La successione nel contratto ex latere conductoris nelle locazioni non abitative

13 Luglio 2023

L'art. 37 della l. n. 392/1978, che si occupa, in particolare, della disciplina relativa alla successione del contratto di locazione ad uso non abitativo sul versante del conduttore, è suddiviso in tre commi che regolano fattispecie distinte, ossia, rispettivamente, l'ipotesi di morte del conduttore, l'ipotesi della separazione-divorzio tra quest'ultimo ed il suo coniuge, nonché l'ipotesi in cui l'immobile sia adibito all'uso di più professionisti, artigiani o commercianti. Per effetto dei fenomeni successori di cui sopra, il soggetto legittimato al subentro diviene titolare di tutti gli obblighi ed i diritti discendenti dal contratto di locazione, sempre nell'ottica di garantire un collegamento tra l'immobile oggetto del contratto di locazione e l'attività che in esso viene svolta, a prescindere dalle vicende personali del conduttore.
Il quadro normativo

L'art. 37 della l. n. 392/1978, che si occupa della disciplina relativa alla successione del contratto sul versante del conduttore, è suddiviso in tre commi che regolano fattispecie distinte.

Il comma 1 reca una disciplina della successione per causa di morte che concerne il conduttore della locazione per uso non abitativo.

La norma si pone sulla scia della disposizione anteriore alla legge c.d. sull'equo canone, secondo cui, in tale tipologia di rapporti, la proroga operava a favore di chi, per successione o per precedente rapporto risultante da atto di data certa anteriore all'apertura della successione, avesse continuato l'attività del defunto (art. 1, comma 4, l. n. 253/1950; art. 2-bis, comma 1, l. n. 351/1974).

Il citato art. 37 si discosta solo parzialmente dalla formulazione di tali due norme, poiché, innanzitutto, al comma 1, dispone che, in caso di morte del conduttore, gli succedono nel contratto coloro che, per successione o per precedente rapporto risultante da atto di data certa anteriore all'apertura della successione, hanno diritto a continuarne l'attività; la norma de qua si rivela, peraltro, in controtendenza con l'art. 1614 c.c. che, in linea al regime generale delle successioni per causa di morte, chiama a subentrare nel rapporto di locazione gli eredi del conduttore, senza dare alcun rilievo alla preesistenza o alla continuazione del godimento diretto dell'immobile.

La differenza tra la norma in esame e quelle previgenti sta nell'espressa previsione non di una proroga legale, ma di una vera e propria successione nel contratto.

Inoltre, il subentro si realizza nei riguardi di colui che abbia diritto a continuare l'attività, senza che rilevi più il dato fattuale dalla prosecuzione dell'attività stessa.

Il comma 2 è, poi, volto a regolare il caso della separazione-divorzio tra il conduttore ed il suo coniuge, nel qual caso il contratto di locazione si trasferisce al coniuge, anche se non conduttore, che continui nell'immobile la stessa attività già ivi esercitata assieme all'altro coniuge in precedenza.

Costituisce, infine, novità assoluta il comma 3, che contempla l'estensione del congegno di subentro ai professionisti, artigiani e commercianti che occupavano l'immobile unitamente al conduttore deceduto, unico titolare del contratto: in tal senso, il suddetto capoverso dispone che, se l'immobile è adibito all'uso di più professionisti, artigiani o commercianti ed uno solo di essi è titolare del contratto, in caso di morte di quest'ultimo, gli succedono nel contratto, in concorso con gli aventi diritto di cui ai commi precedenti, gli altri professionisti, artigiani o commercianti (ossia soggetti che vantano, rispetto al conduttore defunto, un diritto proprio ed autonomo, cui ha diritto ciascuno di essi su di un grado di parità e senza che vi possa essere una sorta di priorità).

La morte del conduttore

Analizzando specificamente l'art. 37 della l. n. 392/1978, si rileva che, alla morte del conduttore, nel contratto di locazione subentrano, in via alternativa, coloro che, o per successione ereditaria oppure per precedente rapporto risultante da data certa ed anteriore all'apertura della successione, hanno diritto a continuare l'attività: la successione, per entrambe le categorie di successibili, opera di diritto, non contempla una manifestazione di volontà contraria del locatore, e il successore è il titolare di un diritto soggettivo a proseguire l'attività del de cuius.

Orbene, il comma 1 - secondo l'interpretazione corrente - presuppone lo svolgimento di un'attività imprenditoriale, sicché la successione da esso contemplata non coincide in toto con la previsione dell'art. 27 della stessa legge, e cioè, al di fuori dell'àmbito delle attività imprenditoriali, è stata ritenuta non ipotizzabile la configurazione di un diritto alla continuazione dell'attività, con particolare riguardo alle attività professionali, in quanto strettamente personali e non trasmissibili.

Ne discende che la disposizione deve essere riferita alle attività elencate nell'art. 27, comma 1, nn. 1) e 2) (attività industriali, commerciali, artigianali e di interesse turistico), e comma 3 (attività alberghiera), oltre che all'imprenditore agricolo, ove ne ricorrano i presupposti.

In prevalenza, si ritiene che la norma non sia applicabile alle locazioni di immobili destinati a particolari attività, ai sensi dell'art. 42 della citata legge, stante che la disposizione non richiama l'art. 37.

Quest'ultima norma sembra che sia applicabile, invece, alle locazioni stagionali, non solo perché la disposizione, al pari di altre contenute nella stessa l. n. 392/1978, è finalizzata a conservare la continuità dell'azienda, ma anche sulla base del rilievo per cui alle locazioni stagionali si ritengono applicabili tutte le norme sulle locazioni ad uso non abitativo; in linea di principio, quindi, sarà possibile succedere al conduttore defunto sia durante lo svolgimento della locazione stagionale, sia anche dopo la richiesta di rinnovo.

Si è, altresì, affermato che la disciplina della successione si estenderebbe anche alle locazioni transitorie di cui all'art. 27, comma 5: il periodo contenuto di durata di tali rapporti non sarebbe di ostacolo all'applicazione, posto che la temporaneità non escluderebbe il diritto del successore alla continuazione dell'attività.

La dottrina è, inoltre, pressoché unanimemente orientata ad affermare che il subentro richieda non solo il diritto di proseguire l'attività, ma anche quello della sua effettiva prosecuzione: infatti, la norma sulla successione non avrebbe significato qualora volesse privilegiare soggetti che non usano l'immobile per svolgervi l'attività cui in precedenza era stato destinato.

Perciò, il successore, il quale non prosegua l'attività del suo dante causa, decade dal diritto al subentro; in tale prospettiva, il successore non può mutare il tipo o l'oggetto dell'attività del conduttore originario, mentre può modificare l'organizzazione del lavoro, la ditta o il numero dei dipendenti: in altri termini, egli può cambiare le modalità della gestione dell'attività.

La tesi finora esposta, secondo cui la successione si attuerebbe solo nel caso in cui l'avente diritto continui in concreto l'attività del de cuius, non è condivisa, però, da una parte minoritaria della dottrina, per la quale il subentro sarebbe subordinato al dato della sola legittimazione alla prosecuzione dell'attività stessa, indipendentemente dal fatto che essa venga poi esercitata.

I giudici di legittimità - Cass. civ., sez. III, 3 febbraio 1998, n. 1093; Cass. civ., sez. III, 10 febbraio 1994, n. 1359; Cass. civ., sez. III, 1° dicembre 1993, n. 11888; contra, nella giurisprudenza di merito, Pret. Napoli 13 marzo 1995 - aderiscono a quest'ultima opinione, statuendo che, in materia di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello abitativo, l'art. 37 della l. n. 392/1978, prevedendo, per il caso di morte del conduttore, che succedano nel contratto coloro che, iure hereditario o per atto di anteriore all'apertura della successione, hanno diritto a continuare l'attività del dante causa, condiziona, con disposizione innovativa, la prosecuzione del rapporto locatizio alla sola titolarità astratta del diritto alla continuazione di tale attività, senza richiedere anche il fatto materiale della continuazione della stessa attività (valorizzando, altresì, la differenza letterale tra la formulazione della norma in commento e quella dettata dalla l. n. 253/1950 e dalla l. n. 351/1974).

È stato così, anche di recente, ribadito che il citato art. 37 stabilisce, in ordine alle locazioni ad uso non abitativo, con disposizione innovativa rispetto a quelle degli artt. 1, comma 4, della l. 253/1950 e 2-bis della l. n. 351/1974, che, in caso di morte del conduttore, subentrano coloro i quali, per successione o per precedente rapporto (risultante da data certa anteriore all'apertura della successione), abbiano diritto di continuare l'attività, salvo che manifestino volontà contraria, “non essendo necessario l'ulteriore requisito dell'esercizio diretto dell'attività richiesto dalle disposizioni previgenti” (così Cass. civ., sez. III, 16 ottobre 2017, n. 24278).

Tuttavia, si richiede - ad avviso di Cass. civ., sez. III, 9 gennaio 1991, n. 153 - che la norma dell'art. 37, comma 1, postuli un “collegamento temporale” fra la morte del conduttore ed il diritto a continuare l'attività di quest'ultimo, di guisa che la cessione dell'azienda per atto inter vivos da parte del conduttore, il quale non si sia avvalso della facoltà prevista dall'art. 36 di cedere contestualmente il contratto di locazione o di sublocare l'immobile, non comporta in favore del cessionario una successione nel contratto di locazione a norma del citato comma 1 dell'art. 37; né può ipotizzarsi una cessione di azienda producente effetto per volontà delle parti alla morte del cedente, trattandosi di patto successorio vietato dall'art. 458 c.c.

Va aggiunto che il subentrante deve essere titolare di un vero e proprio diritto soggettivo e non di un mero interesse alla continuazione dell'attività del defunto: in quest'ottica, ove il diritto alla continuazione dell'attività richieda la concessione delle licenze o autorizzazioni amministrative, cessate con la morte del titolare, la titolarità delle suddette licenze o autorizzazioni condiziona lo svolgimento dell'attività, sicché nessun successibile può vantare un diritto, ma solo legittime aspettative correlate al potere discrezionale della Pubblica Amministrazione (Cass. civ., sez. III, 4 marzo 1993, n. 2629).

In definitiva, se la ratio legis della successione nel contratto di locazione per uso non abitativo è individuata nell'esigenza di tutelare esclusivamente le posizioni soggettive contemplate nel comma 1, l'indicazione del requisito del “diritto alla continuazione dell'attività” si collega unicamente al titolo che consente la successione nel rapporto ope legis, con un effetto immediato e, quindi, non condizionato da alcun ulteriore requisito amministrativo (così Cass. civ., sez. III, 1° dicembre 1993, n. 11888).

Più in particolare, l'acquisto del diritto può derivare da una successione mortis causa o da un rapporto sorto precedentemente alla morte del conduttore, purché di data certa.

La prima ipotesi certamente ricorre qualora il successibile sia istituito erede di un complesso patrimoniale di cui sia parte l'azienda ubicata nell'immobile locato; più discusso è se il subentro possa attuarsi a beneficio del legatario, ove il lascito riguardi, appunto, i beni organizzati per l'esercizio dell'impresa.

La seconda ipotesi è da riferire alle ipotesi in cui consti un riscontro documentale antecedente alla morte del conduttore che attesti il diritto di continuare l'attività di questo, essendo preferibile che lo scritto di data certa debba provenire dal conduttore deceduto.

Comunque, in questo caso, non si pretende la prova scritta e di data certa ex art. 2704 c.c. del diritto di succedere nel contratto di locazione, bensì la prova del rapporto dal quale derivi il diritto di continuare l'attività del conduttore defunto; tale diritto trova, quindi, il suo fondamento nella compartecipazione alla comune azienda, che si riscontra, oltre che nell'ipotesi del coerede, ad esempio, nel caso del socio, purchè il rapporto societario non sia occulto e sia documentalmente provato (anche in maniera indiretta).

Per fare qualche esempio, nel caso di società di fatto tra due o più persone, di cui una soltanto risulti conduttrice dell'immobile adibito all'uso sociale, succedono, alla morte di quest'ultima, gli altri soci, sempre che vi sia prova documentale del diritto alla prosecuzione dell'attività, prova che può essere desunta anche dalle dichiarazioni fiscali o da fatture (sul presupposto, però, che l'esistenza della società risulti, sia pure indirettamente, da un documento, come l'iscrizione alla Camera di commercio); si menziona, poi, il caso della licenza cointestata, osservando che il cointestatario che sopravviva all'originario conduttore conserva il diritto di continuare l'attività che già svolgeva nell'immobile, anche se questa non possa considerarsi artigianale, commerciale o professionale (l'atto di data certa sarebbe dato dalla stessa licenza); viene, inoltre, segnalata l'ipotesi della cessione di azienda, qualora il conduttore dell'immobile trasferisca ad un terzo l'azienda, ma detta cessione abbia efficacia differita, essendo sottoposta a condizione sospensiva o a termine iniziale.

Secondo alcuni, infine, la norma si applicherebbe anche con riferimento all'impresa familiare; più dubbiosi si rivelano altri, sul rilievo che tale impresa, per sua natura, ha carattere individuale, per cui i familiari, nella fattispecie di cui all'art. 230-bis c.c., sono prestatori di attività lavorativa, e non titolari o contitolari dell'impresa, per cui non avrebbero diritto alla sua continuazione ai sensi dell'art. 37, comma 1, a meno che non conseguano la qualità di eredi e manifestino la volontà di gestire l'impresa del de cuius.

Resta inteso che la “certezza” della data dell'atto comprovante l'esistenza di un rapporto precedente alla morte del conduttore - alla formazione del quale quest'ultimo deve aver partecipato - consegue per il fatto stesso della morte di questi, ai sensi dell'art. 2704 c.c., per cui è sufficiente una qualsiasi scrittura privata, sottoscritta dal medesimo conduttore, da cui risulti la partecipazione all'attività imprenditoriale del soggetto che accampi il diritto di subentrare nella locazione (App. Milano 10 novembre 1987).

Pertanto, la “data certa anteriore” alla morte del conduttore rappresenta un presupposto indefettibile per aversi, nella seconda ipotesi, la successione nel rapporto locatizio, conseguendone - ad avviso di Trib. Roma 26 maggio 1982 - che, nell'ipotesi in cui una società costituita dagli eredi dell'originario intestatario del contratto occupi l'immobile oggetto della locazione e non vi sia la prova che l'originario locatore sia deceduto prima della costituzione della società stessa, non è applicabile il citato art. 37 della l. n. 392/1978 (successione nel contratto), bensì il precedente art. 36 (sublocazione e cessione del contratto), e, ove detta cessione sia vietata dal contratto di locazione, va dichiarata la risoluzione del contratto per grave inadempimento.

La separazione o il divorzio

Proseguendo funditus l'esame dell'art. 37 della l. n. 392/1978, il comma 2 è volto a regolare l'ipotesi della separazione-divorzio tra il conduttore ed il suo coniuge, nel qual caso il contratto di locazione si trasferisce al coniuge, anche se non conduttore, che continui nell'immobile la stessa attività già ivi esercitata assieme all'altro coniuge in precedenza, ossia prima che la situazione familiare abbia subìto quei mutamenti.

A ben vedere, il coniuge possiede già un diritto alla successione del rapporto in qualità di erede, come contemplato dal comma 1 dello stesso art. 37, mentre qui, ossia nell'ipotesi di separazione (consensuale o legale) oppure di divorzio (scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio), costituisce presupposto per l'applicazione del disposto de quo la continuazione della stessa attività, già esercitata nell'immobile locato dall'altro coniuge prima della separazione o del divorzio.

Pertanto, condizione imprescindibile per la successione del coniuge nella locazione dell'immobile ad uso non abitativo è l'esistenza di un vincolo matrimoniale, escludendo ogni rilievo ad una convivenza more uxorio; in altri termini, trattasi di ipotesi di successione inter vivos, limitata, però, ai rapporti formalizzati in un vincolo matrimoniale e che esclude ogni rilevanza alla c.d. famiglia di fatto.

In questa fattispecie, non trova applicazione, quindi, il principio sancito dai giudici della Consulta (Corte cost. 7 aprile 1998, n. 404), a favore del convivente more uxorio,che, stante il riferimento al solo art. 6 della l. n. 392/1978, deve intendersi limitato al diritto di proseguire nel godimento dell'immobile unicamente ad uso abitativo.

La tutela del convivente more uxorio, nella diversa ipotesi disciplinata dal successivo art. 37, invece, si realizza, sotto il profilo dell'attività di lavoro, con il riconoscimento del diritto alla successione nel rapporto locatizio nel caso di continuazione dell'attività del conduttore defunto; d'altronde, non avrebbe alcun significato, né etico né giuridico, che il conduttore more uxorio permanga nella detenzione dell'immobile, sede dell'azienda dell'altro convivente deceduto, senza essere in grado di continuarne l'attività.

Gli immobili in coutenza

Concludendo lo scrutinio dell'art. 37 della l. n. 392/1978, il comma 3 stabilisce che, se l'immobile è adibito all'uso di più professionisti, artigiani o commercianti, al titolare del contratto, in caso di morte, succedono, in concorso con i soggetti di cui ai primi due commi dello stesso articolo (ossia gli eredi o gli altri successibili ivi indicati), “gli altri professionisti, artigiani e commercianti”.

Scopo della norma, ancora una volta, è garantire un collegamento tra l'immobile oggetto del contratto di locazione e l'attività che in esso viene svolta, a prescindere dalle vicende personali del conduttore (qui la successione nel rapporto locatizio non è subordinata, come nella precedente, all'esistenza di un atto di data certa, essendo sufficiente la situazione di mero fatto).

Trattasi di norma speciale, che si applica a ristrette categorie di conduttori e non è estensibile ad altre categorie di imprenditori; invero, il tenore letterale della disposizione esclude che essa sia riferibile all'ipotesi in cui l'immobile locato sia destinato, ad esempio, ad attività di lavoro autonomo distinta da quella svolta dai professionisti, artigiani o commercianti (Cass. civ., sez. III, 13 aprile 2007, n. 8853); in particolare, avuto riguardo alla disposizione dell'art. 27 della l. n. 392/1978, restano esclusi dalla vicenda successoria coloro che, in uno con il titolare del contratto, svolgano nell'immobile un'attività industriale, alberghiera o di interesse turistico.

In giurisprudenza, si è chiarito che non è ricompresa nella disciplina di cui alla norma in esame la locazione destinata all'uso di più esercenti l'attività assicurativa, come pure quella conclusa, in qualità di conduttore, da un Ente pubblico non economico (Cass. civ., sez. III, 24 gennaio 1992, n. 790).

Occorre, poi, verificare se la destinazione dell'immobile all'attività professionale, artigianale o commerciale di più soggetti debba essere convenuta al momento della conclusione del contratto o, comunque, in mancanza, autorizzata dal locatore nel corso del rapporto.

In dottrina, ciò è stato escluso sulla scorta della considerazione per cui l'uso dell'immobile da parte di più persone, anziché di una sola, non concreta un caso di “diversa destinazione” del bene e, quindi, non può configurarsi come inadempimento, a meno che il conduttore non sia espressamente obbligato a non consentire a terzi l'uso dello stesso immobile; altri hanno affermato che, se non c'è stato consenso iniziale del locatore e se non ricorrono gli estremi di un'avvenuta cessione di azienda, sussiste, quantomeno, una presunzione di sublocazione, non essendo stato riprodotto nella l. n. 392/1978, e dovendosi ritenere incompatibile con la disposizione dell'art. 36 sulla sublocazione, l'art. 22, comma 1, della l. n. 253/1950.

L'orientamento restrittivo è seguito dai giudici di Piazza Cavour (Cass. civ., sez. III, 17 novembre 1995, n. 11914), i quali hanno, però, equiparato al consenso iniziale all'uso plurimo da parte del locatore quello successivo, manifestato in costanza della locazione: perché si possa invocare l'applicabilità dell'art. 37, comma 3, della l. n. 392/1978, ai fini della successione nelle locazioni non abitative da parte dei professionisti, artigiani o commercianti, è necessario che l'uso plurimo sia stato previsto contrattualmente o, quantomeno, successivamente consentito dal locatore.

Si è, altresì, rilevato (Cass. civ., sez. III, 30 giugno 2015, n. 13317; Cass. civ., sez. III, 20 gennaio 1989, n. 288) che i commi 3 e 4 dell'art. 37, i quali, riguardo agli immobili adibiti all'uso di più professionisti, artigiani o commercianti, disciplinano, nel caso di morte o di recesso dell'unico titolare della locazione, la successione nel contratto degli altri, presuppongono che l'uso plurimo sia stato previsto contrattualmente o anche successivamente consentito dal locatore, sicché, ove la destinazione dell'immobile in favore di più soggetti non sia stata prevista nel contratto stipulato dal locatore con uno soltanto di questi, l'eventuale occupazione di fatto dell'immobile da parte degli altri non li legittima a subentrare nel contratto.

Occorre interrogarsi, poi, se la norma in commento richieda, quale presupposto per la successione, che la presenza nell'immobile della pluralità di professionisti, artigiani o commercianti debba sussistere fin dal momento in cui il conduttore è immesso nella detenzione dei locali.

Secondo parte della dottrina, la previsione di cui al comma 3 dell'art. 37 abbraccerebbe anche il caso in cui il conduttore, successivamente alla stipula del contratto, immetta nell'immobile altri soggetti che ivi svolgano la medesima attività che egli eserciti.

Nello stesso senso, si allineano i giudici di legittimità (Cass. civ., sez. III, 24 novembre 1990, n. 11349), i quali hanno posto l'accento sull'esplicito esclusivo riferimento testuale alla titolarità del contratto: in particolare, si è statuito che le disposizioni dell'art. 37, commi 3 e 4, si riferiscono ai casi in cui il concorrente godimento del bene sia lecito e, pertanto, sono invocabili esclusivamente in presenza di una coutenza contemplata nell'originario contratto, o successivamente autorizzata dal locatore, senza che all'uopo possa ritenersi sufficiente la mera attribuzione della facoltà di sublocazione (il cui esercizio non implica la suddetta coutenza, ma costituisce un nuovo ed autonomo titolo di godimento).

Secondo alcuni autori, inoltre, la destinazione dell'immobile all'uso di più soggetti diversi dal conduttore deve, poi, non essere vietata da esplicita previsione contrattuale, in quanto tale circostanza paralizzerebbe la successione per inadempimento del conduttore, legittimando la risoluzione del contratto ai sensi dell'art. 1455 c.c.; altra condizione implicita nell'art. 37 è la contestualità, nel senso della contemporaneità dell'immissione nel possesso dell'immobile da parte del conduttore firmatario del contratto e degli altri soggetti; il diritto a succedere, infine, non potrebbe essere esercitato che per una sola volta, sicché la morte di uno dei successori-nuovi conduttori non dovrebbe dar luogo ad una nuova successione.

I giudici di merito (Trib. Napoli 29 marzo 1984) hanno, inoltre, puntualizzato che sono legittimati al subentro quei soggetti che svolgano attività compresa nella medesima categoria in cui rientrava l'attività del conduttore deceduto (ad esempio, un commerciante non potrà succedere al professionista, e viceversa, in quanto i soggetti che succedono devono essere sullo stesso piano professionale); invero, la locuzione per cui “se l'immobile è adibito all'uso di più professionisti, artigiani o commercianti e uno solo di essi è titolare del contratto” non può avere altro significato che la limitazione all'uso comune della tutela in caso di successione nel contratto di più professionisti, più artigiani, più commercianti, vale a dire di categorie omogenee tra loro.

Il diritto al subentro non può, dunque, essere riconosciuto ai soggetti che cooperano con il titolare del contratto in posizione di sottordinati; pertanto, la disposizione non si applica a coloro che siano legati al conduttore nella qualità di meri dipendenti, in detta categoria dovendosi ricomprendere i garzoni, gli apprendisti, i praticanti avvocati dello studio legale.

In quest'ordine di concetti, la successione nel contratto di locazione non spetta così ai sostituti del conduttore (Trib. Roma 12 settembre 1983); d'altronde, l'attività di sostituzione di un professionista da parte di altro professionista è tale, per sua natura, da non comportare il diritto alla continuazione dopo la morte del sostituito in quanto, per definizione, si esaurisce in concomitanza con la morte del sostituito ed è concettualmente incompatibile con la contemporanea utilizzazione dell'immobile da parte di più professionisti, di fatto godendo le stesse facoltà che competono all'unico titolare del contratto, giacché l'attività professionale del sostituto è svolta “invece”, e non contemporaneamente, a quella del sostituito ed ha carattere tendenzialmente provvisorio, sicché non dà luogo alla successione ex lege nel contratto di locazione di cui era titolare il professionista deceduto.

In conclusione

Il comma 4 dell'art. 37 prevede, infine, che, “nell'ipotesi di recesso del titolare del contratto, succedono nello stesso gli altri professionisti, artigiani, commercianti”, che contestualmente esercitano attività omogenea nell'immobile - deve trattarsi, comunque, di un recesso spontaneo ed unilaterale del conduttore, non conseguente al suo inadempimento - aggiungendo che, in tal caso, “il locatore può opporsi alla successione del contratto, per gravi motivi, con le modalità di cui all'articolo precedente”.

A differenza dei commi precedenti, la successione degli altri professionisti, artigiani o commercianti avviene senza il concorso di ulteriori soggetti; la norma presuppone che il conduttore che recede debba darne comunicazione al locatore, indicando i soggetti destinati a succedergli in quanto coutenti dell'immobile locato.

Sul versante del conduttore, si è osservato che le formalità da adottare per la comunicazione del recesso - le cui motivazioni ricalcano quelle di cui all'art. 27, ultimo comma, della l. n. 392/1978 - dovrebbero essere le stesse previste dall'art. 36 in materia di sublocazione e cessione del contratto; tale informativa non può essere equiparata al pagamento del canone da parte di soggetti che subentrano nel contratto, atteso che la notizia, relativa al titolo sul quale si basa la successione, deve essere esplicita; quanto al contenuto, la suddetta comunicazione si sostanzia nella manifestazione espressa della volontà di recesso, specificando le persone dei successori, cosicché, una volta che la successione si sia perfezionata, il recedente sarà al riparo da qualsivoglia inadempienza dei nuovi titolari.

In proposito, un magistrato capitolino (Trib. Roma 14 novembre 2005) ha avuto modo di precisare che, nell'ipotesi di contratto di locazione stipulato, contestualmente, da tre soggetti per il godimento, comune ed indivisibile, di un immobile per uso commerciale, ricreativo e per somministrazione di alimenti e bevande, l'esercizio della facoltà di recesso convenzionale del conduttore nei confronti del locatore spetta a tutti e tre simultaneamente e non già singulatim, ma, per effetto della dichiarazione di recesso di uno solo dei componenti della parte conduttrice, quella coerente parte, simultaneamente costituita, che aveva stipulato il contratto di locazione, a latere conductoris si dissolve e viene meno, determinando l'estinzione del contratto di locazione ed impedendo, così, la successione ex art. 37 della l. n. 392/1978 in favore delle altre persone fisiche non recedute che non possono vantare un'aspettativa tutelata di prosecuzione del rapporto, che non può, peraltro, prevalere, ex art. 1380 c.c., su quello successivamente instaurato per lo stesso immobile tra altri soggetti, diversi sia ex parte locatoris che conductoris.

Sul versante del locatore, si è chiarito, per un verso, che tale opposizione del locatore deve essere fondata, al pari dell'opposizione in caso di cessione del contratto e di sublocazione previsto dal precedente art. 36, su gravi motivi riferiti alla persona del successore e non del locatore, e, per altro verso, che la stessa opposizione va espressa con lettera raccomandata, con avviso di ricevimento, entro trenta giorni dalla comunicazione del professionista, artigiano o commerciante che vuole subentrare nei rapporti, perché tale requisito di forma deve ritenersi implicitamente richiesto dalla medesima disposizione che, ai sensi dell'art. 36, comma 1, richiamato dall'art. 37, ultimo comma, della stessa legge, lo prescrive espressamente per la comunicazione al locatore della volontà di subentrare nel rapporto da parte dell'avente diritto (Cass. civ., sez. III, 2 giugno 1993, n. 6129; tra le pronunce di merito, si segnala Trib. Genova 26 febbraio 1981).

Riferimenti

Suppa, Morte del conduttore e successione nel contratto, in Corr. giur., 2013, 1373;

Di Marzio, Dell'opponibilità all'ignaro locatore della cessione ex lege del contratto di locazione a seguito di separazione-divorzio del conduttore, in Giur. merito, 2012, 2050;

Riccioni, La successione nel contratto di locazione da parte del convivente more uxorio del conduttore, in Temi romana, 1997, 737;

Paladini, La successione nel contratto di locazione: diritto del convivente more uxorio e responsabilità sussidiaria dell'originario conduttore nell'adempimento delle obbligazioni contrattuali, in Arch. loc. e cond., 1996, 639;

Carretta, Obbligo del conduttore subentrante alla comunicazione scritta per la continuazione dell'attività (art. 37, 3º e 4º comma, l. 392/78), in Nuovo dir., 1994, 875;

Izzo, La successione nel contratto per morte del conduttore nel regime della legge sull'equo canone, in Giust. civ., 1991, I, 2380;

De Tilla, Successione del contratto di locazione di immobile adibito all'uso di più professionisti, artigiani, commercianti, in Giust. civ., 1989, I, 1375.

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