Riforma processo civile: cosa cambia per le attestazioni di conformità?

04 Agosto 2023

Il d.lgs. 149/2022 ha aggiunto alle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile, il Titolo V-ter rubricato “Disposizioni relative alla giustizia digitale”. Di seguito verranno esaminate le novità relative alle attestazioni di conformità.
Obbligatorietà del deposito telematico di atti e provvedimenti (art. 196-quater disp. att. c.p.c.)

In limine occorre fare un breve cenno all'obbligatorietà del deposito telematico di atti e provvedimenti.

Come noto, l'obbligatorietà del deposito telematico di atti e provvedimenti nel processo civile era contenuta nell'art. 16-bis del d.l. n. 179/2012 (ora abrogato) il quale al suo primo comma disponeva che “Salvo quanto previsto dal comma 5, a decorrere dal 30 giugno 2014 nei procedimenti civili, contenziosi o di volontaria giurisdizione, innanzi al tribunale, il deposito degli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici […]” e nel comma 9-ter che “A decorrere dal 30 giugno 2015 nei procedimenti civili, contenziosi o di volontaria giurisdizione, innanzi alla Corte d'Appello, il deposito degli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici.”

L'obbligatorietà del deposito telematico di atti e provvedimenti era quindi inizialmente prevista soltanto per i procedimenti civili dinanzi al Tribunale e alle Corti d'Appello.

Dinanzi alla Corte di Cassazione invece la sperimentazione del deposito telematico di atti e documenti è stata avviata a partire dal 31 marzo 2021 in ragione dell'emergenza legata alla pandemia da Covid. La normativa emergenziale in tema di obbligo di deposito telematico dinanzi alla Suprema Corte, udienze da remoto e trattazione scritta ha di volta in volta prorogato la scadenza fissata dai vari decreti fino ad arrivare alla data del 31 dicembre 2022.

Il d.lgs. n. 149/2022, art. 35, comma 2, ha previsto – per gli uffici già informatizzati, e segnatamente per i Tribunali, per le Corti d'Appello e per la Corte di Cassazione – che a far data dal 1° gennaio 2023 opera la disciplina concernente il deposito degli atti in forma telematica, come chiaramente si ricava dalla disciplina intertemporale secondo cui: “le disposizioni di cui agli artt. 127, comma 3, 127-bis e 127-ter del codice di procedura civile, quelle previste dal Capo I del Titolo V-ter delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, nonché quelle previste dall'art. 196-duodecies delle medesime disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, introdotti dal presente decreto, si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2023 anche ai procedimenti civili pendenti davanti al tribunale, alla corte di appello e alla Corte di cassazione”.

Di riflesso a tale previsione è divenuta immediatamente operativa, a partire dal 1° gennaio 2023, la disposizione del nuovo art. 196-quater disp. att. c.p.c. in ordine alla "obbligatorietà del deposito telematico di atti e di provvedimenti" la quale dispone che “il deposito degli atti processuali e dei documenti, ivi compresa la nota di iscrizione a ruolo, da parte del pubblico ministero, dei difensori e dei soggetti nominati o delegati dall'autorità giudiziaria ha luogo esclusivamente con modalità telematiche. Con le stesse modalità le parti depositano gli atti e i documenti provenienti dai soggetti da esse nominati. Il giudice può ordinare il deposito di copia cartacea di singoli atti e documenti per ragioni specifiche. Il deposito dei provvedimenti del giudice e dei verbali di udienza ha luogo con modalità telematiche. Il deposito con modalità telematiche è effettuato nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. Il capo dell'ufficio autorizza il deposito con modalità non telematiche quando i sistemi informatici del dominio giustizia non sono funzionanti e sussiste una situazione di urgenza, dandone comunicazione attraverso il sito istituzionale dell'ufficio. Con la medesima forma di pubblicità provvede a comunicare l'avvenuta riattivazione del sistema”.

Circa i procedimenti dinanzi al Giudice di Pace, invece, la disposizione transitoria di cui al comma 3 dell'art. 35 d.lgs. n. 149/2022 ha previsto che “Davanti al giudice di pace, al tribunale per i minorenni, al commissario per la liquidazione degli usi civici e al tribunale superiore delle acque pubbliche, le disposizioni degli articoli 127, terzo comma, 127-bis, 127-ter e 193, secondo comma, del codice di procedura civile e quelle dell'articolo 196-duodecies delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, introdotti dal presente decreto, hanno effetto a decorrere dal 1° gennaio 2023 anche per i procedimenti civili pendenti a tale data. Davanti ai medesimi uffici, le disposizioni previste dal capo I del titolo V-ter delle citate disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, introdotto dal presente decreto, si applicano a decorrere dal 30 giugno 2023 anche ai procedimenti pendenti a tale data. Con uno o più decreti non aventi natura regolamentare il Ministro della giustizia, accertata la funzionalità dei relativi servizi di comunicazione, può individuare gli uffici nei quali viene anticipato, anche limitatamente a specifiche categorie di procedimenti, il termine di cui al secondo periodo”.

Attualmente, quindi, il deposito telematico è divenuto obbligatorio anche per i procedimenti dinanzi al Giudice di Pace.

Così come anche chiarito dalla Suprema Corte (Cass. civ., sez. I, n. 10689/2023, che ha espresso il principio per cui «a far data dal 1° gennaio 2023, tutti i ricorsi per cassazione debbono essere depositati in modalità telematica sotto pena di improcedibilità, poiché questa è adesso la modalità di legge alla quale allude l'art. 369 c.p.c., salve le eccezioni appositamente specificate») la funzione del nuovo art. 196-quater disp. att. c.p.c. - evidenziata pure dalla relazione illustrativa - “è quella di "saldare" la normativa emergenziale in tema di obbligo di deposito telematico, udienze da remoto e trattazione scritta, avente scadenza al 31 dicembre 2022, con la nuova disciplina costì introdotta, onde procedere di pari passo con la progressiva informatizzazione degli uffici allo stato esentati dall'applicazione delle norme sul processo telematico”.

Le attestazioni di conformità nella disciplina ante riforma Cartabia

Strettamente legato al tema dell'obbligatorietà del deposito telematico di atti e provvedimenti è quello relativo al potere riconosciuto dalla legge a determinati soggetti di attestare la conformità di atti di parte e di provvedimenti giudiziali, con la finalità di snellire ulteriormente gli incombenti legati alle cancellerie. Le attestazioni di conformità erano disciplinate dagli artt. 16-decies e 16-undecies del d.l. n. 179/2012 (articoli ora abrogati dal d.lgs. n. 149/2022).

In particolare, l'art. 16-decies, rubricato “Potere di certificazione di conformità delle copie degli atti e dei provvedimenti”, disponeva che:

- il difensore, il dipendente di cui si avvale la pubblica amministrazione per stare in giudizio personalmente, il consulente tecnico, il professionista delegato, il curatore ed il commissario giudiziale, quando depositano con modalità telematiche la copia informatica, anche per immagine, di un atto processuale di parte o di un provvedimento del giudice formato su supporto analogico e detenuto in originale o in copia conforme, attestano la conformità della copia al predetto atto

e che

- la copia munita dell'attestazione di conformità equivale all'originale o alla copia conforme dell'atto o del provvedimento.

Circa le modalità dell'attestazione di conformità l'art. 16-undecies prevedeva che:

- quando l'attestazione di conformità prevista dalle disposizioni della presente sezione, dal codice di procedura civile e dalla l. n. 53/1994, si riferisce ad una copia analogica, l'attestazione stessa è apposta in calce o a margine della copia o su foglio separato, che sia però congiunto materialmente alla medesima;

- quando l'attestazione di conformità si riferisce ad una copia informatica, l'attestazione stessa è apposta nel medesimo documento informatico;

e che

- nel caso previsto dal comma 2 (ovvero quando l'attestazione di conformità si riferisce ad una copia informatica) l'attestazione di conformità può alternativamente essere apposta su un documento informatico separato e l'individuazione della copia cui si riferisce ha luogo esclusivamente secondo le modalità stabilite nelle specifiche tecniche stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia e nel caso in cui la copia informatica è destinata alla notifica, l'attestazione di conformità è inserita nella relazione di notificazione;

e infine che

- i soggetti di cui all'art. 16-decies, comma 1, che compiono le attestazioni di conformità previste dalle disposizioni della presente sezione, dal codice di procedura civile e dalla l. n. 53/1994, sono considerati pubblici ufficiali ad ogni effetto.

Inoltre, dal 19 agosto 2014, con uno dei primi aggiustamenti alla normativa entrata in vigore nel giugno precedente, l'art. 52 del d.l. n. 90/2014 aveva inserito il comma 9-bis all'art. 16-bis del d.l. 179/2012 che, dopo alcune modifiche nel corso degli anni, statuiva che “Le copie informatiche, anche per immagine, di atti processuali di parte e degli ausiliari del giudice nonché' dei provvedimenti di quest'ultimo, presenti nei fascicoli informatici o trasmessi in allegato alle comunicazioni telematiche dei procedimenti indicati nel presente articolo, equivalgono all'originale anche se prive della firma digitale del cancelliere di attestazione di conformità all'originale. Il difensore, il dipendente di cui si avvale la pubblica amministrazione per stare in giudizio personalmente, il consulente tecnico, il professionista delegato, il curatore ed il commissario giudiziale possono estrarre con modalità telematiche duplicati, copie analogiche o informatiche degli atti e dei provvedimenti di cui al periodo precedente ed attestare la conformità delle copie estratte ai corrispondenti atti contenuti nel fascicolo informatico. Le copie analogiche ed informatiche, anche per immagine, estratte dal fascicolo informatico e munite dell'attestazione di conformità a norma del presente comma, equivalgono all'originale. Il duplicato informatico di un documento informatico deve essere prodotto mediante processi e strumenti che assicurino che il documento informatico ottenuto sullo stesso sistema di memorizzazione o su un sistema diverso contenga la stessa sequenza di bit del documento informatico di origine. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano agli atti processuali che contengono provvedimenti giudiziali che autorizzano il prelievo di somme di denaro vincolate all'ordine del giudice.”.

Tale norma ha portato ad una vera e propria rivoluzione per gli avvocati che da quel momento in poi potevano agevolmente estrarre ed autenticare le copie degli atti che ritenevano necessarie.

Deve essere chiarito che questa, come le altre norme che prevedono poteri di autentica in capo agli avvocati, non è una norma generale: il potere di autentica è sempre “speciale” e quindi deve essere utilizzato esclusivamente nei limiti previsti dalla legge.

Grazie a tale disposizione è stato possibile autenticare le copie informatiche anche per immagine (e pertanto anche le scansioni di verbali cartacei o di sentenze redatte su carta) degli atti processuali di tutte le parti, degli ausiliari del giudice e del giudice stesso presenti nei fascicoli telematici o allegati alle comunicazioni a mezzo PEC provenienti dagli uffici giudiziari.

Tali atti, però, dovevano fare riferimento ai procedimenti di cui all'art. 16-bis del d.l. n. 179/2012: il potere di autentica riguardava i soli giudizi civili avanti ai Tribunali e alle Corti d'Appello, quelli esecutivi, fallimentari e monitori. Erano esclusi i procedimenti dinanzi alla Corte di Cassazione e al Giudice di Pace.

Altro limite al potere di autentica, esplicitato dalla norma, è quello che riguarda gli atti processuali che contengono provvedimenti giudizialiche autorizzano il prelievo di somme di denaro vincolate all'ordine del giudice.

Rimaneva, inoltre, nella disponibilità esclusiva delle cancellerie l'emissione delle copie autentiche in forma esecutiva.

Le attestazioni di conformità nella disciplina prevista dalla riforma Cartabia

Come anticipato, la riforma Cartabia ha abrogato le disposizioni su richiamate e ne ha sostanzialmente riprodotto il contenuto (con qualche novità) nelle disposizioni contenute nel nuovo Titolo V-ter delle disp. att. c.p.c., id est nelle disposizioni di cui agli artt. 196-octies, 196-novies, 196-decies e 196-undecies.

Ma procediamo per gradi.

Il nuovo art. 196-octies, rubricato “Potere di certificazione di conformità delle copie degli atti e dei provvedimenti contenuti nel fascicolo informatico o allegati alle comunicazioni e notificazioni di cancelleria”, prevede che:

- le copie informatiche, anche per immagine, di atti processuali di parte e degli ausiliari del giudice nonché dei provvedimenti di quest'ultimo, presenti nei fascicoli informatici o trasmessi in allegato alle comunicazioni telematiche, equivalgono all'originale anche se prive della firma digitale del cancelliere di attestazione di conformità all'originale;

- il difensore, il dipendente di cui si avvale la pubblica amministrazione per stare in giudizio personalmente, il consulente tecnico, il professionista delegato, il curatore, il commissario giudiziale e il liquidatore giudiziale possono estrarre con modalità telematiche duplicati, copie analogiche o informatiche degli atti e dei provvedimenti di cui al primo comma e attestare la conformità delle copie estratte ai corrispondenti atti contenuti nel fascicolo informatico ovvero allegati alle comunicazioni telematiche;

- le copie analogiche e informatiche, anche per immagine, estratte dal fascicolo informatico o dall'allegato alla comunicazione telematica e munite dell'attestazione di conformità hanno la stessa efficacia probatoria dell'atto che riproducono. Il duplicato informatico di un documento informatico deve essere prodotto mediante processi e strumenti che assicurino che il documento informatico ottenuto sullo stesso sistema di memorizzazione o su un sistema diverso contenga la stessa sequenza di bit del documento informatico di origine;

- le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano agli atti processuali che contengono provvedimenti giudiziali che autorizzano il prelievo di somme di denaro vincolate all'ordine del giudice.

L'art. 196-novies, rubricato “Potere di certificazione di conformità di copie di atti e di provvedimenti”, dispone che:

- il difensore, il dipendente di cui si avvale la pubblica amministrazione per stare in giudizio personalmente, il consulente tecnico, il professionista delegato, il curatore, il commissario giudiziale e il liquidatore giudiziale, quando depositano con modalità telematiche la copia informatica, anche per immagine, di un atto processuale di parte o di un provvedimento del giudice formato su supporto analogico e detenuto in originale o in copia conforme, attestano la conformità della copia al predetto atto;

- la copia munita dell'attestazione di conformità equivale all'originale o alla copia conforme dell'atto o del provvedimento;

- il difensore, quando deposita nei procedimenti di espropriazione forzata la nota di iscrizione a ruolo e le copie informatiche degli atti indicati dagli artt. 518, sesto comma, 543, quarto comma, e 557, secondo comma, del codice, attesta la conformità delle copie agli originali (prima dell'art. 196-novies, il potere di attestare la conformità in riferimento ai procedimenti di espropriazione forzata era contenuta nell'art. 16-bis, comma 2, d.l. n. 179/2012 - abrogato ex art. 11 d.lgs. n. 149/2022 - e negli artt. 518 c.p.c., sesto comma, 543 c.p.c., quarto comma e 557 c.p.c., secondo comma).

Come si può facilmente evincere, la disciplina è rimasta sostanzialmente la medesima prevista dalle disposizioni abrogate di cui al d.l. n. 179/2012 con la novità relativa al fatto che il potere di attestazione è stato esteso anche al liquidatore giudiziale.

Modalità dell'attestazione di conformità

Anche per quanto riguarda le modalità dell'attestazione di conformità la disciplina è rimasta immutata.

In effetti, il nuovo art. 196-undecies disp. att. c.p.c. prende il posto dell'art. 16-undecies d.l. n. 179/2012 (abrogato ex art. 11 d.lgs. n. 149/2022). Pertanto, anche dopo l'entrata in vigore dell'art. 196-undecies disp. att. c.p.c., fissata al 28 febbraio 2023, le modalità per attestare le conformità restano esattamente quelle già previste dalla precedente norma.

Fino al 28 febbraio 2023 le modalità con le quali attestare la conformità saranno ancora quelle previste dal d.l. n. 179/2012, mentre dal 28 febbraio 2023 bisognerà far riferimento all'art. 196-undecies disp. att. c.p.c. (il cui contenuto è quasi del tutto uguale alla disposizione contenuta nel d.l. n. 179/2012), ma tale disposizione sarà applicabile solo ai nuovi procedimenti instaurati successivamente al 28 febbraio 2023 mentre per quelli instaurati prima e quindi già pendenti a tale data continueranno ad applicarsi le disposizioni contenute nel d.l. n. 179/2012 (art. 35, comma 1, d.lgs. n. 149/2022).

Per tale ragione, onde evitare di incorrere in errori, molti commentatori stanno suggerendo di attestare la conformità senza far riferimento a norme specifiche limitandosi ad indicare genericamente che si procede ad attestare la conformità “… ai sensi di legge”.

Potere di certificazione di conformità delle copie trasmesse con modalità telematiche all'ufficiale giudiziario

L'art. 196-decies disp. att. c.p.c. rappresenta una vera e propria novità.

In effetti secondo tale nuova disposizione il potere dell'avvocato (ma anche del dipendente di cui si avvale la pubblica amministrazione per stare in giudizio personalmente, del consulente tecnico, del professionista delegato, del curatore, del commissario giudiziale e del liquidatore giudiziale) di attestare la conformità viene esteso anche all'ipotesi in cui venga trasmessa all'ufficiale giudiziario con modalità telematiche la copia informatica, anche per immagine, di un atto, di un provvedimento o di un documento formato su supporto analogico e detenuto in originale o in copia conforme.

Ancheper tale disposizione è stato previsto che si applicherà ai procedimenti civili instaurati successivamente al 28 febbraio 2023.

Può l'avvocato attestare la conformità del titolo esecutivo?

Come su detto, prima della riforma Cartabia rimaneva nella disponibilità esclusiva delle cancellerie l'emissione delle copie autentiche in forma esecutiva.

Con la riforma Cartabia, che ha abolito la c.d. formula esecutiva, si apre l'interrogativo in ordine al potere dell'avvocato di attestare la conformità del titolo esecutivo.

La lett. a) del comma 12 dell'art. 1 l. n. 206/2021 demandava al Governo di “prevedere che, per valere come titolo per l'esecuzione forzata, le sentenze e gli altri provvedimenti dell'autorità giudiziaria e gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale debbano essere formati in copia attestata conforme all'originale, abrogando le disposizioni del codice di procedura civile e di altre leggi che si riferiscono alla formula esecutiva e alla spedizione in forma esecutiva”.

Nella Relazione illustrativa della delega si legge quanto segue: “Di grande rilievo è certamente la disposizione di cui alla lettera a) con la quale si prevede che, per valere come titolo per l'esecuzione forzata, le sentenze e gli altri provvedimenti dell'autorità giudiziaria e gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale debbano essere formati in copia attestata conforme all'originale, abrogando le disposizioni del codice di procedura civile e di altre leggi che si riferiscono alla formula esecutiva e alla spedizione in forma esecutiva. Già da molto tempo la dottrina ha sottolineato che la formula esecutiva è un requisito formale la cui utilità è scarsamente comprensibile. E anche nella giurisprudenza di legittimità l'art. 475 del codice di procedura civile è sempre stato interpretato in modo tale da escludere che la formula esecutiva costituisca elemento indefettibile per un titolo esecutivo, la cui identificazione avviene in base ad un approccio sostanziale fondato sulla sussistenza dei requisiti ex art. 474 del codice di procedura civile (già Cass. civ. n. 2830/1963, confermata nei decenni successivi, affermava che l'irregolarità della formula o la sua omissione devono essere denunciati con l'opposizione ex art. 617 del codice di procedura civile). Da ultimo, la Corte di legittimità ha statuito, ulteriormente indebolendo la rilevanza della formula esecutiva, che “L'omessa spedizione in forma esecutiva della copia del titolo esecutivo rilasciata al creditore e da questi notificata al debitore determina una irregolarità formale del titolo medesimo, che deve essere denunciata nelle forme e nei termini di cui all'art. 617, comma 1, c.p.c., senza che la proposizione dell'opposizione determini l'automatica sanatoria del vizio per raggiungimento dello scopo, ai sensi dell'art. 156, comma 3, c.p.c.; tuttavia, in base ai principi di economia processuale, di ragionevole durata del processo e dell'interesse ad agire, il debitore opponente non può limitarsi, a pena di inammissibilità dell'opposizione, a dedurre l'irregolarità formale in sé considerata, senza indicare quale concreto pregiudizio ai diritti tutelati dal regolare svolgimento del processo esecutivo essa abbia cagionato” (Cass. civ. n. 3967/2019). La disciplina legislativa sopravvenuta – riguardo all'iscrizione a ruolo dei processi di espropriazione mediante il deposito di una copia (formata dallo stesso difensore del creditore) del titolo rilasciato in forma esecutiva – rende vieppiù superflua la normativa codicistica che, nell'intento di evitare la formazione di vari duplicati del titolo e di arginare eventuali abusi (i quali possono essere azionati con altri strumenti; v., ad esempio, Cass. civ. n. 7409/2021), dispone stringenti obblighi formali per il pubblico ufficiale deputato all'apposizione della formula. L'eliminazione della formula esecutiva (rectius, la possibilità di agire in executivis sulla scorta di una copia attestata conforme all'originale del titolo esecutivo) consente di eliminare adempimenti inutili per il personale amministrativo degli uffici giudiziari, per i notai (o per i conservatori degli archivi notarili) e anche per i legali (evitando l'incombente di dover richiedere l'apposizione della formula esecutiva e il rilascio della copia esecutiva, ben potendo gli stessi estrarre copia dei provvedimenti giudiziali dal PCT anche attestandone la conformità ai rispettivi originali)».

Il d.lgs. n. 149/2022, dando attuazione a tali criteri, è intervenuto come segue:

- è stato aggiunto un quarto comma all'art. 474 c.p.c., rubricato «Titolo esecutivo», con cui si apre il libro terzo del codice di rito, onde mantenere la previsione – non più contenuta nell'abrogata formula esecutiva di cui all'art. 475 c.p.c. – per la quale “il titolo è messo in esecuzione da tutti gli ufficiali giudiziari che ne siano richiesti e da chiunque spetti, con l'assistenza del pubblico ministero e il concorso di tutti gli ufficiali della forza pubblica, quando ne siano legalmente richiesti”, che evoca la vecchia formula esecutiva;

- l'art. 475 c.p.c., già rubricato «Spedizione in forma esecutiva» e contenente la formula esecutiva propriamente detta, s'intitola ora «Forma del titolo esecutivo giudiziale e del titolo ricevuto da notaio o da altro pubblico ufficiale» e dispone tout court che “le sentenze, i provvedimenti e gli altri atti dell'autorità giudiziaria, nonché gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale, per valere come titolo per l'esecuzione forzata, ai sensi dell'art. 474 c.p.c., per la parte a favore della quale fu pronunciato il provvedimento o stipulata l'obbligazione, o per i suoi successori, debbano essere formati in copia attestata conforme all'originale, salvo che la legge disponga altrimenti”;

- è stato conseguentemente abrogato l'art. 476 c.p.c. sul rilascio di altre copie in forma esecutiva, sono stati modificati gli artt. 478, 479 e 488 c.p.c. e l'art. 153 disp. att. c.p.c. (sulle copie degli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale, che debbono essere munite del sigillo del notaio o dell'ufficio al quale appartiene il pubblico ufficiale), ed è stato altresì abrogato l'art. 154 disp. att. c.p.c. (sul procedimento sanzionatorio per indebito rilascio di copie esecutive): il tutto in considerazione della forma telematica delle copie del titolo esecutivo giudiziale o notarile depositate nel fascicolo dell'esecuzione, anch'esso telematico, mantenendo comunque in capo al giudice il potere di richiedere al creditore procedente l'esibizione dell'originale del titolo o della copia autenticata, anche in considerazione del fatto che vi sono in circolazione ancora molti titoli non in copia digitale, bensì in (prima) copia analogica (id est, cartacea).

Consegue a tali modifiche la possibilità per il creditore di intraprendere liberamente tutte le procedure esecutive che vorrà ai sensi dell'art. 483 c.p.c., semplicemente estraendo dal fascicolo telematico copie dei provvedimenti giudiziali esecutivi, munite di attestazioni di conformità rese dal difensore a norma del nuovo art. 196-octies disp. att. c.p.c. («Potere di certificazione di conformità delle copie degli atti e dei provvedimenti contenuti nel fascicolo informatico o allegati alle comunicazioni e notificazioni di cancelleria»), oppure, in caso di titoli notarili, chiedendo copie conformi ulteriori al pubblico ufficiale che li abbia rogati e che le rilascerà debitamente munite del sigillo, come prescrive l'art. 153 disp. att. c.p.c., parimenti novellato.

Risulta ovvio che, in caso di abusi del creditore per eccesso di procedure esecutive a carico del debitore, il debitore potrà reagire ex ante proponendo opposizione a precetto con annessa istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo ex art. 615, comma 1, c.p.c. o, post executionem, chiedendo la limitazione delle procedure esecutive (art. 483 c.p.c.) e la riduzione del pignoramento (art. 496 c.p.c.).

L'abolizione della formula esecutiva ha comportato conseguenti modifiche all'art. 654 c.p.c. sulla dichiarazione di esecutorietà del decreto ingiuntivo, dovendosi dare atto nel precetto unicamente dell'esistenza del provvedimento che ha disposto tale esecutorietà e non più della data di apposizione della formula esecutiva, e all'art. 663 c.p.c. sull'ordinanza di convalida di sfratto per mancata comparizione o per mancata opposizione dell'intimato, senza più neppure la necessità di attendere trenta giorni ove l'intimato non sia comparso, giusta quel che prevedeva l'abrogato comma 2 dello stesso art. 663 c.p.c.

In conclusione

Alla luce di quanto detto si può concludere che la riforma Cartabia non ha apportato grandi modifiche alla disciplina previgente. Come si è visto, le uniche vere novità previste in tema di attestazioni di conformità – al fine di velocizzare ulteriormente i tempi del processo civile (sempre nell'ottica di un progressivo aumento della digitalizzazione dei processi) – sono rappresentate dalla previsione del potere di certificazione di conformità delle copie trasmesse con modalità telematiche all'ufficiale giudiziario e dalla previsione della possibilità per l'avvocato (conseguente all'abolizione della formula esecutiva) di attestare la conformità dei provvedimenti giudiziali esecutivi contenuti nel fascicolo informatico al fine di intraprendere l'azione esecutiva.

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