Violazione del patto di intestazione fiduciaria di partecipazione sociale e risarcimento del danno

13 Luglio 2023

La Cassazione esamina le conseguenze di una violazione del pactum fiduciae da parte del fiduciario, in un caso di trasferimento di partecipazioni societarie intestate fiduciariamente.
Massima

In caso d'intestazione fiduciaria di partecipazione sociale, sia pure attuata mediante una catena di diversi soggetti interposti reali, persone fisiche o giuridiche, la violazione del pactum fiduciae da parte dell'ultimo fiduciario, in concorso con altri soggetti cui questi abbia ritrasferito il bene in luogo del fiduciante, comporta il sorgere dell'obbligo in capo ai medesimi di risarcire il danno in tale modo cagionato al socio originario che abbia visto leso il suo diritto al ritrasferimento del bene, non ostando alla condanna dei concorrenti nell'illecito, i quali abbiano ottenuto il ritrasferimento indebito in loro favore, la mancata evocazione in giudizio dell'ultimo fiduciario inadempiente, trattandosi di un litisconsorzio facoltativo, in cui il creditore ha facoltà di convenire in giudizio anche solo uno o taluno dei condebitori responsabili.

Il caso

Una donna agiva in giudizio nei confronti dei suoi tre fratelli per fare accertare che, per effetto di un accordo di intestazione fiduciaria, era l'effettiva titolare della partecipazione (pari al 25%) al capitale di una società a responsabilità limitata che, a seguito di ritrasferimento avvenuto nel 2006, era stata invece intestata a loro: in particolare, l'attrice assumeva che, assieme ai tre fratelli, aveva concluso un pactum fiduciae con una terza società, alla quale erano state fiduciariamente intestate le partecipazioni dagli stessi detenute, che, nel 2006, erano state ritrasferite tutte (compresa quella di cui era titolare effettiva lei) agli altri tre fratelli.

Chiedeva, pertanto, al Tribunale di Roma di condannare questi ultimi alla consegna della suddetta partecipazione e alla restituzione degli utili proporzionalmente conseguiti a fare data dal 2006, ovvero, in via subordinata, al risarcimento del danno.

Tutte le domande erano respinte, con sentenza confermata dalla Corte d'appello di Roma a seguito del gravame proposto, in quanto era emerso che il capitale della società, attraverso una catena di società interposte, era stato detenuto da vari soggetti che non erano stati convenuti in giudizio: tale circostanza impediva di accogliere la domanda risarcitoria formulata in via subordinata.

La pronuncia di secondo grado veniva impugnata con ricorso per cassazione.

Le questioni giuridiche e la soluzione

Con l'ordinanza che si annota, la Corte di cassazione ha accolto il ricorso, cassando con rinvio la sentenza impugnata.

La motivazione posta a fondamento della decisione assunta si articola nei seguenti passaggi: 1) i giudici di merito avevano correttamente escluso il diritto di ottenere la consegna della partecipazione sociale indebitamente trasferita agli altri tre fratelli azionato dalla ricorrente, giacché quest'ultima non aveva svolto alcuna domanda volta a invalidare l'atto in forza del quale era avvenuto il ritrasferimento in favore dei convenuti, che continuava, quindi, a esplicare pienamente i propri effetti; 2) con riguardo alla domanda di risarcimento del danno, invece, la stessa avrebbe dovuto essere esaminata, perché, sebbene l'operazione di intestazione fiduciaria avesse interessato una pluralità di soggetti, essendosi articolata in diversi passaggi successivi e dando vita a un patto fiduciario soggettivamente complesso, l'art. 2055 c.c. consente al danneggiato di chiedere e di ottenere il risarcimento del danno anche solo nei confronti di uno o più dei soggetti responsabili dell'illecito, quand'anche debbano rispondere per violazioni o titoli diversi, senza che tra di loro si instauri un litisconsorzio necessario.

Osservazioni

La controversia che ha condotto alla pronuncia dell'ordinanza che si annota scaturiva dalla scelta di quattro fratelli di intestare fiduciariamente le proprie partecipazioni al capitale di una società a responsabilità limitata a una società terza: prima che questa effettuasse il ritrasferimento di dette partecipazioni, si erano verificati ulteriori passaggi fiduciari, che avevano via via coinvolto altri soggetti, sicché l'operazione aveva assunto contorni soggettivi particolarmente complessi e articolati.

Da ultimo, l'intero pacchetto di partecipazioni fiduciariamente intestate era stato ritrasferito soltanto a tre dei quattro fratelli; quello rimasto escluso, pertanto, conveniva in giudizio gli altri per fare accertare che una parte (pari al 25%) delle partecipazioni loro ritrasferite era, in realtà, di sua titolarità, con conseguente attribuzione della quota di utili che vi accedeva, ovvero, in subordine, per ottenere il risarcimento del danno subito.

In linea generale, il negozio fiduciario si sostanzia nell'accordo tra fiduciante e fiduciario, mediante il quale il primo trasferisce o costituisce in capo al secondo una situazione giuridica soggettiva (reale o personale) per il conseguimento di uno scopo pratico ulteriore, per la cui realizzazione il fiduciario assume l'obbligo di avvalersi della situazione soggettiva nei tempi e nei modi convenuti, ponendo in essere un comportamento coerente e congruo, volto al successivo ritrasferimento del diritto intestatogli provvisoriamente al fiduciante o a un terzo da lui designato.

Il negozio fiduciario si sostanzia in un'interposizione reale di persona e rientra nella categoria dei negozi indiretti, in quanto realmente voluto dalle parti e posto in essere in vista di un fine pratico diverso da quello suo tipico, sicché si distinguono due piani: quello esterno, di carattere reale, che riguarda i terzi e gli effetti che l'atto posto in essere dalle parti produce nei loro confronti e quello interno, di carattere obbligatorio, diretto a modificare il risultato finale del primo, nel cui ambito l'interposto acquista (a differenza di quanto avviene nel caso di interposizione fittizia di persona) la titolarità del bene, restando tuttavia obbligato a ritrasferire al fiduciante il medesimo bene a una scadenza concordata, ovvero al verificarsi di una determinata situazione che comporti il venire meno del rapporto fiduciario e a osservare, nel frattempo, un certo comportamento convenuto con il fiduciante.

La causa del negozio fiduciario non risiede in sé né nel trasferimento del bene, né nella sostituzione del fiduciario al fiduciante nel compimento di specifici atti, ma nella combinazione dei due momenti, al fine di quella che può essere definita come spersonalizzazione della proprietà; per questo motivo, si reputa che si tratti di un contratto unitario, rientrante nell'ambito del genus dell'agire per conto altrui ma dotato di una causa sua propria unitaria, attesa la stretta e indissolubile connessione tra le varie pattuizioni nelle quali il negozio formalmente si scompone.

I dubbi sulla qualificazione giuridica dell'accordo fiduciario sono stati affrontati e risolti dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione con la sentenza n. 6459 del 6 marzo 2020, che l'ha ricondotto allo schema del mandato senza rappresentanza, costituente lo strumento tipico dell'agire per conto altrui, negando così che possa essere accostato a un preliminare (in cui l'effetto obbligatorio è strumentale all'effetto reale e lo precede, mentre nel contratto fiduciario l'effetto reale si produce immediatamente, con l'acquisto della proprietà da parte del fiduciario, innestandosi su di esso il vincolo ad attenersi alle istruzioni del fiduciante e a dare esecuzione a un futuro atto traslativo che impedisca il consolidamento di una situazione patrimoniale di vantaggio per il fiduciario a tutto danno del fiduciante).

L'intestazione fiduciaria presenta profili del tutto peculiari quando il pactum fiduciae ha per oggetto partecipazioni sociali, vuoi per la loro particolare natura, vuoi per il fatto che, oltre ai paciscenti, viene giocoforza coinvolto un terzo soggetto, ossia la società delle cui partecipazioni si tratta: poiché da queste ultime – che rappresentano una posizione complessa, ovvero un insieme di posizioni soggettive attive e passive, alle quali è sottesa una sorta di affidamento di valori a un ente (la società), chiamato a realizzare l'interesse del socio alla creazione di valore – scaturisce un fascio di diritti e di rapporti non riconducibili al mero diritto di proprietà o di credito, la loro intestazione fiduciaria comporta un'attività continua da parte del fiduciario, spesso non prevedibile ex ante, che si svolge e si protrae nel tempo.

In questi casi, la posizione del fiduciario è caratterizzata da un potere giuridico eccedente il suo scopo, dal momento che l'intestazione delle partecipazioni è strumentale al perseguimento dei fini avuti di mira dal fiduciante, nel senso che ogni decisione viene presa nel suo interesse.

Nell'intestazione fiduciaria di partecipazioni sociali, al fiduciario, quale titolare della quota o delle azioni, competono il diritto di percepire i dividendi distribuiti dalla società e di sottoscrivere le azioni in occasione dell'aumento di capitale, nonché la legittimazione a impugnare le deliberazioni assembleari, a fare valere il diritto di prelazione, a promuovere l'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori ai sensi dell'art. 2476 c.c. e a partecipare al giudizio intrapreso dai creditori rimasti insoddisfatti dopo la cancellazione della società dal registro delle imprese ai sensi dell'art. 2495, comma 2, c.c.; il fiduciario, d'altro canto, è tenuto a ritrasferire la partecipazione al fiduciante e a riversargli i dividendi maturati su di essa nel periodo di intestazione fiduciaria, in forza di un vero e proprio obbligo (avente titolo nell'accordo di intestazione fiduciaria), il cui inadempimento lo espone alle conseguenze tipiche della responsabilità contrattuale, a prescindere dallo stato soggettivo di buona o di mala fede, che non rileva in quanto non è applicabile il regime dettato dagli artt. 1147 e 1148 c.c. sul possesso di buona fede della cosa (come affermato da Cass. civ., sez. I, 9 maggio 2023, n. 12353).

Peraltro, in caso di azzeramento del capitale sociale, la quota di partecipazione viene meno non solo come entità rappresentativa di una percentuale di detto capitale, ma pure quale oggetto dell'accordo di intestazione fiduciaria, sicché sotto il profilo esterno si produce lo scioglimento del rapporto sociale, mentre nel rapporto interno si determina l'impossibilità per il fiduciario di ritrasferire al fiduciante la partecipazione sociale.

Nel caso scrutinato dalla Corte di cassazione, la mancata retrocessione della quota a colei che aveva agito in giudizio non era riconducibile a una situazione di questo tipo, bensì a un vero e proprio inadempimento del fiduciario, che aveva ritrasferito la sua partecipazione agli altri tre fratelli, dopo che, in virtù di ulteriori passaggi intermedi, le quote erano transitate nella disponibilità di altri soggetti.

Tuttavia, la mancata proposizione di azioni caducatorie, volte a fare venire meno il contratto – validamente posto in essere – mediante il quale era avvenuto il ritrasferimento in violazione dell'accordo fiduciario, ha impedito l'accoglimento della domanda diretta a fare accertare la titolarità delle partecipazioni in capo alla sorella che ne era rimasta esclusa, dal momento che gli effetti derivanti dalla sua perdurante esistenza continuavano a esplicarsi e non potevano essere posti nel nulla, in difetto di apposita domanda.

L'impossibilità di dare ingresso all'istanza di tutela reale avanzata dalla ricorrente non impediva tuttavia, secondo i giudici di legittimità, di accogliere quella di carattere risarcitorio formulata in via subordinata.

A ciò non ostava, in particolare, il fatto che, a fronte di una pluralità di soggetti coinvolti nella complessa operazione di intestazione fiduciaria posta in essere dalle parti, fossero stati convenuti in giudizio solamente i fratelli in favore dei quali era avvenuto il ritrasferimento della partecipazione oggetto di controversia, senza il coinvolgimento – in particolare – del fiduciario inadempiente, atteso che l'art. 2055 c.c. consente al danneggiato di agire nei confronti di tutti i responsabili dell'illecito, ovvero di uno o alcuni di essi, quand'anche il fatto dannoso derivi da più azioni od omissioni e i titoli di responsabilità siano diversi, trattandosi di norma volta a rafforzare la posizione del soggetto leso dalla condotta altrui.

Conclusioni

Non emergendo dall'ordinanza annotata elementi che consentano di apprezzare il contenuto degli accordi fiduciari conclusi dai soggetti coinvolti nella complessa vicenda portata all'attenzione dei giudici di legittimità, onde verificare se i fiducianti fossero reciprocamente investiti di specifici obblighi volti a salvaguardare le rispettive posizioni e i correlati diritti (la violazione dei quali poteva condurre all'individuazione di un autonomo titolo di responsabilità contrattuale), la conclusione cui è pervenuta la Corte di cassazione presuppone che in capo ai fratelli a favore dei quali era avvenuto il ritrasferimento delle partecipazioni sociali sia ravvisabile non già un inadempimento, bensì un concorso in quello imputabile al fiduciario, che, in violazione dell'accordo in forza del quale gli erano state intestate le partecipazioni sociali, non le aveva ritrasferite a tutti gli aventi diritto secondo le quote a ciascuno di essi spettanti, ma aveva retrocesso ad alcuni di essi anche quelle di un altro.

Solo in questo modo, infatti, può giustificarsi l'applicazione dell'art. 2055 c.c., giacché, da un lato, il mero fatto dell'indebito arricchimento conseguente all'incremento patrimoniale scaturente dall'intestazione di partecipazioni di titolarità di un altro soggetto, se può legittimare una condictio indebiti o un'azione per ingiustificato arricchimento, non consente di invocare la norma sopra richiamata e, dall'altro lato, quando un danno è provocato da più soggetti, per inadempimenti di obblighi contrattuali diversi intercorsi rispettivamente tra ciascuno di essi e il danneggiato, tali soggetti debbono considerarsi corresponsabili in solido non tanto a norma dell'art. 2055 c.c., quanto perché, sia in tema di responsabilità contrattuale che di responsabilità extracontrattuale, se un unico evento dannoso è imputabile a più persone, la responsabilità di tutte discende dai principi che regolano il nesso di causalità e il concorso di più cause efficienti nella produzione dell'evento.

A questo riguardo, nell'ordinanza viene fatto riferimento a un concorso dei tre fratelli convenuti nell'inadempimento perpetrato ai danni della sorella dal fiduciario che aveva ritrasferito loro la partecipazione di pertinenza della stessa.

Il concorso è dunque consistito nell'essersi i tre fratelli convenuti resi cessionari di una quota di titolarità altrui, dal momento che, ove non avessero prestato il consenso a tale cessione, questa non si sarebbe potuta perfezionare e il danno patito dalla ricorrente non si sarebbe prodotto.

Indipendentemente – e anzi a prescindere – dal fatto che, a propria volta, simile condotta integrasse o meno inadempimento di eventuali obblighi correnti inter partes, quindi, l'avere ciò consentito la perpetrazione dell'illecito contrattuale da parte del fiduciario (questi sì senz'altro inadempiente all'obbligo di ritrasferire la quota alla ricorrente) è stato reputato sufficiente per individuare un titolo di responsabilità solidale in capo ai tre fratelli, ai sensi dell'art. 2055 c.c., tale da rendere superfluo il coinvolgimento in giudizio tanto del fiduciario, quanto degli altri soggetti nelle mani dei quali, nel tempo, le partecipazioni sociali erano transitate.

In definitiva, non è solo il fiduciario inadempiente a dovere temere le iniziative del fiduciante che non si sia visto ritrasferire la quota, ma anche tutti coloro che, a vario titolo, abbiano consentito o agevolato la violazione del pactum fiduciae e che non potranno chiamarsi fuori adducendo l'assenza di vincoli od obblighi nei confronti di chi invochi il risarcimento del danno.

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