Notifica presso l'indirizzo di posta elettronica ordinaria: inesistenza o nullità?

25 Luglio 2023

La Corte di Cassazione torna ad occuparsi della invalidità della notifica eseguita, ex art. 3-bis l. n 53/1994, presso un indirizzo di posta elettronica ordinaria anziché nelle forme della posta elettronica certificata.

Massima

In caso di invio della notificazione con modalità telematiche (ex art. 3-bis, l. n. 53/1994) da una casella PEC ad una casella di posta elettronica ordinaria del destinatario, la notifica, in presenza di ricevuta di accettazione, è nulla e non inesistente, non potendosi presumere – salvo prova contraria – la totale assenza di un inoltro telematico di dati presso il destinatario, di cui restano solo incerti gli esiti e dovendosi quindi ritenere sussistente una fase di consegna, seppure non vi sia prova del perfezionamento della notificazione e dunque l'atto non sia in sé idoneo a raggiungere gli effetti suoi propri.

Il caso

La pronuncia trae origine dalla sentenza con cui la Corte di Appello di Reggio Calabria da un lato ha rigettato l'eccezione di improcedibilità del gravame, per avere l'appellante notificato il ricorso presso la casella di posta elettronica ordinaria e non già nelle forme della posta elettronica certificata; e con cui, dall'altro, ha conseguentemente ritenuto ammissibile e legittima l'autorizzazione alla rinnovazione della notificazione.

La questione

Sul piano processuale, la questione problematica sottesa alla pronuncia in commento è la seguente: la notificazione eseguita presso una casella e-mail ordinaria deve essere ritenuta inesistente o nulla? Sullo sfondo appare però un altro quesito che chiede di essere preliminarmente risolto: quale è la distinzione tra notifica inesistente e notifica nulla?

Le soluzioni giuridiche

La Corte di Cassazione, per rispondere agli interrogativi, pone a fondamento della soluzione alcuni principi già rinvenibili – nei più diversi contesti – nella giurisprudenza di legittimità, anche nella sua più autorevole composizione.

In particolare, giova osservare come, nella recente casistica, il mero errore nella individuazione dell'indirizzo del destinatario non sia stato ritenuto causa di inesistenza della notifica; e come, conseguentemente, si fosse affermata la legittimità della rimessione in termini ex art. 153, comma 2, c.p.c., sempreché l'atto da notificarsi avesse comunque raggiunto il destinatario (Cass. civ., sez. I, 17 ottobre 2019, n. 26430; A. Barale, Notifica effettuata ad un indirizzo di posta elettronica ordinaria comunque riferibile al destinatario, in IUS Processo civile (ius.giuffrefl.it), 2019).

Tale interpretazione, pur agganciata, in quella vicenda, al fatto che la controparte risultasse in ogni caso costituita in giudizio, appare tuttavia idonea – negli snodi argomentativi della pronuncia in commento – a valere anche in altre fattispecie: quelle in cui non si potrebbe discorrere di sanatoria per avvenuta conoscenza della notificazione da parte del destinatario.

Invero, tutto ruota attorno alla distinzione tra notifica inesistente e notifica nulla, per comprendere la quale pare utile risalire ad una fondamentale pronuncia delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione in cui venne chiarito come la prima non è, in senso stretto, un vizio dell'atto più grave della nullità, «poiché la dicotomia nullità/inesistenza va, alla fine, ricondotta alla bipartizione tra l'atto e il non atto» (Cass. civ., sez. un., 20 luglio 2016, n. 14916).

Così, se in generale, ogni ipotesi di difformità dal modello legale rientra nella categoria della nullità, all'opposto, l'inesistenza sarebbe configurabile esclusivamente «in caso di totale mancanza materiale dell'atto» ovvero «nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un'attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile quell'atto» (Cass. civ., sez. un., 20 luglio 2016, n. 14916).

Questi elementi imprescindibili, in particolare, sono stati individuati nell'attività di trasmissione (svolta da un soggetto qualificato) e nella fase di consegna, intesa come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall'ordinamento (con esclusione, quindi, dei casi in cui l'atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè omessa). Ne deriva che la presenza dei suddetti requisiti strutturali rende riconoscibile l'atto quale notificazione, che pertanto non potrà essere qualificata come inesistente (S. Matteini Chiari, Vizi della notificazione a soggetti irreperibili (art. 140 c.p.c.), in IUS Processo civile (ius.giuffrefl.it), 2017).

E, tuttavia – si specifica – tra «un esito in qualche modo positivo (avvenuta consegna purchessia, seppure non rituale)» e «un esito certamente negativo (restituzione al mittente)» si pongono una serie di ulteriori ipotesi che lungi dal poter restare nell'ombra devono essere rischiarate; si tratta, come è evidente, dei casi «in cui non si possa affermare con certezza il ricorrere né dell'una, né dell'altra ipotesi … in cui non si può dire né che consegna vi sia stata, perché occorrerebbe la prova concreta di ciò, né che non vi sia stata, perché anche ciò resta ignoto» (Cass. civ., sez. lav., 31 maggio 2023, n. 15345).

Ebbene, che la notificazione, nel caso in esame si discosti dal modello normativo è presto detto: ai sensi dell'art. 3-bis, l. n. 53/1994, la notificazione telematica deve avvenire da e nei confronti di un indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi (A. Lestini, La notificazione eseguita presso un indirizzo PEC estratto da un elenco diverso dal Reginde, in IUS Processo telematico (ius.giuffrefl.it), 2022), cosicché laddove sia addirittura diretta ad un indirizzo di posta elettronica ordinaria, si presenta del tutto difforme rispetto al modello legale.

Ciò che rileva ed interessa maggiormente, allora, è capire se la concreta vicenda – pur difforme dal modello legale – possa essere ricondotta all'interno del «tipo giuridico della notificazione, sotto il profilo dell'esistenza di una fase di consegna» (Cass. civ., sez. lav., 31 maggio 2023, n. 15345).

La risposta affermativa suole farsi discendere dal sistema normativo che disciplina l'attività di notificazione telematica ed il relativo perfezionamento.

Come noto, infatti, la notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione (prevista dall'art. 6, comma 1, D.P.R. n. 68/2005) e, per il destinatario, nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna (prevista dall'art. 6, comma 2, del medesimo Decreto), fermo quanto previsto dall'art. 147, comma 2 e 3 c.p.c. (art. 3-bis, comma 3, l. n. 53/1994).

Ora, è evidente come una notifica eseguita presso un indirizzo “non PEC” possa generare esclusivamente la ricevuta di accettazione; la quale, però, – pur provando la sola spedizione del messaggio – di regola comporta altresì l'avvio del flusso telematico verso il destinatario. Pertanto, «non si può … parlare di notificazione “inesistente”, perché, a fronte dell'intervenuta accettazione dell'atto da parte del gestore di posta elettronica, non si può presumere il mancato verificarsi del successivo transito telematico di dati verso il destinatario» (Cass. civ., sez. lav., 31 maggio 2023, n. 15345).

È per questi motivi, quindi, che si discorre di nullità del procedimento (Cass. civ., sez. lav., 31 maggio 2023, n. 15345): se è vero, infatti, che solo la ricevuta di consegna rappresenta la prova del «perfezionamento pieno» della notifica, perché quella eseguita «su casella di posta ordinaria non produrrà alcun valido effetto, a meno che in concreto si provi la conoscenza della comunicazione e quindi il raggiungimento dello scopo»; altrettanto vero è che solo la prova dell'esito negativo della notifica (nel senso di una prova che proprio nulla fosse stato trasmesso al destinatario) escluderebbe la riconducibilità dell'atto al tipo “notificazione” (e porterebbe ad affermare la inesistenza della notifica eseguita).

In definitiva, «l'invio di notifica ad una casella di posta ordinaria del destinatario non permetterà mai, se non vi sia prova concreta della piena ricezione, di ritenere raggiunto lo scopo comunicativo, ma non può neanche portare ad individuare – a meno di elementi certi in tal senso – la totale assenza di una fase di consegna che porti a collocare l'accaduto al di fuori del perimetro di un atto riconoscibile come appartenente al tipo della “notificazione”», onde la qualificazione in termini di nullità del relativo procedimento (Cass. civ., sez. lav., 31 maggio 2023, n. 15345).

Osservazioni

Temi complessi quelli della inesistenza e della nullità della notificazione, del perimetro che delimita l'uno e l'altro istituto; gli interrogativi di un tempo, poi, sono oggi indagati in una realtà che si mostra in continuo divenire.

Così, nella decisione che ci occupa, sulla base della più recente giurisprudenza, vengono esaminati diversi profili rilevanti che contribuiscono ad una maggiore comprensione della materia trattata: rispetto al passato, la casistica si accresce di nuove ipotesi che ben potrebbero nuovamente presentarsi nella prassi e nella concreta vita professionale; verosimilmente emergeranno ulteriori dilemmi (tra cui quello sulla scelta di equiparare, sul piano sanzionatorio, una notifica eseguita presso un indirizzo PEC non risultante da pubblici registri e quella eseguita semplicemente via e-mail) a cui si dovrà fornire risposta.

Per concludere, non si può non richiamare l'attenzione sul fatto che l'ampia motivazione della sentenza sottolinea, comunque, come la regolare notifica a mezzo PEC non è sostituibile, con validi effetti legali, da eventuali forme meno rigorose di analoga documentazione della posta mail ordinaria. Ma, come è ovvio, «in presenza di nullità, la rinnovazione della notifica autorizzata dalla Corte di merito sana ogni vizio nell'introduzione del gravame, ai sensi dell'art. 291 c.p.c.».

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