Il liquidatore giudiziale del concordato preventivo è pubblico ufficiale

21 Agosto 2023

La pronuncia affronta il tema della qualifica pubblicistica del liquidatore giudiziale nel concordato preventivo con cessione dei beni, ai sensi dell'art. 357 c.p. La Corte, dato atto degli orientamenti ermeneutici che escludono tale qualifica, aderisce invece al filone giurisprudenziale che individua l'attività svolta dal liquidatore quale “munus publicum”.
Massima

È pubblico ufficiale ai sensi dell'art. 357 c.p. il liquidatore giudiziale del concordato preventivo con cessione dei beni, svolgendo questi un munus publicum nella sede esecutiva del predetto procedimento giudiziario che trae origine da una sentenza di omologazione e che si svolge sulla base di modalità precisate da quest'ultima, sotto il controllo di organi giudiziari e per finalità di interesse generale.



Il caso

Nell'ambito di un procedimento per il delitto di peculato di cui all'art. 314 c.p. nei confronti di un liquidatore in una procedura di concordato preventivo con cessione dei beni – essendosi lo stesso appropriato di circa € 850.000 di cui aveva il possesso per ragioni del suo ufficio, denaro questo ricavato dalla vendita dei cespiti immobiliari e accreditato su conti e libretti di deposito a risparmio a lui intestati – veniva pronunciata sentenza di assoluzione, sostenendosi che lo stesso non poteva essere qualificato quale pubblico ufficiale.

La competente Procura della Repubblica presentava ricorso per cassazione, ritenendo che la mancanza di una esplicita norma che, al pari delle figure del curatore o del commissario giudiziale, conferisca anche al liquidatore del concordato preventivo con cessione dei beni la qualifica di pubblico ufficiale non impedirebbe di contestare a quest'ultimo i delitti di cui agli artt. 314 ss. c.p.. Infatti, se è vero che con la riforma della legge fallimentare il legislatore ha inteso esaltare gli aspetti negoziali della procedura, andrebbe altresì considerato che, ove vengano in rilievo condotte penalmente rilevanti, occorre fare riferimento, ai fini dell'inquadramento del soggetto, alla più ampia nozione di pubblico ufficiale di cui all'art. 357 c.p., considerando la concezione oggettiva di tale nozione adottata dalla giurisprudenza.

In proposito, come è noto, la qualifica in discorso è ancorata all'effettivo svolgimento della funzione indipendentemente dall'esistenza di una norma, penale o extra-penale, che attribuisca tale qualifica. Sulla base di tali premesse, si sostiene che il liquidatore del concordato preventivo rientra nella nozione di pubblico ufficiale di cui all'art. 357 c.p. in quanto: a) si tratta di un ausiliario del giudice, designato con il provvedimento di omologazione del concordato; b) è investito di una funzione certificativa essendo tenuto a presentare le relazioni al giudice delegato, a redigere i piani di riparto del ricavato tra i creditori ed al deposito del rendiconto, atto, quest'ultimo, che la giurisprudenza di legittimità considera quale atto pubblico.

Si segnala, infine, che il bene protetto nella fattispecie concreta non è il patrimonio del privato, bensì il patrimonio separato, sottratto al debitore e finalizzato al soddisfacimento degli interessi dei creditori nel rispetto della par condicio creditorum e, più in generale, il rispetto della funzione giudiziaria.



La questione

Come è noto, al liquidatore giudiziale del concordato preventivo il Legislatore non attribuisce – anche dopo l'entrata in vigore del d.lgs. n. 14/2019 e a differenza di quanto vale per il commissario giudiziale (art. 165 l. fall.), per il curatore (art. 30 l. fall.) e per il commissario liquidatore (art. 199 l. fall.) – la qualifica di pubblico ufficiale. Sulla scorta di tale dato normativo, la Cassazione ha ritenuto, in passato, doversi escludere, con riferimento a tale figura, la qualifica pubblicistica (Cass. pen., sez. V, 16 gennaio 2015, n. 15951). In particolare, si è valorizzato il fatto che il liquidatore viene nominato dal Tribunale con la sentenza di omologazione del concordato preventivo, nel solo caso in cui quest'ultimo consista unicamente nella cessione dei beni, ed opera sotto il controllo del commissario giudiziale, nominato con il decreto dispositivo della procedura, con funzioni di vigilanza che investono anche il rispetto delle modalità di liquidazione stabilite con la sentenza di omologazione; si è, pertanto, escluso che il mero dato dell'inserimento del liquidatore nella procedura del concordato preventivo sia sufficiente ai fini del riconoscimento, nell'attività dello stesso, dell'esercizio di una pubblica funzione, esercizio che, ad avviso della Corte, è pienamente e direttamente ravvisabile nella posizione sovraordinata del commissario giudiziale.

Con riferimento alla posizione del liquidatore giudiziale si veda anche Cass., sez. un., 30 settembre 2010, n. 43428, secondo cui il liquidatore nominato nel concordato preventivo con cessione dei beni non è soggetto attivo dei reati di bancarotta fraudolenta o semplice richiamati nell'art. 236, comma 1, n. 1, l. fall., in quanto non si identifica con alcuno dei soggetti espressamente indicati nella suddetta disposizione ed in particolar modo, tra questi, con i "liquidatori di società" (in dottrina, AMATI, Liquidatore concordatario e bancarotta societaria tra principio di frammentarietà in materia penale ed esigenze di tutela, in Giur. Comm., 2012, 2, 74; BENUSSI, Liquidatore del concordato nominato ai sensi dell'art. 182 legge fall. e fatti di bancarotta: quali rapporti?, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 2011, 333; SARTORI, Responsabilità per bancarotta del liquidatore nel concordato preventivo con cessione dei beni, in Riv. Tri. Dir. Pen. Ec., 2011, 317; ARTUSI, Liquidatore nel concordato preventivo, in Giur. It., 2011, 1875; LUPARIA, Liquidatore del concordato e bancarotta societaria il ripudio di una analogia in malam partem, in Soc., 2011, 327).

Anche nella giurisprudenza delle sezioni civili della Cassazione, il liquidatore è stato considerato in talune pronunce non quale organo della procedura pubblica, bensì quale mandatario dei creditori (Cass. civ., sez. VI, 8 maggio 2012, n. 7021).

In senso contrario, si era pronunciata la Corte di legittimità con la ormai risalente Cass., sez. V, 11 novembre 1994, n. 4761, secondo cui il liquidatore della cessio bonorum del concordato preventivo è pubblico ufficiale in quanto svolge un munus publicum inserito in un procedimento giudiziario che trae origine da una sentenza di omologazione e che si svolge sulla base di modalità precisate da quest'ultima, sotto il controllo di organi giudiziari e per finalità di interesse generale. In questa decisione, confrontandosi con la tesi che considera il liquidatore come un mandatario alla gestione e liquidazione dei beni, la Suprema Corte ebbe ad evidenziare la presenza di elementi di natura pubblicistica anche nella fase esecutiva del concordato avuto riguardo alla nomina del liquidatore (o dei liquidatori) con il decreto di omologazione, alla disciplina con detto decreto delle modalità della liquidazione, delimitandosi in tal modo i poteri del liquidatore – che non può considerarsi come mandatario dei creditori – alla sottoposizione al controllo del commissario giudiziale, all'obbligo di rendiconto, al potere di revoca dell'incarico da parte del tribunale. Sulla base di tali caratteristiche della funzione, si affermò che il liquidatore opera come organo della procedura esecutiva del concordato preventivo, avendo la sua attività lo scopo di portare ad esecuzione l'incarico conferitogli dal tribunale con le modalità dettate nel decreto di omologazione: “di qui l'interesse pubblico a che il concordato giunga a compimento e la liquidazione si realizzi con criteri di imparzialità e correttezza, secondo le modalità stabilite nella sentenza di omologazione del concordato preventivo (gli interessi privati dei creditori, pur innegabili anche in questa fase, sono tutelati solo mediante il diritto di "assistenza" alla liquidazione)”. In sostanza, secondo quest'ottica il liquidatore sarebbe un pubblico ufficiale in quanto esercita una pubblica funzione giudiziaria.



La decisione della Corte

Nel caso di specie la Cassazione ha accolto il ricorso, accogliendo l'orientamento, da ultimo richiamato, che riconosce la qualifica di pubblico ufficiale al liquidatore nel concordato con cessione dei beni.

In sintesi, la conclusione della Cassazione si fonda sulla valorizzazione della prospettiva funzionale-oggettiva che ispira l'art. 357 c.p., ai sensi del quale ciò che rileva agli effetti penali è l'inquadrabilità o meno dell'attività svolta dal singolo nella pubblica funzione legislativa, amministrativa o giudiziaria. In proposito, la decisione in commento sottolinea come la fase esecutiva del concordato con cessione dei beni, soprattutto se affidata al liquidatore designato dal tribunale, ha carattere giurisdizionale ed è riconducibile alla più vasta categoria dei procedimenti di esecuzione forzata (in senso lato) al pari della procedura fallimentare. In effetti, secondo le stesse Sezioni Unite Civili (Cass., sez. un., 16 luglio 2008, n. 19506), nella predetta fase esecutiva “si realizza in un contesto proceduralizzato dai dettami del concordato omologato, attraverso atti che il debitore non sarebbe più libero di non compiere, per finalità satisfattorie dei creditori del tutto analoghe a quelle della procedura esecutiva fallimentare ed in un contesto di controlli pubblici del pari destinati a garantire il raggiungimento di tale finalità”.

Considerata, dunque, la natura giurisdizionale della fase esecutiva del concordato con cessione dei beni, il liquidatore concordatario rappresenta, al pari del commissario giudiziale, un organo della procedura, investito di una funzione giudiziaria, quale ausiliario designato dal tribunale con il decreto di omologazione. Il liquidatore, infatti, sovrintende alla fase esecutiva del concordato nell'ambito della quale provvede alle attività di gestione dei beni funzionali alla liquidazione, secondo le modalità dettate con il decreto di omologazione e sotto la vigilanza del commissario giudiziale, ed è investito della legittimazione processuale nelle controversie liquidatorie e distributive, assicurando che detta fase si svolga in modo legittimo, a tutela degli interessi di tutti i creditori interessati dalla procedura, compresi quelli dissenzienti.

La Cassazione, inoltre, ritiene che le conclusioni circa la qualifica pubblicistica del liquidatore concordatario non sono in contrasto con la previsione normativa che impone la previa autorizzazione del comitato dei creditori per gli atti liquidatori di particolare rilevanza indicati dall'art. 182, comma 4, l. fall., trattandosi di una disposizione strettamente correlata alla innegabile componente negoziale che connota la procedura concordataria nella quale coesistono interessi di diversa natura, non escluso quello pubblicistico correlato al superamento della crisi economica dell'impresa interessata ed alla prevenzione di tutte le ulteriori ripercussioni a questa correlate in caso di fallimento dell'imprenditore.

Quanto al silenzio normativo sulla qualifica pubblicistica del liquidatore concordatario, tale circostanza non avrebbe valenza dirimente, dovendosi, di contro, evidenziare che, laddove il legislatore ha inteso escludere la qualifica pubblicistica, lo ha previsto espressamente, come nel caso dell'arbitro (si veda al riguardo l'art. 813 c.p.c. che prevede espressamente che agli arbitri non compete la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio).

Infine, lunga parte della decisione è dedicata ad esaminare il rilievo da riconoscere alla già citata Cass. sez. un. 30 settembre 2010, n. 43428, che ebbe ad escludere che il liquidatore nominato nel concordato preventivo con cessione dei beni potesse essere considerato soggetto attivo dei reati di bancarotta fraudolenta o semplice richiamati nell'art. 236, comma 2, n. 1, l. fall., in quanto lo stesso non si identifica con alcuno dei soggetti espressamente indicati nella suddetta disposizione e, in particolar modo, tra questi, con i "liquidatori di società".

Si evidenzia in primo luogo come l'elemento determinante per la soluzione della questione non fosse stata la qualifica, pubblicistica o meno, del liquidatore concorsuale, quanto, piuttosto, la sua non assimilabilità alla figura del liquidatore delle società, difettando nel primo il rapporto organico con la società (solo il secondo, infatti, è un organo della società nominato dall'assemblea), rapporto che costituisce la ratio stessa dell'applicabilità delle disposizioni di cui agli artt. 223 e 224 r.d. n. 267/1942. In secondo luogo, a fronte delle posizioni dottrinali in ordine alla natura dell'istituto in esame – in cui si contrapponevano, e tuttora si registra questa divaricazione di opinioni, la tesi dell'inquadramento esclusivamente privatistico dell'istituto a quella della sua configurazione in chiave processualistica – le Sezioni Unite penali non adottarono alcuna delle soluzioni esaminate e ciò in considerazione della coesistenza di entrambi i profili valorizzati dalle due tesi menzionate, dando atto che, pur se a seguito delle riforme dell'istituto è stata accentuata la componente negoziale dell'istituto con contestuale ridimensionamento della componente processuale e, dunque, dell'intervento statuale, non risulta possibile spiegare alla luce dell'autonomia privata taluni effetti della procedura, quale la paralisi delle azioni esecutive e la prevalenza della volontà della maggioranza dei creditori.

Tale coesistenza di interessi e di profili, pubblicistici e privatistici, caratterizza e si presenta anche nella figura del liquidatore giudiziale del concordato preventivo, ed il carattere eventuale della nomina di tale soggetto non vale a privare la fase esecutiva della sua natura giurisdizionale, sia pure entro il limitato perimetro dettato dalla esecuzione del concordato e con la concorrente incidenza della componente negoziale.



Considerazioni conclusive

La decisione della Cassazione pare condivisibile. Non va dimenticato che secondo la Cassazione civile la funzione svolta dal liquidatore è equiparabile a quella svolta dal curatore del fallimento ed infatti, nello svolgimento della sua funzione, è tenuto ad osservare, oltre che le specifiche indicazioni dettate dal tribunale, anche talune prescrizioni specificamente previste per il curatore fallimentare, al quale, come detto, la legge attribuisce espressamente la qualifica di pubblico ufficiale (Cass. civ., sez. I, 15 aprile 2016, n. 7591).

In particolare, il liquidatore deve: a) tenere uno specifico registro preventivamente vidimato da almeno un componente del comitato dei creditori, in cui annotare giornalmente le operazioni relative alla sua amministrazione; b) redigere con cadenza semestrale un rapporto riepilogativo da inviare al commissario giudiziale il quale, a sua volta, lo comunica ai creditori; c) presentare il rendiconto della sua gestione che viene sottoposto all'esame dei creditori nell'ambito di un'apposita udienza fissata dinanzi al giudice delegato ed è soggetto ad approvazione da parte del medesimo giudice, con decreto, se non vi sono contestazioni o se viene raggiunto un accordo o, in caso contrario, da parte del collegio che provvederà all'esito di apposito procedimento in camera di consiglio.

In presenza di tale analogia di funzioni, non riconoscere al liquidatore giudiziale la qualifica di pubblico ufficiale, che è invece attribuita al curatore proprio sulla base degli (stessi) compiti assegnati a quest'ultimo soggetto, pare irragionevole.

In secondo luogo, la giurisprudenza penale ha più volte ribadito la coesistenza, nell'ambito della procedura concordataria con cessione dei beni, di una componente negoziale e di altra, sia pure residuale, componente processualistica-pubblicistica e tale coesistenza delle due componenti sembra rinvenibile anche nella fase esecutiva del concordato che, tuttavia, mantiene, comunque, carattere processuale.

L'apertura di tale fase, comporta, infatti, la giurisdizionalizzazione dell'esecuzione dell'accordo, provvedendo l'autorità giudiziaria, oltre che alla nomina del liquidatore, tra l'altro, anche alla indicazione delle modalità della liquidazione, alla soluzione delle controversie ad essa relative (ad esempio, in merito al trasferimento dei beni) ed alla approvazione del rendiconto finale. Anche in tale fase permane una forte presenza della componente negoziale che si manifesta con l'autorizzazione necessaria per il compimento degli atti indicati dall'art. 182, comma 5, da parte del liquidatore.



Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.