Analisi critica dei nuovi limiti al cram down fiscale e contributivo negli ADR

28 Luglio 2023

Il disegno di legge di conversione del d.l. n. 69/2023, recentemente approvato dal Senato e trasmesso per l'esame alla Camera il 20 luglio 2023 (si è da poco concluso l'esame da parte della Commissione), è stato oggetto di un emendamento del Governo che ha fissato soglie minime di soddisfazione del credito fiscale e previdenziale ai fini del cram down negli ADR. Gli Autori ne analizzano il contenuto e ne offrono alcuni spunti critici.
Premessa

In sede di conversione del d.l. n. 69/2023 (“Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi derivanti da atti dell'Unione europea e da procedure di infrazione e pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano”) il Governo ha depositato un emendamento che ha profondamente e provvisoriamente modificato, in attesa di una prossima approvazione di un decreto correttivo del Codice della Crisi e dell'Insolvenza (CCII), le condizioni per l'omologazione del cram down fiscale e contributivo presentato nell'ambito degli accordi di ristrutturazione dei debiti. Detto emendamento ha infatti posto una serie di stringenti requisiti affinché il Tribunale possa procedere all'omologazione degli accordi suddetti che contemplino anche la transazione in materia fiscale e contributiva.



Il cram down in materia fiscale e contributiva

L'emendamento depositato dal Governo ha temporaneamente sospeso, fino all'entrata in vigore dell'ennesimo decreto correttivo, l'applicazione delle disposizioni di cui all'ultimo periodo del comma 2 e del comma 2-bis dell'art. 63 del CCII, relativo all'omologazione forzosa della proposta di transazione su crediti tributari e contributivi presentata nell'ambito degli accordi di ristrutturazione dei debiti(ADR).

Come noto, la transazione fiscale e contributiva è stata revisionata attraverso l'art. 146 del d.lgs. n. 5/2006 per potenziare, nei rapporti tra amministrazione finanziaria e contribuente, una disciplina negoziale nell'attuazione del prelievo, attenuando la tradizionale indisponibilità dell'obbligazione tributaria, attraverso la predisposizione di strumenti idonei a conferire alla pretesa dell'Erario una maggiore flessibilità.

Mediante la transazione fiscale e contributiva le imprese, che si trovano in una situazione di crisi, possono proporre all'Agenzia delle Entrate ed agli Enti previdenziali uno stralcio e/o una dilazione di pagamento dei debiti tributari e contributivi, dimostrando la necessità delle falcidie e delle dilazioni richieste per mezzo di un piano di risanamento attestato.

La proposta transattiva, effettuata nell'ambito di un accordo di ristrutturazione dei debiti, deve essere corredata da copiosa documentazione, all'interno della quale assumono particolare rilievo il piano di risanamento e l'attestazione dello stesso da parte di un professionista indipendente, che, oltre alla veridicità dei dati e alla fattibilità del piano, ha per oggetto anche la valutazione sulla capacità dell'impresa debitrice di pagare i creditori estranei all'accordo e la maggior convenienza della proposta formulata all'Erario e all'Inps, nell'ambito dell'accordo, rispetto a quanto spetterebbe agli enti creditori nella liquidazione giudiziale.

La finalità del legislatore è stata quella di agevolare l'uscita delle imprese dalla crisi, in tempi rapidi ed al minor costo, nonché di ottenere il recupero parziale delle imposte e dei contributi previdenziali quando le relative aspettative sono piuttosto remote.

La transazione fiscale e contributiva è stata inserita all'interno del CCII (artt. 63 e 88) prevedendo, inoltre, l'omologazione forzosa della proposta formulata all'Erario ed agli Enti previdenziali nonostante il voto negativo o l'inerzia dei suddetti creditori.

In particolare, l'art. 63, comma 2-bis, CCII, stabilisce che “il tribunale omologa gli accordi di ristrutturazione anche in mancanza di adesione da parte dell'amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando l'adesione è determinante ai fini del raggiungimento delle percentuali di cui agli articoli 57, comma 1, e 60, comma 1, e, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista indipendente, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria”. Analoga norma è prevista anche nel concordato preventivo.

L'emendamento depositato dal Governo segna un deciso revirement, limitando il cram down fiscale e contributivo negli accordi di ristrutturazione dei debiti e sospendendo le disposizioni di cui all'art. 63, comma 2-bis, CCII.

Per effetto dell'emendamento depositato dal Governo, il Tribunale potrà omologare la proposta di transazione fiscale tributaria e contributiva, anche in mancanza di adesione dell'amministrazione finanziaria e degli enti previdenziali, quando, oltre ad essere conveniente per i creditori pubblici rispetto all'alternativa liquidatoria e determinante ai fini del raggiungimento della percentuale di adesione del 60% (accordi di ristrutturazione) o del 30 % (accordi di ristrutturazione agevolati) dei crediti oggetto dell'accordo, ricorrano le seguenti ulteriori condizioni:

  • il soddisfacimento dei crediti tributari e contributivi sia pari al 30% del loro ammontare, comprensivo di sanzioni e interessi, se il credito complessivo di cui sono titolari gli altri creditori aderenti, diversi da Fisco ed Inps, corrisponde ad almeno ¼ dell'intero importo dei debiti dell'impresa;
  • il soddisfacimento dei crediti tributari e contributivi sia pari almeno al 40% del loro ammontare, comprensivo di sanzioni e interessi, e la dilazione di pagamento non eccede il periodo di 10 anni, se il credito complessivo di cui sono titolari gli altri creditori aderenti, diversi da Fisco ed Inps, sia inferiore a ¼ dell'intero importo dei debiti dell'impresa istante oppure se non vi siano altri creditori aderenti all'accordo;
  • gli accordi di ristrutturazione non abbiano carattere liquidatorio.

Vale la pena, a tal proposito, ricordare che, in sede di giudizio di omologazione degli accordi di ristrutturazione, il Tribunale ai sensi dell'art. 48, comma 4, CCII, può disporre d'ufficio mezzi istruttori nominando, quindi, eventuali ausiliari al fine di verificare il contenuto dell'accordo nonché del piano di ristrutturazione e della relazione del professionista, nonché l'effettiva convenienza dell'accordo rispetto all'alternativa liquidatoria. Ciò, anche attraverso una compiuta verifica di eventuali profili di responsabilità dell'organo amministrativo e di controllo della società e della loro consistenza patrimoniale, atteso che la relazione del professionista attestatore non sempre fornisce elementi utili a tal fine, chiarendo i principi di attestazione dei piani di risanamento (principio 4.9.1) come l'attestatore non sia tenuto ad esprimere giudizi circa l'esperibilità di eventuali azioni di responsabilità nei confronti degli organi di amministrazione e di controllo della società, salvo che le stesse non siano esplicitamente previste o menzionate nel piano, e come non competa all'attestatore la valutazione del comportamento degli amministratori e degli organi di controllo per la gestione passata, al di là delle considerazioni utili per identificare le cause della crisi.

Preme rilevare come la modifica normativa in commento sia frutto della risonanza mediatica determinata dalla sentenza (Trib. Reggio Calabria, sez. fall., 9 giugno 2023, rel. Cantone) di omologazione dell'Accordo di ristrutturazione, con annessa transazione fiscale e contributiva, della società sportiva calcistica Reggina 1914 S.r.l., che ha portato anche il Ministro dello Sport ad esprimere disapprovazione (si veda M. Pollio, L. Jeantet, In salita gli accordi con il fisco, Italia Oggi, 17 giugno 2023). Il Tribunale di Reggio Calabria, in data 9 giugno 2023, ha, infatti, omologato la proposta di ristrutturazione del debito formulata ai creditori, con pagamento parziale anche dei crediti erariali e previdenziali, nonostante le contestazioni e le eccezioni formulate dall'Agenzia delle Entrate e degli Enti Previdenziali che si opponevano alla proposta di stralcio con pagamento nella misura del 5% dei loro crediti. Il Tribunale ha, in particolare, evidenziato che l'eventuale mancata omologazione del piano di ristrutturazione avrebbe comportato la perdita quasi integrale del patrimonio aziendale, poiché, in caso di liquidazione giudiziale, il titolo sportivo – che costituisce l'asset principale della società – non si sarebbe potuto cedere, stante la disciplina prevista dall'ordinamento sportivo all'art. 16, comma 6, delle Noif (Norme organizzative interne FIGC), in base alla quale la dichiarazione di fallimento (oggi liquidazione giudiziale) di una società calcistica determina la revoca dell'affiliazione, alla quale consegue la perdita del titolo sportivo e la perdita del diritto di partecipazione ai campionati.

Si osserva come tale decisione non costituisca un precedente isolato, avendo già in passato il Tribunale di Milano, con decreto del 3 giugno 2021, omologato un accordo di ristrutturazione dei debiti in cui il credito dell'Erario rappresentava il 99% dell'intera esposizione debitoria e nel quale -sul presupposto della convenienza del rimedio pattizio rispetto all'alternativa liquidatoria - si riconosceva all'ente destinatario della proposta un soddisfacimento nella misura del 5,4%.



Profili di criticità dell'emendamento governativo

La disciplina in commento, che, come già evidenziato, è stata introdotta sull'onda del clamore mediatico generato dalla decisione del Tribunale di Reggio Calabria, è contraddistinta da una formulazionesemplicistica e frettolosa, derivante da criticità generate dalla fissazione, da parte del Legislatore, di soglie fisse percentuali di soddisfazione del debito erariale e previdenziale, tout court fondanti il discrimine per l'omologazione forzosa da parte del Tribunale della proposta di transazione, anche in assenza di assenso da parte degli enti creditori.

In proposito, vale premettere che fissare dei limiti dimensionali con delle soglie minime di soddisfazione dei crediti nei confronti dell'Erario e degli enti previdenziali può comportare, in primo luogo, nel caso di mancata omologazione degli accordi di ristrutturazione, un minore soddisfacimento dei crediti in questione, atteso che il Tribunale, per espressa disposizione di legge, deve anche appurare che “la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria”.

In secondo luogo si evidenzia come un sistema così rigidamente improntato all'operatività di soglie percentuali riferite non all'ammontare complessivo del debito, bensì, alla percentuale di adesione all'accordo, senza possibilità di considerare fattori dimensionali specifici, sia suscettibile di determinare il paradossale risultato di non consentire l'accesso alla procedura ad imprese che, seppur caratterizzate da un indebitamento fiscale e previdenziale rilevante, non siano in grado, neppure prospetticamente, di generare risorse utili a far fronte ai pagamenti nella misura minima richiesta dalla legge.

Di talché, in prospettiva, sarebbe auspicabile che la conversione del Decreto legge avvenisse con l'inserimento di necessari correttivi, che consentano alla norma proposta di essere maggiormente performante, aderente alla ratio indicata in incipit, di potenziamento della flessibilizzazione e della consensualità dei rapporti tra amministrazione finanziaria e contribuente, nella misura in cui l'impresa coinvolta dalla crisi sia contraddistinta da caratteristiche che consentano di agevolarla nell'uscita dalla crisi: vaglio di meritevolezza che, qualora legislativamente prefissato, non può evidentemente ascriversi, sic et simpliciter, alle soglie percentuali di cui si è detto.

In particolare, si auspica che in sede di conversione vengano inserite delle soglie minime di soddisfazione differenti a seconda della misura dell'indebitamento fiscale e previdenziale complessivo, nonché delle dimensioni e/o del fatturato dell'impresa richiedente l'accordo di ristrutturazione.

Peraltro, il proposto emendamento non trova applicazione alla procedura di concordato preventivo, per la quale continua ad operare il disposto di cui all'art. 88, comma 2-bis, CCII, norma speculare all'art. 63 comma 2-bis, CCII, in materia di accordi di ristrutturazione, generando una evidente disparità di trattamento tra due procedure concorsuali che sono entrambe volte alla definizione della crisi aziendale.

A tale ultimo proposito, vale la pena ricordare come anche l'accordo di ristrutturazione abbia natura concorsuale, in base a quanto esplicitato dalla giurisprudenza della Suprema Corte (Cass. civ., sez. I, 12 aprile 2018, n. 9087), alla luce del cui riconoscimento non vi è ragione per cui il cram down fiscale e contributivo pieno continui a trovare applicazione nel concordato preventivo, senza le soglie previste dalla modifica proposta dal Governo.



Conclusioni

La modifica dei requisiti per l'omologazione forzosa degli accordi di ristrutturazione da parte del Tribunale, mediante l'introduzione di soglie minime di soddisfazione dei debiti tributari e contributivi, a parere degli scriventi, non agevolerà né le imprese ad aderire ad una percorribile soluzione negoziata di uscita dalla crisi d'impresa, né l'Erario e gli enti previdenziali a veder soddisfatti i propri crediti in misura soddisfacente.

Si auspica, come detto, che in fase di revisione del Codice della Crisi le percentuali di soddisfazione non siano prefissate indistintamente ma vengano differenziate, applicandole a scaglioni, sulla base dell'indebitamento complessivo esistente. In altre parole una percentuale minima di soddisfazione dell'Erario e degli enti previdenziali va certamente determinata, al fine di evitare comportamenti opportunistici da parte dell'imprese, ma la stessa non può non tenere conto della specificità delle singole imprese e della capacità delle stesse a far fronte ai propri impegni di pagamento.

Da ultimo, si rileva che in una prospettiva più sistematica, il legislatore potrebbe utilizzare la conversione del decreto per permettere la transazione fiscale e previdenziale, su base volontaria ed interamente negoziale, anche all'interno della composizione negoziata della crisi d'impresa, senza la quale quest'ultima disciplina continuerà ad essere priva di uno strumento essenziale per essere concretamente applicabile alle imprese in crisi.



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