Ancora sul confine tra operazione distrattiva e vantaggi compensativi

24 Luglio 2023

La Cassazione Penale torna ad occuparsi dei vantaggi compensativi nell'ambito delle operazioni infragruppo, con riferimento ad una fattispecie di bancarotta fraudolenta patrimoniale.
Massima

In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, per escludere la natura distrattiva del trasferimento di somme tra società appartenenti al medesimo gruppo o tra società collegate, l'imputato ha l'onere di dimostrare il saldo finale positivo delle operazioni compiute nell'interesse di un gruppo ovvero la concreta e fondata prevedibilità di vantaggi compensativi ex art. 2634 c.c., non essendo allo scopo dirimente la mera appartenenza al medesimo gruppo o il collegamento della società interessata.

Il caso

L'amministratore di una società a responsabilità limitata dichiarata fallita proponeva ricorso in Cassazione contro la sentenza in grado d'appello che aveva confermato la condanna in primo grado per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione ai sensi degli artt. 216, comma 1, n. 1) e 223 l. fall. (r.d. n. 267/1942), salvo rideterminare la durata delle pene accessorie. Il ricorrente deduceva il vizio di motivazione in ordine, inter alia, alla circostanza che le operazioni poste in essere tra società del medesimo gruppo avevano prodotto vantaggi compensativi tali da escludere il reato contestato. La Corte di Cassazione dichiarava il ricorso inammissibile, affermando che la Corte territoriale aveva correttamente valutato le risultanze processuali da cui era emerso che la società fallita aveva effettuato finanziamenti a società del medesimo gruppo senza adeguate garanzie e si era accollata i relativi debiti, non ricevendone quale contropartita alcun vantaggio - circostanza ex se idonea a ritenere sussistente il reato di bancarotta patrimoniale.

La questione giuridica

La pronuncia in esame consente di ripercorrere i principali orientamenti della giurisprudenza di legittimità in tema di vantaggi compensativi nell'ambito delle operazioni infragruppo, argomento che è stato di recente oggetto di un intervento normativo con il Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza.

Le soluzioni giuridiche

Anzitutto, l'espressione “vantaggi compensativi” è stata elaborata dalla dottrina in relazione al fenomeno dei gruppi di imprese, caratterizzati dalla dialettica tra la dimensione globale degli obiettivi e delle strategie d'azione e l'autonomia delle singole entità del gruppo. Secondo tale criterio, l'ingerenza nell'attività delle singole società da parte della capogruppo trova il proprio limite nel fatto che il pregiudizio eventualmente causato alla controllata “sia compensato da vantaggi attuali o anche soltanto fondatamente prevedibili” (Montalenti, I gruppi di società: dottrina, giurisprudenza e prassi, in Diritto ed Economia dell'Impresa, 5, 2016, 76 ss.; Id., Conflitto d'interessi nei gruppi di società e teoria dei vantaggi compensativi, in Giur. comm., 1995, I, 710 ss; Id, L'attività di direzione e coordinamento: dottrina, prassi e giurisprudenza, in Giur. comm., 2016, I, 11 ss.; Id, Diritto dell'impresa in crisi, diritto societario concorsuale, diritto societario della crisi: appunti, in Giur. Comm., 1, 1 febbraio 2018, 62 ss. Spiotta, La teoria dei vantaggi compensativi: quale momento migliore per metterla in pratica?, in Orizzonti del diritto commerciale, 2, 2021, 823 ss.).

Questa teoria ha poi trovato espresso riconoscimento con la riforma del diritto societario del 2003 proprio nella disposizione di cui all'art. 2497 c.c. che, come noto, esclude la responsabilità dell'ente che esercitando l'attività di direzione e coordinamento abbia agito nell'interesse imprenditoriale proprio o altrui, nel caso in cui il danno cagionato ad una delle società sottoposte a direzione e coordinamento risultimancante alla luce del risultato complessivo dell'attività di direzione e coordinamento ovvero integralmente eliminato anche a seguito di operazioni a ciò dirette”. Sin da subito, la norma citata è tuttavia stata oggetto di un'interpretazione restrittiva e tautologica con la conseguenza di escludere la responsabilità soltanto ove, sulla base di una valutazione ex post, il danno si fosse rivelato insussistente (Montalenti, Assetti organizzativi e organizzazione dell'impresa tra principi di corretta amministrazione e business judgment rule: una questione di sistema, in NDS, 2021, 1, 11 ss.).

Risulta invece più coerente con la ratio della teoria in esame - che mira a bilanciare l'interesse del gruppo con quelli delle unità che lo compongono - la formulazione della fattispecie incriminatrice di infedeltà patrimoniale di cui all'art. 2634 c.c. che punisce gli amministratori che, compiendo atti di disposizione patrimoniale con un interesse in conflitto, realizzano un ingiusto profitto ai danni della società, salvo precisare al terzo comma che “non è ingiusto il profitto della società collegata o del gruppo, se compensato da vantaggi, conseguiti o fondatamente prevedibili, derivanti dal collegamento o dall'appartenenza al gruppo”.

Oltre a quanto appena accennato, esistono poi ulteriori norme settoriali nell'ordinamento italiano che declinano la teoria dei vantaggi compensativi con riferimento all'operatività dei gruppi bancari (artt. 60 e ss T.U.B.) e in relazione all'amministrazione straordinaria di grandi imprese in stato di insolvenza (d.lgs. n. 270/1999).

Osservazioni

Le soluzioni della giurisprudenza

Il confine tra la liceità di un'operazione intercompany e la sua rilevanza ai fini del reato di bancarotta risulta in concreto spesso difficile da delineare. Infatti, se da un lato tale tipologia di transazione può senz'altro apportare benefici di varia natura attinenti, ad esempio, all'erogazione di servizi o alla funzione di leverage, dall'altro pone profili di attenzione in relazione alla solvibilità patrimoniale della singola società, soprattutto nell'ipotesi in cui il trasferimento attinga al patrimonio sociale e dunque alla principale fonte di garanzia dei creditori che non potranno rivalersi sui beni della società debitrice dopo che siano stati ceduti oppure sia effettuata a vantaggio di una società già in sofferenza (Abriani-Benedetti, Finanziamenti all'impresa in crisi e abusiva concessione di credito: un ulteriore frammento della disciplina speciale dell'impresa in crisi, in Banca Borsa Titoli di Credito, 1, 1 febbraio 2020, 41 ss.).

Per queste ragioni, la giurisprudenza di legittimità ha da tempo cautamente affermato che costituiscono fenomeni di dissipazione o distrazione del patrimonio societario i finanziamenti a società collegate quando non adeguatamente assistiti da garanzie o da effettive contropartite (sul punto, di recente, cfr. Cass. pen., Sez. V, n. 37459/2021, secondo cui integra distrazione rilevante ai sensi dell'art. 216 l.fall. la concessione di una garanzia fideiussoria senza alcun corrispettivo quale contropartita e in assenza di interesse sociale per l'operazione).

Nel solco di tale orientamento, la Corte di Cassazione ha ribadito con la pronuncia in esame il principio della generale illiceità del trasferimento di risorse infragruppo nei confronti di una società che già versa in difficoltà economiche che, in quanto tale, presumibilmente risulterà morosa o inadempiente (Cass. pen., sez. V, 30 gennaio 2019, n. 10633). In via eccezionale, per escludere la natura distrattiva di un'operazione in virtù del criterio dei vantaggi compensativi, l'amministratore imputato del reato di bancarotta patrimoniale dovrà dimostrare che i benefici indirettamente conseguiti dalla società poi fallita siano connessi ad un vantaggio del gruppo e tali da compensare gli effetti negativi immediatamente derivati dall'operazione: in senso conforme, cfr. anche Cass. pen., sez. V, 19 settembre 2022, n. 40389; Cass. pen., sez. V, 2 marzo 2021, n. 25264. Peraltro, l'apprezzamento degli elementi di fatto presentati dall'imputato può avvenire soltanto davanti al giudice di merito, essendo precluso al giudice di legittimità procedere ad una autonoma rivalutazione degli stessi: quest'ultimo potrà infatti soltanto verificare che la corte territoriale abbia adeguatamente assolto il proprio dovere di puntuale motivazione delle ragioni che escludono l'esistenza di vantaggi compensativi (Cass. pen., sez. V, 22 gennaio 2020, n. 17608).

Tale prova consiste anzitutto nella specifica allegazione del “saldo finale positivo” delle operazioni compiute nell'interesse del gruppo ovvero della “concreta e fondata prevedibilità di vantaggi compensativi ex art. 2634 cod. civ.”, che a sua volta deve fondarsi su “elementi sicuri pressoché certi e non meramente aleatori o costituenti una semplice aspettativa” (cfr. Cass. pen., sez. V, 19 gennaio 2016, n. 32131 con il commento pubblicato in Ius Crisi d'impresa).

In secondo luogo, il vantaggio derivante da un'operazione non può inferirsi dalla mera esistenza del gruppo e dall'appartenenza allo stesso di una delle società parte dell'operazione, ma occorrerà al contrario dimostrare come il rapporto di direzione e coordinamento si declini in concreto.

Proprio in applicazione dei principi sopra delineati, in alcune sentenze coeve, la Corte di Cassazione ha ritenuto lecita la prassi del c.d. cashpooling nell'ambito dei gruppi di imprese (il cash pooling consiste in un accordo negoziale tra diverse società di un medesimo gruppo, c.d. partecipants, in esecuzione del quale le predette persone giuridiche si impegnano ad accorpare in capo ad un unico soggetto giuridico generalmente individuato nella holding o nella finanziaria del gruppo, c.d. pooler, la gestione delle rispettive disponibilità finanziarie), a condizione che vi sia un precedente contratto che regoli i rapporti interni al gruppo ed in particolare le modalità, i termini di trasferimento dei saldi al conto corrente accentrato e di restituzione della liquidità, nonché i relativi tassi di interesse. Se le operazioni di per sé rischiose possono trovare sulla base di “giustificazione nei vantaggi che la medesima società riceve da scelte gestionali poste in essere a suo beneficio da altri enti del medesimo gruppo o dalla holding che dirige il raggruppamento di imprese”, la configurabilità del reato di bancarotta deve essere allora esclusa (Cass. pen., sez. V, 24 maggio 2022, n. 37062).

Le novità del Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza

Come anticipato, il criterio dei vantaggi compensativi ha ricevuto un ulteriore espresso avallo legislativo a seguito delle modifiche apportate al Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza dal d.lgs. 26 ottobre 2020, n. 147 in tema di concordato, accordi di ristrutturazione e piano attestato di gruppo.

L'art. 284 CCII prevede infatti che, a determinate condizioni, la domanda di accesso alla procedura di omologazione di accordi di ristrutturazione dei debiti, ai sensi degli articoli 57, 60 e 61 CCII, di gruppo possa essere proposta anche con un unico ricorso, mediante la presentazione di un piano unitario o piani interferentichequantificano il beneficio stimato per i creditori di ciascuna impresa del gruppo, anche per effetto della sussistenza di vantaggi compensativi, conseguiti o fondatamente prevedibili, derivanti dal collegamento o dall'appartenenza al gruppo”. Quanto al contenuto dei piani in commento, l'art. 285 CCII precisa inoltre che gli stessi “possono altresì prevedere operazioni contrattuali e riorganizzative, inclusi i trasferimenti di risorse infragruppo, purché un professionista indipendente attesti che dette operazioni sono necessarie ai fini della continuità aziendale per le imprese per le quali essa è prevista nel piano e coerenti con l'obiettivo del miglior soddisfacimento dei creditori di tutte le imprese del gruppo tenuto conto dei vantaggi compensativi derivanti alle singole imprese”. Inoltre, il tribunale può omologare il concordato o gli accordi di ristrutturazioneove, tenuto conto dei vantaggi compensativi derivanti alle singole imprese del gruppo, ritenga che i creditori possano essere soddisfatti “in misura non inferiore a quanto ricaverebbero dalla liquidazione giudiziale della singola impresa”.

Nella consapevolezza della diffusione della forma organizzativa dei gruppi di imprese e della prassi delle operazioni infragruppo, dunque, il legislatore del CCII ne ha recepito i tratti essenziali e valorizzato gli effetti positivi anche strumentali alla continuità aziendale. In questo caso, il beneficio complessivo derivante dalla transazione non è oggetto di valutazione del solo organo dirigente della società, ma è attestato da un professionista indipendente che è guidato dal principio del miglior soddisfacimento dei creditori, cardine dell'intera disciplina della liquidazione giudiziale.

L'immediato precipitato delle disposizioni in esame si apprezza con la lettura dell'art. 324 CCII “esenzione dai reati di bancarotta”, che prevede inter alia che non si applichino le fattispecie di bancarotta fraudolenta preferenziale e semplice per i pagamenti e le operazioni compiuti in esecuzione di un concordato preventivo o di accordi di ristrutturazione dei debiti omologati o degli accordi in esecuzione del piano attestato (Santoriello, Qualche breve riflessione sulla proposta di riforma del diritto penale fallimentare, in Sistema penale, 27 luglio 2022, secondo cui con la riforma del CCII sarebbe stata auspicabile l'abrogazione dell'art. 217-bis l.fall. poiché la non rilevanza penale dei pagamenti effettuati in esecuzione degli accordi indicati nella norma “è conclusione cui si giunge mediante una corretta (ed agevole ricostruzione) dell'elemento soggettivo richiesto per la sussistenza della bancarotta preferenziale, senza che siano necessarie precisazioni da parte del legislatore”. Id., Aspetti penalistici della riforma del Codice della crisi: il d.l. n. 118/2021, in Ius Crisi d'impresa, 2 novembre 2021. Per un ulteriore approfondimento sul punto, cfr. Alessandri, Novità penalistiche nel codice della crisi d'impresa, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 4, 1 dicembre 2019, 1815 ss; Basile, Art. 217-bis l. fall. e gruppi di società, in Banca borsa tit. cred., 2, 2013, 203 ss; Rossi A., op. cit., 1153 ss.

La finalità che la norma intende perseguire è evidentemente quella di garantire al debitore che abbia ottenuto l'accesso alle procedure sopra citate di non incorrere in un rischio penale, quantomeno per i reati sopra citati, così da incentivare il ricorso a tali strumenti di regolazione della crisi e assicurarne la piena efficacia.

In considerazione allora della ratio della norma, sebbene l'art. 324 CCII non contenga un espresso richiamo alla disciplina del concordato, degli accordi di ristrutturazione e del piano attestato di gruppo, non v'è ragione per escludere che essa operi anche con riferimento a tale specifica tipologia di accordi, tanto più in ragione dell'intervento di un professionista esterno.

Conclusioni

In conclusione, da un'analisi complessiva del contesto legislativo e in virtù soprattutto della recente novella del CCII, è possibile affermare che la direzione del legislatore sia quella del riconoscimento della liceità delle operazioni infragruppo da cui derivino vantaggi compensativi nel senso sopra delineato, con la conseguenza di dover escludere l'antigiuridicità di eventuali fatti di bancarotta fraudolenta distrattiva o dissipativa (nello stesso senso depone anche quella giurisprudenza secondo cui l'art. 2634, comma 3 c.c. funge da clausola generale con funzione esimente non solo per il reato di infedeltà patrimoniale, ma anche per i fatti di bancarotta. Sul punto, cfr. Cass. pen., sez. V, 6 giugno 2019, n. 38715; Cass. pen., sez. V, 27 febbraio 2020 n. 13284).

Allo stato, non si può tuttavia ignorare l'orientamento della giurisprudenza di legittimità che nelle pronunce emesse sotto la vigenza della legge fallimentare, come visto, ha ristretto il novero delle operazioni infragruppo considerate lecite, con conseguente aggravamento dell'onere della prova liberatoria in capo all'imputato (Rossi A., I profili penalistici del codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza: luci ed ombre dei dati normativi, in un contesto programmatico. i ‘riflessi' su alcune problematiche in campo societario, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 3, 1 settembre 2019, 1153 ss., in DeJure).

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