Come noto, nel vigore della l. n. 3 /2012 la procedura di omologazione del piano del consumatore si caratterizza per la presenza di due fasi: (i) la prima con la quale viene chiesta la nomina dell'OCC all'OCC oppure al Tribunale competenti; (ii) la seconda consistente nel deposito della proposta completa del piano e della documentazione richiesta presso la cancelleria del Tribunale competente e nella conseguente omologazione del piano.
Affinché la proposta possa essere dichiarata ammissibile da parte del Giudice all'esito di una verifica preliminare, essa deve presentare tutti i requisiti di cui agli artt. 7-8 e 9 l. n. 3/2012: il Giudice, ai sensi dell'art. 12-bis l. n. 3/2012, compie una verifica preliminare della loro sussistenza al fine di dichiararne l'ammissibilità, aprire la procedura e fissare l'udienza per la deliberazione sull'omologa, nonché - se richiesto – disporre appunto la sospensione di specifici procedimenti di esecuzione forzata in corso sui beni del debitore fino al provvedimento di omologa, qualora essi possano pregiudicare la fattibilità del piano.
È evidente che la norma consente la concessione della misura protettiva soltanto a valle dell'esame preliminare della fattibilità del piano e dell'apertura della procedura. Nello stesso senso risultano improntate anche le altre procedure di sovraindebitamento, ovvero l'accordo di composizione della crisi e la liquidazione del patrimonio, che prevedono la concessione della misura protettiva soltanto a seguito dell'apertura del procedimento e di una valutazione di ammissibilità della proposta.
Come già da più voci segnalato, la normativa sul sovraindebitamento lascia, quindi, scoperto dalla tutela contro le azioni esecutive dei creditori il periodo compreso tra la presentazione dell'istanza all'OCC e il provvedimento di ammissibilità della procedura prescelta, diminuendo in tal modo la funzione tipica delle procedure di sovraindebitamento, ovvero di consentire al debitore meritevole un fresh start, la sua ricollocazione all'interno del sistema economico e sociale senza il peso delle pregresse esposizioni, risultando evidente che se nelle more dell'apertura della procedura egli subisce ad esempio la vendita dei propri beni immobili, la sua proposta economica risulta di fatto limitata da tale diminuzione del patrimonio.
Pur ammettendo che il Giudice di Brindisi abbia, con ogni probabilità, voluto colmare tale lacuna, non si può non osservare che – forse – egli si è spinto un po' troppo oltre. Il Giudice pugliese avrebbe creato, in primo luogo, un procedimento di concessione della misura alquanto anticipato, ovvero antecedente alla apertura della procedura ex art. 12-bis l. n. 3/2012 e dunque in assenza di alcun elemento che possa fondare, anche solo in via preliminare, un giudizio di ammissibilità della proposta, e perfino inaudita altera parte; in seconda battuta, un successivo procedimento, in contraddittorio, per la conferma o la revoca di tale misura protettiva alla presenza di “adeguati elementi conoscitivi relativi al piano da presentare”. Ne consegue che, in caso di concessione della misura al termine delle due fasi, questa coprirà un tempo che potrebbe essere anche molto dilatato (anche considerato che, a seguito del deposito della proposta completa del piano e della documentazione a corredo, la misura cautelare verrà verosimilmente riconfermata fino al provvedimento definitivo di omologa a seguito dell'apertura formale del procedimento e delle verifiche ex art. 12-bis l. n. 3/2012).
A questo punto, occorre analizzare: (i) quale sia la valutazione che il Giudice deve compiere ai fini della declaratoria di ammissibilità della proposta e conseguentemente quali siano gli elementi minimi che il debitore deve fornire ai fini della concessione della misura protettiva in questione; (ii) se il procedimento delineato dal Giudice di Brindisi possa quindi dirsi legittimo, anche alla luce della natura cautelare e provvisoria della misura di sospensione delle procedure esecutive pendenti.
I due profili sono strettamente connessi e si esamineranno di seguito congiuntamente.
In sintesi, i controlli che il Giudice deve compiere in fase di declaratoria di apertura della procedura di cui al piano del consumatore e della conseguente fissazione dell'udienza per l'omologazione del piano sono essenzialmente i seguenti:
- la sussistenza dei presupposti soggettivi ed oggettivi, ovvero la qualifica di consumatore (e che egli non abbia determinato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode) e la ricorrenza dello stato di sovraindebitamento (proprio al fine di escludere coloro che propongono la domanda al mero fine di ottenere l'inibitoria delle azioni esecutive non ricorrendo i presupposti per l'omologazione);
- l'inesistenza di impedimento, ovvero la non sussistenza di procedure di sovraindebitamento pregresse nei 5 anni precedenti;
- la regolarità formale del ricorso, del piano e dei documenti accompagnatori, tra i quali l'attestazione e la relazione dell'OCC;
- la non manifesta inammissibilità o infondatezza della domanda (controllo che comporta il vaglio della fattibilità giuridica (ad es. le regole circa il pagamento dei creditori, la durata del piano, ecc.) ed economica del piano - in tal senso ex multis cfr. Trib. Ravenna, 10 marzo 2017; Tribunale Bergamo, 16 dicembre 2014).
La dottrina ha osservato che, considerati i tempi stretti per l'emissione del provvedimento di apertura della procedura (tra la data del deposito della domanda e la data dell'udienza per l'omologa non devono decorrere più di sessanta giorni), non sembra che le suddette verifiche da parte del Giudice possano essere particolarmente ampie e approfondite: si ritiene che il Tribunale debba compiere una verifica di legittimità formale che possa estendersi anche al merito qualora la domanda appaia prima facie inammissibile o infondata (in tal senso ex multis C. Trentini, Le procedure da sovraindebitamento L. n. 3/2012 e Codice della Crisi di Impresa, Milano, 2021, 412 ss.). Tuttavia, risulta evidente che tali verifiche potranno essere compiutamente effettuate soltanto se alla domanda vengano allegati – quanto meno – il piano e la relazione dell'OCC.
A tale riguardo, il Giudice di Brindisi oltrepassa il dettato normativo e concede, se pur provvisoriamente e per un breve lasso di tempo (40 giorni), la sospensione di ogni azione esecutiva solamente sulla base della sola istanza di nomina dell'OCC, senza che alcuna bozza di piano gli sia stata sottoposta. Salvo poi, per la conferma o modifica o revoca della misura concessa, chiedere che vengano dal debitore illustrati almeno gli elementi essenziali del piano in modo da consentirne un sindacato di ammissibilità.
Il Giudice brindisino parrebbe quindi rendersi conto che le misure protettive debbano essere concesse solo in presenza di elementi sufficienti a ritenere prima facie ammissibile la proposta del debitore, salvo poi disporre una, se pur limitata nel tempo, sospensione per così dire “al buio”, sulla base di una mera fiducia concessa al debitore che ha semplicemente presentato istanza di nomina dell'OCC.
Non si rintraccia, però, nella sentenza, una valida argomentazione sulla base della quale il Giudice ritiene si possa – se pur provvisoriamente e in prima battuta, ma senza alcuna integrazione del contraddittorio – prescindere da ogni e pur minimo sindacato sulla fattibilità del piano e la meritevolezza del debitore.
Non si vede, infatti, come le ragioni di effettività della tutela giurisdizionale citate dal giudice brindisino possano portare ad un così incisivo provvedimento senza che il debitore abbia fornito elementi sulla serietà del suo intento esdebitatorio.
Neppure si comprende, poi, come le ragioni di proporzionalità e ragionevolezza richiamate possano far superare il vaglio circa l'equo contemperamento degli interessi tra i creditori a soddisfare i propri crediti e non vedersi pregiudicata la garanzia costituita dal patrimonio immobiliare del debitore da atti dello stesso diretti a sottrarli loro e il diritto del debitore di accedere fruttuosamente alle procedure di sovraindebitamento, in assenza di elementi atti a dimostrare che l'intento del debitore non sia proprio soltanto quello di ottenere l'ombrello protettivo dalle azioni esecutive.
Nessuna valutazione è stata compiuta dal giudice in ordine alla fattibilità del piano (proprio perché mancante) e al pregiudizio che potrebbe derivare da eventuali azioni esecutive, che peraltro vengono precluse in termini generali e onnicomprensivi su tutto il patrimonio senza esaminare se e in quale misura esse siano effettivamente pendenti e concretamente pregiudizievoli, considerato che non è detto che tutti i beni siano destinati all'esecuzione del piano (in tal senso A. Caron, L'omologazione dell'accordo e del piano, in F. Marzio-F. Macario-G. Terranova, La “nuova” composizione della crisi da sovraindebitamento, in IlCivilista, Milano, pag. 51; C. Trentini, op.cit., 423 ss.). Questa è, infatti, una valutazione che il giudice brindisino non compie non avendo elementi per poterla effettuare: sembra che egli ritenga che la tutela del debitore (opportuna o meno, dato che presta fiducia e credito alla mera circostanza che egli abbia presentato istanza di nomina dell'OCC) debba in ogni caso prevalere su tutto sulla base di quei principi generali citati in astratto per fondare il potere cautelare atipico, ma che poi non cala nel caso di specie.
Come già detto, il Giudice, di fatto, crea un nuovo procedimento sulla base della mera istanza di nomina dell'OCC. In particolare, dapprima concede “al buio” la misura protettiva inaudita altera parte dando termine al debitore per presentare “adeguati elementi conoscitivi relativi al piano da presentarsi”, per poi replicare il procedimento ex art. 12-bis (finalizzato all'apertura della procedura di omologa del piano) in una fase antecedente, ma ancora una volta senza piano, per confermare o revocare la misura protettiva, questa volta in una situazione di “oscura penombra”, in quanto non avrà a disposizione il piano completo né la relazione dell'OCC sulla attendibilità della documentazione depositata, sulle cause dell'indebitamento e le ragioni dell'incapacità del debitore di adempiere alle proprie obbligazioni e dovrà quindi decidere sulla concessione della sospensione delle azioni esecutive senza valutare, se pur preliminarmente, la meritevolezza del debitore, la fattibilità del piano, il rispetto della par condicio creditorum, etc..
Ci si domanda pertanto se, pur volendo apprezzare il tentativo di colmare il vuoto normativo, il giudice non abbia abusivamente esteso il suo potere interpretativo delle norme ad un potere legislativo, peraltro senza considerare la natura provvisoria e cautelare del provvedimento tipico di sospensione delle procedure esecutive.
Quanto alla provvisorietà, essa potrebbe essere del tutto disattesa se il giudice continuasse a confermare il provvedimento di sospensione nelle varie fasi (da lui) create e in quelle di legge (non potendo essere iniziate o proseguite azioni esecutive a partire dalla nomina dell'OCC fino al provvedimento di omologa del piano, ovvero per un lasso di tempo che potrebbe anche essere considerevole).
Quanto alla natura cautelare del provvedimento di sospensione, la discrezionalità lasciata al giudice nella concessione della sospensione delle azioni esecutive dovrebbe imporre l'analisi dei presupposti del fumus boni iuris e del periculum in mora (cfr. P. Farina, Le procedure concorsuali di cui alla l. n. 3/2012 e la (limitata) compatibilità con la legge fallimentare. Le problematiche della domanda e dell'automatic stay, Dir. Fall., 2017, pag. 43; Tiscini, I provvedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento e di liquidazione del patrimonio, Riv. dir. proc. civ., 2013, pag. 663).
Quanto al periculum in mora, il giudice deve fornire espressa motivazione sulla circostanza che l'esecuzione forzata costituisce un concreto impedimento all'attuazione del piano, e, quanto al fumus boni iuris, la sua sussistenza è da ritenersi implicita nella parte del provvedimento che indica la fattibilità del piano e la ricorrenza degli altri presupposti di ammissibilità (a tale riguardo parte della dottrina ritiene che il fumus è contenuto nella parte del provvedimento che valuta la relazione particolareggiata e la completezza della documentazione anche in relazione all'assenza di atti di frode; in tal senso cfr. A. Crivelli, Profili applicativi delle procedure di accordo e di piano del consumatore, Dir. fall., 2017, 526; Id., Procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, Riv. trim. proc. civ., 2013, 648).
Deve non dimeno riconoscersi al Tribunale di Brindisi il merito di aver tentato di colmare un vuoto di tutela del debitore nel periodo tra la nomina dell'OCC e l'apertura del procedimento, laddove la giurisprudenza di merito, fino ad oggi, era sempre stata univoca nel ritenere che per la concessione del provvedimento di sospensione delle azioni esecutive fosse necessaria la presentazione di un piano completo, conforme ai requisiti di cui agli artt. 7, 8 e 9 l. n. 3/2012 e che il tenore delle norme non consentisse una diversa interpretazione, pena la strumentalizzazione dell'istituto (cfr. ex multis, Tribunale Marsala, 3 gennaio 2018, il quale evidenzia non solo la carenza di una norma che consenta la sospensione senza la ricorrenza di tali elementi, ma anche che per sospendere i pignoramenti in corso non basta presentare una domanda di composizione della crisi al Tribunale competente, occorrendo invero un'attenta valutazione, da parte degli organi di composizione e del Tribunale, della fondatezza della domanda; Tribunale Cuneo, 25 marzo 2017 con nota di A. Cerisoli, Gli effetti della nomina del professionista nell'ambito del procedimento di esdebitazione, in questo portale, 17 ottobre 2017; nello stesso senso si sono pronunciati anche giudici dell'esecuzione forzata - Tribunale Bari, 19 maggio 2017; Tribunale Brescia, 23 luglio 2015 - che hanno rigettato l'istanza di sospensione della procedura sulla base della mera presentazione dell'istanza di nomina dell'OCC, dovendo essere il giudice della procedura di sovraindebitamento a valutare la sussistenza dei presupposti per la sospensione dell'azione esecutiva e rimettendo poi costui al giudice dell'esecuzione l'attuazione del provvedimento di sospensione; tuttavia si registrano alcune pronunce contrarie a tale indirizzo, che consentono la sospensione dell'esecuzione sulla base della mera presentazione dell'istanza di ammissione ad un procedimento di composizione della crisi: cfr. Tribunale di Rimini, 15 dicembre 2015).