Opposizioni esecutive e compatibilità delle memorie ex art. 183, comma 6, c.p.c. con quelle di cui all'art. 171-ter c.p.c.
22 Agosto 2023
Massima
La sussistenza delle questioni pregiudiziali rilevate di ufficio dal giudice - nella specie l'erronea introduzione dell'opposizione esecutiva di cui era stata omessa la fase cautelare - circoscrive e delimita l'attività difensiva delle parti nella stesura delle memorie di cui all'art. 171-ter c.p.c. Il caso
Il Tribunale di Catania, dato atto che il giudizio di cui era stato investito era stato erroneamente introdotto - trattandosi di un'opposizione esecutiva di cui era stata omessa la fase cautelare - ha rilevato d'ufficio la nullità dell'atto di citazione e, conseguentemente, disposto la trasmissione dell'opposizione al giudice della sottesa espropriazione immobiliare, concedendo alle parti i termini di cui all'art. 171-ter c.p.c. per prendere posizione sulla questione pregiudiziale. La questione
La questione decisa dal provvedimento in esame concerne l'inderogabilità della struttura bifasica delle opposizioni esecutive. Il Tribunale di Catania ha, difatti, statuito che la nullità dell'atto introduttivo dell'opposizione esecutiva, di cui è stata omessa la fase cautelare, è sanata se viene disposta la trasmissione del fascicolo al giudice dell'esecuzione; ciò nel rispetto del principio del raggiungimento dello scopo, nonostante il vizio in questione, e ferme restando le preclusioni già maturate. Le soluzioni giuridiche
Il nostro sistema delinea una struttura bifasica dell'opposizione “esecutiva”: la prima fase necessaria e a cognizione sommaria dinanzi allo stesso giudice dell'esecuzione e la seconda “eventuale” a cognizione piena. Quest'ultima è, appunto, eventuale, in quanto è esclusiva dell'opponente la valutazione della convenienza all'instaurazione del giudizio di merito in seguito alle determinazioni assunte dal giudice dell'esecuzione al termine della fase cautelare. La struttura bifasica mira a incentivare i meccanismi processuali deflattivi previsti dalla legge, in quanto l'esito della fase sommaria potrebbe indurre l'opponente a non instaurare il giudizio di merito. Al contempo garantisce che siano resi edotti dell'opposizione il giudice dell'esecuzione, che potrà adottare i provvedimenti conseguenziali ritenuti opportuni (ad es. quelli di cui all'art. 618 c.p.c), le parti del processo esecutivo anche se non interessate all'opposizione o intervenute successivamente e i soggetti che non sono parti (ad es. i potenziali acquirenti). Pertanto, data la molteplicità di interessi tutelati e soprattutto le finalità pubblicistiche perseguite, la struttura bifasica delle opposizioni è ritenuta inderogabile (Cass. civ., sez. III, 11 ottobre 2018, n. 25170). Il modello formale procedimentale delle opposizioni esecutive imposto dalla legge deve possedere due requisiti: la forma del ricorso e la proposizione di tale ricorso al giudice del processo esecutivo pendente. In difetto di uno di tali requisiti, l'atto è nullo ai sensi dell'art. 156, comma 2, c.p.c., perché inidoneo al raggiungimento del suo scopo e cioè a pervenire nella sfera di conoscibilità del giudice dell'esecuzione Tuttavia, la nullità è “sanabile” ai sensi del terzo comma del sopracitato articolo se l'atto raggiunge il suo scopo, ossia se viene portato alla conoscenza del giudice dell'esecuzione. Sarà dunque il giudice ordinario a trasmettere l'atto al giudice dell'esecuzione, ferme restando le preclusioni e decadenze già maturate. Pertanto, è solo il momento in cui l'atto raggiunge il suo scopo, ossia rientra nella conoscibilità del giudice dell'esecuzione a costituire il punto di riferimento per valutare l'effettivo rispetto dei termini perentori. Il Tribunale di Catania, facendo proprie le argomentazioni svolte dalla Cassazione con la sentenza n. 25170/2018 e dato atto che il giudizio è stato erroneamente introdotto, “saltando” la fase cautelare che avrebbe dovuto tenersi innanzi al Giudice dell'esecuzione, ha - come anticipato - rilevato d'ufficio la nullità dell'atto di citazione, disponendo che l'atto di opposizione venga sottoposto all'attenzione del giudice dell'esecuzione già pendente Conseguentemente, mantenendo ferma la data di citazione indicata dall'attore, ha concesso i termini di cui all'art. 171 ter per consentire alle parti di prendere posizione sulla questione rilevata di ufficio. A ben guardare, il provvedimento in esame non ha portata innovativa quanto al contenuto, uniformandosi al summenzionato orientamento della Cassazione, ma pone all'attenzione sulla compatibilità delle vecchie memorie di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c. con quelle disciplinate dal nuovo art. 171-ter c.p.c. Con la prima memoria redatta ai sensi dell'art. 171-ter c.p.c. - da depositarsi entro i 40 giorni precedenti l'udienza -, le parti possono precisare o modificare le domande, eccezioni e conclusioni già proposte. Con la seconda - da depositarsi entro i 20 giorni precedenti all'udienza - le parti replicheranno, articoleranno a pena di decadenza gli strumenti probatori ed effettueranno i depositi documentali. La terza e ultima memoria, da depositarsi entro i 10 giorni precedenti all'udienza, è destinata all'indicazione della sola prova contraria, oltre che alle repliche rispetto a quanto articolato dalle controparti nel termine precedente. Appare evidente come l'innovazione introdotta dalla riforma riguardi non il contenuto delle tre memorie, che ricalca in modo quasi pedissequo quello delle vecchie memorie di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., quanto il termine a partire dal quale le stesse andranno depositate e che decorre a ritroso dalla data dell'udienza di citazione e/o da quella indicata dal giudice, secondo la formulazione del nuovo art. 171-ter c.p.c. Difatti con le memorie ex art. 171-ter c.p.c. le parti definiscono l'estensione soggettiva del giudizio e il thema decidendum e probandi. A ben guardare, esiste, però, una differenza attinente al contenuto delle memorie ex art. 171-ter c.p.c. qualora il giudice riscontri delle questioni pregiudiziali che impediscono la trattazione della causa nel merito, come nel caso esaminato dal Tribunale catanese. In tale evenienza, il giudice assegnerà alle parti i su menzionati termini per prendere posizione sulle questioni preliminari, mantenendo la data indicata nell'atto di citazione o differendola. Dal provvedimento in esame è desumibile anche che in virtù del principio tempus regit actum e della struttura unitaria del procedimento di opposizione, sarà l'atto introduttivo della fase cautelare a determinare la disciplina processuale applicabile anche alla fase a cognizione piena. Pertanto, se l'atto introduttivo dell'opposizione spiegata ai sensi degli artt. 616 e 618 c.p.c. è stato depositato prima del 28 febbraio 2023, la fase a cognizione piena anche se introdotta dopo tale data sarà regolata dalla disciplina pre-Cartabia, stante la natura unitaria del procedimento oppositivo. Osservazioni
Il decreto emesso dal Tribunale di Catania evidenzia le criticità sottese all'art. 171-ter c.p.c. Se attraverso la sua formulazione il legislatore mirava a garantire un celere svolgimento dell'attività processuale, anticipando lo scambio delle difese tra le parti ad un momento antecedente all'udienza di comparizione, è pur vero che tale finalità non pare essere perseguita qualora il giudice ravvisi l'esistenza di questioni preliminari rilevabili di ufficio. In tale caso lo scambio di memorie tra le parti appare superfluo trattandosi di questioni pregiudiziali, che potranno essere discusse direttamente all'udienza di trattazione. Non sempre dunque la trattazione cartolare, che rappresenta il fulcro della riforma Cartabia, garantisce un equo procedimento che è caratterizzato da un dialogo tra organo giudicante e le parti conformemente a quanto sancito dall'art. 180 c.p.c. che ribadisce il principio di oralità del procedimento. Riferimenti
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