Posizione dell'amministratore di fatto in caso di bancarotta fraudolenta documentale

Francesco Spina
02 Agosto 2023

La Corte ricostruisce la nozione di amministratore di fatto e chiarisce l'estensione della relativa responsabilità penale per bancarotta fraudolenta documentale, nella particolare ipotesi in cui l'amministratore di diritto, un commercialista, abbia delegato la tenuta della contabilità aziendale ad uno studio professionale.
Massima

L'amministratore di fatto della società fallita è da ritenere gravato dell'intera gamma dei doveri cui è soggetto l'amministratore di diritto, per cui, ove concorrano le altre condizioni di ordine oggettivo e soggettivo, egli assume la penale responsabilità per tutti i comportamenti penalmente rilevanti a lui addebitabili, comprese le condotte rientranti nell'alveo della bancarotta fraudolenta documentale.



Il caso

La vicenda fattuale in commento prende le mosse dalla decisione emessa dalla Corte di Appello di Ancona con sentenza del maggio 2022 che, in parziale riforma della sentenza resa dal Tribunale di Macerata, previa riqualificazione della bancarotta fraudolenta per distrazione in bancarotta preferenziale di cui all'art. 216, comma 3, l. fall., limitatamente alla complessiva somma di 227.000,00 euro, dichiarava non doversi procedere nei confronti di un socio e amministratore di fatto per intervenuta prescrizione del reato, assolvendolo dalla residua contestazione per distrazione perché il fatto non costituiva reato.

Altresì, i giudici del merito di secondo grado pronunciavano sentenza di condanna per il delitto di bancarotta preferenziale e di bancarotta documentale di cui all'art. 216, commi 1, nn. 2 e 3, e 3, l. fall. nei confronti dell'imputato quale socio, nonché amministratore di fatto e dominus della fallita società.

L'imputato era stato chiamato a rispondere, in concorso con altri soggetti, in qualità di socio nonché amministratore di fatto e dominus di un s.r.l., esercente attività di allevamento e commercio del bestiame, per aver distratto la somma di oltre 600mila euro mediante prelievi dai conti societari a favore di terzi privi di un sottostante rapporto commerciale, nonché per aver tenuto i libri e le scritture contabili in modo da rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori.

Avverso la suddetta sentenza l'imputato proponeva ricorso per Cassazione, affidandolo a sei differenti motivi.

Con il primo motivo, il ricorrente assumeva che la qualifica di amministratore di fatto gli era stata erroneamente attribuita per essere addetto, in via peraltro non esclusiva, al settore commerciale dell'azienda che, tuttavia, neppure limitatamente a tale settore aveva mai amministrato, e nella quale, quando era divenuto socio, era rimasto amministratore di diritto il commercialista, e dunque un soggetto particolarmente qualificato per occuparsi dell'amministrazione e della contabilità della società.

Peraltro, il commercialista, per la tenuta della contabilità aveva anche ritenuto di avvalersi della collaborazione di un noto studio di commercialisti.



La questione giuridica

La questione giuridica sottesa al caso in esame, verte sullo stabilire se l'amministratore di fatto di una società fallita sia da ritenere gravato dell'intera gamma dei doveri cui è soggetto l'amministratore di diritto, per cui, ove concorrano le altre condizioni di ordine oggettivo e soggettivo, egli avrebbe dovuto assumere la penale responsabilità per tutti i comportamenti penalmente rilevanti a lui addebitabili, comprese le condotte rientranti nell'alveo della bancarotta fraudolenta documentale.

L'art. 2639 c.c., rubricato «estensione delle qualifiche soggettive», introduce la nozione di amministratore di fatto, la quale presuppone l'esercizio in modo continuativo e significativo di poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione di amministratore. In pratica, il Legislatore del d.lgs. n. 61/2002, recependo la giurisprudenza maggioritaria, ha reso irrilevante la denominazione formale dell'incarico eventualmente rivestito, rispetto al contenuto reale dei poteri esercitati.

Il concetto di potere è riferito al ruolo svolto da chi, autonomamente, può indirizzare la società nelle proprie scelte, anche in concorso con altri soggetti di diritto. L'amministratore di fatto, quindi, non deve necessariamente esercitare le sue funzioni in via esclusiva: egli può anche affiancare o collaborare con l'amministratore di diritto.

Ai fini della qualificazione dell'amministratore di fatto, quindi, è sufficiente lo svolgimento di alcune attività tipiche dell'incarico.

È necessario, per poter estendere la responsabilità a soggetti che non ricoprono formalmente alcuna qualifica, il carattere continuativo e significativo di tale svolgimento, non essendo invece richiesto l'esercizio di “tutti” i poteri del soggetto di fatto, bensì di un'apprezzabile attività di gestione, condotta in maniera non episodica od occasionale.

La nozione di continuità va individuata nell'esercizio di atti tipici protratti nel tempo, con ripetitività e sistematicità, che si possa qualificare come inserimento nell'attività dell'impresa. Di conseguenza, sono esclusi i soggetti che compiono singoli atti di gestione e/o sporadiche “intromissioni” nelle scelte sociali. Va osservato, inoltre, che il requisito della continuità è volto, tra l'altro, ad evitare che i vertici decisionali, attraverso un “abuso” di deleghe, possano assicurarsi l'impunità.

Ulteriore requisito per l'individuazione dell'amministratore di fatto è l'esercizio in modo significativo dei poteri tipici.

Non assumono pertanto rilievo le mere mansioni esecutive, di scarsa rilevanza o di natura accessoria, bensì le operazioni fondamentali tipiche dell'organo amministrativo e dei poteri dallo stesso esercitati.

A differenza della durata, più agevole da accertare, la significatività deve considerare l'intensità dell'attività svolta, ossia quando esprima concretamente i poteri decisionali e deliberativi tipici dell'amministratore di diritto.

I due requisiti (continuità e significatività) devono sussistere contemporaneamente: atti soltanto episodici escludono la responsabilità.

Per qualificare un amministratore di fatto è necessario, quindi, l'esercizio di un insieme di atti coordinati, riconducibili all'organizzazione e gestione della società.

È evidente, però, che proprio per la volontà di non apparire quale amministratore ufficiale dell'ente, i poteri saranno esercitati indirettamente, ossia in via mediata per il tramite dell'amministratore di diritto, o direttamente in conseguenza di una delega espressamente rilasciata da chi ne ha la facoltà.

Si pensi ad esempio alla gestione di un conto corrente: l'amministratore di diritto è l'unico normalmente ad avere la delega di firma, ma potrebbe operare su specifica indicazione dell'amministratore di fatto.

L'accertamento degli elementi sintomatici di tale gestione o cogestione societaria costituisce oggetto di apprezzamento di fatto, che è insindacabile in sede di legittimità, se sostenuto da motivazione congrua e logica (v. Cass. pen, sez. I, 12 maggio 2006, n. 18464 e Cass. pen., sez. V, 14 aprile 2003, n. 22413).

La soluzione della Corte

La Corte di Cassazione ha ribadito che l'amministratore di fatto della società fallita è da ritenere gravato dell'intera gamma dei doveri cui è soggetto l'amministratore di diritto.

Di conseguenza, ove concorrano le altre condizioni di ordine oggettivo e soggettivo, egli assume la penale responsabilità per tutti i comportamenti penalmente rilevanti a lui addebitabili, comprese le condotte rientranti nell'alveo della bancarotta fraudolenta documentale (v. Cass. pen, sez. V, 22 marzo 2023, n. 16269).

Parimenti, è irrilevante che alla figura dell'amministratore di fatto si aggiunga quella dell'amministratore di diritto.

L'art. 2639 c.c. non esclude che l'esercizio dei poteri o delle funzioni dell'amministratore di fatto possa verificarsi in concomitanza con l'esplicazione dell'attività di altri soggetti di diritto, i quali, in tempi successivi o anche contemporaneamente, esercitino in modo continuativo e significativo i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione

Nel caso in disamina, la mera circostanza che l'amministratore di diritto fosse un commercialista e che avesse a propria volta delegato la tenuta della contabilità aziendale ad uno studio professionale, non faceva dunque venir meno l'onere dell'imputato, nella qualità di amministratore di fatto, di controllare che la contabilità fosse regolarmente tenuta, a garanzia delle complessive posizioni dei creditori.



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