I provvedimenti indifferibili nel processo in materia di persone, minorenni e famiglie: una lacuna mal colmata

12 Luglio 2023

Il presente contributo, attraverso un'analisi approfondita delle norme di riferimento, mette in luce le peculiarità e le istanze alla base dell'emissione dei provvedimenti giudiziali urgenti in materia di persona, minorenni e famiglie, con un sempre presente occhio di riguardo al superiore interesse del minore.
Ragioni della novità e natura dei provvedimenti indifferibili

Prima della riforma era assai controversa l'ammissibilità di una tutela cautelare innominata nelle more della fissazione dell'udienza di comparizione delle parti, che fosse l'udienza presidenziale dei giudizi di separazione e divorzio o quella dei giudizi camerali relativi alle materie di cui agli artt. 337-bis ss c.c.

L'indirizzo sfavorevole si fondava sulla duplice considerazione che la tutela cautelare apprestata dall'art. 700 ha carattere residuale e nell'ambito dell'udienza presidenziale di cui agli art. 707 e 708 c.p.c. è possibile adottare una tutela cautelare tipica, specifica ed organicamente disciplinata (Trib. Napoli, 29 dicembre 2000, riferita peraltro ad una richiesta in via d'urgenza dell'assegno di mantenimento).

Altre pronunce avevano invece riconosciuto la tutela innominata nei casi in cui essa fosse stata funzionale alla salvaguardia dell'interesse preminente del minore, ed in particolare al fine di scongiurare un pregiudizio per lui, non riparabile a posteriori (Trib. Roma 5 novembre 2015).

La giurisprudenza assolutamente prevalente, poi, aveva ritenuto il ricorso innominato d'urgenza incompatibile con la natura e la struttura del procedimento ai sensi degli artt. 337-bis c.c. e 38 disp. att. c.c., che seguiva le forme del rito camerale di cui agli artt. 737 ss c.p.c.

Era stato infatti osservato che l'estrema flessibilità e la marcata deformalizzazione del rito camerale ben si prestasse all'adozione di provvedimenti provvisori anche con carattere di urgenza (cfr. in termini analoghi App. Milano 1° ottobre 2014 e Trib. Milano 15 gennaio 2015 e, più recentemente, Trib. Verona 13 maggio 2022).

Il legislatore delegato, in attuazione della legge delega, ha risolto ogni dubbio in proposito poiché ha inserito nella disciplina unitaria per il processo familiare e minorile una norma, l'art. 473 bis.15 c.p.c., dedicata a quelli che ha qualificato come provvedimenti indifferibili (si noti che l'art. 1, comma 23, lett. f della legge 206 del 2021 parlava invece di “provvedimenti d'urgenza”).

Del resto, l'esigenza di prevedere questo nuovo istituto è correlabile alla struttura del nuovo procedimento per la soluzione delle controversie di famiglia, nel quale la prima udienza di comparizione si tiene a distanza di almeno novanta giorni dal deposito del ricorso, e alla possibilità che in tale arco di tempo occorra richiedere l'intervento del giudice.

Appare piuttosto evidente la natura cautelare di queste misure ma ogni dubbio al riguardo è fugato dalla relazione illustrativa del decreto legislativo che le definisce espressamente come “urgenti, aventi natura cautelare”.

Questa prima conclusione implica che per la loro adozione dei provvedimenti è necessario il presupposto del fumus boni iuris, ovvero la probabile esistenza del diritto o della situazione da tutelare, e che il procedimento previsto per la loro pronuncia non è soggetto a sospensione feriale, ai sensi dell'art. 92 del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12.

Il procedimento

La competenza per l'adozione dei provvedimenti indifferibili è attribuita in via alternativa al presidente (di tribunale o, previa modifica tabellare, quello di sezione)o al giudice delegato e occorre qui segnalare una difformità del testo del decreto legislativo rispetto a quello della legge delega, che aveva invece previsto al riguardo la competenza esclusiva del giudice relatore (nella relazione al d.lgs. 149/2022 invece si afferma curiosamente che è il presidente ad avere il potere esclusivo di emettere tali provvedimenti).

Ora, a meno di non ritenere che il legislatore delegato abbia utilizzato l'attributo di “delegato” come sinonimo di “relatore”, questa formulazione della norma potrebbe giustificare l'assegnazione del procedimento, in alternativa al presidente, ad un giudice che non fosse anche il relatore del giudizio di merito.

Per il resto la disciplina del procedimento ricalca, in larga parte anche se non integralmente, quella dell'art. 669-sexies, comma 2, c.p.c. giacché prevede la concessione di “provvedimenti necessari nell'interesse dei figli e, nei limiti delle domande da queste proposte, delle parti” con un decreto, espressamente qualificato come provvisoriamente esecutivo, che deve contenere la fissazione, entro i successivi quindici giorni, dell'udienza per la conferma, modifica o revoca dei provvedimenti adottati (evidentemente si tratta di un'udienza diversa da quella di prima comparizione delle parti) e l'assegnazione all'istante di un termine, non precisato, ma definito perentorio, per la notifica.

È evidente, già solo per la scelta del tipo di provvedimento adottabile, che il contraddittorio sulla sussistenza dei succiati presupposti è differito e, del resto, sia la legge delega che la relazione al d. lgs. 149/2022 evidenziano che si tratta di misure da emettere inaudita altera parte.

L'art. 473-bis 15 c.p.c. prevede anche, al pari dell'art. 669-sexies, comma 2, c.p.c., che il giudice, prima di provvedere, possa assumere, evidentemente anche d'ufficio, “ove occorre sommarie informazioni”.

Questa attività di istruzione sommaria dovrà svolgersi in un ristretto arco temporale al fine di consentire una decisione rapida cosicché potrà anche consistere in accertamenti da parte dei servizi sociali, che invero vengono frequentemente disposti nel contenzioso di famiglia, purché ne sia assicurata l'effettuazione in tempi ristretti (la prospettiva appare velleitaria se si considera che, di norma, i servizi sociali sono in grado di esitare le richieste che loro provengono dall'autorità giudiziaria dopo alcuni mesi).

Le medesime considerazioni valgono per una eventuale c.t.u., che dovrà svolgersi con modalità strettamente compatibili con il procedimento (es. con giuramento telematico e relazione sintetica da depositare in tempi brevi).

È evidente peraltro che, se la tempistica dell'attività istruttoria risultasse inconciliabile con l'urgenza che lo connota, la conclusione non potrà che essere il rigetto della richiesta di provvedimento indifferibile.

Nelle sommarie informazioni utili alla decisione rientra a pieno titolo anche l'audizione del minore, prevista come obbligatoria, nei casi di cui all'art. 473-bis.6, comma 2, c.p.c.

La norma, oltre a non richiedere, a differenza dell'art. 669-sexies, comma 2, c.p.c., che il decreto sia motivato, non predetermina il tipo di provvedimenti che il giudice può emettere o i relativi effetti.

Infatti, parla di “provvedimenti necessari” senza meglio precisarne il contenuto e rimettendo quindi la scelta sul punto al giudice.

Valorizzando queste caratteristiche uno dei primi commentatori di questa parte della riforma (M. A. Lupoi, La tutela cautelare prima dell'udienza di comparizione, in La riforma del processo e del giudice per le persone, per i minorenni e per le famiglie - Il decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149, a cura di C. Cecchella, Torino, 2023) ha giustamente osservato che si tratta di un “rimedio cautelare atipico”, avente carattere “speciale” rispetto a quello disciplinato dall'art. 700 c.p.c.

Il secondo dei due presupposti, previsti alternativamente per l'adozione dei provvedimenti in esame, quello del timore di un pregiudizio imminente e irreparabile, serve però ad orientare la scelta della specifica misura da emettere, sulla base delle circostanze del caso concreto, e ne giustifica la qualificazione di indifferibili.

Esso evoca un'urgenza che, come è stato notato dal succitato autore, risulta incompatibile con l'attesa dell'udienza di prima comparizione delle parti e dei provvedimenti provvisori adottabili all'esito di essa tanto più se si considera che tale udienza, secondo le intenzioni del legislatore, dovrebbe tenersi entro 90 giorni dal deposito del ricorso, ma nella prassi è destinata a slittare ben oltre quel termine per l'esigenza di trattare prioritariamente i procedimenti già pendenti.

Deve peraltro osservarsi che questa realtà non giustifica il tentativo di alcune parti, riscontrabile in questo primo periodo di applicazione delle nuove norme, di anticipare la decisione sui provvedimenti provvisori richiedendoli come provvedimenti indifferibili.

Infatti, l'individuazione delle condizioni di affidamento e collocamento della prole, la regolamentazione delle visite genitore-figli, l'assegnazione della casa coniugale, che presuppone la decisione sul luogo di residenza prevalente della prole, sono tutte questioni che possono e devono essere decise, in linea di massima, in via provvisoria all'udienza di prima comparizione.

I provvedimenti indifferibili invece servono a scongiurare un pregiudizio che deve essere imminente, ossia di prossima verificazione, ed anche irreparabile ossia non suscettibile di ristoro economico.

A ben vedere allora il riferimento, da parte della norma in esame, al rischio che la convocazione delle parti possa pregiudicare l'attuazione dei provvedimenti non individua un presupposto realmente diverso da quello del pregiudizio imminente e irreparabile.

Per individuare una casistica in cui sia ravvisabile tale requisito si possono indicare, senza pretesa di esaustività, misure dirette ad evitare la sottrazione o l'espatrio di un minore o a rimediare al rifiuto di un genitore a far incontrare il figlio all'altro genitore ovvero, specularmente, ad inibire le visite di un genitore al figlio se per lui pregiudizievoli ma anche quelle che risolvano contrasti tra genitori sull'esercizio della responsabilità genitoriale su questioni di rilievo, relative all'istruzione, alla salute e in generale alla realizzazione dei diritti primari della prole (si noti che tali questioni, in caso di famiglia unita, vanno trattate nelle forme del procedimento camerale, tuttora previsto dall'art. 316 c.c.).

Da questa casistica si desume, quindi, come l'ambito tipico di applicazione dei provvedimenti indifferibili sia, in linea di massima, quello della tutela, diretta o indiretta, dei diritti dei minori o dei maggiorenni portatori di handicap grave.

In alcuni casi particolari vi può essere spazio per l'emissione di provvedimenti necessari anche di carattere economico atteso che le misure tipiche di questo tipo, previste dagli artt. 473-bis.36 e 473-bis.37, presuppongono che sia già stato adottato un provvedimento in materia di contributo economico.

Si può pensare al caso della parte che, dopo la fine del rapporto con l'altra, versando in situazione di indigenza, necessiti di un contributo economico o che intende ottenere l'assegnazione della casa familiare in via urgente, a fronte del pericolo di una sua alienazione a terzi, nella ricorrenza degli altri presupposti.

Deve poi ritenersi possibile l'adozione di provvedimenti indifferibili anche nei procedimenti in cui siano allegate violenze o abusi, a ciò non ostando il disposto dell'art. 473-bis.46 c.p.c. che prevede che, in tale tipo di procedimenti, i provvedimenti provvisori siano emessi solo dopo che il giudice abbia realizzato l'istruttoria anche sommaria.

A ben vedere la norma menziona espressamente i provvedimenti provvisori ma, postulando che essi possano essere emessi senza preventivo contraddittorio, potrebbe far credere che si riferisca in realtà ai provvedimenti indifferibili.

Una simile conclusione risulterebbe però irragionevole perché escluderebbe l'applicazione dell'art. 473-bis.15, che, si noti, è previsione rientranti tra quelle generali, in attesa dell'esito della prima udienza, pur a fronte dell'allegazione di fatti di una certa gravità, che la giustificano.

Sempre con riguardo al procedimento di adozione dei provvedimenti urgenti non è revocabile in dubbio che l'udienza per la conferma, modifica o revoca del decreto debba tenersi davanti al medesimo giudice (Presidente o giudice delegato) che lo ha emesso, deponendo in tal senso sia il dato normativo, che non richiede che l'udienza ad hoc sia fissata davanti ad altri, sia la pacifica interpretazione ed applicazione del corrispondente passo dell'art. 669-sexies, comma 2, c.p.c.

L'ordinanza di conferma o modifica potrà poi contenere una o più delle misure di attuazione di cui all'art. 473-bis.39 c.p.c. Non altrettanto può dirsi per il decreto in quanto provvedimento provvisorio.

È dubbio, invece, che l'udienza vada fissata anche in caso di rigetto con decreto dell'istanza di provvedimento indifferibile.

Ebbene, con riguardo all'identica questione postasi in riferimento al testo dell'art. 669-sexies, comma 2, c.p.c., la dottrina prevalente propende per la risposta affermativa mentre la giurisprudenza è divisa (Trib. Firenze 27 ottobre 1999, ha riconosciuto tale necessità; contra invece Trib. Milano 8 luglio 1993).

Deve peraltro evidenziarsi che se, con riguardo ai provvedimenti indifferibili, si seguisse quest'ultimo indirizzo, differendo quindi all'udienza di comparizione personale delle parti, la rivalutazione dei presupposti per emettere l'indifferibile, l'inosservanza del termine quindicinale non inciderebbe, in questo caso, sul provvedimento emesso, che sarebbe per l'appunto di rigetto.

Esso, peraltro, dovrebbe essere passibile di reclamo per le ragioni che si diranno nell'ultimo paragrafo.

La possibilità di adozione in corso di causa

La questione è alquanto controversa.

La relazione illustrativa al d. lgs. a ben vedere riconosce espressamente tale eventualità laddove afferma che: “non si vedono dunque ragioni per non consentire l'adozione di tale misura anche nel prosieguo del giudizio, imponendosi comunque sempre anche in tal caso la fissazione di un'udienza ravvicinata per la “convalida” o meno della misura”.

E' stato però osservato in contrario (M.A. Lupoi, op. cit.) che, nel corso della trattazione, il giudice delegato dispone di strumenti che assolvono di fatto una analoga funzione cautelare, come quelli sanzionatori e di attuazione indiretta, previsti dall'art. 473-bis.39, o la possibilità, riconosciuta dall'art. 473-bis.23, di modificare/revocare, al verificarsi di nuove circostanze, i provvedimenti provvisori emessi in precedenza.

Lo stesso autore riconosce peraltro che non si possa escludere in astratto che, anche dopo la prima udienza, si verifichino situazioni che consiglino il ricorso ad una tutela cautelare innominata come, ad esempio, quando la convocazione della controparte potrebbe pregiudicare l'efficacia del provvedimento.

Tali eventualità giustificherebbero però, ad avviso di chi scrive, solo le peculiari modalità di instaurazione del contraddittorio previste dall'art. 473-bis.15.

L'esigenza dell'utilizzo dei provvedimenti indifferibili anche nel corso del giudizio può dipendere, invece, dall'inidoneità degli istituti sopra citati a fronteggiare alcune situazioni, potenzialmente pregiudizievoli, che si verifichino dopo la prima udienza.

Ci si riferisce soprattutto ai contrasti tra i genitori sulle modalità di esercizio della responsabilità genitoriale, che, investendo diritti primari del minore, hanno sempre, in astratto, carattere di urgenza.

L'ipotesi, che prima della riforma era disciplinata dagli artt. 337-ter, comma 3, terzo periodo, c.c. e 709-ter, comma 1, c.p.c., ora non è espressamente contemplata dalle nuove norme, con la conseguenza che non è affatto chiaro quale sia lo strumento da utilizzarsi per risolvere la questione.

Ed allora le alternative prospettabili sono almeno tre:

  • La richiesta di un provvedimento indifferibile, come nel caso in cui il contrasto si verifichi prima della prima udienza;
  • Applicare l'art. 473-bis.38, che si riferisce anche alle controversie in ordine all'esercizio della responsabilità genitoriale;
  • Applicare l'art. 473-bis.39, norma che ricalca il 709-ter c.p.c. senza però più far riferimento alla soluzione delle controversie insorte tra i genitori in ordine all'esercizio della responsabilità genitoriale.

A seconda della soluzione che si adotti le conseguenze non sono di poco momento. Infatti, nel primo caso non vi sarebbe rimedio avverso il provvedimento, per le ragioni che subito si diranno, mentre nel terzo caso sarebbe reclamabile e nel secondo sarebbe passibile di opposizione, da proporsi nelle forme ordinarie del rito famiglia.

È opportuno evidenziare che, se si ammette la possibilità della tutela d'urgenza anche nella fase di trattazione dei giudizi sulla crisi familiare, essa va riconosciuta non solo al ricorrente (parte privata o P.M.), come prevede implicitamente l'art. 473.bis.15, ma anche al convenuto.

È chiaro poi che la parte che formula la domanda di provvedimento indifferibile ha anche l'onere di dimostrare il fumus boni iuris.

Sempre con riguardo al procedimento la scarna disciplina qui in esame non richiede che l'eventuale istanza di provvedimento indifferibile sia distinta dal ricorso (del P.M. o della parte privata).

La necessità di tale autonomia è però ricavabile dal fatto che, come si è detto, nel caso di adozione inaudita altera parte del decreto, occorre fissare una udienza anticipata rispetto a quella di comparizione personale delle parti nel giudizio di merito con la conseguenza che il giudice dovrà emettere due distinti decreti di fissazione di udienza, da notificarsi a cura del ricorrente, a ciascuno dei quali dovrà essere allegato il corrispondente ricorso.

A conforto di tale lettura è opportuno ricordare come per l'adozione degli ordini di protezione, che, a seguito della riforma, è consentita anche in corso di causa, l'art. 473-bis.69 richiede espressamente l'istanza della parte interessata.

Non si vede motivo, pertanto, per una diversa soluzione per i provvedimenti in esame.

Non è revocabile in dubbio poi che l'udienza per la conferma, modifica o revoca del decreto debba tenersi davanti al medesimo giudice (Presidente o giudice delegato) che lo ha emesso, deponendo in tal senso sia il dato normativo, che non richiede che l'udienza ad hoc sia fissata davanti ad altri, sia la pacifica interpretazione ed applicazione del corrispondente passo dell'art. 669-sexies, comma 2, c.p.c.

L'ordinanza di conferma o modifica potrà poi contenere una o più delle misure di attuazione di cui all'art. art. 473-bis.39 c.p.c. Non altrettanto invece il decreto in quanto provvedimento provvisorio.

Gli aspetti non disciplinati

Occorre ora chiedersi se lo stesso criterio, sopra indicato, della considerazione della natura cautelare dei provvedimenti indifferibili, sia utile per colmare le numerose lacune che la disciplina, a ben vedere solo abbozzata dal legislatore delegato, presenta, consentendo in particolare di estendere ai profili non regolati le corrispondenti previsioni del capo III del codice di rito, pur in difetto di un espresso richiamo ad esse.

E' opportuno infatti evidenziare come l'art. 473-bis.15 c.p.c., non precisi:

- quale sia il termine massimo entro il quale vada notificato il decreto emesso inaudita altera parte, termine che invece l'art. 669-sexies, comma 2, c.p.c. indica in otto giorni;

- quali siano i termini (di notifica del decreto e di fissazione dell'udienza) da osservare nel caso in cui la notifica del provvedimento vada effettuata all'estero (il terzo comma dell'art. 669-sexies c.p.c. triplica quelli del secondo comma);

- se vada notificato alla controparte il solo decreto o anche l'eventuale istanza di provvedimento indifferibile (l'art. 669-bis c.p.c. prevede invece che la domanda si proponga con ricorso);

- se il decreto possa essere emesso anche ante causam o solo in corso di causa;

- come si determini la competenza territoriale in caso di richiesta di provvedimento in corso di causa, mancando una previsione come quella dell'art. 669-quater, comma 1, c.p.c.;

- se i provvedimenti emessi siano o meno reclamabili e, in caso affermativo, davanti a quale organo giurisdizionale;

- quale sia la sorte del provvedimento in caso di successiva estinzione del giudizio.

A ben vedere risulta di ostacolo all'operazione ermeneutica che si è appena ipotizzata il disposto dell'art. 669-quaterdecies c.p.c., non modificato dalla novella, che limita l'applicabilità delle disposizioni sul procedimento cautelare uniforme ai provvedimenti cautelari previsti nelle sezioni II, III e VI del medesimo capo III e a quelli previsti del codice civile e da leggi speciali.

Non vi è quindi nessun richiamo al nuovo titolo IV-bis.

Ciò chiarito, alle lacune sui primi due aspetti può allora ovviarsi ritenendo che la determinazione del termine perentorio per la notifica del decreto sia rimessa al giudice il quale dovrà comunque contenerlo in pochi giorni per consentire l'osservanza del termine quindicinale (non perentorio) in cui deve tenersi l'udienza per la sua conferma, modifica o revoca.

Giova poi evidenziare che la notifica del decreto oltre il termine assegnato dal giudice comporterà l'inefficacia originaria del provvedimento atteso che questa è la conseguenza che la giurisprudenza (Trib. Torino sez. fer., 29 agosto 2012; Trib. Teramo, 16 giugno 2010) fa discendere dall'inosservanza del termine di cui all'art. 669-sexies, comma 2,c.p.c., sulla base dell'applicazione analogica delle regole previste per l'instaurazione del giudizio di merito a seguito della concessione di una misura cautelare.

Secondo la giurisprudenza tale conseguenza si estenderebbe all'ordinanza resa a seguito dell'udienza fissata per l'instaurazione del contraddittorio qualora, con essa, il giudice confermasse, modificasse o revocasse il provvedimento reso inaudita altera parte (Trib. Torino sez. fer., 29 agosto 2012; Cass. sez. I, 18 ottobre 2013, n.23674).

Parimenti inefficace si deve ritenere l'ordinanza, emessa all'esito dell'udienza di conferma, revoca o modifica del decreto, che si tenesse oltre il termine, non perentorio, di quindici giorni (così Cass. sez. I, 18 ottobre 2013, n. 23674, che ha ritenuto che il rispetto dei termini previsti per la notifica del decreto e per la fissazione dell'udienza costituisca presupposto di efficacia anche della ordinanza di modifica).

Le conclusioni appena viste non dovrebbero invece valere per l'ordinanza cautelare emessa all'esito dell'udienza che fosse fissata nonostante il rigetto con decreto dell'istanza di provvedimento indifferibile perché in tale ipotesi non vi è un precedente provvedimento con efficacia provvisoria.

Anche la definizione della sequenza temporale da seguire in caso di notifica del decreto all'estero spetta al giudice assegnatario dell'istanza di provvedimento indifferibile.

Quanto invece alla mancata previsione della necessità di notificare al soggetto destinatario della misura, insieme al decreto, anche l'istanza di provvedimento indifferibile la lacuna è forse spiegabile con il fatto che il decreto potrebbe essere adottato dal giudice anche d‘ufficio data la portata generale della deroga al principio dispositivo di cui l'art. 473-bis.2 c.p.c.

Tale norma conferisce al giudice il potere di adottare, di sua iniziativa, “i provvedimenti opportunia tutela dei minori o anche dei maggiorenni affetti da handicap grave, vista l'equiparazione di questi ai primi operata dall'art. 473-bis.9, e ha indubbiamente una portata generale.

In ragione di essa ben potrebbero verificarsi allora casi in cui il giudice, sulla scorta degli elementi di valutazione offertigli da una delle parti, si determini, una volta verificata positivamente la propria competenza per territorio, ad emettere un provvedimento indifferibile a tutela di uno dei predetti soggetti e ciò potrà fare anche all'udienza a contraddittorio pieno ed anche qualora il decreto fosse inefficace perché tardivamente notificato o comunicato.

A fronte di tali specifiche esigenze di tutela il giudice, a fortiori, non sarà vincolato, nemmeno all'udienza fissata per l'instaurazione del contraddittorio, al rispetto del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato e potrà quindi adottare un provvedimento diverso e anche più invasivo di quello richiestogli dalla parte.

In questi casi richieste apparentemente generiche della parte dovranno essere interpretate come dirette a sollecitare la discrezionalità del giudice nella scelta del provvedimento e non potranno quindi considerarsi di per sé inammissibili.

Alla luce di tali considerazioni, se può riconoscersi a questi provvedimenti, in linea di massima, natura anticipatoria rispetto alla decisione nel merito, pare invece potersi escludere una loro generalizzata strumentalità perché potrebbe non esservi una domanda di merito rispetto alla quale stabilire tale nesso. In questi casi la domanda e le allegazioni sulle quali si fonda costituiscono solo il presupposto processuale per l'intervento cautelare del giudice.

Le conclusioni appena esposte inducono poi ad escludere la necessità che il giudice, prima di provvedere inaudita altera parte, ex officio o su istanza di parte, notizi il P.M. (in tale prospettiva l'espressione di inaudita altera parte è da intendersi come esclusione del contraddittorio con qualsiasi parte diversa dal ricorrente).

All'organo requirente il decreto dovrà invece essere notificato dall'istante, ovvero comunicato dalla cancelleria, se adottato d'ufficio, per consentirgli di partecipare all'udienza di conferma, modifica o revoca, tenuto conto che in essa dovranno essere sentite tutte le parti in analogia a quanto prevede l'art. 669-sexies, comma 1, c.p.c.

Le conclusioni che poi il P.M. dovesse rassegnare in tale occasione dovranno intendersi limitate a quel momento processuale.

Il medesimo iter potrà seguirsi nei procedimenti in cui vi fosse la necessità di nominare un curatore speciale del minore ai sensi dell'art. 473-bis.8.

Infatti, il coinvolgimento di questa figura nella fase precedente all'adozione del provvedimento indifferibile inaudita altera parte sarebbe incompatibile sia con la sua tempistica che con l'esigenza di non pregiudicarne l'attuazione.

Del resto, un'eventuale nullità del decreto conseguente a tale omissione verrebbe sanata dalla nomina del curatore in vista del successivo incombente. È evidente poi che la sua costituzione in tale fase, al pari di quella del resistente, non esaurirà quella richiesta per il giudizio di merito.

Continuando nell'esame dei profili non considerati dall'art. 473-bis.15 si può escludere, grazie ad una serie di concordi dati normativi, che i provvedimenti indifferibili possano essere emessi ante causam.

Innanzitutto, la collocazione della previsione, subito dopo quella che descrive il contenuto del ricorso, rivela che il legislatore li ha considerati alla stregua di cautelari in corso di causa.

A conferma di ciò va evidenziato che essa fa parte di un corpo di norme, il titolo IV-bis, che è stato inserito nel libro secondo, dedicato al processo di cognizione e, per trovare un istituto analogo, dobbiamo pensare alla istanza di sospensiva delle delibere di società di capitali di cui all'art. 2378, comma 2, c.c., anch'essa da proporsi necessariamente in corso di causa.

Ancora, non esiste una disciplina che regoli il raccordo tra fase ante causam e fase di merito con riguardo a tutta una serie di aspetti come quelli della eventuale necessità dell'istaurazione del giudizio di merito per salvaguardare l'efficacia della misura provvisoria e al relativo termine, quello della regolamentazione delle spese, quello della sorte del provvedimento in caso di estinzione del giudizio.

Nemmeno vi è una norma, quale l'art. 669-ter c.p.c., attributiva della competenza a valutare tali domande quando siano proposte prima dell'inizio del giudizio di merito.

Del resto, la possibilità di emettere provvedimenti ante causam nel procedimento cautelare uniforme è espressamente prevista, in particolare dall'art. 669-ter c.p.c., e non può quindi essere desunta in via interpretativa.

Non è di ausilio alla soluzione della questione invece il passaggio dell'art. 473-bis.15, che precisa che i provvedimenti possono essere adottati “nei limiti delle domande […] proposte” poiché tale lettura implica che, a contrario, per i provvedimenti relativi ai figli, sarebbe possibile un ricorso ante causam ma tale disparità di trattamento non sarebbe giustificata.

A quell'inciso deve allora attribuirsi un altro significato: esso richiama l'esigenza del rispetto dei principi della domanda e di corrispondenza tra chiesto e pronunciato se il provvedimento riguarda la parte.

La conclusione raggiunta comporta la necessità di risolvere l'ulteriore questione della individuazione del giudice territorialmente competente ad emettere i provvedimenti provvisori, mancando una previsione come quella dell'art. 669-quater, comma 1, c.p.c.

Ebbene, non potendo trovare applicazione lo specifico criterio da essa fissato, deve ritenersi che la competenza spetti al giudice astrattamente competente, da individuarsi ai sensi dell'art. 473-bis.12 c.p.c.

L'art. 473-bis.15 c.p.c. tace anche sul rimedio esperibile sia avverso il decreto che avverso l'ordinanza di sua revoca, conferma o modifica, a differenza dell'art. 473-bis.24 c.p.c. che invece stabilisce espressamente la reclamabilità, davanti alla Corte di Appello, di alcuni provvedimenti temporanei ed urgenti.

Tale norma non pare applicabile analogicamente ai provvedimenti indifferibili proprio perché si riferisce specificamente solo ad alcune categorie di provvedimenti temporanei, la cui individuazione peraltro non risulta agevole, data l'equivocità dell'attributo di “sostanziale” che è stato utilizzato per qualificare la portata del provvedimento impugnabile.

La possibilità di proporre reclamo contro i provvedimenti urgenti (al collegio o alla Corte di Appello, rispettivamente se il giudice di prime cure sia quello di tribunale o il tribunale per i minorenni) non può fondarsi nemmeno sul disposto dell'art. 669-quaterdecies c.p.c. per le ragioni anzidette.

Ora, può forse ipotizzarsi che la scelta non sia stata casuale e che il legislatore abbia inteso escludere l'impugnazione dei provvedimenti necessari, anche quando resi con ordinanza, sul presupposto che essi siano destinati ad essere incorporati nell'ordinanza emessa all'esito della prima udienza di comparizione.

Si è però visto che vi sono ipotesi che ne giustificano l'adozione anche nel corso della fase di trattazione cosicché i provvedimenti indifferibili emessi dopo quel momento non sarebbero comunque suscettibili di riesame.

Ma l'esclusione della possibilità di impugnazione non appare giustificata nemmeno per i provvedimenti indifferibili che fossero emessi prima dell'udienza di comparizione tenuto conto che, nella prospettiva sopra delineata, la rivalutazione dei presupposti della decisione cautelare avverrebbe solo a distanza di alcuni mesi.

Per di più essa potrebbe essere rimessa al medesimo giudice che ha pronunciato il provvedimento indifferibile (il riferimento è al giudice delegato) quando invece dovrebbe spettare ad un altro giudice, in conformità all'insegnamento anche della Corte Costituzionale che ha affermato che “l'alterità del giudice dell'impugnazione rappresenta - secondo l'ordinamento, ma anche secondo il comune sentire - un fattore di maggior garanzia” (Corte Cost. 23 giugno 1994, n. 253).

Occorre quindi prendere atto di una disparità di trattamento rispetto ai provvedimenti soggetti al rito cautelare uniforme, conseguente alla mancata previsione di un rimedio impugnatorio, che non è giustificata ma non è nemmeno ovviabile con una interpretazione orientata a rendere il dettato normativo conforme a Costituzione, poiché tale via incontra, nel caso di specie, un insuperabile limite, come si è detto sopra, nel testo dell'art. 669-quaterdecies c.p.c., evenienza che, come chiarito dalla Corte Costituzionale, impedisce di ricorrere al predetto criterio interpretativo.

Il giudice delle leggi infatti ha più volte affermato che «l'univoco tenore della norma segna il confine in presenza del quale il tentativo interpretativo deve cedere il passo al sindacato di legittimità costituzionale» (Sent. n. 232 del 2013; in senso conforme, sentt. n. 174 del 2019, n. 82 del 2017 e n. 36 del 2016 e da ultimo 26 novembre 2020, n. 253).

L'esclusione della possibilità di reclamo avverso il decreto inaudita altera parte è invece conforme all'orientamento prevalente della giurisprudenza formatosi con riguardo alla analoga questione della reclamabilità del decreto ex art. 669-sexies, comma 2, c.p.c.

A sostegno di tale soluzione è stato infatti osservato, da un lato, che il controllo sul decreto è effettuato, nell'ambito dell'udienza fissata dal giudice, nel contraddittorio delle parti (così Trib. Torino sez. 28 aprile 2010) e, dall'altro, che l'art. 669-terdecies prevede la reclamabilità delle sole ordinanze con le quali è stato concesso o negato il provvedimento cautelare, così implicitamente escludendo la possibilità di impugnazione avverso il decreto provvisorio previsto dall'art. 669-sexies, comma 2 c.p.c. (Trib. Venezia 28 febbraio 2007).

Tali principii non sono però estensibili all'ipotesi del reclamo avverso il decreto di rigetto di una richiesta di provvedimento indifferibile perché, in questo caso, la rivalutazione dei presupposti di indifferibilità sarebbe differita all'udienza di comparizione delle parti che, come detto, potrebbe tenersi entro un termine non breve.

Del resto, l'orientamento prevalente ammette il reclamo avverso il decreto di rigetto di una richiesta di provvedimento cautelare che non contenga la fissazione dell'udienza, sul presupposto che esso vada sottoposto al contraddittorio delle parti entro i termini di cui dall'art. 669-sexies, comma 2, c.p.c. (Trib. Monza 5 aprile 1994; Trib. Roma 2 luglio 1996; Trib. Torino 28 aprile 2010), e tale ipotesi è assimilabile, ad avviso di chi scrive, a quella in cui l'udienza sia relativamente lontana nel tempo poiché quel controllo risulta eccessivamente differito.

Ne consegue che nemmeno la mancata previsione della reclamabilità di tale provvedimento risulta compatibile con il parametro dell'art. 3 Cost., sebbene rimanga salva la possibilità di riproporre l'istanza, che sia stata rigettata, sulla base di nuovi elementi.

Infine, occorre chiarire quale sia la sorte dei provvedimenti urgenti in caso di estinzione del giudizio in difetto di una norma che la individui.

A ben vedere non è dato rinvenire, nell'intero titolo IV-bis, una norma che, a fronte della predetta evenienza processuale, stabilisca se i provvedimenti di carattere provvisorio dotati di provvisoria esecutività conservino tale efficacia anche dopo l'estinzione del giudizio.

Per contro l'art. 189 disp. att. c.p.c. continua a prevedere espressamente l'ultrattività dei provvedimenti temporanei ed urgenti che siano adottati nell'interesse del coniuge e dei figli all'udienza presidenziale dei giudizi di separazione e divorzio.

Ora, si può ritenere che tale rinvio, in mancanza di un adeguamento della norma, vada ora riferito a tutti i provvedimenti che siano adottati all'udienza di comparizione delle parti ma questa lettura non consente di includere nella predetta categoria anche i provvedimenti indifferibili.

D'altro canto non si può estendere loro nemmeno la disciplina stabilita da art. 669-octies, commi 6 e 8, c.p.c., per i “provvedimenti cautelari idonei ad anticipare gli effetti della sentenza di merito”, non solo perché osta ad una simile opzione ermeneutica la già evidenziata inapplicabilità delle norme sul procedimento cautelare uniforme, ma anche perché, a tutto voler concedere, si tratta di provvedimenti cautelari che non sono previsti da leggi speciali e, per di più, non tutti, come detto, hanno natura anticipatoria.

Certo, vi sono provvedimenti indifferibili che devono far fronte ad una situazione momentanea, destinata ad essere risolta con la loro emissione (si pensi all'autorizzazione all'iscrizione a scuola o al trattamento sanitario di un minore), e rispetto ai quali, quindi, non si pone una questione di loro ultrattività.

Ma non si possono escludere casi in cui una parte ottenga, prima dell'udienza di comparizione delle parti, come provvedimento indifferibile quello che è di fatto un provvedimento provvisorio e lasci estinguere il giudizio per calcolo o negligenza.

Orbene, a fronte di una simile evenienza, in mancanza di una norma ad hoc, deve ritenersi che il provvedimento diventi inefficace.

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