Il diritto all’equa riparazione è subordinato all'esperimento dell’istanza di accelerazione?

Redazione scientifica
17 Luglio 2023

È costituzionalmente illegittimo l'art. 2, comma 1, della l. n. 89/2001 nella parte in cui prevede l'inammissibilità della domanda di equa riparazione nel caso di mancato esperimento del rimedio preventivo di cui all'art. 1-ter, comma 6, ovvero dell'istanza di accelerazione.

La Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, della l. n. 89/2001 (Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell'articolo 375 del codice di procedura civile) nella parte in cui prevede l'inammissibilità della domanda di equa riparazione nel caso di mancato esperimento del rimedio preventivodi cui all'art. 1-ter, comma 6, della medesima legge.

In merito si evidenzia che la giurisprudenza costituzionale, in sintonia con la giurisprudenza della Corte EDU, è ormai costante nell'affermare che i rimedi preventivi sono non solo ammissibili, eventualmente in combinazione con quelli indennitari, ma addirittura preferibili, in quanto volti a evitare che i procedimenti giudiziari si protraggano eccessivamente nel tempo (sentt. n. 107/2023, n. 175/2021). Occorre, tuttavia, che ne consegua un rimedio effettivo, ciò che accade soltanto laddove venga realmente resa più sollecita la decisione da parte del giudice competente (in tal senso, di recente, Corte EDU, sent. 30 aprile 2020, Keaney contro Irlanda, sent. 28 aprile 2022, Verrascina ed altri contro Italia).

Si osserva tuttavia — analogamente a quanto già rilevato con riferimento all'istanza di accelerazione introdotta come rimedio preventivo nell'ambito del processo penale dall'art. 1-ter, comma 2, della l. n. 89/2001 — che la presentazione dell'istanza di accelerazione nel giudizio davanti alla Corte di cassazione non determina alcun effetto significativo sui tempi del procedimento, dal momento che il legislatore non ha previsto, come conseguenza della presentazione di essa, l'attivazione, fosse pure mediata dalla valutazione del giudice, di un diverso – e, in tesi, più celere – modulo procedimentale per addivenire alla decisione della causa.

Verò è che l'art. 3, comma 28, lett. g), del d.lgs. n. 149/2022, ha introdotto — con il nuovo art. 380-bis del codice di procedura civile, inapplicabile ratione temporis nel giudizio a quo — un rito accelerato anche nell'ambito del giudizio davanti alla Corte di cassazione. Tuttavia, ciò che conta sottolineare è che il legislatore della riforma — pur intervenendo, sotto altri profili, sul testo dell'art. 1-ter della l. n. 89/2001 —, non ha inteso instaurare alcun collegamento diretto tra l'istanza disciplinata dalle disposizioni censurate e il suddetto rito accelerato.

In definitiva, concludono i giudici rilevando che la mancata presentazione dell'istanza può, quindi, eventualmente assumere rilievo (come indice di sopravvenuta carenza o non serietà dell'interesse al processo del richiedente) ai fini della determinazione del quantum dell'indennizzo ex lege n. 89/2001 (sent. n. 169/2019).

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