute? 9 luglio 2019). E qui veniamo più concretamente alla questione posta dal nostro lettore.

È noto, infatti, come la nuova versione della Tabella per la liquidazione del danno non patrimoniale derivante da lesione alla integrità psicofisica (di seguito, per brevità, “la Tabella”) declini due voci distinte per quantificare separatamente gli importi dovuti a titolo di danno biologico e a titolo di danno da sofferenza soggettiva interiore, senza contemplare in alcun modo la “sofferenza menomazione-correlata” (cfr. quinta colonna della Tabella). Non sorprende, dunque, che taluno (come appunto il nostro lettore) coltivi dei dubbi sulla corretta liquidazione del pregiudizio non patrimoniale derivante dalla lesione del bene salute, lasciandosi “confondere” dall'impiego di una differente terminologia nella Tabella e nel Quesito.

D'altro canto, pur in difetto di un espresso raccordo tra i due documenti licenziati dall'Osservatorio e al netto delle sopra esposte perplessità circa la modifica apportata al Quesito, è di certo possibile fissare alcuni punti fermi.

Per prima cosa occorre intanto segnalare come la formula “sofferenza menomazione-correlata” (così come coniata dalla dottrina medico legale e poi impiegata nel nuovo Quesito approvato dall'Osservatorio) non corrisponde ad altro se non a quella che nella Tabella viene invece definita “sofferenza soggettiva interiore” e cioè al danno da sofferenza che normalmente consegue alla lesione del bene salute (tant'è che il valore B previsto dalla quinta colonna della Tabella esprime il risarcimento “medio” riconosciuto a seconda del grado di invalidità biologica riportata dal danneggiato - cfr. Criteri orientativi che accompagnano l'impiego della Tabella).

Pertanto, almeno in termini generali, è possibile affermare che - una volta liquidata la “sofferenza menomazione correlata” facendo applicazione del valore B previsto dalla quinta colonna della Tabella (o graduando quell'importo sulla base delle valutazioni offerte dal CTU secondo la scala da “assente/lievissima” a “elevatissima”) – non vi è spazio per separate e non meglio specificate richieste a titolo di danno morale e ciò per un'evidente ragione: che il danno da sofferenza soggettiva interiore derivante dalla lesione del bene salute si esaurisce - di norma – nel danno da sofferenza menomazione correlata.

Al limite e solo al ricorrere di circostanze eccezionali, il Giudice potrebbe anche valutare di liquidare un importo risarcitorio “extra-tabellare”: in tal senso, è lo stesso Osservatorio (sempre nei Criteri orientativi) a ricordarci che la Tabella costituisce “la sintesi di un monitoraggio di sentenze aventi ad oggetto fatti illeciti che sono, di regola, penalmente irrilevanti ovvero integrano gli estremi di un reato colposo” e che, invece, “laddove ricorrano tutti i presupposti per ravvisare la sussistenza di un reato doloso ovvero altri elementi eccezionali, il giudice deve aumentare o ridurre l'entità degli importi previsti in Tabella, in considerazione delle peculiarità della fattispecie concreta”.

E ancora, nell'ipotesi di illecito doloso pluri-offensivo (si pensi, ad esempio, al reato di violenza sessuale), oltre alla liquidazione dei danni derivanti dalla lesione del bene salute (e dunque, pregiudizio biologico e sofferenza menomazione correlata) il Giudice ben potrà procedere con la separata ed autonoma liquidazione dell'ulteriore danno non patrimoniale derivante dalla lesione del diritto della vittima all'autodeterminazione sessuale (per un'applicazione pratica si legga Trib. Milano, Sez. X Civile, Dott. Spera, 11 agosto 2021 n. 6963).

In definitiva, pur a fronte di alcune perplessità che si annidano nella scelta di demandare al C.T.U. medico legale l'accertamento e la valutazione della “sofferenza menomazione-correlata” (supra), le domande del nostro lettore trovano comunque risposta in una lettura coordinata delle indicazioni fornite dall'Osservatorio per un corretto impiego della Tabella e del Quesito.

Un dato è però certo (e la domanda posta dal nostro lettore ce ne offre l'ennesima conferma): l'eterogeneità del lessico impiegato in tema di danno alla persona continua ad ingenerare una grave confusione tra gli operatori, finendo col favorire proprio quelle indebite duplicazioni risarcitorie che le Sezioni Unite del 2008 hanno voluto bandire una volta per tutte dal nostro ordinamento. Di tale grave rischio, tuttavia, dovrebbero tener conto non tanto l'Osservatorio (che per definizione monitora) e la dottrina medico legale (che mette a servizio il proprio contributo tecnico), quanto il Legislatore che produce le norme e la giurisprudenza di legittimità che dovrebbe garantirne un'interpretazione uniforme: in tal senso, si pensi ai gravi equivoci interpretativi che sono scaturiti dall'utilizzo della tralatizia formula “danno morale” nell'attuale versione dell'art. 138 CAP ma non anche nell'art. 139 CAP (scelta, quest'ultima, che un autore ha suggestivamente definito come “mera sciatteria legislativa”- così SPERA D. Le novità normative e la recente giurisprudenza, cit.)

E non è forse un caso che proprio la Tabella Milanese (che dal 2009 ha sostituito il riferimento al “danno morale” con la più evoluta formula “sofferenza soggettiva interiore”) sia riuscita ad attraversare indenne le intemperie giurisprudenziali degli ultimi anni e continui tuttora a rappresentare – grazie a dei lievissimi ritocchi formali - il parametro di liquidazione equitativa su tutto il territorio nazionale così come statuito dall'insuperata sentenza Amatucci (Cass. 12408/2011).

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