Infortunio sul lavoro: il subcommittente risponde in via solidale con il subappaltatore
12 Luglio 2023
Massima
Il subcommittente e il subappaltatore, qualora collaborino insieme all'interno di qualunque luogo di lavoro che li coinvolga in attività sinergicamente dirette alla realizzazione dello scopo produttivo, sono entrambi reciprocamente responsabili delle omissioni degli obblighi di sicurezza nei confronti dei lavoratori impiegati. Il caso
La vicenda sottoposta al vaglio della Corte di cassazione riguarda un'ipotesi tristemente frequente, ossia un infortunio sul lavoro occorso ad un operaio carpentiere a causa del rovesciamento di una trave precariamente appoggiata sul terreno dal lato corto e in posizione verticale, con caduta sulla gamba del lavoratore intento all'operazione di spruzzatura della sabbia.
L'operaio, dipendente della società subappaltatrice – nel frattempo fallita – avanza istanza risarcitoria nei confronti dell'impresa subcommittente, ma la sua domanda viene respinta in primo e in secondo grado sulla base dell'assenza di responsabilità della società convenuta. Secondo entrambi gli organi giudicanti è esclusivamente responsabile dell'evento la subappaltatrice – datrice di lavoro dell'operaio infortunato – al quale era stata affidata in custodia un'area recintata all'interno dello stabilimento, senza che la subcommittente ne avesse alcuna disponibilità o potesse esercitare alcun potere di vigilanza o di direzione operativa.
Entrambi i giudici di merito hanno accertato che le operazioni di sabbiatura e verniciatura delle travi in ferro sono state eseguite secondo una procedura errata – posando le travi sul terreno non livellato e non pulito dopo ogni operazione, senza uno stabile appoggio e senza essere fissate su cavalletti – presumibilmente per velocizzare i tempi. La società subcommittente si sarebbe limitata a scaricare le travi in posizione verticale, senza fissarle, e non avrebbe responsabilità, in quanto non sussisterebbe alcun obbligo di conoscenza delle modalità operative della subappaltatrice e, di conseguenza, non avrebbe consapevolmente tollerato le omissioni nell'adozione di adeguate misure di sicurezza.
Il lavoratore, però, non demorde e ricorre per la cassazione della sentenza. Le questioni
L‘intera vicenda processuale si snoda intorno ad un'unica, fondamentale questione: la sussistenza o meno di un ruolo di garanzia della subcommittente in materia di sicurezza sul lavoro.
Per rispondere a tale interrogativo la Suprema Corte ritiene superflua la richiesta del lavoratore di un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea per la verifica della conformità della normativa nazionale con quella eurounitaria, che, in materia, appare particolarmente dettagliata: “quando in uno stesso luogo di lavoro sono presenti i lavoratori di più imprese, i datori di lavoro devono cooperare all'attuazione delle disposizioni relative alla sicurezza, all'igiene ed alla salute, e, tenuto conto della natura delle attività, coordinare i metodi di protezione e di prevenzione dei rischi professionali” (art. 6, par. 4, Dir. 89/197/CEE).
La Cassazione ritiene di poter autonomamente rispondere alla questione interpretativa devoluta, in applicazione del principio di conformità del diritto interno (nel caso di specie, il d.lgs. n. 626/1994, ratione temporis) al diritto dell'Unione. Le soluzioni giuridiche
Più volte la Suprema Corte si è pronunciata in materia di sicurezza sul lavoro e ha riconosciuto la responsabilità del committente o del subcommittente per i danni derivati al lavoratore nel corso dell'attività concessa in subappalto, a causa dell'inosservanza delle misure di tutela delle condizioni di lavoro. In caso di affidamento di lavori ad altre imprese, sussiste, infatti, un obbligo, a carico del committente-datore di lavoro, di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l'attività dei lavoratori, nonché di cooperare nell'attuazione degli strumenti di prevenzione e protezione dei rischi connessi sia al luogo di lavoro che all'attività appaltata, nell'ambito dell'intero ciclo produttivo (Cass. 24 giugno 2020, n. 12465. V. anche Cass. 25 febbraio 209, n. 5419).
Inoltre, sempre secondo l'orientamento di legittimità, il datore di lavoro – che abbia esternalizzato in tutto o in parte il processo produttivo – è responsabile dell'evento, se non provi di avere adeguatamente verificato l'idoneità tecnico-professionale del soggetto al quale sia stata affidata l'attività e di avere concorso alla prevenzione dei rischi specifici connessi, anche mediante un'idonea informazione ai lavoratori (Cass. 28 ottobre 2016, n. 21894).
Dalla ricognizione giurisprudenziale effettuata, la Corte di cassazione ritiene – a ragione – che la normativa nazionale, così come interpretata dal giudice di legittimità, risulti del tutto conforme alla normativa europea invocata. Osservazioni
La pronuncia in commento fa un ulteriore passo in avanti, sottolineando che nella categoria “datori di lavoro” rientrano sia il subcommittente sia il subappaltatore, qualora collaborino insieme nell'ambito di un medesimo processo produttivo, che si compia all'interno di qualunque luogo di lavoro a ciò destinato e che li coinvolga entrambi in attività sinergicamente dirette alla realizzazione dello scopo produttivo. In tal modo sono entrambi reciprocamente responsabili delle omissioni degli obblighi di sicurezza nei confronti dei lavoratori impiegati.
Alla luce di ciò, il ricorso viene accolto e la sentenza cassata viene rinviata alla Corte d'appello in diversa composizione per l'accertamento sulla base del principio enunciato.
La pronuncia, pur inserendosi nel solco di consolidati precedenti giurisprudenziali, offre l'occasione per ribadire l'importanza di una tutela ampia ed efficace in campo prevenzionistico e per garantire nel miglior modo possibile l'integrità psicofisica dei lavoratori, anche quando svolgono attività in subappalto. |