Liquidazione giudiziale della s.a.s. ed effetti sul socio accomandante

Massimiliano Poppi
17 Luglio 2023

L'art. 256 CCII ribadisce, di fatto solo con talune novità, la disciplina dettata dall'art. 147 l. fall. in tema di estensione del fallimento - ora, della liquidazione giudiziale - ai soci illimitatamente responsabili (anche) delle s.a.s. Quali conseguenze comporta sui soci la liquidazione giudiziale della s.a.s.? Il socio accomandante può essere assoggettato alla liquidazione giudiziale?
La liquidazione giudiziale in estensione ai soci della s.a.s.: profili normativi

La liquidazione giudiziale della società con soci illimitatamente responsabili comporta, automaticamente, la liquidazione giudiziale di questi ultimi: trattasi di un principio di lunga data, da tempo contenuto nella Legge Fallimentare e ora confluito nel Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza, all'art. 256.

L'automatica apertura della liquidazione giudiziale opera senza sostanziali dubbi con riguardo ai soci accomandatari della s.a.s., in quanto soci illimitatamente responsabili ai sensi dell'art. 2313 c.c.. In altre parole, a fronte dell'apertura della procedura a carico della società, i soci accomandatari vengono assoggettati alla liquidazione giudiziale in via automatica, senza che rilevi in capo ai medesimi la qualifica di imprenditore commerciale o l'effettiva attività gestoria della società.

I soci accomandanti, normalmente, non sono invece assoggettabili alla liquidazione giudiziale per effetto dell'apertura della procedura della società, trattandosi di soci con responsabilità limitata alla quota conferita (art. 2313 c.c.) e, dunque, di soci per i quali non opera l'art. 256 CCII, dedicato solo ai soci illimitatamente responsabili. La ragione del regime “di salvezza” dalla liquidazione giudiziale per i soci accomandanti risiede nella loro estraneità all'amministrazione della società; estraneità rafforzata dall'espresso divieto previsto dall'art. 2320 c.c. di compiere atti di amministrazione, la cui violazione comporta infatti l'assunzione della responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali (e ulteriori conseguenze previste dalla norma, cui si fa rinvio).

Secondo il dettato normativo, dunque, al potere di amministrazione della s.a.s. da parte dei soci accomandatari, potere previsto dall'art. 2318 c.c., consegue la responsabilità illimitata dei medesimi per le obbligazioni sociali; a sua volta, alla responsabilità illimitata dei soci della s.a.s. consegue, ai sensi dell'art. 256 CCII, la loro assoggettabilità alla liquidazione giudiziale in estensione.

Di contro, in mancanza di potere di amministrazione della s.a.s., i soci accomandanti restano responsabili nei limiti della quota conferita e, dunque, non sono assoggettabili alla liquidazione giudiziale in estensione, fattispecie limitata ai soci con responsabilità illimitata.



Ipotesi di estensione della liquidazione giudiziale della s.a.s. al socio accomandante

Inquadrata come sopra la disciplina normativa, occorre prendere atto di come, negli anni, la giurisprudenza si sia trovata a decidere le sorti del socio accomandante della s.a.s. (fallita), laddove quest'ultimo abbia compiuto atti di ingerenza nell'amministrazione in violazione del divieto di cui all'art. 2320 c.c., fattispecie (anche a prescindere dal fallimento) passibile di assunzione di responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali.

È così stato ritenuto fallibile in estensione il socio della s.a.s. fallita, pur accomandante, che abbia posto in essere atti gestori quali la trattazione o conclusione di affari (Cass. civ., sez. VI, 23 febbraio 2018, n. 4498) e il compimento di atti di gestione (Cass. civ., sez. I, 17 luglio 2008, n. 19736).

La casistica giurisprudenziale non manca tuttavia di contemplare altresì casi di esclusione del fallimento in estensione, come nell'ipotesi di prelievo di fondi dalle casse sociali da parte del socio accomandante per esigenze personali, fattispecie – sebbene illegittima – ritenuta estranea all'ingerenza nella gestione e, dunque, al fallimento in estensione (Cass. civ., sez. I, 3 giugno 2010, n. 13468).

In sostanza, secondo l'orientamento prevalente, per poter attribuire ad un atto posto in essere dal socio accomandante un'influenza decisiva, o almeno rilevante, sull'amministrazione della s.a.s., occorre che l'atto non si limiti al mero profilo esecutivo, ma riguardi il momento genetico in cui si manifesta la scelta d'impresa e, dunque, che si tratti di un atto di gestione vero e proprio.

A titolo esemplificativo, si richiamano fattispecie quali l'assunzione di personale, la gestione di rapporti contrattuali e finanziari per conto della società, la gestione del personale dipendente. Diversamente, non è stato ritenuto atto di ingerenza, ai fini dell'estensione del fallimento al socio accomandante, il rilascio di garanzie in favore della società, attenendo tale fattispecie al momento esecutivo dell'obbligazione.

Ad avviso di chi scrive, non è un caso che la giurisprudenza presti particolare attenzione all'indagine circa gli atti concretamente idonei a configurare un'ingerenza nella gestione tale da condurre all'estensione della liquidazione giudiziale al socio accomandante. Sono infatti note le rilevanti conseguenze dell'apertura della liquidazione giudiziale, patrimoniali ma anche personali, in particolare laddove tale procedura venga estesa ad un soggetto per cui, di norma, l'estensione non opererebbe.

A tal proposito, occorre ricordare che la liquidazione giudiziale in estensione può essere disposta, a norma dell'art. 256 comma 2 CCII, entro un anno dallo scioglimento del rapporto sociale o dalla cessazione della responsabilità illimitata in capo al soggetto, previa osservanza delle formalità per rendere noti ai terzi tali eventi e, comunque, solo se la situazione di insolvenza attenga (anche in parte) a debiti già esistenti alla data di cessazione della responsabilità illimitata.

Trattasi, evidentemente, di una norma a tutela della certezza dei rapporti giuridici e a limitazione temporale e sostanziale alla liquidazione giudiziale in estensione.



Liquidazione giudiziale in estensione del socio accomandatario: conseguenze sul socio accomandante

Posto quanto sin qui detto, occorre ricordare un ulteriore possibile effetto, sul socio accomandante della s.a.s., dato dalla liquidazione giudiziale in estensione del socio accomandatario.

Trattasi del caso in cui l'unico socio accomandatario, già assoggettato alla liquidazione giudiziale in estensione (a quella della s.a.s.), sia altresì l'unico socio accomandatario di un'altra s.a.s., quest'ultima in bonis.

In tale ipotesi, affinché il socio accomandante superstite della s.a.s. in bonis eviti lo scioglimento di tale seconda società, stante la sopravvenuta mancanza di soci accomandatari (si ricorda che, a norma dell'art. 2288 c.c., la dichiarazione di fallimento – rectius, la liquidazione giudiziale – del socio determina la sua esclusione di diritto dalla società), occorrerà adottare i rimedi di cui all'art. 2323 c.c., ossia procedere alla sostituzione del socio accomandatario, previa nomina di un amministratore provvisorio.



In conclusione

A fronte dell'apertura della liquidazione giudiziale della s.a.s. opera l'automatica apertura della liquidazione giudiziale a carico del socio accomandatario. Di regola, il socio accomandante non subirà analoga estensione. Sono fatti salvi i casi in cui il socio accomandante abbia posto in essere atti di gestione della società, in violazione del divieto di cui all'art. 2320 c.c. e, dunque, con assunzione della responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali.



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