Tornano (forse) i limiti alla transazione fiscale negli ADR

La Redazione
20 Luglio 2023

Il Senato ha approvato il disegno di legge n. 755 di conversione del d.l. n. 69/2023 che, all'art. 1-bis, dispone la sospensione della disciplina del cram down fiscale e previdenziale negli ADR, sostituendola con un regime meno favorevole per il debitore, il quale dovrà in ogni caso riconoscere all'amministrazione fiscale e previdenziale almeno il 30% del credito. Il testo giunge ora alla Camera per l'approvazione definitiva.

Il 19 luglio il Senato ha approvato il d.d.l. n. 755 di conversione del d.l. n. 69/2023, che approda così alla Camera nella versione contenente l'art. 1-bis, rubricato “Disposizioni transitorie in materia dì crisi d'impresa in coerenza con i principi dettati dalla direttiva (UE) 2019/1023”, inserito su emendamento del Governo approvato in sede di esame da parte della 4° Commissione del Senato (Politiche dell'Unione Europea).

Con tale norma vengono disposte alcune temporanee limitazioni all'istituto del c.d. cram down negli accordi di ristrutturazione (ADR) con transazione fiscale e previdenziale, previsto dall'art. 63, commi 2, ultimo periodo, e 2-bis CCII (le modifiche non riguardano, pertanto, la transazione fiscale e l'eventuale omologazione forzosa previste dal Legislatore nell'ambito del concordato preventivo ex art. 88 CCII). Nel Dossier n. 103 del Servizio studi del Senato si legge che le nuove disposizioni vengono adottate "alla luce delle prime applicazioni del Codice della crisi d'impresa (d.lgs. n. 14 del 2019) e al fine di evitare rilevanti effetti finanziari negativi sulla finanza pubblica".

L'art. 1-bis giunge dopo un primo dietrofront, avvenuto negli ultimi giorni di giugno, quando le medesime modifiche al CCII apportate dall'art. 25 della bozza di decreto “PA-Sport” erano state eliminate dal testo definitivo del d.l. n. 75/2023.

Nello specifico, l'art. 1-bis prevede la sospensione dell'applicazione delle disposizioni di cui all'ultimo periodo del comma 2 e di cui al comma 2-bis dell'art. 63 CCII “fino alla data di entrata in vigore del decreto legislativo o correttivo dell'art. 63 del codice della crisi di impresa e dell'insolvenza di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, da adottarsi ai sensi dell'articolo 1, della legge 8 marzo 2019, n. 20, o della legge 22 aprile 2021, n. 53”.

Oltre alla sospensione, l'art. 1-bis detta altresì una disciplina sostitutiva e temporanea che, appunto, limita la possibilità per il debitore di ottenere (e per il Giudice di disporre) lo stralcio “forzoso” dei debiti tributari e previdenziali negli accordi di ristrutturazione di cui agli artt. 57 e ss. CCII.

L'art. 63 CCII, infatti, nell'attuale formulazione, non pone particolari limiti al cram down (salvo quello dell'ammontare realizzabile in caso di fallimento), potendo il giudice omologare forzosamente – superando cioè la mancata adesione del Fisco – anche accordi contenenti proposte di stralcio del debito tributario e previdenziale particolarmente consistenti.

In particolare, viene previsto dal suddetto art. 1-bis che il Tribunale omologa gli accordi di ristrutturazione, anche in mancanza di adesione da parte dell'amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie, quando ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni, che si aggiungono a quelle già previste dall'art. 63 comma 2-bis CCII (carattere determinante dell'adesione dell'amministrazione ai fini delle soglie ex artt. 57, comma 1, CCII e 60, comma 1, CCII e convenienza della proposta rispetto all'alternativa liquidatoria):

  • gli accordi non devono avere carattere liquidatorio;
  • il credito complessivo vantato dagli altri creditori aderenti agli accordi di ristrutturazione è pari ad almeno un quarto dell'importo complessivo dei crediti;
  • il soddisfacimento dei crediti dell'amministrazione finanziaria e degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è almeno pari al 30% dell'ammontare dei rispettivi crediti, sanzioni e interessi inclusi. La percentualeaumenta al 40% nel caso in cui l'ammontare complessivo dei crediti vantati dagli altri creditori aderenti agli accordi di ristrutturazione sia inferiore al 25% dell'importo complessivo dei crediti, fatto salvo il rispetto delle altre condizioni previste dalla norma. Inoltre, in tale ipotesi, la dilazione di pagamento richiesta non deve eccedere il periodo di dieci anni, fermo restando il pagamento dei relativi interessi di dilazione in base al tasso legale vigente nel corso di tale periodo.

Rimane invariato (rispetto all'originale art. 63, comma 2, ultimo periodo, CCII) il termine entro cui l'amministrazione finanziaria e gli enti gestori devono prestare l'eventuale adesione, ovvero 90 giorni decorrenti dal deposito della proposta di transazione.

Infine, le disposizioni dell'art. 1-bis si applicano alle proposte di transazione fiscale depositate, ai sensi dei commi 1 e 2 dell'art. 63 del CCII, in data successiva a quella di entrata in vigore del d.l. n. 69/2023.



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