I provvedimenti de potestate, nel sistema ante riforma, non sono impugnabili con ricorso straordinario per cassazione

Redazione scientifica
28 Luglio 2023

I provvedimenti cd. de potestate adottati dal tribunale ordinario, quando competente ai sensi dell'art. 38 disp. att. c.c., nel corso dei giudizi aventi ad oggetto la separazione e lo scioglimento del matrimonio, nel sistema normativo antecedente alla riforma di cui al d.lgs. n. 149/2022, non sono impugnabili con il ricorso straordinario per cassazione.

Le Sezioni Unite, pronunciando su questione di massima di particolare importanza, hanno stabilito che «I provvedimenti cd. de potestate adottati dal tribunale ordinario, quando competente ai sensi dell'art. 38 disp. att. c.c., nel corso dei giudizi aventi ad oggetto la separazione e lo scioglimento (o cessazione degli effettivi civili) del matrimonio, nel sistema normativo antecedente alla riforma di cui al d.lgs. n. 149/2022 (cfr. art. 473-bis.24, commi 2 e 5, c.p.c.), non sono impugnabili con il ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell'art. 111, comma 7, della Costituzione, trattandosi di provvedimenti temporanei incidenti su diritti soggettivi (in tal senso decisori) ma non definitivi, in quanto privi di attitudine al giudicato seppur rebus sic stantibus, essendo destinati ad essere assorbiti nella sentenza conclusiva del grado di giudizio e, comunque, revocabili e modificabili in ogni tempo per una nuova e diversa valutazione delle circostanze di fatto preesistenti o per il sopravvenire di nuove circostanze».

Il Collegio ha dunque fornito risposta negativa al quesito sollevato dai giudici rimettenti con ordinanza interlocutoria n. 30457/2022, i quali chiedevano la possibilità di ascrivere alle ordinanze cd. de potestate ‒ adottate in via provvisoria dal tribunale ordinario nell'ambito di un giudizio di cessazione degli effetti civili del matrimonio ‒ i connotati della decisorietà e della definitività «nella misura in cui risultano potenzialmente idonei non soltanto ad esplicare i loro effetti per un notevole arco temporale, ma anche ad incidere, con potenziale irreparabile pregiudizio, su diritti soggettivi di natura personalissima e di primario rango costituzionale del minore».

Operate alcune puntualizzazioni preliminari – circa la riferibilità della questione dell'esperibilità del ricorso straordinario per cassazione ai provvedimenti denominati de potestate, pronunciati nel corso di giudizi di separazione o scioglimento (o cessazione degli effettivi civili) del matrimonio, quando sussista la competenza del tribunale ordinario, ai sensi dell'art. 38 disp. att. c.c., nonché circa l'inapplicabilità, ratione temporis, della recente riforma del processo civile alla controversia in esame (neppure per trarre da essa spunti interpretativi che possano orientare in senso convergente l'interpretazione della normativa previgente) – i giudici di legittimità richiamano l'orientamento espresso dalla nota sentenza delle Sezioni Unite n. 2953/1953, poi ripetutamente ribadito, secondo cui «un provvedimento, ancorché emesso in forma di ordinanza o di decreto, assume carattere decisorio quando pronuncia o, comunque, incide su diritti soggettivi con efficacia di giudicato, con la conseguenza che per essere impugnabile con ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell'art. 111, comma 7, Cost., il provvedimento giudiziario deve avere i caratteri della decisorietà nei termini sopra esposti nonché della definitività, in quanto non altrimenti impugnabile o comunque revocabile e modificabile. Non può dubitarsi dunque che i provvedimenti emessi nel corso dei giudizi di separazione e divorzio siano temporanei e non definitivi, in quanto destinati ad essere assorbiti (espressamente o implicitamente) dalla sentenza, la quale è suscettibile di impugnazione nei modi ordinari, vale a dire tramite appello e poi ricorso ordinario per cassazione, ex art. 360 c.p.c. Il tribunale che li ha emessi, a prescindere dal rito adottato, non si spoglia della (e non vede esaurirsi la) potestas decidendi, ben potendo ritornare sulle decisioni precedentemente assunte (mai suscettibili di pregiudicare la decisione della causa, art. 279, comma 4, c.p.c.) sia nel corso del giudizio sia nella sentenza, rivalutando diversamente i fatti preesistenti o valutando fatti e motivi sopravvenuti.

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