Prededucibilità del credito IMU e consecutio procedurarum

Martina Elisa Pillon
24 Agosto 2023

La decisione affronta il tema della prededucibilità, in sede fallimentare, del credito relativo all'imposta IMU maturata nel corso della fase con riserva del concordato preventivo “in bianco”. L'Autrice, con il presente commento, approfondisce le questioni relative al criterio della “occasionalità” di cui all'art. 111, comma 2, l.fall. e alla consecutio procedurarum.
Massima

Il credito da imposta IMU relativo alla fase prenotativa del concordato c.d. “in bianco” non può essere considerato prededucibile nel successivo fallimento in virtù del principio della consecutio tra procedure concorsuali, dal momento che la prededucibilità di detto credito non costituisce un effetto tipico della domanda di concordato e, in particolare, non trova fondamento nel criterio della “occasionalità” di cui all'art. 111, comma 2, l.fall.



Il caso

Un Comune depositava, ai sensi dell'art. 93 l.fall., istanza di insinuazione al passivo, chiedendo l'ammissione del proprio credito in prededuzione e deducendo, quale titolo della propria pretesa, l'imposta IMU relativa al periodo trascorso tra il deposito del ricorso ex art. 161, comma 6, l.fall. e la successiva dichiarazione di fallimento.

A seguito dell'ammissione, come da domanda, del credito, un creditore ipotecario, a sua volta ammesso allo stato passivo, instaurava, ai sensi dell'art. 98, comma 3, l.fall., impugnazione del credito ammesso, contestando il carattere prededucibile del diritto del Comune. In particolare, il ricorrente sosteneva che, stante il mancato richiamo della procedura di concordato preventivo da parte dell'art. 10, comma 6, d.lgs. n. 504/1992 (ai sensi del quale “Per gli immobili compresi nel fallimento o nella liquidazione coatta amministrativa il curatore o il commissario liquidatore, entro novanta giorni dalla data della loro nomina, devono presentare al comune di ubicazione degli immobili una dichiarazione attestante l'avvio della procedura. Detti soggetti sono, altresì, tenuti al versamento dell'imposta dovuta per il periodo di durata dell'intera procedura concorsuale entro il termine di tre mesi dalla data del decreto di trasferimento degli immobili”), l'obbligo di procedere al pagamento dell'IMU restava in capo al debitore e non in capo agli organi della procedura concordataria: pertanto, la Pubblica Amministrazione non avrebbe potuto invocare l'art. 111, comma 2, l.fall.

Si costituiva, quindi, il Comune, evidenziando, da un lato, che tutti i crediti sorti sotto la vigilanza degli organi della procedura o per effetto di atti compiuti dagli stessi devono considerarsi, ai sensi dell'art. 111, comma 2, l.fall. come sorti “in occasione” di una procedura concorsuale: per essi, infatti, opererebbe «una valutazione ex ante presuntiva di rispondenza dell'obbligazione all'interesse della massa, rispetto alla quale appare ininfluente il conseguimento o meno di un risultato utile per i creditori»; dall'altro lato, che il credito IMU sorto nel corso della fase prenotativa del concordato c.d. “in bianco” non perde il carattere prededucibile nel successivo fallimento, verificandosi, nel caso di specie, il fenomeno della consecutio tra procedure concorsuali. Pertanto, chiedeva il rigetto dell'impugnazione e la conferma dello stato passivo.

Il Tribunale di Padova accoglieva l'impugnazione e, in riforma dello stato passivo, degradava il credito del Comune, riconoscendogli, in parte, natura privilegiata ex art. 2752, comma 2, c.c. e, in parte, natura chirografaria.

Secondo il Collegio, infatti, per un verso, non esiste alcuna norma di legge che attribuisca carattere prededucibile al credito per IMU maturato tra la domanda di concordato e la data di fallimento, sicché, nel caso di specie, non risulterebbe rispettata la previsione dell'art. 111, comma 2, l.fall. nella parte in cui sancisce che “sono considerati crediti prededucibili quelli così qualificati da una specifica disposizione di legge”.

Per altro verso, l'art. 111, comma 2, l.fall. non potrebbe neppure invocarsi, nel caso di specie, nella parte in cui riconosce la prededuzione ai crediti sorti “in occasione” delle procedure concorsuali: tale criterio (c.d. “temporale”) non presuppone solamente un collegamento cronologico (insorgere del credito in costanza di procedura), ma richiede, altresì, un collegamento soggettivo (riferibilità del credito all'attività degli organi della procedura). In altre parole, solo un'obbligazione inerente in maniera effettiva ed esclusiva alla procedura può godere della prededuzione, mentre un tale beneficio resta escluso qualora l'obbligazione sia conseguente ad attività dirette a soddisfare esigenze personali del debitore

Da ultimo, in ogni caso, secondo il Tribunale, l'eventuale prededuzione maturata nel corso della fase “in bianco” del concordato preventivo non può permanere nel successivo fallimento in forza del solo principio della consecuzionetra procedure concorsuali: anzitutto, infatti, tale principio non rappresenta un autonomo criterio normativo, ma costituisce «un enunciato meramente descrittivo di soluzioni regolative aventi specifiche e distinte fonti normative», sicché esso può consentire di traslare nella procedura fallimentare solo gli effetti tipici della domanda di concordato e non, invece, effetti ulteriori, ricavabili in via interpretativa; in secondo luogo, la consecuzione deve ritenersi esclusa quando, come nel caso di specie, alla domanda ex art. 161, comma 6, l.fall. non sia seguito il deposito della proposta e del piano e, dunque, non vi sia stata alcuna ammissione alla procedura concordataria.



Le questioni: il concetto di “occasionalità”…

Il decreto in commento affronta il tema della prededucibilità in sede fallimentare del credito relativo all'imposta IMU maturata nel corso della fase con riserva del concordato preventivo.

Si tratta di una decisione che esige alcune brevi considerazioni.

Essa, infatti, oltre a riguardare una fattispecie – a quanto consta – inedita in giurisprudenza, si sofferma su due istituti oggetto di vivace dibattito tra gli interpreti: la prededuzione per crediti sorti “in occasione” delle procedure concorsuali ex art. 111, comma 2, l.fall. e la consecutio procedurarum.

Anzitutto, secondo il provvedimento, il credito dell'Amministrazione che, una volta naufragato il tentativo di soluzione concordata della crisi d'impresa, si insinui allo stato passivo del successivo fallimento per ottenere il pagamento del credito vantato a titolo di imposta IMU relativa alla fase “in bianco” del concordato, non gode della prededuzione, poiché la pretesa non può ritenersi sorta “in occasione” di una procedura concorsuale.

Al riguardo, secondo il Tribunale di Padova, per riconoscere natura prededucibile ai crediti sorti “in occasione…delle procedure concorsuali”, ai sensi dell'art. 111, comma 2, l.fall., non basta che il titolo sia successivo all'apertura della procedura, ma occorre un quid pluris, rappresentato dalla riferibilità di detti crediti agli organi della procedura o alla loro attività: requisito del quale, nel caso di specie, il decreto ha escluso la sussistenza.

Si tratta di una ricostruzione condivisibile – a parere di chi scrive - per molteplici ragioni.

In primo luogo, una simile interpretazione è conforme all'insegnamento della Corte di cassazione, secondo cui, ai fini del riconoscimento della prededuzione, il criterio cronologico contenuto nell'art. 111, comma 2, l.fall., “deve essere integrato, per avere senso compiuto, con un implicito elemento soggettivo e cioè quello della riferibilità del credito all'attività degli organi della procedura; in difetto di una tale integrazione il criterio in questione sarebbe palesemente irragionevole in quanto porterebbe a considerare prededucibili, per il solo fatto di essere sorti in occasione della procedura, i crediti conseguenti ad attività del debitore non funzionali ad esigenze della stessa” (Cass. civ., sez. I, 5 marzo 2014, n. 5098). Interpretazione, questa, che ha ricevuto l'avallo delle Sezioni Unite della Suprema Corte, le quali, proprio con riguardo al criterio della “occasionalità”, hanno ritenuto che “esso ha assunto ben presto nella giurisprudenza di legittimità un connotato autonomo rispetto alla funzionalità (per la rilevanza della congiunzione disgiuntiva nel testo: Cass. 5098/2014, 10130/2021, 22670/2021), così declinandosi sia sul piano cronologico, sia per l'imputazione del rispettivo titolo all'attività degli organi della procedura stessa; il punto appare acquisito con chiarezza sin da Cass. 1513/2014 per la quale il criterio, per avere un senso compiuto, va integrato con il citato implicito elemento soggettivo, altrimenti apparendo esso ‘palesemente irragionevole in quanto porterebbe a considerare come prededucibili, per il solo fatto di essere sorti in occasione della procedura, i crediti conseguenti ad attività del debitore non funzionali ad esigenze della stessa'” (Cass., sez. un., 31 dicembre 2021, n. 42093).

Né è possibile invocare, al fine di riconoscere il beneficio della prededuzione al credito in questione, il precedente di Cass. civ., sez. I, 28 febbraio 2013, n. 5015, dove si afferma che “nell'espressione adottata [dall'art. 111, co. 2, l.fall. – n.d.r.], nella relazione alla ‘occasione' ed alla ‘funzione' della procedura, deve ritenersi ricompreso anche il credito ICI, quale credito necessario e funzionale al corso della procedura ineludibilmente inerente alla gestione dell'impresa”. Infatti, a ben vedere, tale principio – di cui manca una motivazione – è sorretto dal solo richiamo a Cass. civ., sez. VI, 28 marzo 2012, n. 5035, la quale, tuttavia, riguardava una fattispecie completamente diversa da quella oggetto di esame in questa sede: in quella ipotesi si poneva il problema se l'assuntore di un concordato fallimentare dovesse provvedere al pagamento dell'ICI maturata in costanza di fallimento, situazione nella quale non v'è dubbio, per espressa disposizione di legge (l'art. 10, comma 6, D.lgs. 504 del 1992, nel testo vigente ratione temporis), che si tratti di credito di natura prededucibile.

Come correttamente osservato dal Tribunale di Padova, in difetto di un'analoga disposizione in tema di concordato preventivo, nulla autorizza la conclusione che il carattere prededucibile debba essere riconosciuto anche all'IMU maturata tra la presentazione di una domanda di concordato preventivo, ex art. 161, comma 6, l.fall. e la dichiarazione di fallimento.

In secondo luogo, l'interpretazione restrittiva offerta dal decreto in commento risulta coerente – ed è da ritenersi preferibile – anche alla luce della recente riforma del diritto della crisi d'impresa, operata dal d.lgs. n. 14/2019 (Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza o CCII).

Nel CCII, infatti, è scomparso il riferimento – contenuto, invece, nell'art. 111 l.fall. – alla prededucibilità dei crediti sorti in occasione o in funzione di una procedura concorsuale, sicché non sono più rinvenibili fattispecie atipiche di prededuzione: ciò emerge con chiarezza dall'art. 6, comma 1, CCII (norma in cui si esaurisce la disciplina della prededuzione), secondo cui “oltre ai crediti così espressamente qualificati dalla legge, sono prededucibili: a) i crediti relativi a spese e compensi per le prestazioni rese dall'organismo di composizione della crisi da sovraindebitamento; b) i crediti professionali sorti in funzione della domanda di omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti o del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione e per la richiesta delle misure protettive, nei limiti del 75% del credito accertato e a condizione che gli accordi o il piano siano omologati; c) i crediti professionali sorti in funzione della presentazione della domanda di concordato preventivo nonché del deposito della relativa proposta e del piano che la correda, nei limiti del 75% del credito accertato e a condizione che la procedura sia aperta ai sensi dell'articolo 47; d) i crediti legalmente sorti durante le procedure concorsuali per la gestione del patrimonio del debitore e la continuazione dell'esercizio dell'impresa, il compenso degli organi preposti e le prestazioni professionali richieste dagli organi medesimi”.

Si tratta di una novità di non poco conto, se solo si tiene mente al fatto che proprio in virtù del binomio occasionalità-funzionalità si erano moltiplicate le ipotesi di prededuzione e, dunque, di crediti soddisfatti con precedenza rispetto agli altri creditori (cfr. Pani, La prededuzione prima e dopo il Codice della crisi, in Ristrutturazioni aziendali, 2022, 5 ss.).

La mancata trasposizione, nel Codice della crisi, del riferimento a tale categoria di prededuzione, si spiega alla luce degli obiettivi della riforma, esplicitati nella legge delega n. 155/2017: quest'ultima, infatti, nel prevedere i principi cui avrebbe dovuto attenersi il Governo nella predisposizione e attuazione dei decreti attuativi, aveva imposto, all'art. 2, comma 1, lett. e) ed m), rispettivamente, di “ridurre la durata e i costi delle procedure concorsuali, anche attraverso ... il contenimento delle ipotesi di prededuzione, ... al fine di evitare che il pagamento dei crediti prededucibili assorba in misura rilevante l'attivo delle procedure” e di “riformulare le disposizioni che hanno originato contrasti interpretativi [...]”. Ebbene, il legislatore ha recepito il predetto principio, come confermato, tra l'altro, dal fatto che la Sezione in cui è contenuto l'art. 6 CCII è rubricata “pubblicazione delle informazioni ed economicità delle procedure”.

È evidente, insomma, che l'interpretazione del Tribunale di Padova è preferibile rispetto a quella proposta dal Comune opposto, perché più conforme all'intento del legislatore – reso palese dalla Riforma – di preservare l'attivo delle procedure al fine di massimizzare la soddisfazione del ceto creditorio.



…e la consecutio procedurarum.

Per quanto, invece, concerne la seconda questione esaminata dal decreto in commento, quest'ultimo disattende la ricostruzione del Comune opposto, secondo cui la natura prededucibile del credito sorto in pendenza del concordato “in bianco” può ragionevolmente farsi valere nella successiva fase fallimentare, sul presupposto che la consecuzione può consentire di traslare nella procedura fallimentare non solo gli effetti tipicidella domanda di concordato, ma anche gli effetti ulteriori ricavabili in via interpretativa.

Anche sotto tale profilo, la decisione del Tribunale di Padova è apprezzabile.

In proposito, giova ricordare come la “consecuzione tra procedure concorsuali” sia un istituto elaborato in sede pretoria, la cui portata non è meramente teorica, ma, al contrario, condiziona profondamente, per quanto qui di interesse, la disciplina della prededuzione.

Infatti, secondo la ricostruzione tradizionale, la consecuzione è un «fenomeno generalissimo, consistente nel collegamento sequenziale fra procedure concorsuali di qualsiasi tipo volte a regolare una coincidente situazione di dissesto dell'impresa (vuoi che essa si atteggi come crisi, vuoi che consista in una situazione di insolvenza, dato che stato di crisi e stato di insolvenza possono rappresentare una mera distinzione di grado della medesima crisi economica) e unite da un rapporto di continuità causale e unità concettuale piuttosto che di rigorosa successione cronologica» (così Cass. civ., sez. I, 11 giugno 2019, n. 15724). La continuità causale e l'unità concettuale devono essere escluse quando, sulla base di una valutazione di carattere giuridico-economico, debba ritenersi che “l'imprenditore, nell'eventuale iato temporale fra le procedure susseguitesi fra loro, sia intervenuto attivamente nella gestione dell'impresa ed abbia variato la consistenza economica del suo stato di dissesto in maniera sostanziale [abbia, cioè, modificato la massa attiva e passiva, n.d.r.], introducendo elementi di rilevante difformità rispetto alla situazione in precedenza apprezzata dagli organi giudiziari” (Cass. civ., sez. I, 19 aprile 2010, n. 9289; Cass. civ., sez. I, 28 luglio 1999, n. 8164). In altre parole, secondo tale ricostruzione, quando, alla luce di una valutazione complessiva, si può ritenere che le diverse procedure concorsuali siano intervenute al fine di regolare una medesima situazione di crisi economica, l'unicità della situazione sostanziale induce a considerarle un unico fenomeno, e, dunque, come se una procedura “si evolvesse nell'altra” (così Trib. Milano, sez. fall., 4 dicembre 2019, in Il Fallimento, 2020, 547).

Orbene, il principio della consecutio tra procedure, come già accennato, influenza l'applicazione delle regole sulla prededucibilità dei crediti.

Infatti, in relazione alla Legge fallimentare, si discuteva sulla possibilità, per un credito prededucibile sorto nell'ambito di una procedura concorsuale, di mantenere il medesimo rango anche all'interno di una successiva procedura concorsuale. Ciò in quanto, tradizionalmente, tale beneficio è stato ricostruito quale istituto di natura processuale, il quale determina una eccezione alla par condicio creditorum (poiché attribuisce il diritto di essere soddisfatti con preferenza rispetto agli altri creditori che partecipano al concorso) ed è in grado di realizzarsi e di assistere il credito solamente nella procedura in cui la prededuzione ha avuto origine. In tali aspetti, dunque, si differenzia dal privilegio, che, al contrario, ha natura sostanziale, poiché, accedendo al credito garantito, ne presuppone l'esistenza, ne segue le sorti e ne consente la soddisfazione con preferenza rispetto ai crediti chirografari: esso preesiste al procedimento esecutivo, nascendo al di fuori di esso (Cass. civ., sez. I, 11 giugno 2019, n. 15724, cit.; Trib. Milano, sez. fall., 4 dicembre 2019, cit. In dottrina si veda Alessi, Debiti di massa nelle procedure concorsuali, Milano, 1987, 10; Bozza – Schiavon, L'accertamento dei crediti nel fallimento e le cause di prelazione, Milano, Giuffré, 1992, 470 ss.).

Proprio a causa del fatto che, secondo la ricostruzione tradizionale, il debito prededucibile può godere di tale rango solo nella procedura nel cui ambito il credito è maturato, gli interpreti, allo scopo di consentire il permanere della prededuzione anche nelle successive procedure concorsuali, hanno invocato il principio della consecutio procedurarum. In particolare, si sosteneva che, dal momento che l'art. 111, comma 2, l.fall. si riferiva, con declinazione al plurale, ai crediti prededucibili sorti in occasione o in funzione “delle procedure concorsuali” di cui alla Legge fallimentare, allora la prededuzione poteva essere ammessa non solo nella procedura in relazione alla quale la stessa era maturata, ma anche nel caso di procedure concorsuali tra loro legate da un rapporto di consecuzione (Cass. civ., sez. I, 11 giugno 2019, n. 15724, cit.).

Tale interpretazione, dunque, consentiva al creditore di non perdere il diritto, maturato nell'ambito della prima procedura, ad essere soddisfatto con precedenza rispetto agli altri creditori partecipanti al concorso, ma di mantenerlo anche nella successiva procedura concorsuale (Siracusa, La prededucibilità nel successivo fallimento dei crediti sorti in amministrazione controllata e concordato preventivo, in Giust. civ., 1984, II, 153; Giorgi, Consecuzione di procedure concorsuali e prededucibilità dei crediti, Milano, Giuffré, 1996).

Il problema, in verità, non ha più ragione di porsi in seguito all'entrata in vigore del Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, poiché il legislatore della Riforma, evidentemente consapevole dell'interpretazione diffusasi nel vigore della Legge fallimentare, sembra aver preso posizione sull'applicabilità del principio della consecutio tra procedure ai fini della prededuzione.

La legge delega, infatti, all'art. 6, comma 1, lett. o), ha disposto, oltre al riordino e alla semplificazione delle varie tipologie di finanziamento alle imprese in crisi, anche di riconoscere“stabilità alla prededuzione dei finanziamenti autorizzati dal giudice [...]”. Ciò ha portato, in particolare, all'inserimento, nel comma 2 dell'art. 6 CCII, della regola secondo cui “la prededucibilità permane anche nelle successive procedure esecutive o concorsuali”.

Alla luce di tale ultima norma, in altre parole, si può affermare che, in conformità all'interpretazione prevalente della Legge fallimentare, la prededuzione sorta nell'ambito di una procedura può essere mantenuta nella procedura concorsuale successiva; tuttavia – e ciò rappresenta la novità rispetto al passato – ai fini del permanere della prededuzione conta solo l'aspetto cronologico e non più anche quello economico-giuridico della identità dello stato di dissesto. A sostegno di tale affermazione viene in rilievo il fatto che, come è evidente, all'interno di un procedimento esecutivo non può esserci spazio per l'accertamento della medesimezza della crisi, dal momento che tale stato di fatto non costituisce un presupposto per accedere all'esecuzione forzata (cfr. Staunovo Polacco, Atti a titolo gratuito e pagamenti di crediti non scaduti e postergati, in Trattato della crisi e dell'insolvenza, in corso di pubblicazione, secondo cui in tal senso depone anche l'utilizzo, da parte dell'art. 6, comma 2, CCII, del termine “successive”, anziché “consecutive” o altre espressioni similari).

Peraltro, benché possa ritenersi, per le ragioni appena esposte, che il legislatore abbia positivizzato il principio di unitarietà delle procedure concorsuali con riferimento alla prededuzione, da ciò non può trarsi una regola generale per cui, in caso di fallimento, grazie all'operare di tale fenomeno, tutti i crediti sorti dopo la domanda di concordato sono prededucibili. In questo senso, del resto, la Suprema Corte insegna che il principio della consecuzione non ha «una portata generale, tale cioè da essere in grado di porre nel nulla, con effetto retroattivo, la disciplina processuale applicabile con l'istituto concordatario, atteso che non si rinviene, nell'ordinamento positivo, alcuna disposizione normativa che riconosca in via generale la retrodatazione degli effetti propri del fallimento a partire dall'inizio della procedura minore» (così Cass. civ., sez. I, 16 febbraio 2022, n. 5090. Nello stesso senso cfr. anche Cass. civ., sez. I, 14 febbraio 2006, n. 3156).

Il Tribunale di Padova ha, dunque, dimostrato, con la decisione in commento, di fare corretta applicazione di tale insegnamento: infatti, una volta accertato che il credito per IMU vantato dal Comune difetta del requisito della “occasionalità”(e che, per altro verso, tale credito non rientra tra quelli prededucibili ex lege o quelli “funzionali” alla procedura), coerentemente ha escluso che la consecutio possa attribuire al diritto un grado poziore rispetto a quello già posseduto in sede concordataria.



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