Dichiarazione di nullità del bilancio e conseguenti obblighi degli amministratori

Fabio Signorelli
04 Agosto 2023

La Cassazione si pronuncia sul tema dell'impugnazione delle delibere di approvazione del bilancio nelle società di capitali, concentrandosi in particolare sui profili temporali dell'impugnazione.
Massima

Ai sensi dell'art. 2434-bis c.c., le impugnazioni previste dagli artt. 2377 e 2379 c.c. nei confronti delle delibere di approvazione del bilancio non richiedono, dopo l'impugnazione giudiziale del primo bilancio, anche quella dei bilanci medio tempore chiusi nel corso del giudizio, posto che, ai sensi del comma 3 dell'art. 2434-bis c.c., l'amministratore deve tener conto delle ragioni dell'intervenuta dichiarazione giudiziale di invalidità dell'impugnata delibera di approvazione del bilancio solo nel bilancio dell'esercizio nel corso del quale viene dichiarata l'invalidità stessa.

Il caso

La quotista di una società a responsabilità limitata conveniva davanti al Tribunale di Nola una società di cui risultava socia al 25% del capitale sociale, per chiedere una pronuncia di nullità o, comunque, di annullamento, della deliberazione dell'assemblea di approvazione del bilancio al 31 dicembre 2008, sia per vizi “derivati” dai bilanci degli anni precedenti sia per vizi “propri”.

Tale domanda veniva accolta dal Giudice di prime cure, che dichiarava la nullità della deliberazione di approvazione del bilancio al 31 dicembre 2008, con relativa condanna della società alle spese di lite.

Quest'ultima impugnava la sentenza di primo grado davanti alla Corte d'Appello di Napoli, la quale rigettava il gravame, confermando la sentenza impugnata.

Con i primi due motivi di appello la società aveva eccepito la carenza di interesse della socia ad impugnare, a causa della mancata impugnazione dei bilanci successivi a quello del 2008, con conseguente intangibilità di tali bilanci, per il principio di continuità dei valori di bilancio. Più in particolare, la società aveva sostenuto che la mancata impugnazione dei bilanci successivi al primo bilancio impugnato aveva dato luogo all'intangibilità delle poste di questi bilanci e, dunque, all'impossibilità giuridica da parte degli amministratori di tener conto degli effetti della nullità, con conseguente esclusione che alla socia potesse derivare un'effettiva utilità dall'eventuale annullamento dell'atto impugnato. Con il terzo motivo d'appello, venivano denunciate pretese violazioni dei principi del contraddittorio, del riparto dell'onere della prova, della disponibilità della prova e delle preclusioni processuali da parte del Giudice Istruttore, successivamente confermate dal Collegio. Il quarto motivo d'appello censurava la sentenza di primo grado per omesso esame dell'eccepita nullità della consulenza tecnica d'ufficio, atteso anche il fatto che il CTU aveva esaminato alcuni documenti non ritualmente prodotti, in violazione degli artt. 183 e 198 c.p.c. Il quinto motivo veniva proposto in relazione alla riconosciuta sussistenza dei vizi denunciati dalla socia in ordine al bilancio 2008, contestando la dedotta nullità della deliberazione di approvazione del bilancio.

La società ricorreva in Cassazione, riproponendo sostanzialmente gli stessi motivi già sottoposti all'esame della Corte d'Appello partenopea e la Suprema Corte, rigettando il ricorso, confermava integralmente le statuizioni del Giudice a quo.

La questione e le soluzioni giuridiche

Senza entrare nel merito della distinzione tra annullabilità e nullità delle deliberazioni di approvazione del bilancio – sia perché amplissime sono dottrina e giurisprudenza in proposito sia perché non è questa la sede per affrontare funditus tale argomento – pare opportuno precisare che la norma in commento, per espressa disposizione, fa riferimento ad entrambe le categorie di invalidità (artt. 2377 e 2379 c.c.), ricordando, molto sommariamente, che i vizi di contenuto del bilancio danno luogo a nullità della deliberazione mentre quelli relativi al procedimento ne comportano l'annullabilità.

Qualche riflessione mi pare, invece, opportuna in relazione ai limiti temporali dell'impugnazione perché l'art. 2434-bis c.c. deroga espressamente al termine triennale previsto dall'art. 2379 c.c., prevedendo che “le azioni previste dagli articoli 2377 e 2379 non possono essere proposte nei confronti delle deliberazioni di approvazione del bilancio dopo che è avvenuta l'approvazione del bilancio dell'esercizio successivo”. Si è precisato che la norma in esame non trova applicazione ai c.d. bilanci infrannuali ma solo al bilancio dell'esercizio successivo, così come non sembra in discussione che la preclusione scatti nel momento in cui viene approvato il bilancio dell'esercizio successivo, indipendentemente dalla sua validità. Ciò che, invece, la norma non prevede – con una vistosa lacuna legislativa – è il caso, come alcune volte accade, che vengano approvati più bilanci successivi con la medesima deliberazione. Sembrerebbe preferibile ritenere – valorizzando la mancanza del decorso del tempo tra l'approvazione di un bilancio e i successivi, che mi sembra l'elemento fondamentale dell'art. 2434-bis c.c. – che non si debba fare riferimento solo all'ultimo bilancio, ma ad ogni singolo bilancio approvato con la medesima deliberazione. Da ultimo, se, come già detto, la norma in esame deroga espressamente al termine triennale di cui all'art. 2379 c.c. per il caso di nullità, sembra che vi sia qualche problema di coordinamento per il caso dell'annullabilità perché il sesto comma dell'art. 2377 c.c. prevede un termine di decadenza di novanta giorni, che – di tutta evidenza – scade ben prima – di norma – dell'approvazione del bilancio dell'esercizio successivo, dovendosi, pertanto, concludere che la preclusione “annuale” sia puramente teorica rispetto al termine decadenziale di novanta giorni previsto dall'art. 2377, comma 6, c.c.

Tralasciando ogni commento sulla legittimazione all'impugnazione del bilancio prevista dal secondo comma dell'art. 2434-bis c.c. – che non riguarda per nulla il caso in esame – e concentrandoci, invece, sugli effetti della pronuncia di invalidità previsti dal terzo comma dello stesso articolo in parola (che recita: Il bilancio dell'esercizio nel corso del quale viene dichiarata l'invalidità di cui al comma precedente tiene conto delle ragioni di questa), va subito detto che il riferimento al “comma precedente” sia, come è stato giustamente osservato, il frutto di una non accurata revisione della norma nella sua stesura finale (che originariamente era composta da soli due commi, il primo e l'attuale terzo), posto che, diversamente, l'inciso in questione non avrebbe molto senso, riguardando la sola legittimazione ad agire e non gli effetti dell'azione.

Dichiarata l'invalidità del bilancio, appare ovvio che spetti agli amministratori – e non al Giudice – porvi rimedio, rettificando i criteri censurati dal Giudice, in applicazione dell'art. 2377, comma 7, c.c., che obbliga gli amministratori, il consiglio di sorveglianza e il consiglio di gestione a prendere i conseguenti provvedimenti sotto la propria responsabilità. È vexata quaestio se agli amministratori corra l'obbligo di redigere un nuovo bilancio che tenga conto delle censure evidenziate e di sottoporlo all'approvazione dell'assemblea ordinaria piuttosto che limitarsi a rettificare i criteri di valutazione che hanno comportato la dichiarazione di nullità del bilancio. Appare preferibile la prima soluzione che, tenuto conto del legame esistente tra i bilanci dei diversi esercizi – posto che i saldi di chiusura dell'esercizio precedente costituiscono quelli di apertura del bilancio seguente -, imporrebbe l'obbligo di procedere alla sostituzione non soltanto del bilancio annullato ma anche di quelli degli esercizi intermedi. Tali conclusioni appaiono maggiormente condivisibili laddove si ponga mente agli effetti della pronuncia di nullità della deliberazione approvativa del bilancio per la quale quest'ultima è tamquan non esset, non è mai esistita, e se, dunque, tale deliberazione è stata espunta dall'ordinamento giuridico, si dovrebbe ammettere – al contrario – che la società continuerebbe a giovarsi di un bilancio che – almeno in punto di diritto – non è mai esistito, mettendo così in serio pericolo il principio di continuità dei bilanci.

Osservazioni

Fatte queste brevi premesse, la sentenza in commento ha completamente disatteso le tesi della società ricorrente che aveva eccepito la cessazione della materia del contendere, conseguente alla mancata impugnazione dei bilanci successivi a quello impugnato, fino a quelli più recenti, insistendo che alla mancata impugnazione dei bilanci intermedi, entro il termine di decadenza, conseguirebbe la definitiva cristallizzazione ed irretrattabilità delle poste e dei saldi in essi riportati. Sempre secondo la ricorrente, a tale cristallizzazione farebbe seguito la giuridica impossibilità di apportare modifiche alle poste degli esercizi successivi a quello impugnato, dato che il ben noto principio di continuità dei bilanci imporrebbe che ogni bilancio segua il precedente e preceda il successivo in un rapporto di continuità e interdipendenza, dato che il saldo di chiusura dell'esercizio precedente costituirebbe il saldo di apertura dell'esercizio successivo.

La Suprema Corte ha molto semplicemente chiarito ciò che, in effetti, era già reso palese dalla norma stessa (l'art. 2434-bis, comma 3,c.c.) per la quale, come è già stato visto, il bilancio dell'esercizio nel corso del quale viene dichiarata l'invalidità tiene conto delle ragioni di questa, senza, dunque, porre a carico della socia l'onere di ulteriori impugnazioni, perché è dalla stessa sentenza dichiarativa della nullità (e non già da ulteriori impugnazioni) che sorge l'obbligo per gli amministratori di porvi rimedio e di correggere non solo il bilancio dichiarato invalido ma anche quelli seguenti, nella misura in cui le rettifiche operate sul primo bilancio impugnato manifestano i loro effetti sul contenuto dei bilanci degli esercizi successivi.

La decisione in rassegna, seppur nella sua stringatezza, è sicuramente condivisibile perché diversamente argomentando – e cioè prendendo per valide le tesi della società ricorrente – la disposizione di cui all'art. 2434-bis, comma 3, c.c. sarebbe svuotata di significato e porrebbe nel nulla l'effetto demolitorio della dichiarazione di nullità pronunciata dal Giudice, attraverso la semplice (valida) approvazione del bilancio dell'esercizio successivo.

Guida all'approfondimento

Cagnasso, Il bilancio di esercizio e consolidato, in Abriani, Ambrosini, Cagnasso, Montalenti, Le società per azioni, in Trattato di diritto commerciale, diretto da Cottino, 4, Padova, 2010.

Colombo, Il bilancio di esercizio, in Trattato delle società per azioni, diretto da Colombo e Portale, 7*, Torino, 1994.

Colombo, L'invalidità dell'approvazione del bilancio dopo la riforma del 2003, in Riv. Soc., 2006, 935 ss.

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