I difficili rapporti tra esecuzione immobiliare e confisca urbanistica
18 Luglio 2023
Massima
Nel caso di espropriazione immobiliare, ove il bene pignorato sia stato attinto dalla c.d. confisca urbanistica di cui alla l. n. 47/1985, art. 7, l'ipoteca iscritta sul bene confiscato si estingue ai sensi dell'art. 2878 c.c., ancorché iscritta antecedentemente, atteso che il bene ipotecato, per effetto della confisca diviene una res extra commercium e "perisce giuridicamente", in guisa che l'esecuzione intrapresa va dichiarata improcedibile. Il caso
Nel corso di una procedura esecutiva immobiliare intrapresa da un creditore ipotecario, è emerso che il bene pignorato era stato sottoposto alla c.d. confisca urbanistica ed acquisito al patrimonio comunale ex art. 31 TUE. Il giudice dell'esecuzione del Tribunale di Napoli Nord ha, quindi, promosso il contraddittorio sulla questione, trattandosi di una ipotesi assimilabile al perimento materiale del bene, al fine di assumere i provvedimenti officiosi sul punto. Il creditore procedente ha depositato note illustrative autorizzate al fine di scongiurare la declaratoria di improcedibilità dell'esecuzione. Il Tribunale ha riservato la decisione, dirimendo la questione con l'ordinanza che si annota. La questione
La questione in esame è la seguente: accertato che il bene staggito è stato sottoposto a confisca urbanistica l'ipoteca ivi iscritta ed antecedente a tale provvedimento amministrativo, in virtù della quale il creditore ha agito in executivis, è destinata ad estinguersi per effetto di tale atto ablativo? Permangono rimedi e tutele per il creditore che abbia agito in virtù di una ipoteca iscritta anteriormente? Le soluzioni giuridiche
L'ordinanza che si annota è pervenuta alla conclusione di condividere e fare proprio l'orientamento tradizionale della giurisprudenza di legittimità, secondo il quale l'esecuzione immobiliare diviene improcedibile (per vero, in altri casi, la giurisprudenza di merito ha fatto uso anche della locuzione “improseguibile”) per effetto del sopravvenire di un provvedimento ablatorio amministrativo quale appunto l'acquisizione definitiva del bene ex art. 31 TUE. Il creditore procedente, munito di ipoteca, aveva, invero, negato che tale circostanza fosse ostativa alla prosecuzione della vendita, evidenziando, tra l'altro, che: a) la disciplina recata dall'art. 46 TUE non esclude (anzi espressamente consente) la vendita forzata di immobili abusivi; b) mancherebbe il “verbale di inottemperanza” all'ordine di demolizione emesso; b) mancherebbe un formale provvedimento di acquisizione ex art. 31 TUE. Il Tribunale è, invece, giunto a dichiarare improcedibile l'esecuzione, facendo leva, sotto tali ultimi due profili, tanto sulla giurisprudenza amministrativa che su quella di legittimità. La prima infatti, pur essendosi occupata normalmente della problematica in esame ad altri fini, ha costantemente affermato che “l'ingiustificata inottemperanza all'ordine di demolizione comporta la automatica acquisizione gratuita al patrimonio disponibile del Comune (…)”, mentre “l'accertamento di tale inottemperanza è necessario unicamente per provvedere all'iscrizione nei registri immobiliari ed all'immissione in possesso, per cui il relativo atto ricognitivo è normativamente configurato come un atto avente natura meramente dichiarativa, finalizzato al limitato scopo di eternare e formalizzare l'acquisto a titolo ordinario della proprietà in capo all'amministrazione, che si è già prodotto con il mero decorso del tempo”, così come accertato nel medesimo verbale di inottemperanza (tra le tante v. Cons. St., Sez. IV, 16 gennaio 2019, n. 398; Cons. St., Sez. IV, 14 aprile 2015, n. 1884). In particolare, infatti, è stato di recente chiarito che “affinché possa configurarsi l'acquisizione gratuita, presupposto essenziale è la mancata ottemperanza all'ordine di demolizione dell'immobile abusivo entro il termine di novanta giorni fissato dalla legge, dovendo evidenziarsi come l'effetto traslativo della proprietà avvenga ipso iure e costituisca l'effetto automatico della mancata ottemperanza all'ingiunzione a demolire” (Cons. St., Sez. VI, 12 maggio 2022, n. 3760). Nella giurisprudenza di legittimità è stato evidenziato che l'acquisizione gratuita al patrimonio comunale rappresenta un acquisto a titolo originario (onde lo stesso è opponibile a prescindere dalla data della sua trascrizione) che determina la improcedibilità dell'azione esecutiva promossa nei riguardi del debitore (ex proprietario) che sia “colpito” da tale provvedimento ablatorio (v. Cass., sez. III, 26 gennaio 2006, n. 1693, la cui ampia motivazione è stata successivamente richiamata e condivisa integralmente da: Cass. civ., sez. VI, 11 novembre 2021, n. 33570; Cass. civ., sez. II, 30 gennaio 2020, n. 2194; Cass. civ., sez. VI, 6 ottobre 2017, n. 23453; nella giurisprudenza di merito, in questo senso, v. tra le tante Trib. Napoli, 23 gennaio 2016, in proc. RGAC n. 30093/2013). Non sono, poi, stati reputati dirimenti le ulteriori considerazioni spese dal creditore procedente. In particolare, pur non negandosi che la previsione dell'art. 46, ult. comma, TUE, introduce una “eccezione” al regime delle c.d. nullità urbanistiche, essa presuppone che, laddove la vendita del bene avvenga in sede esecutiva, l'immobile sia rimasto, comunque, nella titolarità del debitore, circostanza non rinvenibile nel caso esaminato posta l'operatività dell'art. 31 TUE e la sua interpretazione come operata dalla giurisprudenza amministrativa e di legittimità. Il Tribunale ha, poi, vagliato il problema posto alla sua attenzione, anche, alla luce della recente ordinanza della Corte di Cassazione (Cass. civ., sez. III, 30 dicembre 2022, n. 38143) con la quale è stata rimessa la questione alle Sezioni Unite, sulla scorta di tre motivi: a) la peculiarità della fattispecie decisa dalla “sentenza capostipite” del richiamato orientamento; b) l'osservazione che la confisca urbanistica in quanto “sanzione” non può prescindere dall'apprestamento di idonee garanzie in favore del titolare dell'ipoteca (iscritta anteriormente), posto che anche il “credito” rileva come “bene” ai fini dell'art. 6 CEDU; c) il rilievo che l'orientamento tradizionale procurerebbe una conseguenza paradossale, cioè quella di favorire l'autore della violazione a discapito del titolare dell'ipoteca. Il Tribunale ha, con l'ordinanza in esame, osservato che le argomentazioni spese con l'ordinanza interlocutoria non consentissero di pervenire a reputare possibile la prosecuzione delle operazioni di vendita. È stato, infatti, osservato che, anche quando il legislatore è intervenuto in altra ma simile materia, ha reputato prevalente le esigenze di natura pubblicistica sottese alla punizione di comportamenti vietati e/o alla prevenzione della commissione di ulteriori violazioni, subordinando la tutela del creditore alla dimostrazione della sua buona fede (v. art. 55, d.l.gs. 6 settembre 2011, n. 159 c.d. Codice Antimafia), in guisa che le ragioni del creditore sono state, in determinati casi, reputate recessive e comunque sottoposte a limiti e condizioni. Anche, nella giurisprudenza di legittimità, tale principio ha trovato applicazione a fattispecie diverse da quelle specificamente riguardate dalla suddetta disciplina, dato il suo rilievo generale (Cass. civ., sez. un., 17 marzo 2015, n. 11170, Uniland). L'acquisizione ex art. 31, d.P.R. n. 380/2001, ferma restando la sua funzione lato sensu sanzionatoria, ha una precipua e prevalente finalità espropriativa, sicché similmente a quanto previsto dal d.P.R. n. 327/2001 (v. in specie art. 26, comma 3), la previsione di un meccanismo compensativo a vantaggio del creditore ipotecario dovrebbe aver luogo sul piano del riconoscimento (anche in via giudiziaria) di un indennizzo e non già predicando l'insensibilità dell'esecuzione avviata dal creditore munito di ipoteca a tale vicenda espropriativa. Peraltro, tale forma compensativa è stata ritenuta conforme al diritto convenzionale, purché l'indennizzo sia “giusto”, cioè non meramente irrisorio (in tal senso si è espressa, da ultimo CEDU, 11 ottobre 2018, n. 71306, OSMANYAN AND AMIRAGHYAN c. ARMENIA, che si richiama a precedenti consolidati della giurisprudenza EDU). A ciò è stato aggiunto che, secondo la giurisprudenza di legittimità, il preteso conflitto tra avente causa a titolo derivativo da chi abbia poi perso la titolarità del bene e l'atto ablativo in esame, è appunto risolto dalla natura a titolo originario dell'acquisto, posto che, analogamente a quanto avviene in tema di usucapione, esso è risolto, nel regime ordinario del Codice civile, a favore dell'acquirente a titolo originario, “indipendentemente dalla trascrizione della sentenza che accerta l'usucapione e dall'anteriorità della trascrizione di essa o della relativa domanda rispetto alla trascrizione dell'acquisto a titolo derivativo, atteso che il principio della continuità delle trascrizioni, dettato dall'art. 2644 c.c., con riferimento agli atti indicati nell'art. 2643 c.c., non risolve il conflitto tra acquisto a titolo derivativo ed acquisto a titolo originario, ma unicamente fra più acquisti a titolo derivativo dal medesimo dante causa” (v. Cass. civ., sez. II, 3 febbraio 2005, n. 2161; Cass. civ., sez. III, 10 luglio 2008, n. 18888). In definitiva, pur nella considerazione degli argomenti spesi dalla recente ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite (Cass. civ. 30 dicembre 2022, n. 38143) è stato ritenuto che il meccanismo in questione abbia natura espropriativa e determini l'acquisto a titolo originario della proprietà del bene (per effetto della sola inottemperanza all'ordine di demolizione: v. sopra) con conseguente travolgimento del diritto del creditore, in quanto la relativa soddisfazione non può aver luogo su una res che non è di proprietà del debitore (o di un terzo tenuto a garantire con il proprio patrimonio per quest'ultimo). Osservazioni
La peculiarità della decisione che si annota non risiede tanto nella novità della questione o nella diversità della soluzione assunta dal Tribunale, posto che essa sposa, expressis verbis, le argomentazioni già spese della giurisprudenza di legittimità oramai consolidata (la cui sentenza capostipite è Cass. civ., sez. III, 26 gennaio 2006, n. 1693, cit.), quanto nella consapevolezza palesata che i difficili rapporti tra confisca urbanistica ed espropriazione immobiliare siano stati, di recente, oggetto di rimessione alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione dalla Terza Sezione con l'ordinanza del 30 dicembre 2022 n. 38143, con una convinta adesione quindi alle argomentazioni tradizionali. Deve, purtuttavia, osservarsi che il rimando al tema dell'usucapione ed alla giurisprudenza che su di essa si è consolidato, non tiene conto della decisione che la Terza Sezione ha nel 2019 assunto in ordine alla opponibilità della sentenza che accerti tale acquisto a titolo originario rispetto al creditore ipotecario iscritto (cfr. Cass. civ., sez. III, 13 novembre 2019 n. 29325). Se è vero che il caso esaminato dalla Terza Sezione e risolto in via officiosa, poiché reputato avente rilievo nomofilattico in assenza di precedenti specifici, ai sensi dell'art. 363, comma 3, c.p.c., attiene a un profilo squisitamente processuale (esistenza di un litisconsorzio necessario tra i soggetti iscritti nei pubblici registri rispetto a quelli coinvolti nell'accertamento dell'acquisto a titolo originario in parola) e quindi non reiterabile, sic et simpliciter, in sede di confisca urbanistica, è pur vero che la Cassazione ha, sul tema, affermato una sorta di tutela rafforzata del creditore procedente assistito da garanzia ipotecaria trascritta e risultante dai pubblici registri. Pur nella diversità delle situazioni, posto che nella citata giurisprudenza, in contesa sono rapporti privatistici, mentre nel caso di confisca urbanistica, emergono profili più squisitamente pubblicistici e penali (ancorché sussista una perdurante confliggente interpretazione della natura della c.d. confisca urbanistica tra la giurisprudenza della CEDU e quella nazionale), è pur vero che il tema in esame risulta ancora di difficile coordinamento con i dicta della CEDU (il riferimento è al principio di proporzionalità della misura in esame come elaborato, da ultimo, dalla pronuncia della Grande Camera della Corte EDU del 28 giugno 2018, G.I.E.M. S.r.l. contro Italia, nonché a quelli espressi da CEDU, sez. I, 5 luglio 2018, in causa 24/11, Centro Demarzio s.r.l. c. Italia; CEDU, sez. I, 20 ottobre 2016, in causa 45826/11, Kokkinakis ed al. c. Grecia; CEDU, sez. II, 20.1.2009, in causa 75909/01, Sud Fondi ed altri c. Italia, come richiamati nella ordinanza di rimessione del dicembre 2022). Ne consegue che sarebbe opportuno, in via normativa, prima ancora che giurisdizionale, trovare una via che consenta anche eventualmente al creditore ipotecario - salvo a pensare che tale rimedio nel sistema nazionale già esista - che in buona fede abbia concesso la garanzia come risultante dai pubblici registri su un bene sul quale nessun abuso o reato era stato commesso (questa è infatti la peculiarità del caso oggetto della ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite del dicembre del 2022, citata), di poter rimuovere l'abuso (e per lui, all'aggiudicatario, in sede esecutiva), ripristinando quella conformità urbanistica che, ove rimessa all'arbitrio del debitore, potrebbe agevolare condotte ostative preordinate alla improcedibilità dell'esecuzione ed all'ordinaria attuazione del credito pur concesso. Riferimenti
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