Il nuovo criterio di competenza in materia di espropriazione forzata di crediti in danno della p.a.

21 Luglio 2023

La novella dell'art. 26-bis c.p.c. determina la sostituzione del criterio che portava ad individuare come competente “il giudice del luogo dove il terzo debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede” con quello per cui è competente “il giudice del luogo dove ha sede l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato nel cui distretto il creditore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede”.
Introduzione

Il primo comma dell'art. 26-bis c.p.c. è stato riscritto nel senso che “[q]uando il debitore è una delle pubbliche amministrazioni indicate dall'articolo 413, quinto comma, per l'espropriazione forzata di crediti è competente, salvo quanto disposto dalle leggi speciali, il giudice del luogo dove ha sede l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato nel cui distretto il creditore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede”.

In altre parole, la modifica determina la sostituzione del criterio che portava ad individuare come competente “il giudice del luogo dove il terzo debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede” con quello per cui è competente “il giudice del luogo dove ha sede l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato nel cui distretto il creditore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede”.

La novella è riconducibile all'art. 1, comma 29, l. n. 206/2021 e trova applicazione, per effetto del successivo comma 37, a tutti i procedimenti instaurati instaurati a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della presente legge”; per quelli pendenti alla data del 22 giugno 2022, invece, trova applicazione la disposizione previgente, data la regola ricavabile dall'art. 5 c.p.c.

L'obiettivo del legislatore, come chiarito dalla Relazione illustrativa, è (sarebbe) quello di operare un accentramento del servizio di tesoreria dello Stato per ragioni di controllo della spesa pubblica; ma sulla questione se tale obiettivo risulti conseguito con la modifica in esame si tornerà più ampiamente appresso.

Gli orientamenti della giurisprudenza di legittimità in ordine alla previgente disposizione

Con riferimento alla disposizione previgente, la giurisprudenza di legittimità (v. in specie Cass. n. 8172/2018) si era orientata nel senso: a) che il riferimento alle “pubbliche amministrazioni indicate dall'art. 413, quinto comma” andasse inteso come diretto a ricomprendere nell'ambito di applicazione dell'art. 26-bis, comma 1, c.p.c. le pubbliche amministrazioni menzionate nell'ampio catalogo di cui all'art. 1, comma 2, d.lgs. n. 165 /2001 (e quindi senz'altro anche alle amministrazioni comunali); b) che il rinvio alle disposizioni di legge speciali “consenta ed anzi imponga l'operazione ermeneutica di individuare una sola competenza, quella del luogo in cui il cassiere o tesoriere operi come tale in concreto per la P.A. secondo l'accordo con essa stipulato (e, dunque, debba pagare per suo conto), allorquando l'esecuzione concerna crediti di una delle pubbliche amministrazioni per cui operi il sistema di cui alla l. n. 720/1984, art. 1-bis”.

Difatti, con riferimento a tale ultimo punto, la S.C. aveva chiarito che “tra le disposizioni di leggi speciali cui allude il suddetto comma 1” dovesse “comprendersi quella dell'art. 1-bis della l. n. 720/1984, il significato del rinvio a tale norma deve intendersi nel senso che con esso si sia voluto far riferimento a detta previsione, sia in quanto individuatrice nel cassiere o tesoriere del soggetto (‘debitor debitoris') che deve pagare per conto delle P.A., cui detta norma si applica, sia in quanto individuatrice del luogo del pagamento in quello di espletamento del servizio secondo gli accordi fra P.A. ed il cassiere o tesoriere; sicché tale luogo si deve considerare in via esclusiva come il foro dell'espropriazione presso terzi di crediti a carico di tali pubbliche amministrazioni, restando esclusa, per il caso che cassiere o tesoriere sia una persona giuridica, la possibilità di procedere all'esecuzione alternativamente anche nel luogo della sua sede”.

In altre parole, praticando siffatta interpretazione, si precludeva al creditore procedente la possibilità di scegliere il foro a seconda della (ipoteticamente differente) ubicazione della sede legale od operativa (secondo gli accordi presi con tra l'amministrazione debitrice ed il suo cassiere), dovendosi necessariamente propendere per quest'ultima, e si realizzava così l'obiettivo di non gravare eccessivamente dei procedimenti espropriativi in esame solo alcuni Tribunali.

Possibili letture del novellato art. 26-bis, comma 1, c.p.c.: la tesi “restrittiva”

Nel quadro della disposizione novellata, anzitutto, perde consistenza la clausola di salvezza prima esaminata, atteso che il criterio di competenza è calibrato sul luogo dove il creditore procedente ha il domicilio o la sede e non su quello in cui è stabilito (da un punto di vista operativo) il terzo.

Più specificamente, siccome l'Avvocatura erariale opera su base distrettuale, sarà competente il Tribunale del capoluogo del distretto di Corte d'appello.

Il principale nodo interpretativo posto dalla novellata disposizione riguarda il se la stessa trovi applicazione con riferimento a tutti i procedimenti nei quali “il debitore è una delle pubbliche amministrazioni indicate dall'articolo 413, quinto comma” ovvero se sia possibile (ed anzi opportuna) una lettura “restrittiva” dell'art. 26-bis, comma 1, tale per cui il criterio di competenza in esame troverebbe applicazione soltanto laddove l'amministrazione esecutata sia difesa ex lege dall'Avvocatura distrettuale; altrimenti detto, resterebbero esclusi dall'ambito applicativo del comma 1 in esame tutti i procedimenti riguardanti amministrazioni pubbliche non difese dall'Avvocatura dello Stato e, quindi, ad esempio tutti i procedimenti promossi contro Enti locali.

In dottrina, una simile esegesi è stata motivata su due argomenti: a) scongiurare una eccessiva “parcellizzazione” della competenza in ordine ai procedimenti esecutivi qui in discussione, anche tenuto conto degli obiettivi programmatici indicati nella Relazione illustrativa (ove si parla soltanto di controllo della tesoreria di Stato); b) assegnare alla norma un significato “razionale”, poiché, ad opinare diversamente, non si spiegherebbe la rilevanza del criterio prescelto quanto la pubblica amministrazione debitrice non sia difesa ex lege dall'Avvocatura erariale.

(segue) … la tesi per cui la novellata disposizione si applica a tutte le amministrazioni, ivi incluse quelle statali

Tuttavia, la descritta interpretazione riduttiva (se non parzialmente abrogans, stante la medesimezza del primo inciso dell'art. 26-bis cit.) reca con sé l'inconveniente di lasciare “non normato” il criterio di radicamento della competenza dell'espropriazione forzata di crediti (con buona approssimazione) per tutte le amministrazioni diverse da quelle Statali; invero, va escluso che il criterio di competenza per tali fattispecie possa essere rinvenuto - per così dire, in via residuale - nel secondo comma dell'art. 26-bis c.p.c. e ciò per due precise (e già accennate) ragioni testuali: a) resta fermo l'incipit “onnicomprensivo” del primo comma dell'art. 26-bis (non intaccato dalla Riforma); b) il secondo comma si applica “fuori dai casi di cui al primo comma”.

Dal combinato disposto dei lemmi iniziali dei due commi di cui si compone l'art. 26-bis si evince: a) che il primo comma riguarda (e, a normativa invariata in parte qua, continua a riguardare) la disciplina del foro dell'esecuzione forzata contro la p.a. (quando attuata, come normalmente accade, nella forma dell'espropriazione forzata di crediti); b) che il secondo comma riguarda tutti i casi in cui il debitore non siauna delle pubbliche amministrazioni indicate dall'articolo 413, quinto comma”; ciò in quanto la prima parte di tali proposizioni normative è quella diretta a definire l'ambito di applicazione delle disposizioni, laddove la seconda parte è tesa ad individuare (con riferimento ai casi rispettivamente disciplinati) il criterio di competenza; ascrivere alla seconda parte del comma 1 (e cioè alla parte novellata) una funzione delimitativa dell'ambito “soggettivo” di applicazione della norma stessa si risolve in una interpretazione non in linea con il tenore testuale della disposizione, vista nel suo complesso; d'altro canto, è diffusa nella giurisprudenza di legittimità l'affermazione per cui “nell'ermeneutica di una norma di legge, il significato delle parole e la interpretazione letterale devono assolutamente prevalere su ogni altro mezzo interpretativo (…) sicché, solo quando la lettera della legge dia luogo a dubbi, si deve andare a ricercare la mens legis” (Cass. n. 2290/1973), mentre più di recente si è precisato che “ove l'interpretazione letterale sia sufficiente ad individuare, in modo chiaro ed univoco, il significato e la portata precettiva di una norma di legge (…), l'interprete non deve ricorrere al criterio ermeneutico sussidiario della ‘mens legis', (…) non essendo (…) consentito all'interprete correggere la norma nel significato tecnico proprio delle espressioni che la compongono nell'ipotesi in cui ritenga che tale effetto sia solo inadatto rispetto alla finalità pratica della norma stessa” (Cass. n. 24165/2018 che si ricollega ad affermazioni piuttosto ricorrenti: v. già: Cass. n. 1255/1980; Cass n. 3276/1979; Cass n. 937/1975; Cass. n. 263/1974; Cass. n. 2415/1973; Cass. n. 507/1971).

Nel senso sopra chiarito, nell'ambito della giurisprudenza di merito edita, v. Trib. Napoli Nord, 10.5.2023 e Trib. Catania, 29.11.2022.

Un ulteriore argomento può essere speso nel senso sopra indicato e ciò per replicare alla possibile obiezione che la ricomprensione di tutte le amministrazioni pubbliche nella proposizione con cui si apre (e si apriva) l'art. 26-bis, comma 1, discende da una pronuncia della S.C. che potrebbe, all'occorrenza, essere superata.

Se è vero quanto appena notato è vero tuttavia che: a) l'art. 413, comma 5, c.p.c. concerne la competenza per le cause di lavoro contro la p.a.; b) il successivo comma 6 esclude che, con riferimento alle amministrazioni statali, trovi applicazione il criterio di competenza indicato dal r.d. n. 1611 del 1933, secondo cui “la competenza per cause nelle quali è parte una Amministrazione dello Stato, anche nel caso di più convenuti ai sensi dell'art. 98 del codice di procedura civile, spetta al Tribunale o alla Corte di appello del luogo dove ha sede l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato nel cui distretto si trova il Tribunale o la Corte d'appello che sarebbe competente secondo le norme ordinarie”.

Il combinato disposto delle richiamate proposizioni normative depone chiaramente nel senso che, con riguardo alle controversie di lavoro, la disposizione sulla competenza valida per tutte le amministrazioni pubbliche (comprese quelle statali per le quali, al di fuori di tale contesto, opera un criterio differente) sia quella recata dall'art. 413, comma 5, c.p.c.

Ne consegue, ulteriormente, che laddove, per delineare l'ambito soggettivo di applicazione di una disposizione, il legislatore richiami tale ultimo comma tale rinvio non può che interpretarsi come ricomprensivo anche delle amministrazioni statali.

Il criterio di competenza per le esecuzioni presso terzi ove il debitore sia Agenzia delle entrate – Riscossione

Con riferimento alla previgente disposizione, che – lo ricordiamo – nell'individuare come competente il foro del terzo faceva salvo l'art. 1-bis l. n. 720/1984, si era posto il dubbio, ferma restando la ricomprensione dell'Agenzia delle entrate – Riscossione (ADER) tra le amministrazioni di cui all'art. 413, comma 5, c.p.c., se potesse trovare applicazione l'orientamento giurisprudenziale prima richiamato che aveva affermato che tale foro andasse determinato con riferimento esclusivo alla sede operativa del tesoriere, essendo preclusa al creditore una diversa scelta.

Il dubbio nasceva dalla mancata inclusione di ADER tra le amministrazioni che, in quanto richiamate dalle tabelle A e B, allegate alla l. sulla tesoreria unica, fossero a quest'ultima soggette.

Secondo un orientamento della giurisprudenza di merito, la mancata inclusione di Agenzia delle entrate – Riscossione nelle tabelle allegate alla l. sulla tesoreria unica non aveva rilievo decisivo: v. Trib. Bergamo, 18.6.2020.

Tale soluzione non è condivisibile.

Difatti, pur essendo chiare le ragioni sottese all'orientamento in questione, va esclusa la possibilità di una applicazione dell'art. 1-bis cit. estesa a soggetti non ricompresi nel regime della tesoreria unica (per quanto – verosimilmente – tale mancata inclusione sia il frutto di una dimenticanza del legislatore).

Ebbene, il venir meno del criterio del foro del terzo porta (come detto in precedenza) al superamento della questione qui esaminata, nel senso che a) essendo ADER da ricomprendere tra le amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, d.lgs. n. 165 del 2001 e b) avendo perso consistenza il rinvio a quelle disposizioni che, concernendo la posizione del terzo, erano state utilizzate dalla giurisprudenza per dare sostanza alla clausola di salvezza di cui al primo comma dell'art. 26-bis c.p.c., anche per i procedimenti esecutivi intentati contro tale soggetto il criterio sarà quello (generale) di cui alla novellata disposizione, come prima illustrato (nella lettura a nostro avviso preferibile).

Riferimenti
  • Auletta A., L'esecuzione forzata contro la pubblica amministrazione, Milano, 2020;
  • Auletta A., Aspetti problematici dell'esecuzione contro la pubblica amministrazione, in www.inexecutivis.it;
  • Auletta A., Il novellato art. 26-bis, comma 1, c.p.c.: note a prima lettura, in giustiziacivile.com;
  • Colandrea-Mercurio, Le novità della legge n. 206 del 2021 in tema di espropriazione forzata presso terzi, in www.judicium.it.

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