La mediazione nelle controversie bancarie dopo la riforma Cartabia
26 Luglio 2023
La riforma della mediazione
Le principali novità apportate dal d.lgs. n. 149/2022 alla disciplina della mediazione possono essere così sintetizzate: - la mediazione obbligatoria diventa condizione di procedibilità delle domande giudiziali in materia di contratti di associazione in partecipazione, consorzio, franchising, opera, rete, somministrazione, società di persone e subfornitura (art. 5, comma 1, d.lgs. n. 28/2010); - la mediazione può essere demandata dal giudice con ordinanza motivata, oltre che nelle ipotesi già previste dal d.lgs. n. 28/2010, anche “in ogni altra circostanza” (art. 5-quater d.lgs. n. 28/2010); - la mediazione convenzionale è contemplabile pure in contratti, statuti o atti costitutivi di enti pubblici (art. 5-sexies d.lgs. n. 28/2010); - l'amministratore di condominio può avviare il procedimento di mediazione, aderirvi e parteciparvi (art. 5-ter d.lgs. n. 28/2010); - il primo incontro di mediazione non è più finalizzato ad una mera informativa delle parti sulla procedura, ma è diretto alla ricerca di un accordo amichevole di definizione della controversia (art. 8, comma 6, d.lgs. n. 28/2010); - le parti partecipano personalmente al procedimento ma, per giustificati motivi, possono delegare un proprio rappresentante, purché sia informato dei fatti e munito dei poteri per conciliare la lite (art. 8, comma 4, d.lgs. n. 28/2010); - la mancata partecipazione, senza giustificato motivo, al procedimento di mediazione, oltre ad essere valutabile dal giudice come argomento di prova ex art. 116, comma 2, c.p.c. (art. 12-bis, comma 1, d.lgs. n. 28/2010), giustifica, nel caso di mediazione obbligatoria, la condanna della parte costituita al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma corrispondente al “doppio” del contributo unificato (comma 2), inoltre, su istanza di parte, il giudice, può condannare la parte assente al procedimento di mediazione e soccombente al pagamento di una somma equitativamente determinata non superiore nel massimo alle spese di giudizio maturate dopo la conclusione del procedimento (comma 3); - nel caso di opposizione a decreto ingiuntivo, la domanda di mediazione deve essere presentata da colui che ha proposto il ricorso per decreto ingiuntivo (Cass., sez. un., n. 19596/2020) e, se la condizione di procedibilità non si avvera, il giudice dichiara l'improcedibilità della domanda, revoca il decreto ingiuntivo e provvede sulle spese (art. 5-bis d.lgs. n. 28/2010); - in caso di “consulenza tecnica in mediazione”, le parti, in deroga al dovere di riservatezza che caratterizza la mediazione ex art. 9, d.lgs. n. 28/2010, possono accordarsi ex ante in ordine alla producibilità dell'elaborato peritale nel successivo giudizio e la relazione è valutabile dal giudice ai sensi dell'art. 116, comma 1, c.p.c. (art. 8, comma 7, d.lgs. n. 28/2010); - la parte non abbiente può beneficiare del patrocinio a spese dello Stato nel caso in cui la mediazione costituisca condizione di procedibilità della domanda, se è raggiunto l'accordo di conciliazione (art. 15-bis, d.lgs. n. 28/2010). Oltre a ciò, il procedimento è stato rimodulato attraverso una serie di interventi riguardanti la proroga convenzionale del termine di durata della mediazione (art. 6, comma 1, d.lgs. n. 28/2010), la fissazione del primo incontro (art. 8, comma 1, d.lgs. n. 28/2010), la produzione degli effetti sostanziali della domanda giudiziale (art. 8, comma 2, d.lgs. n. 28/2010), la mediazione telematica (art. 8-bis, d.lgs. n. 28/2010). Infine, per incentivare il ricorso alla mediazione, è stata prevista una vasta serie di incentivi fiscali (art. 17, d.lgs. n. 28/2010). La mediazione nelle controversie in materia di contratti bancari e finanziari
Ciò preliminarmente puntualizzato, occorre fare qualche breve osservazione in merito al procedimento di mediazione nelle controversie bancarie e finanziarie. Com'è noto, l'art. 5 d.lgs. n. 28/2010 ha previsto l'esperimento del procedimento di mediazione quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale in materia di “contratti bancari e finanziari”. In alternativa, nell'ambito dei contratti bancari, il potenziale attore, in base all'art. 5, comma 3, d.lgs n. 28/2010, può esperire il procedimento istituito in attuazione dell'art. 128-bis TUB. (arbitrato bancario finanziario). Per quanto concerne l'ambito di applicazione della norma, è utile evidenziare che, dal punto di vista soggettivo, i contratti in materia presuppongono che una delle parti abbia natura professionale di bancario o finanziario, mentre il cliente può essere indifferentemente una persona fisica, una persona giuridica o un professionista. Ciò nondimeno, anche le controversie tra gli stessi professionisti del settore e gli operatori qualificati sono soggette alla condizione di procedibilità. Più controverso è il profilo oggettivo. A riguardo, è utile evidenziare che la condizione di procedibilità riguarda non tutte le controversie bancarie e finanziarie, ma solo quelle relative ai “contratti bancari e finanziari”. E' quindi chiara l'applicabilità dell'art. 5 d.lgs. n. 28/2010 ai contratti bancari regolati dal codice civile e dal TUB (d.lgs. n. 385/1993), nonché a quelli involgenti gli strumenti finanziari di cui al TUF (d.lgs. n. 58/1998). E' però dibattuto se siano soggetti al tentativo di mediazione i contratti aventi natura mista a quella bancaria e finanziaria (v. Cass. n. 15200/2018 in materia di leasing) e quelli collegati ai contratti indicati dalla norma (v. Cass. n. 31209/2022 in materia di contratti di fideiussione). Certamente, nell'interpretazione dell'art. 5 d.lgs. n. 28/2010 occorre tener presente il principio generale espresso dalla Corte costituzionale secondo cui le ipotesi di “giurisdizione condizionata” devono essere di stretta interpretazione (Corte cost. n. 403/2007). La ratio dell'applicazione del tentativo obbligatorio di mediazione ai contratti bancari e finanziari è quella di favorire il raggiungimento di un accordo stragiudiziale tra le parti in materie oggetto con frequenza di contenzioso, anche in funzione della preservazione del carattere duraturo tale tipologia di “contratti di massa”. Tuttavia, la particolare complessità tecnica della materia rende nella pratica assai difficoltoso il raggiungimento di un accordo amichevole al di fuori del processo. Queste problematiche sembrano essere acutizzate dalla struttura del nuovo rito ordinario di cognizione delineata dalla riforma c.d. Cartabia. Nel nuovo sistema processuale, il giudice può rilevare il mancato avveramento della condizione di procedibilità in sede di verifiche preliminari ex art. 171-bis c.p.c. Tale norma va letta in combinazione con il nuovo art. 163, comma 3, numero 3-bis, c.p.c., che prevede che l'atto di citazione deve contenere «l'indicazione, nei casi in cui la domanda è soggetta a condizione di procedibilità, dell'assolvimento degli oneri previsti per il suo superamento». Nel caso di rilievo officioso del mancato avveramento della condizione di procedibilità, l'art. 171-bis c.p.c. non impone al giudice di rimettere le parti in mediazione con fissazione di una nuova udienza ex art. 183 c.p.c. A riguardo, la dottrina ha messo in rilievo che la scelta del legislatore di rinviare alla prima udienza di comparizione delle parti il provvedimento di rimessione alla mediazione, a seguito della completa formulazione delle domande, delle eccezioni e delle prove, potrebbe ridurre le possibilità di risoluzione della controversia al di fuori del processo. Si pensi, ad esempio, in materia di contratti bancari, al caso dell'azione di ripetizione del cliente non sorretta dalla produzione del contratto di mutuo o alla domanda di pagamento del saldo negativo di un conto corrente proposta dall'istituto di credito senza la produzione degli estratti conto. In queste situazioni, è abbastanza trasparente che, di fronte all'intervenuta decadenza dell'attore, dopo il decorso dei termini previsti dal nuovo art. 171-ter c.p.c., dal potere di produrre la documentazione fondamentale per l'accoglimento della domanda, il convenuto, ritenendo di avere un grado maggiore di probabilità di vincere la causa, potrebbe non avere interesse alla composizione stragiudiziale della lite, anche in considerazione delle spese sostenute fino a questo punto. A tali difficoltà, potrebbe ovviarsi ammettendo che il giudice, una volta riscontrata la mancanza della condizione di procedibilità, già in sede di verifiche preliminari, possa rimettere le parti in mediazione con contestuale differimento dell'udienza ex art. 183 c.p.c. Questa opzione interpretativa è favorita dal fatto che l'art. 5 d.lgs. n. 28/2010 consente tale rilievo officioso “non oltre la prima udienza”, quindi, anche prima della trattazione orale della causa. Certamente l'emissione del decreto ex art. 171-bis c.p.c. contenente il rilievo del giudice potrebbe incentivare l'attore all'assolvimento degli oneri per il superamento della condizione di procedibilità prima della celebrazione dell'udienza ex art. 183 c.p.c., anche in assenza di un formale provvedimento di rimessione in mediazione. Però, in questo caso, il mancato differimento da parte del giudice dell'udienza di trattazione, da cui decorrono i termini per il deposito delle memorie integrative, potrebbe ostacolare ugualmente l'accordo amichevole di definizione della controversia, in quanto, nell'intervallo temporale esistente tra l'emissione del decreto ex art. 171-bis c.p.c. e la prima udienza dinanzi al giudice, i procuratori delle parti, attraverso il deposito telematico delle tre memorie integrative previste dal nuovo art. 171-ter c.p.c., vengono a conoscenza di quanto è stato nel frattempo acquisito in termini probatori. Ragion per cui sembra preferibile un'interpretazione correttiva dell'art. 171-bis c.p.c. che consenta al giudice di emettere i provvedimenti necessari per il superamento della condizione di procedibilità già nella fase preliminare, nell'ottica di agevolare la definizione stragiudiziale della controversia. È, tuttavia, utile sottolineare che anche la rimessione delle parti in mediazione in questa fase porta con sé alcune difficoltà legate alla tecnicità della materia bancaria. Invero, nel caso, ad esempio, in cui il vaglio delle contestazioni delle parti richieda di scrutinare un'ingente mole di documenti che adottano un linguaggio specialistico e non si prestano ad un'interpretazione di senso comune, le chances per le stesse di concludere un accordo amichevole potrebbero essere mortificate dalla difficoltà del mediatore di formulare alle parti una proposta conciliativa in una materia (quella bancaria) caratterizzata da alto tecnicismo, senza la preventiva nomina di un esperto iscritto negli albi dei consulenti presso il tribunale. Lo scenario non sembra essere mutato dopo le modifiche apportate dalla riforma c.d. Cartabia alla c.d. “consulenza tecnica in mediazione”. Come accennato, al momento della nomina dell'esperto, le parti possono manifestare il proprio consenso circa la producibilità dell'elaborato peritale nel successivo giudizio, il quale sarà valutabile secondo il prudente apprezzamento del giudice ai sensi dell'art. 116, comma 1, c.p.c. (art. 8 d.lgs n. 28/2010). Tale soluzione, nella misura in cui subordina la producibilità in giudizio della relazione all'assenso delle parti e limita il relativo valore probatorio a quello di prova libera, lascia tuttavia presagire che l'accertamento tecnico risolutivo della causa sarà quello disposto dal giudice istruttore, tenuto conto della probabile esigenza delle parti di evitare un inutile aggravio di attività processuali e di costi e della circostanza che la scelta del perito e la formulazione dei quesiti sfugge ad ogni forma di controllo da parte del giudice. Quindi, in assenza di un'effettiva integrazione tra la “consulenza tecnica in mediazione” e il processo, tale forma di giustizia alternativa non sembra ancora potenzialmente idonea a definire le controversie i cui accertamenti hanno luogo nell'esame contabile. Le criticità fin qui esposte sembrano accentuarsi nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo. A riguardo, occorre evidenziare che il giudice, una volta rilevata la mancanza della condizione di procedibilità, può rimettere le parti in mediazione solo alla prima udienza ex art. 183 c.p.c., dopo la decisione sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto (art. 5-bis d.lgs. n. 28/2010). Nel nuovo sistema processuale, tali istanze sono vagliate dal giudice, non più sulla base degli atti e dei documenti prodotti dalle parti con la costituzione in giudizio, come avveniva nel previgente rito, bensì in considerazione delle attività assertive e probatorie cristallizzate con l'appendice scritta (art. 171-ter c.p.c.), che anticipa, anziché seguire, la celebrazione dell'udienza di comparizione delle parti. Tuttavia, ove la causa non richieda istruttoria, l'adozione di tali provvedimenti successivamente alla definizione del thema probandum e del thema decidendum potrebbe determinare una manifestazione anticipata di giudizio da parte del giudice, con verosimile pregiudizio della definizione amichevole della lite. Si pensi, ad esempio, al caso del provvedimento di concessione della provvisoria esecuzione fondato sull'apparente inconsistenza delle contestazioni del cliente circa la contabilizzazione in un rapporto di conto corrente di interessi usurari ed anatocistici. È evidente che in questa eventualità gli spazi applicativi della mediazione potrebbero essere ulteriormente ridotti, essendo difficile ipotizzare che l'istituto di credito, a fronte della compiuta definizione del thema decidendum e una volta ottenuta la concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto, possa rinunciare a qualcosa della propria pretesa per la composizione stragiudiziale della controversia, specie ove il debitore sia solvibile. Il nuovo rito ordinario di cognizione sembra allora accentuare le difficoltà che il tentativo obbligatorio di mediazione incontra nelle controversie bancarie in ragione della particolare complessità della materia. Riferimenti
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