Nell'arbitrato rituale possono essere fissate regole decadenziali?

Redazione scientifica
14 Luglio 2023

È precluso all'arbitro di dichiarare inammissibile un atto o un'istanza o una produzione documentale per inosservanza di un termine o di una regola di condotta, ove la corrispondente attività conformativa non si stata anteriormente prevista come necessaria a pena di inammissibilità e in questa prospettiva resa nota alle parti.

La vicenda esaminata dalla Corte trae origine da una domanda di arbitrato proposta dinanzi alla Camera arbitrale di Modena in relazione all'operato recesso da una società di M.F e C in liquidazione. Con essa gli attori chiesero la condanna della società al pagamento di un residuo dell'indennità di fine mandato.

I convenuti si costituirono dinanzi all'arbitro unico, contestarono la pretesa e chiesero, in riconvenzione, che l'eventuale importo fosse compensato col controcredito della società a titolo di restituzione di utili indebitamente percepiti dagli attori.

L'arbitro fece eseguire una c.t.u., che tuttavia non ebbe esito in mancanza della documentazione contabile relativa alla società. Seguirono istanze dei convenuti per l'ammissione della produzione documentale non rinvenuta e istanze di rinnovo della c.t.u.

Con lodo l'arbitro ritenne che i termini accordati per le istanze istruttorie dovessero intendersi perentori, e che al giudizio fosse applicabile il regime delle preclusioni istruttorie previste dal codice di procedura civile per il processo ordinario.

Rilevato inoltre che i documenti depositati dalla società all'udienza non potessero trovare ingresso per la mancata osservanza delle disp. att. del c.p.c. in punto di modalità di produzione, accolse la sola domanda principale. Il lodo fu impugnato per nullità dai soccombenti, ma la Corte d'appello di Bologna respinse l'impugnazione.

Avverso tale sentenza i ricorrenti proposero ricorso per cassazione, denunciando che, nel respingere il corrispondente motivo di nullità del lodo, la sentenza avrebbe violato il principio del contraddittorio, dal momento che la possibilità dell'arbitro di fissare termini perentori non era stata accordata dalle parti nella convenzione di arbitrato e perché in ogni caso l'arbitro aveva mancato di avvisare le parti medesime circa la natura perentoria dei termini al momento della relativa assegnazione.

La Corte ha accolto il ricorso evidenziando che la decisione della Corte d'appello risultava affetta da un errore di diritto, poiché «nell'arbitrato viene in considerazione l'art. 816-bis c.p.c. a proposito della conduzione del processo. A questa norma era necessario parametrare l'intera decisione in ordine alle prospettate ragioni di nullità del lodo per vizio del contraddittorio» In base all'art. 816-bis c.p.c. le parti possono stabilire nella convenzione d'arbitrato, oppure con atto separato anteriore all'inizio del procedimento, le norme che gli arbitri debbono osservare nel procedimento"; in mancanza "gli arbitri hanno facoltà di regolare lo svolgimento del giudizio nel modo che ritengono più opportuno", ma "in ogni caso" debbono attuare il principio del contraddittorio, "concedendo alle parti ragionevoli ed equivalenti possibilità di difesa".

Questo punto focale del giudizio di impugnazione del lodo, in ordine al potere dell'arbitro di fissare termini e regole decadenziali solo entro binari previamente e specificamente indicati alle parti, non è stato colto dalla sentenza impugnata, la quale si è determinata in base a norme codicistiche che, comunque interpretate, non sono affatto direttamente applicabili nell'arbitrato.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.